Il volume indaga l'emergere di nuove forme di centralità, fisiche e virtuali, nel mondo contemporaneo in seguito alla crisi pandemica del 2020. A partire da una disamina delle accelerazioni impresse dai lockdown nazionali ai processi economici e politici promossi dal Green New Deal, gli autori analizzano i mutamenti avvenuti a livello globale e locale nei luoghi e nei "non-luoghi" più rappresentativi della cultura contemporanea. Centri storici e aree metropolitane, centralità del consumo e città del divertimento, conurbazioni e aree extraurbane, che già tentavano di adattarsi ai cambiamenti dettati dall'economia digitale e dal paradigma dello smart living, con l'incedere della pandemia si sono dovuti confrontare con i mutamenti che essa ha introdotto negli stili di vita, di produzione e di consumo tipici del mondo globalizzato. La cultura della circolazione delle persone e delle merci, che aveva connotato la postmodernità soprattutto negli anni Duemila favorendo il fiorire di economie del turismo ed esperienze di consumo che attingevano dall'universo audiovisivo contemporaneo e dalle sue narrazioni, con lo shock pandemico sembra aver rovesciato la prospettiva, ibridandosi con le molteplici forme di interazione virtuale e conferendo inediti significati a quei sistemi complessi di relazioni che sono i centri e i territori.
Si è più volte affermato che il concilio di Trento rappresenta uno spartiacque nella storia del matrimonio. Mentre sino ad allora, a tutela della libertà dei nubendi, per instaurare il vincolo era stato sufficiente lo scambio dei consensi, anche da solo a sola e senza pubblicità delle nozze - si trattava, nel caso, di matrimoni illeciti, ma rati -, con il decreto de reformatione matrimonii (1563) si stabilì infatti che ad validitatem era necessaria la presenza del curato e di due o tre testimoni. In particolare con riferimento alla vigenza del decreto tridentino solamente nelle parrocchie nelle quali lo si pubblicava, sulla base delle discussioni dottrinali dei canonisti e dei teologi e tenendo conto degli orientamenti giurisprudenziali della Sacra Congregazione del Concilio, con questa ricerca s'intende tuttavia mostrare che persistevano ampi spazi per mantenere in vita i matrimoni aformali dei secoli precedenti.
Ogni edificio, provvisorio o meno, è frutto di un gesto culturale oltre che funzionale. È proprio dell’essere umano, infatti, modificare il mondo dato per renderlo rispondente ad esigenze materiali e spirituali, portando in presenza un sistema di significati e di valori. A seguito del sisma che nel 2012 ha colpito l’Emilia è stata avviata una riflessione sull’architettura provvisoria delle chiese, nella volontà di superare una visione utilitaristica del costruire temporaneo per collocarlo all’interno di un discorso culturale di modifica del territorio e di apporto di codici di significato.
Se nelle città storiche europee la mole maestosa delle chiese antiche parla di un tempo in cui società civica e comunità cristiana coincidevano, in un sommarsi di principi religiosi ed etici condivisi, nella pluralità della città contemporanea e nel continuo e veloce mutamento dei suoi assetti, il ruolo e la conformazione fisica dei luoghi di culto devono necessariamente essere ripensati alla luce della posizione che la Chiesa vuole esprimere nel mondo. Dal Concilio Vaticano II ad oggi molte sono le ricerche e le sperimentazioni proposte per l'edificio liturgico, nella costante volontà che esso sia al contempo luogo inserito nella vitalità della città contemporanea, spazio consono alla ritualità cristiana e immagine attendibile della comunità che in esso celebra. Nel volume sono raccolti riflessioni e studi proposti nell'ambito di iniziative seminariali tenute presso il Centro Studi per l'architettura sacra e la città della Fondazione Lercaro di Bologna.
Anno 2014, una tappa importante di un viaggio scientifico, lungo quindici anni, che si snoda attraverso esperienze dirette nelle valli montane, in collaborazione con associazioni, enti locali, università ed enti di ricerca, pubblici e privati, nazionali e internazionali. Mediazione e sintesi per affrontare nuovi studi sulla montagna, il volume indaga le trasformazioni del territorio e il suo rapporto con l'uomo - contadino custode, imprenditore o anche solo fruitore - in un contesto più ampio di sviluppo e conservazione. Recuperando anche esperienze avviate, si propone di dare una risposta direttamente alla montagna, di immaginare come essa veda l'uomo, come sappia distinguerne la premurosità o la negligenza e i comportamenti rispettosi o disattenti. Oggi, l'abbandono della montagna da parte dei giovani e l'invecchiamento della popolazione sta modificando la fisionomia di una terra dalle consuetudini centenarie, costringendola a un brusco cambiamento d'identità. Questa repentina alterazione di pochi parametri fisici o socio-economici, vista la delicata fragilità dei territori montani, ha effetti che sono, purtroppo, sotto gli occhi di tutti - come l'incuria e il dissesto idrogeologico - e che si riverberano nocivamente anche sulla pianura. Solo progetti di attenzione ecosostenibile, solo l'incontro di tradizione e innovazione, di patrimoni territoriali e creatività possono offrire una nuova via per lo sviluppo delle terre alte nel mondo globale.
La geografia ha contribuito a definire il territorio dello Stato e a convogliare il sentimento patrio sia con l'elaborazione di specifici concetti spaziali che attraverso le mappe, strumenti di grande valore strategico, didattico e propagandistico. L'apporto dei geografi è risultato cruciale nel processo di consolidamento e allargamento dell'orizzonte nazionale in concomitanza con le guerre e le campagne coloniali che hanno interessato la storia contemporanea d'Europa e d'Italia. "I confini d'Italia" ricostruisce il contributo delle scienze geografiche alla causa della nazione e colma un significativo vuoto della storiografia sugli anni cruciali successivi all'Unità e fino al primo dopoguerra. Terre irredente, colonie, regioni di confine sono gli ambiti di indagine esplorati dai geografi per definire dall'interno e dall'esterno lo spazio fisico e culturale dello Stato-nazione. I protagonisti di questa fase storica, come Giovanni e Olinto Marinelli, Cesare Battisti e Ettore Tolomei, sono indagati sulla base del contesto formativo, dell'approccio teorico e metodologico, della produzione scientifica e dei mezzi di divulgazione. La cartografia rappresenta il cuore della riflessione, interpretata quale strumento mediatico per l'educazione e la propaganda.
Il contesto contemporaneo sembra essere definito dal termine "crisi". Il vocabolo che è attribuito a fenomeni diversificati sembra nel contempo individuare un uniforme significato negativo. Le scienze sociali, considerando la crisi un fattore costante della vita sociale, paradossalmente, ne denuncerebbero l'inapplicabilità per l'impossibilità della formulazione di una valutazione e quindi di una prospettiva. La questione esige un approfondimento: si è determinato nel tempo un capovolgimento di senso. Crisi significa infatti, in origine, giudizio. Il mutamento di accezione può essere esaminato tramite un sondaggio storico. La crisi non è forse un dato inerente al processo storico? In particolare, può essere interessante un'analisi sulla natura di questo concetto nella Tardoantichità. L'età che segna la fine dell'Impero Romano d'Occidente è paragonata per tanti aspetti a quella postmoderna: entrambe sembrano costituire la fine di un'epoca. I saggi presentati nel volume approfondiscono taluni eventi di "crisi" in ambiti religioso, filosofico e teologico di tale periodo. Ne emerge una comunicazione significativa e una riflessione utile anche nel momento attuale.