Come si può portare testimonianza di un evento traumatico? È possibile raccontarlo, trasformarlo in un'esperienza comunicabile, trasmissibile e, anche, archiviabile? Può, cioè, la ferita, la lacerazione sia individuale che collettiva provocata da una violenza estrema, farsi memoria culturale? E qual è, infine, lo statuto semiotico del testimone, insieme a quello dell'archivio che contribuisce a modificare? Partendo da una rilettura semiotica della categoria di trauma e della figura della testimonianza, questo libro prova a interrogare i concetti di documento e di archivio come metafora dei processi della memoria culturale a cominciare dal genere che, per eccellenza, si è incaricato di rappresentare il "reale", il cinema documentario. È un libro che prova a confrontare la teoria con esempi concreti di documentari che ricostruiscono, al limite tra finzione intesa come creazione e "realtà", la memoria e la postmemoria della shoah, del conflitto israelo-palestinese, del genocidio cambogiano e della dittatura cilena. E viceversa: un libro che muove dagli esempi per verificare il modo in cui i testi riformulano la teoria, aiutando a ripensarla, e a ripensare così la verità o l'autenticità, la trama e la tenuta dell'archivio di alcuni dei maggiori traumi della nostra contemporaneità.
Può la memoria costituire un oggetto di analisi semiotica? In un momento in cui la "questione della memoria" è tornata di grande attualità, questo testo prova a considerare la memoria culturale come un insieme di testi e di pratiche, concentrandosi sui discorsi che una società o uno stato si trovano a produrre in seguito a un conflitto, a episodi di violenza, ad abusi della memoria. La memoria dopo la violenza è il risultato di particolari pratiche di testualizzazione guidate da politiche della riconciliazione e della "verità" in cui si scontrano vittime, carnefici e testimoni.
Quando in Italia si parla di femminismo, generalmente si intende un movimento politico-sociale e filosofico di critica al pensiero patriarcale. Meno conosciute sono le posizioni teoriche femministe, sviluppatesi soprattutto in ambito anglosassone, che, partendo dal dibattito sulla categoria di genere intesa come costruzione culturale del femminile e del maschile, hanno proposto strumenti e metodi per l'analisi dei testi e dei linguaggi contemporanei. Assumono così rilievo alcuni oggetti sui quali esercitare una prospettiva critica di genere: testi narrativi, film, trasmissioni televisive. Questo volume li analizza offrendo al contempo una sintesi degli strumenti teorici e una panoramica dei luoghi in cui emerge una semiotica del soggetto sessuato.