
In queste pagine, più che mai attuali, don Primo Mazzolari, sacerdote coraggioso, ci ricorda che i poveri sono la vera ricchezza della Chiesa, l'unica salvezza del mondo. Come dice anche papa Francesco: «Chiediamo al Signore la grazia di vedere i poveri che bussano al cuore, e di uscire da noi stessi con generosità, con atteggiamento di misericordia, perché la misericordia di Dio possa entrare nel nostro cuore».
La riflessione sulla parrocchia rurale si sviluppa in Mazzolari fin dagli inizi della sua personale esperienza di parroco... (e) si muove tra due poli di riferimento: da un lato gli aspetti della realtà parrocchiale nella sua sperimentata concretezza, dall'altro i sintomi e gli effetti che in essa si manifestano delle tensioni e trasformazioni in atto o in incubazione all'interno della più vasta comunità ecclesiale". Il volume ripropone per la prima volta integralmente e senza interpolazioni il testo della prima edizione dell'opera di don Primo Mazzolari, che era stata variamente rimaneggiata nelle edizioni successive con l'espunzione di alcuni capitoli, l'inserimento di altri e l'aggiunta delle note introduttive.L'introduzione ricostruisce il processo che ha portato alla pubblicazione del libro attraverso un quindicennio di riflessioni ideali e annotazioni autobiografiche sul tema della parrocchia rurale, sfociate anche in altre opere o preparazioni di opere contigue a Tra l'argine e il bosco.
Nel lontano 25 gennaio 1950, don Primo Mazzolari tenne a Padova una conferenza prendendo le mosse dal fioretto che narra l'incontro tra san Francesco e il lupo di Gubbio. Egli ne trattò collegando l'episodio al vangelo e facendone una parabola esistenziale dei suoi tempi? Dei suoi? Basterà ripercorrere la trama del nostro famoso testo per riscoprirne, assieme a don Mazzolari, tutta la sua attualità?
Una selezione degli scritti politici di don Primo Mazzolari, composti tra il 1940 e il 1955. Il libro è introdotto da una premessa di don Virginio Colmegna ed è diviso in cinque parti. La prima parte raccoglie gli interventi più attuali e dirompenti: scritti negli anni Quaranta, rappresentano ancora oggi una provocazione morale e intellettuale. Le parti che seguono sono dedicate ai giovani, chiamati a riscoprire la passione politica dopo le delusioni della guerra; alla tolleranza; al mestiere dell'uomo, per rinnovare e ripulire la politica corrotta e clientelare; alla giustizia sociale sempre dalla parte degli ultimi. L'ultima parte ("Siamo tutti comunisti") presenta una riflessione di don Mazzolari sul comunismo non come dottrina politica o sistema di pensiero ma come stato d'animo, molto vicino all'ideale dell'impegno politico cristiano.
Giuda è il traditore per eccellenza. L'uomo perduto per il quale non c'è più nulla da fare. Ma la condanna è davvero l'ultima parola? Don Primo Mazzolari intuisce nella tenerezza di Cristo la strada che la misericordia si è aperta innanzi a sé. È un abbraccio di carità che tormenta l'animo stesso di Giuda perché la misericordia di Dio disarma il cuore, scava in profondità, non lascia nulla d'intentato. Anche davanti al commercio di trenta denari che equivalgono al prezzo del Cristo, la risposta del Figlio di Dio sta in quel sussurro all'orecchio: "amico".
La pubblicazione de La più bella avventura (1934) è all'origine della prima condanna ricevuta da don Mazzolari da parte del Sant'Offizio, che decretò il ritiro dal volume dal commercio e l'assoluto divieto di rieditarlo. Le recensioni positive ricevute in area protestante, nonché dal sacerdote Ernesto Buonaiuti - scomunicato nel 1926 per modernismo - non contribuirono certamente ad alleggerire i sospetti del Vaticano nei confronti di un'opera che, commentando la parabola del figliol prodigo, non invitava soltanto all'amore incondizionato verso il prossimo, ma richiamava con forza la Chiesa ad aprirsi ai 'lontani', a tutti coloro che venivano troppo sbrigativamente considerati estranei, se non addirittura nemici, rispetto alla comunità cristiana. Nel fermo convincimento che «niente è fuori della paternità di Dio», don Primo immagina una Chiesa aperta all'umanità e impegnata a preoccuparsi della conversione propria, prima ancora che di quella del mondo, venendo di fatto a centrare col suo scritto il nodo del rapporto tra cattolicesimo e modernità. Sia per i contenuti che per le reazioni suscitate, l'opera costituisce quindi una tra le più esemplari testimonianze della temperie spirituale e culturale che il cattolicesimo italiano ha attraversato tra le due guerre mondiali.Con questo settimo volume, la Fondazione Don Primo Mazzolari e le EDB proseguono nell'edizione critica delle opere di Mazzolari. I criteri della revisione vengono di volta in volta illustrati dal curatore, nella nota introduttiva di apertura.
Il volume è una ricostruzione biografica che fa ampio ricorso a brani originali di don Primo Mazzolari, spesso inediti: corrispondenza, appunti, manoscritti vari, tracce di discorsi e prediche, articoli a stampa. Poche sono le pagine di un vero e proprio diario: l'archivio di Bozzolo conserva infatti solo "pezzi" autografi che riguardano una settimana nel 1946 e poche pagine sparse per tutti gli anni seguenti, fino al 1953. Si inizia con il racconto della giornata bozzolese del 25 aprile 1945 per seguire gli avvenimenti del cruciale periodo fondativo della democrazia e della repubblica e si conclude con il 31 dicembre 1950, nel mezzo di aspre polemiche e di attacchi a don Primo e al suo giornale Adesso. I testi danno spazio al Mazzolari parroco, conferenziere su temi religiosi, amico e consigliere spirituale di innumerevoli persone, osservatore attento delle più diverse realtà (il carcere, l'esperienza di Nomadelfia, la condizione religiosa del popolo italiano, l'Anno Santo). Si resta colpiti dalla sua poliedrica attività, soprattutto se si considera che ogni notte, dopo una giornata faticosa, egli passava ancora del tempo per rispondere alle tantissime persone che si rivolgevano a lui per un consiglio, un conforto, un suggerimento. In diverse pagine di questo volume questo fatto emerge con chiarezza, insieme agli sfoghi "intimi" di un uomo convinto della sua missione, intelligente e colto, ma anche ipersensibile e fragile nella salute.
Nel suo "manifesto" pacifista, uscito in forma anonima nel 1955 per evitare provvedimenti ecclesiastici, don Primo Mazzolari condensa la sua tormentata riflessione sulla guerra, maturata nel fuoco dei drammi del Novecento. Il testo ebbe una forte risonanza nei più disparati contesti culturali e due anni dopo il "parroco d'Italia" pubblicò una seconda edizione, sempre in forma anonima, tenendo conto delle reazioni suscitate. Tu non uccidere viene proposto per la prima volta in edizione critica, secondo il testo originario del parroco di Bozzolo, con un ricco apparato di note che aiuta a contestualizzare i passaggi e a comprenderne le fonti d'ispirazione, dalla Bibbia al magistero, dalla teologia morale ai fatti di cronaca. Un'ampia introduzione del curatore ricostruisce puntualmente la genesi del testo, collocandolo nel percorso di ricerca della pace che ha accompagnato il mondo cattolico nel corso del "secolo breve". Nella prefazione alla seconda edizione Mazzolari scriveva: "A nostro modesto avviso, il mondo, oggi, è pronto a capire il linguaggio evangelico sulla pace: anzi, è il linguaggio che esso attende con desiderio persino irritato dalla lunga attesa".
"L'uomo vale perché lavora... Quanto al pane, non dite anche voi che chi lavora mangia poco e male e ha una sola camicia e chi non lavora mangia molto e bene e porta due camicie? Lavorare per mangiare: mangiare per lavorare! Se il ciclo dell'uomo è chiuso tra questi due momenti, non val la pena di fare l'uomo. Non c'è pane che basti, non c'è denaro che paghi il lavoro dell'uomo, come non basta parlare di solidarietà, di benevolenza umana, di ragione sociale per dare un fondamento alla mia devozione verso gli altri".
Riprendendo alcune delle omelie più significative tenute da don Primo Mazzolari in occasione della Settimana Santa, il testo delinea in Cristo il volto della passione di Dio per l'uomo. Una passione che raggiunge ogni creatura, dai vicini ai lontani, dai giusti ai peccatori, da chi vive nella luce a chi giace nelle tenebre. Nessuno può dirsi escluso da tale amore. Tra le meditazioni più significative quella su Giuda che fa leva sul termine "amico" usato dal Maestro di Galilea, e che presenta Giuda come uno dei due accompagnatori del Cristo all'ingresso in Paradiso (l'altro è il ladrone pentito).