Stiamo vivendo una fase dello sviluppo capitalistico sempre più caratterizzata da risorse immateriali del capitale intangibile. Una strutturazione del capitale che si accompagna al lavoro manuale sottopagato, delocalizzato e sempre più spesso non regolamentato, e a servizi esternalizzati e a scarso contenuto di garanzie. Ciò non significa "la fine del lavoro", ma la nascita di nuove tipologie e di una nuova organizzazione del lavoro, ma sempre nel modo di produzione capitalistico che prevede sfruttamento e conflitti tra capitale e lavoro.
Perché un libro su tre paesi dell'America Latina oggi, e perché questi tre: Brasile, Argentina, Ecuador? Una prima risposta, la più semplice, è che si tratta di tre albe incompiute. O, se si vuole, per chi guardando dall'esterno ha visto una possibilità di cambio di direzione politica nel Brasile del sindacalista Lula, nell'Argentina del progressista Kirchner e nel governo dell'Ecuador di Gutiérrez, eletto anche tramite il sostegno del movimento degli Indios, si trattava di "casi", di macroeventi, carichi di speranza per realizzare politiche sociali e di maggior giustizia. Di fatto, ragionevoli o illusorie che fossero state le previsioni o le speranze, a queste albe non è seguito il giorno.