La psicoanalisi è stata considerata da sempre una 'cura con le parole', e si sono versati fiumi di inchiostro sull'interazione verbale tra analista e paziente e sulla sua interpretazione. Quello che è stato sempre trascurato, a parere di Salman Akhtar, è il secondo aspetto dell'analisi, altrettanto essenziale per il lavoro clinico: l'ascolto analitico. Prendendo come punto di partenza la descrizione di Freud di come l'analista dovrebbe ascoltare, l'autore percorre un vasto territorio storico, teorico e clinico, che va dalle diverse modalità di ascolto, alle potenzialità conoscitive del controtransfert, fino al confine estremo in cui l'ascolto psicoanalitico non aiuta più e può divenire persino controindicato. Vengono descritti quattro modelli di ascolto analitico: oggettivo, soggettivo, empatico e intersoggettivo, ognuno con propri riferimenti teorici, risvolti clinici e relative aree di sovrapposizione. Vengono prese in esame anche le variabili che hanno la facoltà di impedire l'ascolto analitico.
Questo testo raccoglie due gruppi di conferenze: le prime tre, pubblicate nella parte intitolata "Il mio insegnamento", sono state tenute tra il 1967 e il 1968 rispettivamente a Lione, Bordeaux e Strasburgo. Il metodo di Lacan, qui, è quello di partire da ciò che tutti sanno. Poi, insensibilmente, con astuzia, come per gioco, fa sprizzare a cascata concetti sorprendenti: un pensiero che non si pensa da sé; un inconscio che è linguaggio; un linguaggio che sta "sul cervello come un ragno"; una sessualità che "fa buco nella verità"; un Altro in cui questa verità si inaugura; un desiderio che ne viene generato, e che ne viene fuori solo a prezzo di una perdita, sempre; e l'idea che tutti questi paradossi corrispondano a una logica, distinta da quello che viene chiamato "lo psichismo". Il secondo gruppo di testi riunisce sotto il titolo "Io parlo ai muri" tre dei sette "incontri" all'Ospedale Sainte-Anne, che Lacan pronunciò per i medici psichiatri "internes" tra il 1971 e 1972. I muri sono quelli della cappella di Sainte-Anne. Lacan vi ritrova la sua giovinezza come medico psichiatra dell'ospedale. Si diverte, improvvisa, si lascia andare. L'intenzione è polemica: i suoi migliori allievi, avvinti dall'idea che l'analisi faccia il vuoto di ogni sapere preliminare, hanno issato la bandiera del non-sapere, preso da Bataille. No, dice Lacan, la psicoanalisi procede con un sapere supposto, quello dell'inconscio.
Quale significato ha la gravidanza nel mondo interno di una donna o di un uomo? In che modo le forze inconsce influiscono sul nostro diventare genitori? Come ci si sente ad avere dentro un'altra persona? Qual è l'esperienza emotiva del partner durante la gravidanza? Cosa sappiamo delle capacità fetali, e chi o che cosa rappresenta il feto per il genitore? Quali sono le emozioni e i sogni della gravidanza e quali fantasie e paure circondano la nascita? Come diventiamo quelli che siamo in relazione ai nostri figli e al nostro stesso sé infantile? Il bambino immaginario combacia con quello reale? Che effetto ci fa esser esposti ai nudi bisogni del neonato? Che ne è della relazione intima quando i partner procreano? In che modo le fantasie prenatali influenzano il clima emotivo postnatale? Sono queste le domande a cui l'autrice si impegna a rispondere in questo libro, adottando un approccio che ribalta la scarsa soggettività attribuita alla madre nella letteratura psicoanalitica per concentrarsi sulla 'vicenda interna': l'ipotetica voce del lattante o quella prescrittiva dell'esperto sono rimpiazzate, nella narrazione della gravidanza e della primissima infanzia, dalle madri e dai padri, dal loro punto di vista. Ciò nonostante, il racconto non è mai lineare: i genitori sono anche sempre, a loro volta, figli e figlie. Per questo l'attenzione della studiosa si sposta spesso dal mondo interno dell'individuo verso l'interazione col partner e col bambino, e coi propri genitori nell'infanzia.
Nata da un'intuizione di Aaron T. Beck all'inizio degli anni sessanta come psicoterapia per la cura della depressione, la terapia cognitiva si è poi sviluppata fino a essere applicata con successo nel trattamento di una vasta gamma di disturbi. Nel 1995 Judith Beck, con la pubblicazione del libro "Cognitive Therapy. Basics and Beyond", aveva prodotto una vasta sintesi sistematica della teoria e pratica della terapia cognitiva standard. In questa importante e profonda revisione del fortunato volume, l'autrice è riuscita a rendere conto dell'impetuosa crescita, nell'ultimo ventennio, degli studi teorici e clinici in questo campo, senza compromettere la semplicità espositiva che caratterizzava il testo, traducendo la complessità della teoria in un'illustrazione chiara e corredata da numerosi esempi pratici. Come nella prima edizione, anche in questo volume la Beck si serve di una paziente ideale, Sally, cui sono affiancati altri casi, per esporre varianti o problematiche particolari su specifici aspetti della psicoterapia. Accanto a questo elemento di continuità stilistica, innumerevoli e sostanziali sono le novità di questa seconda edizione. Si parla innanzitutto di terapia cognitivo-comportamentale, e non più di terapia cognitiva, testimoniando un'integrazione tra i due approcci che convergono in un unico paradigma. Presentazione di Aaron T. Beck
Il volume, che si giova dei contributi di svariati studiosi, è diviso in tre parti. Nella prima (Teoria) si analizza la relazione tra esperienze traumatiche e sviluppo dei sistemi cognitivi, affettivi, rappresentazionali e relazionali del Sé, e vengono sottolineati gli effetti negativi del trauma sui principali parametri della salute psichica, nonché sullo sviluppo dei centri neuronali implicati nella regolazione affettiva. Nella seconda parte (Ricerca) vengono presentati studi originali, di natura teorica ed empirica, sulla complessa relazione che intercorre tra qualità delle esperienze di attaccamento e sviluppi traumatici. Nella terza parte, infine (Clinica), emerge la linea portante del volume: la rottura, nell'individuo, della rappresentazione di sé e del proprio rapporto col mondo, tipica del trauma, viene messa in rapporto con un deficit nelle capacità di mentalizzare i vissuti emotivi. In ragione di tale deficit, gli autori sostengono la necessità che il trattamento delle sindromi post-traumatiche sia orientato a incrementare la mentalizzazione, sviluppare le capacità di identificazione ed esplorazione delle emozioni, lavorare sugli stati mentali attuali e sviluppare la capacità di abitare il proprio corpo. Prefazione di Philip M. Bromberg.
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È attraverso la pelle, dalla nascita e per tutto il corso dell'esistenza, che prende corpo l'identità dell'individuo: essa si adatta all'ambiente, comunica benessere oppure disagio, riceve gli stimoli esterni e incarna quelli interni. Tramite la pelle viene vissuta l'esperienza del contatto e del distacco, si strutturano le nozioni di spazio e tempo e si realizza una fitta rete di comunicazioni preverbali. 'Pelle e psiche' è dunque un binomio indissolubile, e quando la pelle si ammala chiama in causa una complessità di fattori: biologici, genetici, psicologici, familiari, relazionali. L'autore approfondisce in modo nuovo e fecondo lo stretto rapporto che può nascere tra psicoanalista e dermatologo, dove l'uno può colmare con l'ascolto ciò che si nasconde allo sguardo dell'altro: spesso una scissione profonda tra psiche e soma, in seguito alla quale i vissuti di angoscia e sofferenza vengono cancellati dalla coscienza e scaricati sul corpo. Prefazione di Mariella Fassino e Dennis Linder.
Nella letteratura emergente sul fenomeno sempre più diffuso dello stalking, questo testo offre una visione particolarmente innovativa e gravida di spunti: non è infatti centrato sui soli aspetti comportamentali ma anche, e soprattutto, sulle caratteristiche psicologiche e di personalità dello stalker e della sua vittima, e sulla peculiare natura psicopatologica della relazione persecutore/vittima nei casi di stalking. I comportamenti ripetuti e morbosi di intrusione relazionale (IRO) nella vita della vittima attraverso pedinamenti, appostamenti, telefonate indesiderate, invio di lettere, e-mail, SMS, MMS o minacce scritte, verbali e fisiche, sono finalizzati a soddisfare una specifica motivazione, più o meno latente: ovvero quella di esercitare il potere e il controllo sulla vittima. Le osservazioni cliniche e i dati di ricerca suggeriscono che tali dinamiche relazionali non sono altro che la riattualizzazione di pattern relazionali appresi nel proprio ambiente familiare, contrassegnati da esperienze di disconoscimento, trascuratezza emotiva, violenza e in alcuni casi di abuso sessuale. Ciò che emerge dalla ricerca degli autori è che il tratto comune ai comportamenti di stalking non risiede tanto nella natura dello strumento di controllo utilizzato, quanto nella tipologia del comportamento impulsivo, che dà luogo a un bisogno ossessivo d'intrusione relazionale, di pedinamento e di molestia analogo a quello della caccia {to stalk) e del fare la posta.
Il sé non è una struttura isolata, ma un sistema dinamico che fonda le proprie basi nelle relazioni interpersonali formate nella primissima infanzia tra il bambino e la sua principale figura di accudimento. Insieme al suo volume gemello, "La regolazione degli affetti e la riparazione del sé", questo libro rappresenta la summa dell'ambizioso lavoro interdisciplinare del neuropsichiatra americano sulla neurobiologia dello sviluppo emotivo. Partendo dalla teoria dell'attaccamento di Bowlby, Schore ha formulato una propria 'teoria della regolazione', che da Bowlby prende le mosse ma acquista un nuovo spessore scientifico grazie all'incessante confronto empirico con discipline confinanti: neuroscienze, psichiatria, psicologia, biologia comportamentale, studi sociali, studi sul trauma, psicologia clinica. Nella prima parte, dedicata alle neuroscienze dello sviluppo affettivo, Schore illustra con dovizia di dati l'impatto positivo che hanno le prime comunicazioni affettive sull'organizzazione di un sistema di controllo nell'emisfero destro del cervello in formazione del bambino. Nella seconda parte del volume, incentrata sulla neuropsichiatria dello sviluppo, l'autore esamina l'incidenza negativa che i traumi relazionali della prima infanzia possono avere sul percorso di sviluppo del cervello destro, generando predisposizioni a psicopatologie e disturbi di personalità.
Il libro, che indaga sulle basi neuropsicologiche del misticismo, ha il pregio unico di presentare, in modo comprensibile a tutti, dati perfettamente aggiornati alle più recenti ricerche scientifiche. Ma cos'è la neuropsicologia e cosa ha a che fare con la religione? La neuropsicologia studia tutti i fenomeni psichici dell'uomo a livello del sistema nervoso, descrivendo quindi in modo molto approfondito le connessioni tra corpo e psiche. La storia evolutiva del cervello e i meccanismi neurochimici che sottendono le emozioni, i sentimenti e i diversi stati di coscienza (veglia, sonno, sogno e trance) sono tra gli argomenti trattati in questo volume. E da circa dieci anni che l'autore, nell'ambito di tale disciplina, ha concentrato la sua attenzione sulla sfera del sacro e in particolare sui fenomeni di estasi e beatitudine su cui si imperniano le tradizioni spirituali, esaminando con rigore metodologico alcune delle principali ipotesi per spiegare l'esistenza, negli esseri umani, di circuiti cerebrali coinvolti nell'esperienza religiosa.
In questo volume Robert D. Hare analizza le principali caratteristiche psicologiche e comportamentali della personalità psicopatica. Mantenendo sempre un serio approccio metodologico e scientifico, l'autore fornisce un quadro lucido e puntuale del mondo interno dell'individuo psicopatico e delle sue strategie interpersonali. Partendo dalle seminali ipotesi di Cleckley, Hare chiarisce l'importante distinzione tra disturbo antisociale di personalità e disturbo psicopatico, dimostrando come la psicopatia costituisca una vera e propria sindrome: la mancanza di empatia, lo spiccato egocentrismo, l'assenza di rimorso e di senso di colpa, e l'uso strumentale degli altri ne rappresentano gli elementi distintivi. La definizione del costrutto di psicopatia rappresenta un indubbio avanzamento nell'ambito della conoscenza del disturbo, ed è per questo che lo strumento ideato da Hare al fine di valutarne i sintomi, la Psychopathy Checklist-Revised (PCL-R), viene utilizzato in tutto il mondo nella pratica clinica e forense, oltre che in ambito di ricerca. È stato infatti ampiamente dimostrato come la PCL-R sia un reattivo psicometrico valido e affidabile che permette di identificare gli psicopatici e distinguerli anche da altri individui condannati per reati gravi.
La psicoanalisi, a seconda del punto di vista da cui la si osserva, confina con molti territori diversi. Come uno stato delimitato da confini geografici, culturali e amministrativi, questa disciplina, che ha poco più di un secolo di vita, acquista la sua specificità grazie a ciò che la distingue ma anche che la avvicina ai territori confinanti: il "confine" è dunque inteso qui nella sua duplice accezione di "distinzione" e di "transizione". Questo volume raccoglie i saggi di otto rappresentanti di spicco della psicoanalisi contemporanea: Janine Altounian, Peter Fonagy, Glen O. Gabbard, James S. Grotstein, Robert D. Hinshelwood, Juan P. Jiménez, Otto F. Kernberg e Salomon Resnik. Con approcci differenti, e affrontando tematiche tra loro distanti, pure tutti questi autori si muovono sul limitare di un confine: tra mondo interno e mondo esterno, tra psiche e soma, tra il setting analitico e la sua violazione, tra teoria e tecnica, tra psicoanalisi e discipline imparentate (psichiatria, psicologia, neuroscienze e via dicendo), tra curabilità e non curabilità, analizzabilità e non analizzabilità, e infine tra psicoanalisi e storia. Ognuno di questi contributi varca un limite e apre un diaframma, illuminando aree tematiche cruciali o controverse del territorio psicoanalitico e creando dialogo e confronto con discipline solo apparentemente incompatibili.
Questo libro propone una riformulazione del trauma in termini evolutivo-relazionali, come risultato della mancata elaborazione delle emozioni traumatiche, ovvero di quelle emozioni non simbolizzate nell'ambito delle relazioni primarie. Il bambino, se maltrattato, non può sviluppare l'autostima e la capacità di comprendere gli stati mentali propri e dell'altro, qualità necessarie a esplorare con fiducia l'ambiente circostante e quindi a costruire relazioni significative. Le esperienze croniche di trascuratezza hanno effetti negativi su svariate aree del funzionamento del bambino dando origine, ad esempio, a somatizzazione, difficoltà di sintonizzazione emotiva, mancanza di controllo degli impulsi, come anche, nei casi più gravi, a stati dissociativi. La perdita di una base sicura, insomma, rappresenta una condizione traumatica capace di predisporre il soggetto alla depressione, alla dipendenza patologica, ai disturbi del comportamento alimentare. E non sempre è in relazione con maltrattamenti espliciti, come indica il fatto che la disorganizzazione dell'attaccamento è per lo più connessa a esperienze traumatiche irrisolte del genitore, le quali si riflettono sullo stato dissociativo del bambino. Il presente volume esamina le possibili relazioni causali fra le esperienze traumatiche e la psicopatologia, a partire dalla teoria dell'attaccamento, dell'infant research e dalle recenti scoperte neuro-biologiche sulla natura relazionale della mente.
Secondo Peter Fonagy l'opera di Schore ha "radicalmente trasformato la nostra comprensione psicoanalitica dei disturbi psicologici". La questione di come e perché le prime relazioni della vita abbiano un'influenza così straordinaria su tutto ciò che avverrà in seguito va molto oltre ogni previsione della psicoanalisi degli inizi e costituisce un problema fondamentale non solo per la disciplina di Freud ma per tutte le scienze umane. Come fanno le esperienze precoci, specialmente le esperienze affettive vissute con chi si prende cura dell'infante nei primi momenti di vita, a organizzare i modelli di crescita strutturale che hanno come esito l'espansione delle capacità funzionali dell'individuo in via di sviluppo? Per Schore, la possibilità dell'infante di sintonizzarsi con la mente di altre persone si rivela fondamentale per la maturazione dei circuiti cerebrali che mediano le sue capacità di autoregolazione: la relazione madre-bambino produce dunque veri e propri cambiamenti cerebrali. Questo studio, che fa parte di una trilogia sul rapporto tra regolazione affettiva e organizzazione del Sé, affronta i temi cruciali dello sviluppo della mente, analizzando e illustrando con approccio interdistiplinare i possibili apporti delle neuroscienze alla psicoanalisi e alla psicoterapia.
La consultazione ha la specificità di accogliere la sofferenza che costringe una persona a chiedere aiuto. Per questo richiede preparazione, esperienza, conoscenze, oltre che un setting adeguato. È uno dei momenti più importanti del processo psicoanalitico perché decide il destino di una domanda e del possibile attivarsi di una fiducia che motivi alla cura. L'ipotesi di ricerca che guida il tipo di consultazione prolungata proposto nel libro si basa sull'idea di permettere al paziente l'accesso a una prima significativa esperienza psicoanalitica che abbia un valore in sé, un suo ritmo aderente ai movimenti interiori, una sua compiutezza. Questo modello di consultazione richiede di conseguenza un setting la cui durata, se pure limitata, non sia definita in anticipo, e dove la conclusione dipenda dal prodursi di nuovi collegamenti, punti di vista e significati che diano forma alla domanda portata. L'idea comune a tutti gli autori è quindi quella di una consultazione che renda possibile una trasformazione iniziale nel paziente. Si evidenzia in questo modo la differenza tra la diagnosi psicoanalitica e quella psichiatrica. La prima è antinosografica, poiché consiste in una conoscenza costruita attraverso l'incontro con il paziente, con il suo modo di reagire e con le sue risorse; il suo oggetto, a differenza della diagnosi psichiatrica, non è la malattia ma la persona.
Una donna su quattro ha subito nell'infanzia gravi forme di abbandono o di abuso, e questi eventi raddoppiano il rischio di depressione nell'età adulta. Con le parole delle donne intervistate nel corso di una ricerca ventennale, le autrici delineano un quadro vivo degli effetti a lungo termine di esperienze infantili traumatiche. Al testo è accluso il questionario CECA, un test autosomministrabile validato scientificamente, che misura l'incidenza dell'esperienza traumatica all'interno della storia familiare.
Di per sé la dissociazione è prevalentemente una difesa contro le emozioni eccessive derivanti da esperienze traumatiche impossibili da fronteggiare e integrare nella coscienza ordinaria. Quando diventa la modalità esistenziale primaria della persona, tuttavia, essa perde le caratteristiche adattive e protettive per diventare una vera e propria patologia. Ma la dissociazione patologica è anche una delle più tragiche conseguenze dell'abuso infantile. E dunque imperativo comprendere meglio i disturbi dissociativi della prima infanzia, il ruolo della dissociazione nei problemi psichiatrici derivanti da esperienze traumatiche, dal maltrattamento e dalla violenza, nonché le possibilità di efficace intervento terapeutico.
È noto a tutti che l'apprendimento delle lingue da adulti è molto faticoso e spesso dà risultati deludenti, mentre i bambini possono acquisire con facilità le lingue a patto che vengano osservate alcune semplici "regole". Questo libro illustra tali regole e ne discute gli aspetti più rilevanti alla luce delle ricerche più avanzate nell'ambito delle neuroscienze.
Negli anni '70 Claudio Naranjo è stato forse il primo psicoanalista e psicoterapeuta a misurare l'impatto che può avere nella pratica clinica un'autentica formazione in discipline meditative di varia estrazione. Questo libro fa il punto su un trentennio di ricerche e sperimentazioni in questa direzione e si pone come il consuntivo di un percorso spirituale e clinico di grande originalità e ricchezza.
Indagate le relazioni tra l'esperienza di un trauma anche infantile e la comparsa di disturbi alimentari quali anoressia e bulimia. Fornite anche specifiche direttive per assicurare ai pazienti il recupero del proprio disequilibrio. Con casi clinici e questionari per l'autotest. Inoltre rischi, complicazioni e insidie.
Per i candidati del Chicago Institute incontrare un insegnante del calibro di Heinz Kohut dev'essere stata un'esperienza unica; noi possiamo farcene un'idea grazie a questa fortunata trascrizione delle sue lezioni che ne restituisce intatta l'immagine, il caratteristico pensare ad alta voce mentre va costruendo quelle formulazioni che diverranno le pietre angolari del suo castello teorico. All'esposizione rigorosa si alternano resoconti di casi clinici, aneddoti, digressioni e fulminee intuizioni, sia cliniche sia teoriche, che ritroviamo poi, debitamente sviluppate, nei suoi lavori fondamentali. A prescindere dal fascino documentario, però, queste lezioni occupano una posizione chiave nell'evoluzione della teoria kohutiana. Tenute negli anni 1974 e 1975, a metà tra la pubblicazione di Narcisismo e analisi del sé (1971) e La guarigione del sé (1977), ci rivelano un Kohut in evoluzione, alle prese con la tensione creativa fra tradizione e innovazione, fra continuità e cambiamento, proprio mentre sta dando forma a quella psicologia del sé che avrebbe segnato il suo definitivo distacco dal pensiero psicoanalitico tradizionale. Nelle sue parole già vediamo quelli che saranno i caposaldi della matura psicologia del sé. Rivedute con cura, queste lezioni ci restituiscono lo stile intellettuale e la statura pedagogica di un pensatore creativo nel bel mezzo della sua creazione.
Poche sono le persone di cultura (non addette ai lavori) che sappiano cos'è l'analisi fattoriale. Purtroppo, sembra che lo ignori anche gran parte dei laureati in psicologia o sociologia. Secondo Kline non lo hanno capito davvero neppure parecchi 'esperti' che quella tecnica applicano quotidianamente. Perché? Le ragioni sono varie, ma sicuramente una delle più forti è che qui c'è di mezzo la matematica. Infatti, l'uso della matematica per manipolare dati è fonte di intelligenza e conoscenza solo se il significato di tale applicazione è sempre chiaro nella mente di chi opera. Questa esigenza primaria è però piuttosto trascurata nei manuali di analisi fattoriale. La situazione, poi, avverte Kline, rischia di peggiorare dopo l'avvento di programmi informatici di analisi, che consentono di fattorializzare meccanicamente qualsiasi insieme di dati. L'obiettivo di questo testo sarà dunque di mettere il lettore in condizione di capire il significato dell'applicazione matematica, e grazie a questo di imparare a capire cosa fa un'analisi fattoriale. È un libro scritto nel modo più elementare e rigoroso possibile, rivolto allo studente ma anche a molti sperimentatori che usano i programmi informatici senza sapere bene ciò che fanno. In questa sua funzione didattica questo volume è il complemento ideale al Manuale di psicometria, dello stesso autore.
Pubblicato nel 1951 da Fritz Perls e Paul Goodman (con Hefferline per la parte pratica) è certamente uno dei libri che hanno fatto la storia della psicoterapia. Infatti si colloca, e non solo cronologicamente, a un punto di snodo cruciale nello sviluppo della terapia psicologica. Tra i fili che dalla prima metà del secolo conducono alla terapia gestaltica e alla sua formulazione c'è la più viva e innovativa tradizione culturale europea del primo terzo di secolo, dalla filosofia fenomenologica ed esistenzialista, alla rivoluzionaria psicologia della Gestalt (Perls fu assistente di Goldstein), alla psicoanalisi, con tutti i fermenti più innovativi che ribollivano nell'istituto berlinese degli anni trenta dove Perls si formò con didatti e analisti quali Karen Horney, Helene Deutsch e Wilhelm Reich; ma c'è anche il riflesso, colto al volo con stupefacente tempismo, delle nascenti tecniche corporee, che fanno la loro comparsa negli anni trenta (anche) nei paesi di lingua tedesca. Gli influssi che partono da questo manuale, invece, non si contano. Si potrebbe dire che il lavoro di Perls, come i veri contributi alla cultura umana, oltre ad aver dato vita a una psicoterapia, è andato a permeare, in questa forma, i terreni più lontani, che della Gestalt, magari, nulla sanno.
Com'è una supervisione con i più grossi capiscuola della psicoanalisi mondiale? E cosa viene fuori se il caso in supervisione è il medesimo per tutti: stessa analista (Virginia Hunter), stessa paziente (Roselyn), stessa seduta, stesso materiale? Come reagiscono, cosa riescono a dare personaggi come André Green, Hanna Segal, Frances Tustin, John Bowlby, Ernest Wolf, Peter Giovacchini, Arnold Goldberg, Rudolf Ekstein, Robert Wallerstein, Arnold Modell, Jacob Arlow, quando lavorano su un caso? L'idea di usare lo stesso caso è geniale perché consente al lettore di confrontare le supervisioni sullo stesso terreno, di vedere concretamente come e in che misura i diversi modelli teorici di cui quegli analisti sono i maggiori esponenti si calino in una realtà e la chiariscano, la illuminino. Non solo, ma ci permette di osservare in che consista la differenza tra modello e modello. A ogni consulenza l'autrice dedica un capitolo, in cui la registra fedelmente, attenendosi perfino allo stile e al tono parlato degli scambi. Ma fa anche di più. Per consentire al lettore di aver presente, mentre legge la supervisione, il riferimento teorico dei vari 'supervisori', fa precedere ciascun capitolo da un'intervista con lo psicoanalista stesso, in cui egli viene indotto a raccontare generosamente la sua storia personale e i concetti fondamentali della sua concezione teorica.
Con questo studio Feldenkrais ha voluto creare un contesto in cui possano trovare una loro collocazione i risultati del suo metodo per la rieducazione dell'uso del proprio corpo.
Il concetto di identificazione proiettiva descrive il tentativo del paziente di costringere il terapeuta ad assumere un dato ruolo, allo scopo di controllare le proprie esperienze traumatiche. Il paziente non solo vede il terapeuta in modo distorto, ma lo forza a esperire se stesso conformemente a questa sua fantasia inconscia. Questo libro offre intuizioni sull'identificazione proiettiva e illustra le tecniche analitiche che si accompagnano all'utilizzazione pratica di questo concetto: molte situazioni di stallo, quei vicoli ciechi della terapia da cui è così difficile uscire, potranno essere risolte grazie allo studio e alla comprensione di questo meccanismo di difesa.
Sintesi brillante delle ricerche più recenti nel campo psicoanalitico, sociale e biologico, questo studio getta una luce nuova sul processo psicosomatico. Dopo aver descritto dettagliatamente l'incapacità dei pazienti psicosomatici di descrivere e differenziare gli affetti e di produrre fantasie mentali, l'autore dimostra come gli studi sullo sviluppo infantile e la psicologia dell'Io forniscano le basi per comprendere queste carenze nel funzionamento dell'Io. Particolarmente importante è ancora la nozione del ruolo cruciale svolto dai rapporti umani nella regolazione omeostatica delle funzioni fisiologiche.
La PNL (programmazione neurolinguistica) insegna a riconoscere e utilizzare rapidamente ed efficacemente le risorse del cervello umano, avvalendosi di tecniche terapeutiche ad applicazione specifica. In particolare, le tecniche della PNL agiscono sulle modalità principali secondo le quali opera il cervello, cioè i sistemi rappresentativi visivo, auditivo, cenestesico, olfattivo e gustativo, che corrispondono ai cinque sensi. In ciascuna delle modalità principali, gli autori hanno individuato alcune submodalità, agendo sulle quali è possibile produrre sostanziali cambiamenti nel modo in cui l'esperienza è vissuta soggettivamente. Le submodalità, i modi in cui il cervello ordina e codifica l'esperienza, sono gli elementi più semplici all'interno di ogni modalità. Per scoprire come funzionano le submodalità bisogna anzitutto imparare che esistono. Questo libro insegna appunto a individuare prima le varie submodalità, poi a sperimentarle e infine a operare su di esse per ottenere cambiamenti submodali. Gli autori presentano una serie di esercizi grazie ai quali è possibile apprendere strategie specifiche con cui ottenere i risultati più vari, dal cambiamento delle vecchie abitudini sgradevoli e limitanti fino all'eliminazione delle fobie. Basta pochissima pratica per imparare ad agire sulle submodalità, per sfruttare appieno tutto il loro potenziale di cambiamento.
May offre in questo libro la sua personale formula concettuale di guida per il comportamento del terapeuta che deve affrontare i problemi della consulenza; come aiutare i pazienti a divenire autonomi, così da poter risolvere i propri problemi psicologici o morali. May scrive con quella meravigliosa semplicità che gli deriva dalla sua saggezza e dalla sua intuizione, via via che delinea gli elementi costitutivi essenziali (compresa una lucida esposizione del ruolo dell'empatia) del processo del cambiamento.
Il signor Z chiede e riceve da Kohut un'analisi. A cinque anni e mezzo dalla conclusione della terapia, torna da lui chiedendo una seconda analisi: non riesce a venir fuori da una profonda sofferenza, da un costante isolamento sociale; soffre per un'intensa inclinazione alla masturbazione, accompagnata da fantasie masochistiche. Kohut l'accetta per la seconda volta, perché proprio in quel periodo ha rivoluzionato le sue concezioni teoriche e sta verificando nuove idee e nuovi metodi. Così nasce, per questa coincidenza di tempi, una spettacolare quanto unica dimostrazione dal vivo della differenza tra un trattamento basato sulla psicoanalisi classica ortodossa e un trattamento basato sulla psicologia del Sé: sul medesimo paziente e dal medesimo analista. Il cambiamento di visione teorica influenzerà in maniera decisiva la percezione da parte di Kohut del nucleo centrale della psicopatologia del signor Z e gli consentirà, "con grande beneficio del paziente, di fornirgli l'accesso a certi settori della sua personalità che non erano stati raggiunti nella prima analisi". Come si vede, si tratta di un'opera coraggiosa e assolutamente originale, che offre l'occasione di seguire passo passo, come nei classici casi clinici di Freud, il minuzioso lavoro psicoanalitico di Kohut, e al tempo stesso di riflettere sul valore euristico e terapeutico della sua nuova concezione.
La forza della metafora è nota da sempre, nella letteratura, nella religione e nella politica, in tutte le comunicazioni e relazioni umane, non esistono invece informazioni sistematiche sul modo di costruire e usare le metafore ai fini del processo terapeutico. L'autore documenta come le metafore, i racconti e gli aneddoti possono essere usati efficacemente in terapia e le tecniche metaforiche applicate in quasi ogni tipo di terapia e praticamente in ogni situazione clinica, a prescindere dall'approccio teorico e clinico del terapeuta. La loro speciale utilità si manifesta in quelle terapie (strategica, sistemica, ipnotica) in cui il terapeuta gioca un ruolo molto attivo per aiutare a effettuare cambiamenti specifici e ben definiti. L'uso della metafora in psicoterapia mostra che le metafore possono essere utilizzate in modo sorprendentemente semplice una volta che sia stato stabilito il 'rapport' con il cliente. Particolarmente utili sotto questo aspetto sono i molti esempi clinici di metafore che si applicano al trattamento dei comuni problemi incontrati nella pratica terapeutica e che possono essere adattate in vari contesti a mano a mano che il terapeuta sviluppa il proprio stile di metafora terapeutica. Un aiuto ulteriore lo si può trovare alla fine di ciascun capitolo, negli esercizi pratici che insegnano al lettore a perfezionare il proprio stile di costruzione delle metafore.
Heinz Kohut (1913-1981) è stato uno dei più importanti pensatori psicoanalitici del ventesimo secolo. I suoi scritti hanno sostanzialmente aperto la via a un nuovo approccio psicologico, la psicologia del Sé, fondato su un'elaborazione creativa dell'opera di Freud e degli psicologi dell'Io. La sua opera delinea un nuovo modo di accostarsi ai dati dell'osservazione clinica, chiarisce il carattere empatico dell'indagine psicoanalitica e modifica sensibilmente la teoria psicoanalitica classica. Ma Kohut è stato anche un eminente pensatore che si è trovato ad affrontare alcuni problemi fondamentali che oltrepassano i confini strettamente psicoanalitici. Per Kohut è arbitrario separare lo studio terapeutico e scientifico dell'uomo da quello umanistico. La struttura generale di questo volume è concepita per presentare in tutta la loro ricchezza le riflessioni di Kohut sulla psicologia del Sé e le scienze umane. I temi del libro toccano creativamente alcuni concetti teorici centrali nel contesto di un discorso umanistico: l'eroe, il capo, il tragico, il coraggio, la storia, il potere, il narcisismo, la creatività. Il libro si conclude con le ultime interviste rilasciate da Kohut prima della sua morte, direttamente legate al materiale inserito nelle prime due parti del volume.
Il solo trattato sistematico sull'uso dell'analisi transazionale nei gruppi. Si tratta di un testo insostituibile, sia per la facilità espositiva e la scioltezza con cui Berne anzitutto spiega ciò che intende per terapia di gruppo, sia per la cura con la quale specifica e definisce ogni passo del processo terapeutico, soffermandosi su particolari in apparenza ininfluenti ma in realtà fondamentali quali la scelta, il numero dei partecipanti al gruppo o la disposizione dei posti a sedere. Vitali per qualsiasi approccio terapeutico sono poi le considerazioni sugli obiettivi terapeutici, sulla figura del terapeuta e dei suoi eventuali assistenti o aiutanti, sulla supervisione, sull'atteggiamento del terapeuta e naturalmente sul gruppo, sulle dinamiche interne al gruppo stesso e sul suo rapporto col terapeuta. Tutto questo materiale viene costantemente discusso alla luce di altre esperienze e teorie relative alla terapia con i gruppi, come quelle di Moreno, Bion, Foulkes, Perls e altri. Esauriente e articolato, costruito come un manuale pratico ma attento anche al punto di vista teorico, questo libro sarà utilissimo all'analista transazionale o al terapeuta di gruppo di qualsivoglia formazione, ma anche a tutti coloro che hanno a che fare con i gruppi in altri campi o settori, come nell'industria, nella scuola, nel lavoro sociale, eccetera.
Questo libro vuole costituire un'introduzione prevalentemente clinica e pratica alle più recenti aree di ricerca nel campo della programmazione neurolinguistica. Le tecniche sono presentate da Bandler nel vivo della loro applicazione, durante vari seminari in cui la vera forza propulsiva dell'apprendimento sta nella dimostrazione pratica, immediata, di come la tecnica raggiunge i risultati per i quali è stata inventata, piuttosto che nella derivazione sul piano teorico. In particolare, la PNL ha già da vari anni individuato tre modalità principali secondo cui opera l'attività rappresentativa dei dati nel cervello umano. Bandler ha cominciato a esplorare quelle che chiama le 'submodalità', cioè differenti modalità secondarie che caratterizzano la rappresentazione all'interno di una data modalità principale. L'autore si è spinto molto avanti nella ricerca di come utilizzare le submodalità per produrre cambiamenti sostanziali nel suo comportamento. Scopo dichiarato, in conformità con la sottostante filosofia rigorosamente pragmatista che informa tutta la PNL, è quello di trovare metodi, non tanto più efficaci, quanto più rapidi per ottenere il cambiamento desiderato dalla persona che si sottopone a terapia. E in questa direzione Bandler raggiunge, nel trattamento di certune patologie, dei tempi operativi talmente ridotti che si può parlare di progressi tecnici definitivi.
Come dice lo stesso Erickson nella sua prefazione, "questo libro non costituisce certo una descrizione completa delle mie metodologie, tuttavia spiega il mio modo di lavorare molto meglio di quanto io stesso non riuscirei a fare". In questo volume Bandler e Grinder intendono presentare al lettore, in maniera facilmente accessibile e graduale, alcuni degli schemi tipici del comportamento tenuto da Erickson quando opera con l'ipnosi, un modello esplicito che gli dia modo di servirsi di queste capacità nel suo stesso lavoro. L'opera comprende tre fasi o livelli di modellamento. La Parte I contiene alcuni articoli di Erickson, esempi stimolanti del suo lavoro personale, con un commento parallelo in cui si individuano gli schemi del suo comportamento. Nella Parte II questi schemi vengono ripartiti nei loro raggruppamenti naturali, allo scopo di dare al lettore un criterio generale sia per comprendere l'opera di Erickson, sia per organizzare la sua esperienza personale dell'ipnosi. La Parte III è un'esposizione esplicita, effettuata per gradi, degli schemi individuati nella I e nella II Parte, e si propone di fare acquisire al lettore la capacità di costruire ciascuno schema attraverso la comprensione delle sue caratteristiche formali, nella convinzione che egli potrà avvantaggiarsi, a beneficio del proprio lavoro personale, degli schemi di comportamento di Erickson.
Milton H. Erickson non è stato soltanto un grandissimo ipnotista e ipnoterapeuta, è stato anche e soprattutto colui che ha dato all'ipnosi uno status ufficiale di vera e propria scienza. Le sue intuizioni, i suoi esperimenti, le sue applicazioni terapeutiche, oltre a essere stati determinanti per lo sviluppo dell'ipnosi come metodo scientifico, hanno avuto ripercussioni profondissime in molteplici campi; le sue idee e la sua pratica, infatti, costituiscono la fonte più o meno diretta di gran parte delle tecniche terapeutiche praticate nella terapia relazionale; e questo non è un caso, giacché all'epoca della teorizzazione di Bateson, Jackson, Haley e Weakland, Erickson era già maestro nell'induzione di doppi legami e nell'uso dei paradossi della comunicazione (Haley e Weakland sono stati suoi allievi diretti). Questa raccolta degli scritti di Erickson è di particolare interesse in quanto contiene tutti i suoi contributi originali in un arco di più di cinquant'anni di esplorazioni sperimentali e terapeutiche. È una miniera di dati inestimabili che i ricercatori e i clinici potranno utilizzare con profitto sia nella ricerca sperimentale sia nella psicoterapia.
Milton H. Erickson non è stato soltanto un grandissimo ipnotista e ipnoterapeuta, ma anche e soprattutto colui che ha dato all'ipnosi uno status ufficiale di vera e propria scienza. Le sue intuizioni, i suoi esperimenti, le sue applicazioni terapeutiche, oltre a essere stati determinanti per lo sviluppo dell'ipnosi come metodo scientifico, hanno avuto ripercussioni profondissime in molteplici campi; le sue idee e la sua pratica, infatti, costituiscono la fonte più o meno diretta di gran parte delle tecniche terapeutiche praticate nella terapia relazionale; e questo non è un caso, giacché all'epoca della teorizzazione di Bateson, Jackson, Haley e Weakland, Erickson era già maestro nell'induzione di doppi legami e nell'uso dei paradossi della comunicazione (Haley e Weakland sono stati suoi allievi diretti). Questa raccolta degli scritti di Erickson è di particolare interesse in quanto contiene tutti i suoi contributi originali in un arco di più di cinquant'anni di esplorazioni sperimentali e terapeutiche. È una miniera di dati inestimabili che i ricercatori e i clinici potranno utilizzare con profitto sia nella ricerca sperimentale che nella psicoterapia.
Tra le tecniche isolate da Bandler e Grinder con un minuzioso studio della pratica terapeutica dei 'maghi' della psicoterapia (tra i quali, ormai, conviene annoverare loro stessi), una delle più efficaci e potenti è quella che essi chiamano la 'ristrutturazione'. Essa consiste nel cambiare il quadro entro il quale una persona percepisce certi eventi, allo scopo di cambiare il significato degli eventi stessi. Quando il significato cambia, le reazioni e i comportamenti della persona cambiano anch'essi. Ma se l'idea è semplice, praticarla è tutta altra cosa, e qui Bandler e Grinder mettono a disposizione del lettore tutta la loro maestria nel penetrare, segmentare, serializzare e schematizzare un comportamento complesso in costituenti minimi, che il terapeuta può praticare fino a farne delle unità di reazione automatiche, così come è automatizzata la maggior parte delle azioni connesse, poniamo, con la guida dell'automobile (o con il nuoto, la corsa, ecc.). A questo punto, e solo a questo punto (in questo gli autori sono molto espliciti), sarà possibile per il terapeuta applicare creativamente e liberamente la tecnica complessa della ristrutturazione. Mettere il lettore in condizione di raggiungere tale perizia è lo scopo di questo libro-seminario, scritto con la vivacità, l'intelligenza e l'immediatezza che caratterizza l'insegnamento 'dal vivo' della programmazione neurolinguistica.
Milton H. Erickson non è stato soltanto un grandissimo ipnotista e ipnoterapeuta, ma anche e soprattutto colui che ha dato all'ipnosi uno status ufficiale di vera e propria scienza. Le sue intuizioni, i suoi esperimenti, le sue applicazioni terapeutiche, oltre a essere stati determinanti per lo sviluppo dell'ipnosi come metodo scientifico, hanno avuto ripercussioni profondissime in molteplici campi; le sue idee e la sua pratica, infatti, costituiscono la fonte più o meno diretta di gran parte delle tecniche terapeutiche praticate nella terapia relazionale; e questo non è un caso, giacché all'epoca della teorizzazione di Bateson, Jackson, Haley e Weakland, Erickson era già maestro nell'induzione di doppi legami e nell'uso dei paradossi della comunicazione (Haley e Weakland sono stati suoi allievi diretti). Questa raccolta degli scritti di Erickson è di particolare interesse in quanto contiene tutti i suoi contributi originali in un arco di più di cinquant'anni di esplorazioni sperimentali e terapeutiche. È una miniera di dati inestimabili che i ricercatori e i clinici potranno utilizzare con profitto sia nella ricerca sperimentale che nella psicoterapia.