Nel testo si affrontano le alternative teorico-normative con cui governare la babele multiculturale del mondo contemporaneo. Le difficoltà derivano dal fatto che, in democrazia, il riconoscimento politico della diversità culturale non può che poggiare sull'eguaglianza dei diritti. Secondo i liberali la politica si fonda sull'universalismo delle norme giuridiche e dunque rimane neutrale rispetto alle varie concezioni etiche "private". Secondo i comunitari la politica si fonda invece sulla differenza dei valori etici.
"Il fenomeno generale dello 'spazio pubblico', che si produce già in interazioni semplici, mi aveva sempre interessato per via della misteriosa facoltà per cui l'intersoggettività concilia elementi diversi senza equipararli l'uno all'altro. Gli spazi pubblici fanno intravedere strutture di integrazione sociale. Nelle società moderne, è specialmente lo spazio pubblico politico della comunità democratica ad acquistare importanza per l'integrazione della società. Infatti le società complesse possono tenersi insieme soltanto grazie alla solidarietà astratta e giuridicamente mediata fra cittadini dello Stato. Tra i cittadini che non possono più conoscersi personalmente, una fragile comunanza si può creare e riprodursi soltanto tramite il processo di pubblica formazione dell'opinione e della volontà. La condizione in cui si trova una democrazia si può accertare solo sentendo il polso del suo spazio pubblico politico." Habermas torna ad analizzare il rapporto tra sfera pubblica e privata, in tre saggi sulla intersoggettività dell'essere umano, l'unico in natura che possa essere definito 'animale politico': vale a dire vivente nello spazio pubblico.
Sfera pubblica, informale e "spontanea", e procedure della democrazia sembrano oggi destinate a un confronto sempre più diretto e risolutivo. La riflessione di Habermas prende in considerazione le trasformazioni ultime degli stati nazionali e propone di ripartire dal dato ineliminabile della democrazia come valore raggiunto e maturo. Oggi i cittadini possono ancora prendersi a cuore i diritti politici di partecipazione solo integrandosi nella comunicazione pubblica di una politica liberale ed egualitaria. D'altra parte, gli organi deliberativi dovrebbero rimanere permeabili e ricettivi verso temi, valori e programmi che pervengono loro da parte di una sfera pubblica non strutturata dall'alto. Solo se prendesse piede un simile "gioco di scambio" il concetto di cittadinanza politica potrebbe significare qualcosa di piÙ che un semplice aggregarsi di interessi prepolitici e un godimento passivo di diritti paternalisticamente concessi.
L'Occidente è oggi diviso. Ma all'origine di questa divisione non è il terrorismo, bensì una politica americana che ignora la legalità internazionale, relega in secondo piano l'Onu, determina la rottura con i tradizionali alleati europei. La frattura si prolunga anche all'interno degli stessi Stati Uniti e di molti paesi europei, dove sembra venir meno perfino l'accordo sui principi giuridici fondamentali. All'unilateralismo di Bush, sostiene però Habermas, si deve contrapporre un nuovo progetto cosmopolitico, che riattualizzi l'idea kantiana di "pace perpetua" e presti la dovuta attenzione al tema cruciale dei diritti umani.
I contributi del grande pensatore tedesco in difesa di un concetto di ragione scettico, ma non rinunciatario, contro i nuovi tentativi di ritornare a forme di pensiero metafisico. Il libro tratta gli sviluppi del concetto di ragione comunicativa nel contesto delle attuali teorie del significato e dell'azione; il problema dell'inesprimibilità dell'individuale; le ragioni per cui i testi filosofici, malgrado il loro carattere essenzialmente retorico, non possono essere completamente identificati con la letteratura.
La polarizzazione ideologica tra scienza e fede compromette la coesione dei cittadini. Una Stata di diritta può garantire la convivenza, nella tolleranza e a parità di diritti, di comunità religiose inconciliabili nelle loro visioni del mondo, e di queste con la comunità dei non credenti, sola se tutti i suoi membri sana disposti o considerarsi reciprocamente liberi ed eguali nella loro cittadinanza politica. Nei saggi raccolti in questo volume Jürgen Habermas indica la via di una cultura che superi la polarizzazione inconciliabile tra laicità e religione per il tramite di un accertamento riflessivo dei confini, sia della fede sia della scienza. Anche le grandi religioni fanno parte della riflessione universale dell'umanità. Il pensiero post-metafisico non potrebbe intendere se stesso se non includesse nella sua genealogia, accanto alla metafisica, anche le tradizioni religiose.
Gennaio 2004. Joseph Ratzinger e Jürgen Habermas si incontrano a Monaco presso la Katholische Akademie in Bayern per rispondere alla domanda: "La democrazia liberale ha bisogno di premesse religiose?" Ne nasce un dialogo nel quale il Cardinale e il Filosofo fanno l'uno all'altro concessioni sorprendenti.
Una fondamentale interpretazione dello sviluppo dell'opinione pubblica nella società borghese, dalla funzione critica e di controllo sulle oligarchie dirigenti esercitata al sorgere degli Stati nazionali a quella attuale. L'analisi, che coinvolge anche storia e sociologia della famiglia, della stampa e delle istituzioni giuridiche nel corso degli ultimi tre secoli, rende conto dei cambiamenti dell'orizzonte d'esperienza e degli approfondimenti teorici sui concetti di società civile e sulla complessità dei nuovi fenomeni di aggregazione sociale.
"Il 19 gennaio 2004 la Katholische Akademie in Bayern ha organizzato a Monaco un singolare e straordinario dialogo tra il filosofo Jürgen Habermas e il cardinale Joseph Ratzinger, due tra le più significative figure di intellettuali della scena non solo tedesca, ma internazionale.Il dialogo è stato un evento in sé, per l'incontro e la discussione tra due personalità così singolari e così influenti nel mondo intellettuale dei laici e dei credenti, ma assume una rilevanza ancora maggiore se si analizzano attentamente i contenuti dei due interventi. Tra la tentazione secolarista che bolla ogni forma di cultura religiosa come regressione irrazionale e la tentazione integralista che vuole imporre autoritariamente le verità di un'unica fede religiosa, Habermas e Ratzinger aprono la prospettiva di una società postsecolare in cui laici e credenti scoprano il dialogo non solo come strumento di necessario compromesso, ma come metodo per il ritrovamento di se stessi. La filosofia ritrovi il gusto della "traduzione" e la religione il gusto dell'"intelligenza." (dall'Introduzione di M. Nicoletti)