Quella di Massimo Mila per Igor Strawinsky è stata una passione precoce e duratura, in forte anticipo rispetto a una critica che, per motivi ideologici, ha lungamente avversato il grande compositore nonostante il suo successo. Una consonanza che ha dato vita a un'opera formidabile, precisa e personale: una catena di saggi distanti nel tempo e diversi per angolo visuale, ma uniti nel delineare il ritratto del musicista russo. Un discorso ininterrotto, le cui fila si riannodano con naturalezza nella raccolta presentata. Oltre all'analisi puntuale delle singole opere, Mila ci racconta come un'intera generazione, "diffidente della parola dopo aver sperimentato sulla propria pelle le conseguenze disastrose della retorica", possa essersi identificata nell'arte di Strawinsky: genio funambolico della composizione musicale ma anche maestro di vita, vero "compagno di strada per l'uomo moderno", simbolo capace di incarnare "un modo di esistere e di resistere".
Il "Don Giovanni" di Mozart è un'opera capitale, non solo per la storia della musica: è diventata ormai parte costitutiva dell'immaginario occidentale, e il suo protagonista campeggia al fianco di caratteri quali Prometeo o Faust. Un componimento senza eguali, in cui si fondono perfettamente la struttura della commedia e i temi della tragedia. Massimo Mila - lo studioso che ha saputo raccontare a tutti la grande musica classica senza rinunciare al rigore e all'onestà intellettuale proprie del vero critico - ce ne offre qui un'impareggiabile lettura. Con una scrittura affascinante e coinvolgente ci presenta una guida all'ascolto che spazia dalla nascita del mito alle sue numerose incarnazioni, dai modelli cui si ispirarono Mozart e Da Ponte alla ricezione della loro opera, per finire con un attento esame della partitura musicale, delle scene, dei personaggi. Sempre senza perdere di vista la dimensione estetica e "ludica" della musica lirica. Siamo così condotti per mano alla scoperta di un vero capolavoro, in cui rivive il genio assoluto di un compositore che ha cambiato la storia della musica. Prefazione di Piero Gelli.
La vita di Massimo Mila bruciò di passiono, non solo per la musica, ma anche per l'impegno civile e politico. E per la scrittura, che ripercorre tappe della storia personale e della storia dell'Italia del Novecento. Quella di Mila è una narrazione in prima persona mediata dal ricordo dei maestri, degli amici, dei compagni di strada: Ernesto Rossi, Riccardo Bauer, Augusto Monti, Leone Ginzburg... Gli anni liceali a Torino, la facoltà di Lettere, la clandestinità, il carcere, il confino, la lotta partigiana - "un'esperienza pittoresca e messicana" - sono raccontati in pagine in cui il valore letterario non è minore di quello civile. Sono esperienze che rilette insieme, articolo dopo articolo, quasi si riaccendono, prendono fuoco le une dalle altre, simili ai paesi del fondovalle alpino il giorno del 25 aprile 1945 che bruciavano, scrive Mila, "come tanti fiammiferi ravvicinati". Poi, nel dopoguerra, gli interventi polemici contro l'invadenza clericale, il rifiuto del totalitarismo sovietico e la critica concorde-discorde al Partito comunista italiano. Fino alla polemica esplicita e radicale con Togliatti su Zdanov e sul realismo socialista. Tutta l'opera di Massimo Mila è sotto il segno della libertà, solo così si spiega l'"allegria carceraria" sua e dei suoi compagni. "Avevamo" scrive Mila "l'intima certezza di essere i soli uomini liberi in Italia".
Dalle puerili ispirate al modello del Bach londinese alle italiane «senza Minuetto», alle parigine e mannheimeriane alle prime viennesi o salisburghesi, agli ultimi, scatenati capolavori poi catturati dal grande Repertorio sinfonico concertistico pre-romantico, romantico, post-romantico, neo-romantico, ecc. La presentazione delle opere segue piú linee di sviluppo e accumula piú vedute «in soggettiva» del corpus mozartiano attivate con souplesse, ma effettivamente dialettiche, nella misura in cui è dialettizzato l'apprezzamento dei valori dei testi. L'interesse microscopico al dettaglio corrisponde a una sfida rivolta alla apparente fortissima somiglianza reciproca delle opere, sempre centrando la scoperta di un momento evolutivo, o rilevando il sintomo, spesso mascherato, di un travaglio.
Mila accumula prove, sinfonia dopo sinfonia, del cimento della accondiscendenza e della libertà, quale si rappresenta nel puro testo musicale mozartiano via via che scorre nel tempo fitto e breve della sublime biografia artistica dell'autore. Costruita in tal modo, sensibilmente ma sottotraccia eroica, una icona di lotta per la libertà nei contesti della necessità, Mila consegna il suo Corso mozartiano, «normale ma non troppo», alla piccola turbolenta turba di allievi contemporanei.
Si pubblicano qui le pagine della rapida dispensa che riassume il primo corso di Massimo Mila all'Università di Torino, un corso monografico, mozartiano, ispirato a un didascalismo rigoroso ma nel contempo quasi gioviale. Il primo tratto caratteristico della comunicazione didattica è la programmatica decisione di parlare solo di musica, o, meglio, far parlare solo la musica, nello specifico la musica dei quartetti del Salisburghese, tutti trattati alla pari, equilibratamente. Nessuna concessione a contestualizzazioni suscettibili di sottrarre attenzione alla pura descrizione dei testi musicali (al massimo un'occhiata di paragone accorato con l'avventura della povera cagnetta Laika consegnata dai russi all'infinità dello spazio). Il secondo tratto caratteristico è il panorama additivo che si costituisce in quella che diviene una completa descrizione della evoluzione della forma Quartetto attraverso l'evoluzione della stessa forma nel dispiegamento del corpus quartettistico del solo Mozart: un Mozart che fonda, sviluppa, trasforma, forse esaurisce tutte le sue potenzialità di "genere musicale" nel farsi della esperienza artistica di un unico autore (dall'adolescenza alla sofferta maturità). Mette conto di osservare che a ciò si aggiunge la messa a punto talora sorprendente di alcune diagnosi di profeticità, di ordine stilistico musicale, ricercate con puntigliosa serenità. Introduzione di Giovanni Morelli.
La personale esperienza carceraria di Massimo Mila è consegnata in queste lettere alla madre, nel riuscito tentativo di creare un ponte tra il dentro e il fuori: una sorta di zattera su cui si carica tutto il fardello accumulato nelle lunghe ore di inazione. Più di altri compagni di carcere (Foa, Bauer, Rossi, Giua), l'universo che le lettere di Mila dischiudono è privato, personale, poco incline a occuparsi delle cose del mondo: specchio del carattere di un uomo che "è abituato a vivere molto di più di ciò che ha dentro di sé, che di quanto è al di fuori", e che quindi "non è così sensibile ai mutamenti esteriori della vita come lo è chi è abituato a stimare sopra tutto i beni esterni".