Un secolo e mezzo di imprese legate al libro: formule societarie, organigrammi, consistenza economica; e un secolo e mezzo di collane esaminate nei titoli e nelle vendite. Su questo doppio asse si incentra il volume, partendo dalle grandi serie tardo-ottocentesche (di Sonzogno, Treves, Salani), sino alle universali, ai tascabili, ai recenti super-economici; e senza dimenticare collezioni altrimenti prestigiose (di Einaudi, Laterza, Adelphi, Sellerio). Le collane, in sostanza, in quanto veicolo di concorrenza e come occasione per tracciare una diversa storia dell'editoria italiana contemporanea.
È il 1980 quando Il nome della rosa esce in libreria e si impone all’attenzione di tutto il mondo. Si tratta di un romanzo avvincente, ricco di questioni sottili, per intendere le quali occorre uno strumento agevole ed efficace. Sotto la lente del critico non cadono solo gli aspetti letterari, ma anche i contenuti filosofici e politici che riconducono il lettore al clima arroventato degli anni Settanta. Chi si nasconde sotto la maschera di fra Dolcino? E il riso di cui tanto si discute è un valido antidoto contro qualunque fanatismo, o è una strategia che consente di ripristinare la narrativa popolare di ieri? Rispondere a simili domande significa entrare nella fucina di un grande intellettuale come Eco e chiedergli conto di cosa sia stato il postmoderno: una delle etichette più discusse lungo il tardo Novecento, ma che solo nella vicenda di Adso e Guglielmo sembra trovare un’applicazione esemplare.
Incline per storia personale, letteraria, a studiare, più che i singoli risultati di eccellenza, i processi collettivi che li hanno generati (ciò che chiama sociologia della letteratura), e a non operare distinguo fra una letteratura bassa e una alta, ma a leggere insieme Fortini e Tamaro, Fenoglio e la giallistica del dopoguerra, Bruno Pischedda compone pezzi d'occasione (giudizi sommari) e letture più "fini" (giudizi di merito), giudizi d'intrattenimento o con ambizioni storiografiche (giudizi a procedere), lungo un ventennio di letture: dal 1985 al 2004. Il lettore di Pischedda ritroverà qui un tratto costante della sua opera: l'indagine sulla modernità, non eroica, non esclusiva, ma di massa, in cui tutti siamo immersi.
Un romanzo che racconta le lacerazioni della società italiana nel passaggio verso una modernità di massa mal digerita, colma di contraddizioni e di assurdo, eppure ricca di creatività. Carùga-Carugati è il protagonista di un grande amore incompiuto, Clara è la bellissima che non tramonta e che vent'anni dopo torna a farsi viva. Si troveranno finalmente? Salderanno il loro debito giovanile? Attorno a loro riemergono le figure del vecchio socialista deluso, del cieco che finisce nei tombini della metropolitana, dell'ex idraulico che apre una gelateria e si fa leghista, e ancora troviamo il benpensante che frequenta le bische, l'anarchico dandy, la siciliana immigrata che scrive romanzi porno, i preti, le beghine di paese.