La "pedagogia realista" di Giussani, presentata in molte sue opere e soprattutto ne Il rischio educativo, rivela una sorprendente attualità e una chiara pertinenza alle esigenze educative del nostro tempo. I confronti sulle parole chiave di don Giussani e sulle questioni principali dell'educazione, espresse dalle coppie di termini "realtà e verità", "autorità e libertà", "tradizione e verifica", mettono in luce il deciso impegno di uno dei maggiori educatori del Novecento e la dimensione profonda, riflessa e articolata del suo pensiero, che si inserisce a pieno titolo nella cultura dell'educazione, sia cattolica sia laica. Il volume è a cura di Camillo Fornasieri e Onorato Grassi.
L'imprevista opportunità dovuta alle restrizioni imposte dalla pandemia di sperimentare un modello di apprendimento differente da quello scolastico 'in presenza' con un ampio ricorso alla Didattica a Distanza ha riacceso il dibattito sul destino della scuola cosiddetta tradizionale, organizzata in classi per gruppi di età, disciplinata da programmi predisposti in modo uniforme e legittimata dal riconoscimento del titolo legale di studio. L'interrogativo su cui è aperto il dibattito si può così sintetizzare: le esperienze innovative condotte in emergenza possono essere l'antefatto di una trasformazione scolastica in grado di dar vita a un''altra scuola'? Secondo molti studiosi non solo la diffusione delle nuove tecnologie, la disponibilità in Rete di informazioni infinitamente superiori a quelle che la scuola riesce ad assicurare, ma anche il desiderio dei giovani di costruire percorsi di apprendimento in autonomia e il bisogno di veder valorizzata l'esperienza pratica a fianco dello studio sono alcune delle ragioni che spingono verso un nuovo modello scolastico. Gli autori offrono al lettore un'ampia rassegna dei dibattiti in corso sul futuro dell'istruzione, senza tacere le difficoltà e le resistenze che possono frenare o addirittura ostacolare il cambiamento.
Numerosi segnali indicano che il modello scolastico tradizionale imperniato sul ruolo «educativo» dello Stato, sulla scuola edificio, sulle classi organizzate per gruppi di età, su programmi predisposti in modo uniforme e sul riconoscimento del titolo legale di studio mostra segni di invecchiamento. Secondo molti studiosi saremmo in presenza di un suo esaurimento in un futuro non si sa quanto vicino o remoto. Non solo la diffusione delle nuove tecnologie, la disponibilità in Rete di informazioni infinitamente superiori a quelle che la scuola riesce ad assicurare, ma anche il desiderio dei giovani di costruire percorsi di apprendimento in autonomia e il bisogno di veder valorizzata l'esperienza a fianco dello studio sono alcune delle ragioni che spingono verso un nuovo modello scolastico. Gli autori offrono al lettore un'ampia rassegna dei dibattiti in corso sul futuro dell'istruzione, senza tacere le difficoltà e le resistenze che possono frenare o addirittura ostacolare il cambiamento.
Una vasta rassegna sulle principali vicende educative dell'ultimo scorcio del Novecento e una presentazione organica della pedagogia italiana contemporanea. L'attenzione è rivolta soprattutto al rapporto tra cultura pedagogica e sviluppo della società italiana, agli sforzi per sostenere una democrazia sostanziale e non formale, ai progetti per una scuola efficacemente "aperta a tutti". Protagoniste della ricerca dell'autore sono due generazioni di studiosi: quella che ha operato nella prima metà del Novecento e nella transizione tra fascismo e post-fascismo (Montessori, Calò, Calogero, Casotti, Codignola, Stefanini, Agazzi, Flores d'Arcais, Borghi, Bertin, Volpicelli) e quella attiva nella successiva stagione, segnata dall'integrazione della pedagogia nell'ambito delle "scienze dell'educazione" e dai dibattiti che accompagnarono questa scelta (don Milani, Cives, Laporta, Laeng, Giammancheri, Scurati, Bettolini, Massa, Visalberghi). Sostenuto da un'ampia documentazione, il saggio formula anche alcune ipotesi sullo stato di salute e sul ruolo della pedagogia nella vita culturale italiana nel passaggio tra i due secoli. Uno strumento di ricerca a disposizione di docenti e studenti.
Il volume - interamente rinnovato a quindici anni dalla prima edizione - offre un grande affresco sulla pedagogia del secolo appena trascorso nelle sue varie articolazioni. La prospettiva internazionale con cui l'autore guarda agli eventi educativi che hanno segnato la travagliata storia novecentesca s'intreccia con la ricostruzione dei dibattiti italiani e le tesi dei principali protagonisti che li hanno animati. Con particolare attenzione viene seguita la transizione di metà secolo contraddistinta dal graduale esaurirsi delle spinte puerocentriche e l'emergere di nuove impostazioni psico e socio-pedagogiche fortemente declinate in senso funzionalistico. Un'ampia appendice sulla cultura educativa italiana del secondo Novecento arricchisce un'opera che costituisce ormai un vero e proprio "classico" della storiografia pedagogica del nostro Paese.
Tra il XVI secolo e il primo Ottocento si compie un silenzioso e profondo fenomeno: quello di una crescente alfabetizzazione e scolarizzazione e, più generale, di una maggior sollecitudine nell'educazione dei figli. Nel frattempo, si perfeziona la cultura pedagogica, che assume la fisionomia di un sapere dalle caratteristiche e dai metodi propri. Attraverso le pagine del libro (corredato da una notevole sezione antologica) scorrono le vicende alla radice della nostra cultura educativa e scolastica. Scorrono altresì le biografie, le proposte e soprattutto le vicende di educatori, intellettuali, uomini di chiesa e politici che hanno legato il loro nome alla causa dell'educazione come Comenio, Calasanzio, Locke, La Salle, Rousseau, Filangieri, Pestalozzi, Fröbel, Aporti, don Bosco.
La suggestione suscitata dalla fine di un secolo induce a bilanci sintetici tesi a cogliere le traiettorie culturali, e non solo quelle politiche ed economiche, che ne hanno segnato il corso. Per quanto riguarda la cultura pedagogica, in generale molto più attenta verso la condizione dei minori, il Novecento si apre con la "rivoluzione copernicana" portata in Europa e negli Stati Uniti dal movimento per l'educazione nuova: una svolta significativa nel modo di guardare ai processi educativi, come all'organizzazione della scuola. Il passaggio dalla Pedagogia alle Scienze dell'educazione non è che una conseguenza del cammino segnato a inizio secolo da Dewey, Claparède, Decroly e Montessori. Ma il Novecento annovera anche altre esperienze legate alla pedagogia dei valori, all'educazione liberale, alla cultura politico-educativa marxista, alla psicanalisi, alle culture anti-autoritarie. Fra tradizione ed innovazione si pongono gli apporti della pedagogia cattolica, aperti al confronto con le altre correnti e sempre tesi a superare relativismi e soggettivismi, guardando all'"altro" come criterio e valore.