"Per chiarire la scienza obiettiva, e tutte le altre acquisizioni dell'attività umana, dev'essere, innanzitutto, preso in considerazione il concreto mondo-della-vita. Considerato nella sua universalità realmente concreta, esso, in quanto attualità e in quanto orizzonte, include in sé tutti i complessi di validità raggiunti dagli uomini rispetto al mondo della loro vita in comune e, in definitiva, li riferisce nel loro complesso a un nucleo del mondo che dev'essere messo in luce per via astrattiva: il mondo delle dirette esperienze intersoggettive".
Vincenzo Costa prese parte come ufficiale degli alpini alle diverse campagne della seconda guerra mondiale. Dopo l'8 settembre rientrò a Milano e aderì alla Repubblica di Salò; dall'aprile 1944 fu federale di Milano. Dopo il 25 fu arrestato, processato e condannato ad alcuni anni di detenzione. Renzo De Felice colse l'importanza storiografica delle sue memorie e ne selezionò le pagine relative al 1943-1945.
Sul finire dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento si sviluppò in Germania un intenso dibattito intorno ai rapporti tra pensiero ed esperienza che, a partire dalla teoria dei due mondi di Lotze, coinvolse la corrente psicologista, il neokantismo, Dilthey, Lask e la fenomenologia. Attraverso le analisi husserliane, Heidegger poté abbozzare un programma di superamento delle contraddizioni contenute in tale discussione, in particolare riflettendo sulle condizioni di possibilità dell’intenzionalità, che riconducevano a un contesto finito costituito dall’apertura di un mondo. Si sviluppa così una prospettiva teoretica che riconduce il giudizio e il significato al mondo, inteso come totalità governata da regole di coerenza. In questo modo, i pensieri cessano di essere fatti coscienziali, poiché vengono resi possibili da un certo contesto di esperienza, la quale, tuttavia, non si contrappone al linguaggio in generale, ma solo all’uso che del linguaggio viene fatto nel giudizio. Di conseguenza, l’esperienza da cui procede il pensiero è costituita dagli enunciati d’azione, che si radicano nella vita del mondo. Heidegger delinea dunque una prospettiva che da un lato considera i significati qualcosa di ‘oggettivo’, poiché essi non sono relativi ai soggetti, e dall’altro evita di ritenerli ‘intemporali’, dato che i mondi all’interno dei quali essi possono apparire si danno temporalmente. Dal punto di vista della questione della verità, si avanza così l’ipotesi che l’impostazione heideggeriana, pur mantenendosi distante e critica verso una concezione soggettivista della verità, indichi tuttavia una posizione fondamentalmente antirealista.
Vincenzo Costa (San Cono, CT, 1964) insegna Storia della filosofia contemporanea presso la sede piacentina dell’Università Cattolica. Si è occupato della filosofia tedesca a cavallo tra Ottocento e Novecento, della filosofia francese contemporanea e della fenomenologia, alla cui analisi ha contribuito con numerosi saggi. Ha tradotto le “Lezioni sulla sintesi passiva di Husserl” (Milano 1992) e curato “Il problema della genesi nella filosofia di Husserl di J. Derida” (Milano 1992), il “Libro dello spazio” (Milano 1996) e le “Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologia” (Torino 2002) di Husserl. Ha pubblicato “La generazione della forma” (Milano 1996), “L’estetica trascendentale fenomenologica. Sensibilità e razionalità nella filosofia di Edmund Husserl” (Vita e Pensiero, Milano 1999) e (con P. Spinicci e E. Franzini) “La fenomenologia” (Torino 2002).
Quali sono le origini della fenomenologia? E quali le vie che la riflessione di Husserl ha percorso nel pensiero contemporaneo, assumendo forme e contorni di volta in volta diversi? Ma soprattutto: quali sono i problemi che le animano e quali i metodi che le sono propri e che l'hanno guidata nel dare una risposta agli interrogativi che la riflessione filosofica pone? Sono queste le domande cui in questo libro si cerca di rispondere, proponendo un percorso che, attraverso un'attenta analisi dei principali concetti della fenomenologia husserliana e della galassia fenomenologica che da essa trae origine, permetta al lettore di familiarizzare con una delle vicende teoriche più significative e complesse della filosofia del XX secolo.
Si tratta di una testimonianza autobiografica sulla sorte dei fascisti dopo la Liberazione, di coloro che dalla guerra uscivano vinti e che l'Italia repubblicana chiamò a pagare la "tariffa" delle proprie responsabilità. Il racconto prende le mosse negli ultimi giorni di aprile quando Vincenzo Costa, l'ultimo federale fascista di Milano, è catturato dai partigiani sul lago di Como, giusto qualche ora prima che il duce, poco distante, cada fucilato. Questa memoria, cui Costa ha affidato il ricordo della sua reclusione, è una testimonianza diretta sulla sua sorte e offre una prospettiva rovesciata del dopoguerra italiano, che al fascista appare un purgatorio degradato di angherie e miserie, dove l'unica luce è la fedeltà al passato.
All'interno della filosofia di Edmund Husserl vi è un ambito che il fondatore della fenomenologia chiamava "estetica trascendentale". Esso allude a un insieme di problemi relativi alle strutture fondamentali della sensibilità. Nel presente volume si intende mostrare la funzione fondativa che questo settore esercita entro la fenomenologia trascendentale. Nella razionalità interna allo strutturarsi dei contenuti sensibili viene cercata la giustificazione per prese di posizione filosoficamente più impegnative e, a partire dal primato della sensibilità, viene interpretata la nozione stessa di soggettività trascendentale. Lungo questo percorso emergono come concetti fondamentali della fenomenologia trascendentale quelli di "associazione trascendentale", di "sintesi passiva" e di "attività cinestetica". A partire da questi concetti viene interamente reinterpretata la nozione di "sensibilità", anche rispetto ad alcune proposte che pure emergono da opere husserliane come le "Ricerche logiche" e "Idee".