Con l'eclissi delle fedi tradizionali il relativismo è diventato la filosofia dominante della cultura occidentale. In realtà ne esistono diverse varianti: per quello normativo le regole e i valori sono convenzioni culturali e tutte le culture si equivalgono; per quello cognitivo non vi è conoscenza certa, neppure nelle scienze. Boudon traccia la storia dei differenti relativismi e esorta a distinguere fra il relativismo "buono", che favorisce il rispetto per gli altri, e quello "cattivo", che conduce al nichilismo e nuoce alla democrazia.
Nella seconda metà del Novecento le scienze sociali hanno prodotto numerose teorie del mutamento sociale (teorie della modernizzazione, della mobilitazione politica, dello sviluppo socioeconomico, del mutamento culturale). Se ne ricava però l'impressione generale di un fallimento: la maggior parte di esse è stata smentita dalla realtà. Per Boudon, che si ispira alla tradizione critica che va da Kant a Popper, occorre orientarsi verso un modello di spiegazione che non pretenda di essere "universale e necessario", nel quale vi sia posto per il disordine. Misurarsi col disordine significa infatti aderire alla realtà e rinunciare a pericolose leggi astratte. "La teoria, nel suo insieme", come scrive Arnaldo Bagnasco nella presentazione al volume, "è una grande scatola degli attrezzi, che il ricercatore adopera trovando e combinando strumenti adatti alla comprensione di un caso concreto". Una riflessione divenuta imprescindibile sullo statuto delle scienze sociali.
Nell'analisi dei processi di cambiamento delle istituzioni politiche e dei comportamenti dei cittadini che vivono in regimi democratici, Tocqueville coglie dei meccanismi che restano validi anche ai nostri giorni. Perché in Francia, ma non negli Stati Uniti, l'instaurazione della democrazia è andata di pari passo con l'indebolimento delle credenze religiose? Perché in Francia, ma non negli Stati Uniti, il desiderio di uguaglianza si è presto tradotto in una espansione dell'amministrazione centrale a detrimento non solo dei corpi intermedi, ma anche e soprattutto della vera libertà dei cittadini? Tocqueville rende conto di questi fenomeni e del fatto che la libertà politica può essere a volte sacrificata anche con il consenso dei cittadini, se questi sono desiderosi di sicurezza e se sono disposti ad accettare uno stato protettore fino al punto da lasciarvisi sottomettere. Uomo del suo tempo, ma capace di uno sguardo attento e profondo nell'animo umano, Tocqueville capisce inoltre che è nelle credenze e nelle idee che formano il pulviscolo del potere sociale, che spesso si annida una forma di tirannia potenzialmente più subdola e più forte di quella esercitata dalle istituzioni d'Ancien Régime.
Il tema del declino dei valori è un tema diffuso nel sentire comune e nella letteratura sociologica. A partire dalla ricerca sui valori svolta periodicamente da Ronald Iglehart su sette paesi del mondo occidentale, Boudon rileva come i giovani istruiti abbiano un sistema di valori ben strutturato rispetto alla famiglia, al lavoro, alla religione, alla moralità e alla politica e che la gran parte degli individui continua a vivere ispirandosi a codici morali. Come spiegare allora l'impressione di declino che gli intellettuali e i media ci trasmettono? Proprio nella discrepanza tra autorappresentazione sociale e comportamento, Boudon ravvisa un esempio dell'effetto perverso per cui solo le analisi iperboliche "bucano" lo schermo.
Passiamo la maggior parte del nostro tempo ad emettere giudizi di valore, nella maggior parte dei casi perché crediamo in essi. Ma perché ci crediamo? La domanda è stata posta da tutte le scienze umane, ottenendo risposte molto diverse. Il problema dell'origine dei valori ha attirato l'attenzione di sociologi e di filosofi. E' possibile scegliere tra le diverse risposte? Esprimono teorie equivalenti? A partire da una rilettura di Max Weber, Boudon elabora in questo testo una proposta teorica intesa a superare tale contraddizione.
La prima parte del volume si occupa delle credenze collettive di verità: come spiegare le affermazioni condivise del tipo "ciò è vero". La seconda parte discute le credenze collettive normative: come spiegare le affermazioni condivise del tipo "ciò è giusto". Nella terza parte viene condotta una critica del relativismo, ovvero delle posizioni teoriche che negano l'esistenza di criteri intersoggettivi e interculturali a fondamento delle credenze di cui sopra. L'ultima parte ospita la sintesi delle posizioni di Boudon e il suo tentativo di sviluppare una teoria della razionalità.