Il primo incontro avviene un giorno di dicembre. Nick sta camminando sul lago ghiacciato vicino alla sua casa, nell'Alaska sud-orientale, con la moglie e il loro labrador, quando succede. Il lupo nero fermo da un po' sulla riva opposta inizia a correre verso di loro con le fauci spalancate, sollevando la neve con le zampe. Poi si ferma, a pochi metri, con la coda tesa, in atteggiamento dominante. D'istinto Nick stringe a sé la moglie e il collare del cane e si mette in allerta. La paura atavica dell'uomo di fronte a questo animale assale anche lui, che pure ha incontrato molti lupi. Mai però così da vicino. D'un tratto il cane si divincola e va incontro al lupo, muso contro muso. Da quel momento Romeo, come è stato chiamato, entra nella vita di Nick e della piccola comunità di Juneau. Si rivela estremamente sociale, gioca con i cani, interagisce con le persone. Intelligente e attento, diventa una presenza fissa, portando un alito di vita selvaggia alle soglie delle case. Per Nick, Romeo è un amico, obbedisce ai suoi segnali, lo aspetta sul lago davanti a casa. Ma, come spesso accade, non tutti apprezzano questa prossimità, invocando l'atavica inimicizia tra uomini e lupi.
Ci sono molte strade che portano all'inferno, per uscirne pochissime. E se all'inferno ci sei nato, quasi nessuna. Luigi respira povertà, emarginazione e violenza da quando era bambino. Il padre, che entra ed esce dal carcere, riversa sulla moglie ossessioni e frustrazioni, massacrandola di botte davanti ai bambini. Una spirale sempre più pericolosa. Disgustato da lui, ma bisognoso del suo ruolo, solo e arrabbiato, Luigi trova il calore della famiglia che non ha in un gruppo di skinhead. L'appartenenza a un branco, il rito, la possibilità di sfogare contro "i nemici" la rabbia che ha dentro, lo affascinano. Poi, un giorno, come in una tragedia greca, succede quello che tutto fa apparire quasi inevitabile. Per salvare la madre e il fratello dall'ennesimo assalto paranoico del padre, Luigi lo uccide. Se non lo avesse fatto, ci sarebbe stato quello che oggi si chiama femminicidio. Per lui si aprono le porte del carcere. Prima San Vittore, la lotta per la sopravvivenza. Poi Opera, una tomba per i vivi. Bollate, dove approda, al confronto è il paradiso. Proprio dal fondo, dal posto dove meno te lo aspetti, Luigi inizia la sua risalita. A momenti il passato, che non fa sconti a nessuno, lo rincorre per riportarlo all'inferno. Ma c'è un mantra che Luigi ha fatto suo, un grido di battaglia per replicare a ogni colpo del destino: "Non sarà sempre così".
Escono in moto per compiere Le famigerate "stese": sparano con pistole e mitra, a caso, in pieno giorno per seminare il terrore. Uccidono senza pietà barboni, immigrati o anche solo chi rifiuta di offrire una sigaretta. Inondano di cocaina a basso costo il centro di Napoli. Spendono cifre da capogiro nei locali più alla moda della città, dove si sballano di alcol e droga. Parcheggiatori abusivi e prostitute sono i loro occhi e le loro orecchie. Sono divisi in gruppi, distinti dai tatuaggi, come le bande di latinos. Hanno riti di affiliazione crudeli, loro codici di comportamento e nessuna regola morale. Hanno riempito il vuoto lasciato dai vecchi boss della camorra, decaduti o in prigione. Vogliono prendersi Napoli, il traffico di droga, tutto. Sono poco più che bambini. Frutto di un accurato lavoro d'inchiesta sul campo, di interviste "off the record" dell'autore a baby boss, anziani camorristi, investigatori, e da una profonda conoscenza delle carte processuali, questa è una storia tremendamente reale. I personaggi hanno nomi inventati, ma le situazioni in cui si muovono sono tutte vere. Di fantasia c'è quel poco che basta per riempire i vuoti di una realtà che supera l'immaginazione. È la storia del delirio di onnipotenza di un clan di ragazzi in una sanguinosa faida di camorra, che ha trascinato un'intera città nelle atmosfere cupe di Gotham City. Ma senza supereroi.
Avrebbe dovuto farlo gettare nella fossa comune, come tutti i delinquenti condannati alla crocifissione, invece di concedergli la sepoltura in un sepolcro a parte. Erano stati tutti accontentati dalla morte di Gesù, i sacerdoti del Sinedrio si erano liberati di un pericoloso blasfemo, e i romani di un potenziale sobillatore, non aveva motivo di opporsi a quella richiesta. E poi aveva messo i soldati di guardia, per far contenti i giudei. Ma quando la mattina di domenica il corpo non si trova più, Pilato si maledice per quella decisione. E incarica Clavio, il suo miglior tribuno, di scoprire dove è finito. Senza il corpo, i timori dei farisei troveranno fondamento e l'equilibrio politico in Palestina potrebbe spezzarsi. Clavio è un uomo pratico, abituato ad agire. Si mette a seguire tutte le tracce, a interrogare i testimoni, a fare sopralluoghi e supposizioni. Il corpo non può che essere stato trafugato, si tratta solo di trovare i colpevoli. Però qualcuno dice di aver visto e parlato con Gesù dopo la scomparsa e il mistero si infittisce. Col passare dei giorni, e dopo l'incontro con Rachele, un'ebrea segretamente convertita, le certezze di Clavio traballano. E la sua posizione anche, perché Pilato pretende un cadavere da esibire...
È il 19 dicembre, giorno del suo compleanno, quando un commando di jihadisti fa irruzione nella casa di Francis, ingegnere francese di stanza in Nigeria. Pochi istanti e le porte d'acciaio saltano per aria e lui si trova tra i cadaveri delle sue guardie del corpo, con le mani legate e i kalashnikov puntati alla schiena. Un ostaggio francese, merce preziosa per questi terroristi che fanno affari con i ricatti. Quello è il primo giorno di una lunga prigionia. Rinchiuso in una cella misera, patisce fame, freddo, percosse, fatica. Quando le cose cominciano ad andare per le lunghe, capisce che se il suo valore di scambio diminuisce, la sua vita è in pericolo. Non gli resta che progettare la fuga. Nei lunghi mesi che seguono, Francis perde 40 chili e ha tre arresti cardiaci, ma non si dà per vinto. Studia ogni singola mossa dei suoi carcerieri, orari, abitudini, debolezze. Scopre i comportamenti proibiti delle sue guardie, da usare come arma di ricatto. Capisce quanta ignoranza e ipocrisia e quanto distacco dalla religione che professano nascondono quegli uomini. Cammina ogni giorno intorno al materasso per chilometri per tenersi in forma, calcola tutto, memorizza tutto, in attesa del momento buono per fuggire. Sa di avere un'unica possibilità, perché, se fallisce, nessuno avrà pietà di lui.
Umiliate, torturate, maltrattate, denutrite, annichilite dalla violenza, la fame e la paura, gli occhi vuoti e il grembo freddo, le prigioniere dei campi di concentramento e sterminio nazisti hanno strappato a Primo Levi il grido "Considerate se questa è una donna." Ma le recluse non erano le uniche donne in quegli inferni sulla terra. Benché i loro nomi siano meno noti di quelli dei loro sanguinari complici, come Mengele, Himmler, Goebbels, furono molte e non meno crudeli le donne che hanno lavorato nei campi e si sono applicate spesso con più accanimento degli uomini a infliggere torture e morte. Maria Mandel, la "bestia di Auschwitz", amava prendere a calci sul viso i prigionieri. Ilse Koch, la "cagna di Buchenwald", si faceva confezionare paralumi con la pelle tatuata delle sue vittime. Hermine Braunsteiner è responsabile di almeno 200.000 morti. E sono solo alcune. Non tutte erano povere, molte erano spose, madri, lavoratrici. Potevano scegliere. E hanno scelto deliberatamente il male. Per senso del dovere, per obbedienza, "per assaporare", come ha detto una di loro, "il potere, la superiorità, il diritto di decidere della vita e della morte delle detenute." Nessuna di loro si è pentita. Sulle atrocità commesse da queste donne su altre donne la storia è stata a lungo reticente, quasi imbarazzata. Chi dà la vita può scendere all'abiezione più pura senza esservi costretta? Nei ritratti di alcune di loro, la terribile risposta.
Il 5 novembre 1942, in piena seconda guerra mondiale, un aereo americano con cinque uomini a bordo è costretto a un atterraggio d'emergenza sui ghiacci della Groenlandia. Ingannevole fin dal nome, che significa Terra verde, la Groenlandia è una spessa coltre bianca che di verde non ha nulla. Inospitale anche perché soggetta alla Danimarca, che ora è nelle mani dei nazisti. Poco tempo dopo anche l'aereo inviato in soccorso, un B-17, soccombe a una tempesta. I nove uomini dell'equipaggio si trovano catapultati nell'inferno artico. Una seconda missione di salvataggio scompare invece letteralmente con i suoi tre uomini, senza lasciare tracce. Per cinque mesi i quattordici sopravvissuti devono combattere contro il gelo in attesa di nuovi soccorsi. Lottando contro fame e paura, depressione e solitudine, avendo come unico riparo caverne di ghiaccio o il moncone di un aereo, gli uomini aspettano una salvezza che si fa sempre meno certa. Non sanno ancora che la loro vita è in mano a un uomo, un eroe, che rifiuta di abbandonarli e mette a punto un piano folle per trarli in salvo.
«Tiri su il suo body count o ha chiuso». Il generale Ewell incalzava senza pietà i suoi sottoposti in Vietnam con la conta dei morti. Era ossessionato. Nessuno doveva permettersi di abbassare il livello della sua divisione. 6.000 morti al mese come minimo, era l’obiettivo. Ne andava della sua reputazione di “macellaio” del Delta del Mekong. Tutto in Vietnam ruotava intorno al body count. Sulle pareti della mensa campeggiavano i punteggi settimanali di ogni soldato, in modo che tutti vedessero. E si regolassero di conseguenza. Se eri tra i primi avevi premi, licenze, casse di birra e altre piacevolezze. In caso contrario, stavi molto molto scomodo. Il sergente Roy Bumgarner pare ne abbia uccisi 1.500 da solo. E come lui, ce n’erano decine.
«Uccidi, uccidi, uccidi», urlavano le reclute per tutto l’addestramento. «Spara a tutto ciò che si muove» era l’ordine dall’alto per le missioni. Disobbedire non era contemplato. La retorica della guerra in Vietnam ha riconosciuto My Lai come l’unico crimine di guerra commesso dai soldati americani. La strage di 500 donne, anziani e bambini, tutto un villaggio, compiuta nel 1968 è definita un caso isolato, opera di mele marce.
Non è così. Basandosi su documenti riservati e sulle voci di testimoni oculari americani e vietnamiti, Turse costruisce un racconto mozzafiato e definitivo della “sporca guerra”.
Dopo la morte prematura della madre, il traumatico naufragio del suo matrimonio, una giovinezza disordinata e difficile, Cheryl a soli ventisei anni si ritrova con la vita sconvolta. Alla ricerca di sé oltre che di un senso, decide di attraversare a piedi l'America selvaggia per oltre quattromila chilometri, tra montagne, foreste, animali, rocce impervie, torrenti impetuosi, caldo torrido e freddo estremo. Una scrittura intensa come la vicenda che racconta, da cui emergono con forza tutto il fascino degli spazi incontaminati e la fragilità della condizione umana di fronte a una natura grandiosa e potente. Una storia di avventura e formazione, di paura e coraggio, di fuga e rinascita.
Quando, nel 2002, Slahi viene mandato nel famigerato campo di detenzione di Guantánamo, è costretto a sopportare tutto il peggio che un carcere può offrire, compresi mesi di deprivazione sensoriale, tortura, violenze sessuali, minacce di ogni tipo, perfino ai suoi cari. Dopo tre anni di prigionia, ha cominciato a scrivere a mano la sua storia, in inglese, la lingua che ha imparato interagendo con i suoi carcerieri. Nel 2007 l'FBI, la CIA e l'intelligence americana hanno stabilito che non ci sono elementi per collegare Slahi ad alcun atto di terrorismo. Non è mai stato accusato formalmente di alcun crimine. Nel 2010 un giudice federale ha ordinato la sua scarcerazione. Eppure resta a Guantánamo. Nonostante questa inimmaginabile ingiustizia, Slahi rimane tollerante, razionale, benevolo. La sua è una memoir intima e personale, spaventosa, pervasa da una grazia sorprendente. Il suo manoscritto è stato ora declassificato dal governo americano e le sue parole ispirate, percorse da un umorismo dark, comunque devastanti, sono finalmente a disposizione di tutti. Raccontano una storia scioccante, fondamentale, che ha il potere di modificare la considerazione di ciascuno e rappresenta un documento di immensa importanza storica. Il risultato è un racconto di perseveranza umana portata al limite, ma mai spezzata.
Il primo incontro avviene un giorno di dicembre. Nick sta camminando sul lago ghiacciato vicino alla sua casa, nell'Alaska sud-orientale, con la moglie e il loro labrador quando succede. Il lupo nero fermo da un po' sulla riva opposta inizia a correre verso di loro con le fauci spalancate, sollevando la neve con le zampe. Poi si ferma, a pochi metri, con la coda tesa, in atteggiamento dominante. D'istinto Nick stringe a sé la moglie e il collare del cane e si mette in allerta. La paura atavica dell'uomo di fronte a questo animale assale anche lui, che pure ha incontrato molti lupi. Mai però così da vicino. D'un tratto il cane si divincola e va incontro al lupo, muso contro muso. Da quel momento Romeo, come è stato chiamato, entra nella vita di Nick e della piccola comunità di Juneau. Si rivela estremamente sociale, gioca con i cani, interagisce con le persone. Intelligente e attento, diventa una presenza fissa, portando un alito di vita selvaggia alle soglie delle case. Per Nick, Romeo è un amico, obbedisce ai suoi segnali, lo aspetta sul lago davanti a casa. Ma, come spesso accade, non tutti apprezzano questa prossimità, invocando l'atavica inimicizia tra uomini e lupi. Una memoir emozionante, un grido d'amore per la natura incontaminata e selvaggia.
Lo volevano morto da sempre, da quando era in fasce e un potente re ordinò ai suoi soldati di sterminare una schiera di piccoli innocenti, pur di eliminare il pericolo che incombeva sul suo trono. Adesso che ha poco più di trent'anni, un alto sacerdote vuole che sia ucciso per la minaccia che rappresenta da quando ha iniziato a predicare in pubblico parole mai sentite prima, che sembrano il compiersi di antiche profezie. Parole che scuotono le fondamenta di un potere insieme religioso, politico ed economico. Un seguace lo vende ai nemici, diventando l'emblema del tradimento. Un governatore che potrebbe salvarlo se ne lava le mani - e fornisce una squadra di efficienti sicari. Gli "uomini dell'oscurità" vogliono che sia eliminato. E Gesù di Nazareth muore. Sulla sua vicenda, sulle tracce che ha lasciato il delitto più noto della storia dell'umanità, indagano due investigatori di oggi. Armati di penna, di una mente aperta e di documenti, ripercorrono il cammino di un uomo condannato a morire e della sua parola, che non è morta con lui. Raccontato come un romanzo - giorno per giorno, ora per ora - un giallo verissimo, una storia che sfida le tenebre e lascia un indelebile solco di luce.
In un'umida notte autunnale, due uomini salgono sul tetto di una casa di Hammamet. Uno è Craxi. L'altro si chiama Umberto. Ha due tatuaggi sul corpo: i cinque punti della malavita sul polso destro e la lettera U appena sopra il pene. È nato in un tugurio alla periferia di Roma. La sera in cui Pasolini viene ammazzato, Umberto c'è. Cresce con la voglia di farsi strada, una voglia che da quelle parti confina con la malavita, dai furtarelli alle rapine, ai traffici di grosso calibro, sempre se riesci a entrarci senza farti ammazzare, perché gira gente che metterà in piedi la Banda della Magliana, come De Pedis e Abbatino. Pezzi grossi. Anche suo zio, però, è un pezzo grosso, comanda la banda della lancia termica che svaligia banche in mezz'Europa, lo chiamano Er Bolero. Ma questo succedeva parecchi anni fa. Prima che accadessero tante altre cose. Prima - ma a volte anche durante - che Umberto diventasse il fotografo di Bettino Craxi, il segretario del partito socialista, il faro della politica italiana. Di più, la sua ombra. L'arma adesso è una Leica, una macchina fotografica pura. Gliel'ha regalata un gangster del clan dei marsigliesi. Da lì in poi, ci sono venticinque anni da raccontare. Perché in quegli anni è successo tutto.
C'è un uomo solo "al comando di se stesso" che pedala lungo la via per Assisi. Non è un pellegrino, benché abbia fede. Non è un semplice ciclista, perché il suo "naso triste come una salita" è stato per anni l'incarnazione stessa del ciclismo. Ma questa volta Gino Bartali non corre per nessuna coppa, per nessun titolo. Siamo nell'inverno del 1943 e combatte la sua guerra. Corre per salvare vite umane. Dopo i fasti del Giro e del Tour, conquistati contro il Regime, è iniziata tutta un'altra storia anche per lui. Una storia di coraggio e orrore, di eroismo e follia. Mentre le leggi razziali vengono applicate con brutalità in Europa, circa quindicimila ebrei raggiungono l'Italia per trovare rifugio. È allora che il campione diventa una sorta di staffetta al servizio della rete clandestina Delasem. "Se ti scoprono, ti fucilano", gli dice il Cardinale Dalla Costa nell'affidargli l'incarico. Ma Gino non si ferma. Finge di allenarsi, e in realtà trasporta documenti falsi, celati nei tubi del sellino e del manubrio. Migliaia di chilometri percorsi avanti e indietro da Firenze, per consegnare nuove identità alle famiglie ricercate con feroce determinazione dai fascisti della Rsi e dai nazisti. Sono più di ottocento gli ebrei che hanno avuta salva la vita grazie al valore silenzioso di un grande del novecento. Passano gli anni, la guerra finisce e di nuovo, in una torrida estate che si fa di ghiaccio sul leggendario Izoard, c'è un uomo solo che pedala. Per vincere il suo secondo Tour, dieci anni dopo il primo...
Luigi è figlio d'arte. Suo padre è un boss della camorra, un pezzo grosso, uno di quelli che contano nell'aversano. Dalle sue parti, con quelle credenziali, potrebbe essere padrone incontrastato. Ma lui non ne vuole sapere. Troppo vivo e amaro il ricordo degli anni di infanzia, con il padre sempre in galera e la geografia imparata andando in visita nelle carceri di massima sicurezza in tutta Italia, con i Natali a toni smorzati, solo con donne e cugini, perché tutti gli uomini della famiglia o erano latitanti o in prigione. Quando le irruzioni all'alba della polizia o i parenti morti in agguati non li vedi sullo schermo ma li hai in casa, puoi crescere senza poterne fare a meno, o cercare di starne lontano il più possibile. Luigi ha scelto la seconda strada, dicendo tanti no, poi qualche sì, poi ancora no no no, fino a costruirsi una vita pulita e dignitosa. Questo vuole dire ai figli di Scampia e a tutti gli altri, una vita diversa è possibile, ed è molto più bella.
Maggio 1945. Un velivolo militare statunitense con ventiquattro passeggeri a bordo precipita in un punto isolato e irraggiungibile della Nuova Guinea. Sopravvivono solo tre passeggeri, due uomini e una donna. Invisibile tra gli alberi, un gruppo di indigeni li osserva. "E poco dopo la giungla si anima. Decine di uomini dalla carnagione scura e dai corpi lucidi di grasso di maiale, armati di asce, spuntano dalla boscaglia. Avevano addomesticato il fuoco, ma non conoscevano ancora la ruota. Sapevano contare fino a tre e indicavano tutto ciò che superava il tre con la parola "molti". Credevano che la luna fosse un uomo, e il sole sua moglie. Per onorare i loro defunti, mozzavano le falangi alle ragazze e mangiavano le mani dei nemici uccisi." I sopravvissuti scoprono di trovarsi in un piccolo mondo rimasto all'età della pietra, tra tribù prima agghiaccianti e poi assolutamente ospitali nei confronti di quei tre bianchi caduti dal cielo: nella valle di Baliem, il vero nome di Shangri-La, una leggenda raccontava di spiriti che vivevano nel cielo sopra la valle e usavano una liana magica per scendere sulla terra. Avevano pelle chiara, braccia pelose che tenevano coperte, e rubavano maiali agli uomini, tanto che questi avevano tagliato la liana. Ma gli spiriti l'avrebbero rimpiazzata per ridiscendere nel giorno del Giudizio. "E i tre americani apparsi dal nulla sembravano proprio quegli spiriti leggendari". Verranno recuperati solo due mesi dopo. I due mesi raccontati in questo libro.
L'uomo sorride, elegante e disinvolto. L'aria sicura di sé dell'imprenditore di successo. Nessuno immaginerebbe qual era il suo lavoro, prima... In un'altra vita, impressa negli atti dei tribunali, e nei suoi ricordi... Lo zio Nicky, che al posto delle favole gli raccontava delle regole di ferro di quella "cosa" chiamata Cosa Nostra. Gli amici della "famiglia", gente con nomi come Nick la Lama. Le strade di Atlantic City, aule di scuola per il suo mestiere. E quella sera di dicembre, a pochi giorni dal Natale, e Vincent, che si fidava di lui. BANG! Un colpo in testa... Quella sera Philip Leonetti diventa un killer. Agli ordini dello zio Nicky Scarfo, che presto regnerà sulla mafia della East Coast. Un re crudele e spietato, e Philip è il suo delfino. Attento ad apprendere i doveri di un futuro boss. A contatto fin da giovanissimo con il gotha di Cosa Nostra, i Gambino, i Genovese... Una strada segnata, unico obiettivo il potere criminale e il denaro, unici mezzi l'intrigo, il tradimento e l'omicidio. Il violento e spettacolare romanzo criminale dell'ascesa e caduta del padrino Little Nicky Scarfo e di suo nipote Crazy Phil Leonetti è il ritratto di due uomini all'apparenza inseparabili, che tra la fine degli anni 70 e i primi anni '80 sembrano in grado di eliminare ogni rivale, e farsi beffe delle autorità. Una storia che prende alla gola nel mostrare il potere del crimine, ma anche la forza e il coraggio della redenzione.
Il giorno: 29 aprile 1945. Le parole: Arbeit Macht Frei (Il lavoro rende liberi). Sono lì, sul cancello davanti a loro. Danno il loro lugubre benvenuto a un luogo di sofferenza e di morte, un nome rimasto nella Storia come simbolo d'infamia: Dachau, il primo campo di concentramento della Germania nazista. Le SS sono in fuga, il Terzo Reich è un cumulo di macerie, il folle sogno di Hitler è prossimo a svanire in un sanguinoso crepuscolo degli dei. Grazie all'eroismo di tanti uomini comuni, diventati eroi. Ragazzi come loro. Loro sono i Thunderbird, giovani soldati venuti da Oltreoceano, sulle mostrine l'Uccello del tuono dei miti pellerossa, tra le mani un fucile Garand. Molti, troppi sono rimasti per strada, caduti in mille scontri. Ma altri hanno tenuto duro, e hanno risposto al fuoco nazista per arrivare a quei cancelli, vedere quelle figure tremanti ed emaciate dietro il filo spinato - prigionieri privati di tutto, ormai anche della speranza - e poter dire loro: "Siete liberi". Il tenente colonnello Felix Sparks conosce l'orrore della guerra, ha visto i ragazzi ai suoi ordini falciati sotto i suoi occhi, ma non poteva immaginare questo, non aveva idea di cos'è un campo di sterminio. Quel giorno, il giorno della liberazione di Dachau, il suo cuore esiterà, per un momento, quando qualcuno dei suoi fedeli ragazzi deciderà di applicare la legge del taglione. Occhio per occhio, dente per dente. Questa è la sua storia, dalle spiagge della Sicilia fino al tempio dell'orrore. È l'odissea di un uomo.
Una storia che comincia e finisce in un giorno. Una storia che dura una vita. Si può rivivere una vita in un giorno? Si può. Accade a New York, il giorno di Natale del 1969, a Willie Sutton, uscito da poche ore dal penitenziario di Attica dopo che il governatore Rockefeller gli ha concesso la grazia per motivi di salute. Questa storia è tante storie. Tutte vere. O forse no. È una storia che comincia agli albori del ventesimo secolo, quando Willie evade dal grembo della Madre. È una storia che comincia nel 1919, quando lo sguardo di Willie incontra l'oro negli occhi di Bess. È una storia che comincia nel 1969, l'anno dell'uomo sulla Luna. È una storia di astronauti e di sirene, di guardie e di ladri, di magnati e di giardinieri, di prostitute e di galeotti. È una storia in fuga, da Sing Sing e dalla solitudine, dalla povertà e dalla mancanza d'amore. È una storia di libri, perché i libri ti cambiano la vita. È una storia di soldi, maledetti soldi. È una storia di banche, maledette banche. Perché è nelle banche che ci sono i soldi, ed è per questo che Willie Sutton le rapina. Con una pistola che non ha mai sparato, e un travestimento ogni volta diverso. Perché lui è Willie l'Attore, e recita dal vivo sul palcoscenico del crimine. Un eroe - o un antieroe - sulle strade della Grande Mela, insieme a un Giornalista e un Fotografo. Guidati da Willie sulle tracce del suo passato, i due hanno solo un giorno per ottenere la storia da prima pagina che vuole il giornale. Ma anche Willie vuole una storia.
Spalle larghe, capelli a spazzola e sguardo fiero, Aaron Barr è stato un militare, esperto di crittografia e sistemi informatici. Adesso si è messo in proprio e vende i suoi servizi come esperto di sistemi di sicurezza al governo. Ultimamente, per farsi un nome, ha anche deciso di far meglio dell’Fbi nel risalire a un gruppo di hackeristi, chiamati Anonymous. Con uno pseudonimo, è entrato in contatto con alcuni di loro: Topiary, Sabu, Kayla. Una domenica di febbraio del 2011, a poche ore dalla finale del Super Bowl, Barr nota che il suo Iphone è stranamente silenzioso da un po’. Da troppo. Quello che scopre un attimo dopo, cambierà tutto. La sua mail è bloccata. Twitter pure. Il suo pensiero corre alle centinaia di file riservatissimi dell’Fbi, del Dipartimento della difesa e di grosse banche che ha in custodia, e che ora che stanno per essere rubati. Anonymous lo ha scoperto. Quella è la sua vendetta. Sono i “cyber-insorgenti”, giovanissimi anarchici della rete che hanno messo sottosopra Internet e minacciato la sicurezza delle principali istituzioni politiche, economiche e militari di tutto il mondo. Sono imprendibili ed estremamente organizzati. La maschera di Anonymus è il loro volto; il loro nome - LulzSec - significa “prendersi gioco della sicurezza”. Parmy Olson è l’unica giornalista ad avere incontrato faccia a faccia due dei leaders e ad avere avuto la loro piena collaborazione. Ora racconta tutto, come in un romanzo.