Se c'è qualcuno che ha attraversato la scena della poesia degli inizi del Novecento con la prepotenza e la vulnerabilità di una meteora, questi è sicuramente Vladimir Majakovskij, nato nel 1893, morto suicida nel 1930. Condusse una vita breve, irrequieta e vorace. Fisicamente imponente, quasi un divo di quel cinema che cominciava a diffondersi proprio allora, Majakovskij diventa famoso come il più grande cantore del partito e della intellighentsija rivoluzionaria sovietica, celebrando l'industrializzazione, le macchine e il futuro. Nei suoi componimenti la dimensione privata si unisce all'esperienza politica. In ogni suo verso esplode una vitalità straordinaria e una capacità di sguardo sul mondo che dalla dimensione politica evolve verso la grande visionarietà.
All'apice della sua fama, il poeta russo Vladimir Majakovskij lascia Mosca il 25 maggio del 1925. Il 27 luglio varcherà a Laredo il confine con gli Stati Uniti, dove si tratterrà per tre mesi. Questo libro è il risultato di quel viaggio, ed è sorprendente la modernità dell'autore e della sua visione dell'America. Attratto dal progresso, dalla velocità e dalle contraddizioni, il poeta oscilla tra stupito entusiasmo e rabbia, mai indifferenza. E molte delle sue osservazioni hanno il sapore di una straordinaria attualità.
Il viaggio americano di Majakovskij si compie dal luglio all'ottobre del 1925; un viaggio da tempo accarezzato, interrotto e rimandato a causa delle difficoltà incontrate nell'ottenere il visto per gli Stati Uniti. Majakovskij descrive dettagliatamente le sue impressioni: dai diciotto giorni di navigazione, alla sosta a L'Avana, al Messico delle corride truculente, delle pistole facili e dell'amico comunista Morene, di cui apprenderà l'uccisione quando sarà già negli Stati Uniti. Ma sono questi ultimi la vera meta del viaggio, e non solo perché Majakovskij è il primo poeta della Russia sovietica in visita 'ufficiale' nell'impero del capitalismo, ma anche e soprattutto perché è il poeta futurista che ha cantato Chicago ancor prima di recarvisi, che adora Broadway e considera le stazioni di New York "uno dei grandiosi panorami del mondo".