Delle citta? in cui Giacomo Leopardi si trovo? a vivere, nei vari, e vani, tentativi d'allontanarsi definitivamente da Recanati "natio borgo selvaggio" per farsi largo, a suo modo, nel mondo, non c'e? forse un luogo che abbia amato meno di Roma. "Citta? oziosa", "dissipata", "senza metodo", fonte di noia e di noie costanti, popolata da gente insulsa, rumorosa, ignorante, innamorata solo del proprio antico splendore monumentale, la "grande citta? che non finisce mai" non finisce mai, di fatto, di deludere Leopardi. "La grandezza loro m'e? venuta a noia dopo il primo giorno" e? il giudizio lapidario di Giacomo espresso in una lettera a Carlo, all'inizio del suo primo soggiorno romano (novembre 1822 - aprile 1823). Con linguaggio vivace e spesso molto diretto, Leopardi riversa nelle lettere da Roma "l'anima sua", che nel carteggio "si espande". Senza trovare pero?, nel primo e tantomeno nel secondo periodo romano (ottobre 1831 - marzo 1832, al seguito dell'amico Ranieri, trasferitosi in citta? per amore di un'attrice), una corrispondenza qualunque tra realtà esterna e moti interiori. In questa citta? vacua e sterminata Leopardi si perde, riuscendo a conservare pero? limpida e quasi ininterrotta, tra lettere al padre, messaggi agli amati fratelli, celie con confidenti e amici, timidi tentativi di galanteria, quella che lui stesso definisce la comunicazione del cuore. Con un saggio di Emanuele Trevi. Con e-book scaricabile fino al 31-12-2014.
Le Operette morali, composte nel 1824 e rimaneggiate fino al 1835, sono una raccolta di racconti e dialoghi che Leopardi dice di aver progettato «quasi per vendicarmi del mondo». Si tratta di scritti che risentono della “conversione filosofica dell’autore ed esprimono, con la chiarezza di una prosa pungente, la sua prospettiva sulla vita. Leopardi dà spazio libero al suo pessimismo esistenziale dipingendo l’esistenza umana come una ricerca continua e necessariamente insoddisfatta di un orizzonte infinito ed eterno. Nelle Operette troviamo affiancate la profonda riflessione esistenziale e la tagliente ironia che schernisce la piccolezza della vita umana: la risata è l’unico conforto possibile di fronte al male del mondo.
La più completa raccolta delle opere leopardiane (comprendente, fra l'altro, tutti gli scritti della precoce fanciullezza, le dissertazioni filosofiche e alcune lettere sparse in riviste specialistiche) è qui disponibile in una edizione curata e annotata da Lucio Felici per la selezione poetica e da Emanuele Trevi per la sezione della prosa. Un autentico "monumento letterario", che raccoglie una vastissima e varia produzione: i Canti, le Operette morali, ma anche i Paralipomeni, i Pensieri, le traduzioni poetiche, i saggi e discorsi, l'Epistolario. Poi, lo Zibaldone, specchio di una straordinaria esperienza umana e intellettuale, chiave di lettura insostituibile di tutta l'opera leopardiana, in cui convergono, tra l'estate del 1817 e l'inverno del 1832, sondaggi introspettivi, capitoli di diario, meditazioni filosofiche di folgorante genialità, frammenti di compiuta poesia, riflessioni sociali e politiche, note filologiche, analisi di testi antichi e moderni. Le opere contenute in questa raccolta dimostrano come Leopardi sia, dopo Dante, l'unico grande autore nella storia della letteratura italiana a riunire in sé la fantasia vertiginosa del poeta e la profondità speculativa del filosofo.
Scritte tra il 1824 e il 1832, le "Operette morali" sono tra i più alti capolavori della letteratura italiana: prose e dialoghi che hanno per protagonisti personaggi storici, tra cui Tasso, Parini, Plotino, Copernico, e immaginari, come gnomi e folletti, maghi e diavoli; ma anche figure allegoriche ed emblematiche, come Terra e Luna, Sole e Morte. I temi sono gli stessi che percorrono le liriche dei "Canti": il rapporto dell'uomo con la storia, con i suoi simili e con l'indifferente Natura; il confronto tra i valori antichi e la degenerazione del presente; la potenza delle illusioni, l'infelicità, la gloria vana o impossibile, la noia nemica. La sorprendente modernità di quest'opera sta nella novità di linguaggio e di stili, nella variazione del tono dal fantastico al satirico al comico, pur nel costante tentativo di chiarire con inesausta forza di carattere un'amara filosofia. Il commento di Laura Melosi guida alla comprensione puntuale del testo, delle sue variate forme, dell'originalità dei suoi temi, nonché del suo rapporto con lo "Zibaldone". Arricchiscono questa edizione l'introduzione e i nuovi apparati: validi strumenti per conoscere la massima opera in prosa del poeta italiano.