L'individuo e la comunità non si capiscono più. Il singolo si lamenta di una società che lo ignora, ma ne assimila l'indifferenza. La società democratica chiede cura dei valori comuni, ma la politica cede ogni giorno terreno ad una burocrazia senza affetti. Questo libro, scritto ''a quattro mani'' dal filosofo e dal teologo, si propone di istruire i termini di questa complessità antropologica, osservandola dal punto di vista del modo in cui il sacramento cristiano – in primis, l'eucaristia – consente di affrontare le ambivalenze del sacro e di focalizzare il senso del religioso DALL'INDICE Prima parte: Comunità, Religione Seconda parte: Ambivalenza del sacro Terza parte: Kairos e sacramento FRANCO RIVA insegna Etica sociale e Filosofia del dialogo presso l'Università Cattolica di Milano. PIERANGELO SEQUERI, è professore ordinario di Teologia fondamentale nella Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale.
Il volume propone cinque meditazioni sull'educare cristiano alla scuola della parola di Dio. Ne sortisce un modo di intendere l'educare che non ha come compito quello di "dominare" e "asservire" le coscienze dei minori quanto piuttosto di aiutarli a sottrarsi a ogni dominio e asservimento. Nella affidabile persuasione che l'educazione è volta essenzialmente ad abilitare la coscienza del singolo alla personale maturità del proprio dialogo quotidiano con il solo che meriti di essere chiamato "Maestro".
L'idea occidentale della musica abita iI mutamento civile e non solo la ripetizione rituale, perchè in essa le risonanze affettive e spirituali del Logos sono state intenzionalmente consegnate all'estro creativo dell'uomo. E ciò e avvenuto mediante l'azzardo liturgico di un canto responsoriale della fede, cui e stata assegnata la responsabilità espressiva della Parola. II racconto di questa storia, e delle sue svolte epocali, non e diffuso. La conoscenza e la frequentazione delta nostra tradizione musicale, da questo punto di vista, e da tempo svaporata nell'inerte ripetizione di pochi luoghi comuni. Fra questi luoghi comuni affiora anche it pregiudizio di una perfetta e insanabile estraneità fra la contemporaneità musicale e la tradizione religiosa. L'estraneità fra i due mondi rimane certo cospicua, inspiegabilmente, sul piano della conoscenza e dell'interesse che abitano la cultura riflessa e ufficiale. Non lo è affatto, se ci si porta concretamente sul terreno dell'arte colta e del pensiero creativo che la alimenta. Nel Novecento musicale, in modo particolarmente vistoso anche rispetto alle altre forme espressive, il confronto diretto, ancorché dialettico e critico, con i temi della tradizione spirituale e religiosa e imponente. La profezia di Nietzsche - «l'arte avanza, dove le religioni si ritirano» - non ha fatto grandi ascolti, in musica. Questo saggio cerca di agevolare l'ingresso nella contemporaneità, raccontando anzitutto gli inizi e i passaggi salienti della spiritualità occidentale della musica, nel suo formarsi. II filo dell'analisi non è quello convenzionale della storia della musica, ma quello della elaborazione dell'esperienza musicale, in cui si intrecciano i mutamenti della coscienza collettiva e le risonanze del mistero sacro.
«Portavano gli ammalati sulle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro» (Atti 5,15). L’ombra di Pietro è l’immagine del gesto di Dio che ispira questa raccolta di meditazioni. È un Dio ‘di strada’ quello che viene raccontato qui: pronto a cogliere l’attimo di un incontro, al quale basta un gesto o una parola per cambiare l’intera geografia dell’anima, capace di gettare il seme tra i sassi e di attendere che arrivi a maturazione quando è il suo tempo. Il Signore allunga di poco la sua ombra e ossa aride riprendono vita. Proprio questo ‘imprevisto di Dio’ è ciò di cui oggi il Cristianesimo ha sommamente bisogno per ridare forza e nitore alla sua testimonianza. La fede può fare molto infatti, oltre ogni previsione, per rinvigorire i legami che rendono speranza alla fatica di essere uomini: legami buoni in favore dei quali Dio è pieno di grazia, come la storia di Gesù ha mostrato per sempre. Ma la vita è in molti modi appesantita anche da legami non buoni che avviliscono l’uomo, privandolo del gusto di essere al mondo. Questi cattivi legami devono essere sciolti. Soltanto una potenza che viene dall’alto lo può fare, liberando l’anima e il corpo da ciò che li opprime. Dio infatti non abbandona mai la sua creatura e non asseconda la nostra rassegnazione: continua a tessere, soprattutto là dove non ce lo aspettiamo, legami buoni e altre beatitudini.
PierAngelo Sequeri, nato a Milano nel 1944, è docente di Teologia fondamentale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. è anche direttore del Laboratorio di Musicologia Applicata di Milano. Nell’ambito della sua ricerca e delle sue pubblicazioni in opere e riviste specializzate è prevalente l’interesse per le questioni di confine tra filosofia e teologia, psicologia e teologia, estetica e teologia. Fra gli scritti più recenti: Il timore di Dio, Vita e Pensiero, Milano 1993; Il Dio affidabile. Saggio di teologia fondamentale, Brescia 1996; L’estro di Dio. Saggi di estetica, Milano 2000; Senza volgersi indietro. Meditazioni per tempi forti, Vita e Pensiero, Milano 2000; L’umano alla prova, Vita e Pensiero, Milano 2002; L’idea della fede. Trattato di teologia fondamentale, Milano 2002; Musica e mistica, Roma 2005.
L'esposizione teologica della credibilità cristiana a partire della globalità dell'idea di fede non è abituale nell'orizzonte manualistico. Il trattato dell'antropologia cristiana è in effetti ancora privo di un capitolo sulla coscienza credente che è la forma appropriata della relazione fra la creatura umana e Dio. Simmetricamente, l'apologetica della ratio fidei ha trascurato l'articolazione storica della grazia con la coscienza umana. Al di fuori di questo duplice raccordo, una trattazione teologica del fondamento cristiano non può illustrare compiutamente la sua reale possibilità e necessità. Ulteriore motivo di novità di questo trattato è lo sforzo di delineare la comprensione della verità, cercata dalla coscienza, in riferimento alla suprema istanza della giustizia dell'Essere e della giustificazione dell'esistenza.
Legami, identità, limite. Non è aria, a quanto sembra, per queste categorie. Nell’antropologia come nella pedagogia, il trend sembra più indirizzato verso il culto dell’autoreferenzialità, l’elogio della diversità, l’incentivo dell’apertura illimitata e della crescita continua. Eppure, qualcosa sta cambiando. La soggettività moderna, che era partita così sicura, diventa consapevole dei suoi rischi e delle sue incertezze. Nella metropoli cosmopolita si allargano i «deserti dell’anima»: luoghi psichici caratterizzati, a dispetto dell’apparente eccitazione dello scenario post-moderno, dalla freddezza emotiva e dall’amoralità ignara del limite. Non si tratta di opporre a questa deriva un moralismo di complemento, o qualche supplemento d’anima. Né si deve immaginare di doversi allineare alla stucchevole denuncia del nichilismo che avvolge l’Occidente. La comprensione qui è in vista di una più consapevole empatia con le opportunità culturali di un umanesimo non retorico, nello spazio offerto dalla condizione sociale presente. Rimane il fatto che il soggetto autonomo ha imboccato anche la deriva – non necessaria – di un’identità perfettamente autoreferenziale. L’ani-ma, e con essa l’umana coscienza, diviene mente e costrutto mentale; il corpo macchina e organismo biologico. È questa semplificazione – del soggetto, come dell’umano tout-court – che ora ci complica la vita. È precisamente il filo che questo saggio insegue e dipana. L’itinerario della sua ricognizione approda, non per caso, a quella esigenza di cura appassionata per l’umano-che-è-comune, in pensieri e opere (senza omissioni). La misteriosa qualità dell’umano-che-è-comune è la risorsa più decisiva di cui l’individuo dispone. È il fondamento più solido per l’elaborazione della dignità e del senso della propria singolarità esistenziale. Di quell’umano-che-è-comune, ciascuno è ospite non padrone. Esso è il più sicuro referente del bene comune: in grado di giustificare i tratti – non negoziabili e non dispotici – di un patto sociale eticamente vincolante. Alla prova del suo stesso limite.
PierAngelo Sequeri, nato a Milano nel 1944, è docente di Teologia fondamentale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. È anche direttore del Laboratorio di Musicologia Applicata di Milano. Nell’ambito della sua ricerca e delle sue pubblicazioni in opere e riviste specializzate è prevalente l’interesse per le questioni di confine tra filosofia e teologia, psicologia e teologia, estetica e teologia. Fra gli scritti più recenti: "L’oro e la paglia", Milano 1990; (con A. Torno) "Divertimenti per Dio. Mozart e i teologi", Casale Monferrato 1992; "L’indicibile emozione del sacro: R. Otto, A. Schönberg, M. Heidegger", Milano 1993; "Il timore di Dio", Vita e Pensiero, Milano 1993; "Il Dio affidabile. Saggio di teologia fondamentale", Brescia 1996; "L’estro di Dio. Saggi di estetica", Milano 2000; "Senza volgersi indietro. Meditazioni per tempi forti", Vita e Pensiero, Milano 2000.
Il volume contiene numerosi saggi editi e inediti dell'autor che da più di trent'anni coltiva un sempre più maturo interesse per il rapporto tra la teologia e l'estetica, e più in generale tra l'estetica (dottrina dei sensi, degli affetti) e l'uomo (filosofia, psicologia). L'intreccio tra fede ed estetica è talvolta solo banalmente e retoricamente affrontato. L'affondo teorico delle questioni che l'estetica teologica e filosofica comporta stenta a decollare e ad assumere un profilo di carattere assolutamente decisivo in ordine alle questioni del senso e della fede. Precisamente contro questa deriva del tema e in ordine al merito da esso obiettivamente suscitati si rivolgono i saggi qui raccolti. I confronti puntuali della riflessione estetica dell'autore con la teologia, la spiritualità, la liturgia, la filosofia, la psicologia, le arti (musica, architettura e pittura in specie) e, non ultimo, con l'attuale attenzione del magistero alle questioni della bellezza e dello stile cristiano costituiscono un affresco che incanta e convince.
L’immagine che dà titolo al libro è tratta dal vangelo di Luca, là dove Gesù afferma: «Nessuno che abbia messo mano all’aratro e poi si volga indietro è adatto per il regno di Dio». Il monito oggi suona attuale non solo per il lamentoso cristianesimo della nostalgia (ormai in regresso), ma soprattutto per un certo irresoluto cristianesimo che sempre attende le condizioni per decidersi e finalmente dedicarsi alla causa di Gesù. Esso è tipico di un tempo di transizione come il nostro, tempo di identità flebili e incapaci di nominare cose che possano valere un’intera vita e non soltanto provvisori esperimenti del ‘bene’. In che modo la fede cristiana può richiamare a una verità che giustifica la nostra destinazione alla vita? Gli umani, infatti, desiderano una vita buona e felice. Così sono stati creati da Dio. La convinzione radicale di Gesù è che questo desiderio coincide esattamente con quello di Dio stesso. È questa la buona notizia: Dio non è come alcuni se lo immaginano. Non è il Dio del risentimento o della rappresaglia. Non è un Dio distante. La verità di Dio e del suo desiderio è quella che l’evangelo di Gesù rivela una volta per sempre: che i ciechi vedano, gli zoppi camminino, i peccatori vengano perdonati, i poveri contino. Questi protagonisti che popolano la scena evangelica rendono evidente per tutti che cosa significa poter di nuovo respirare sotto lo sguardo di Dio. Ciò che consente loro di essere riconosciuti e di trovare un senso alla vita è che su di essi si posa l’ombra unilaterale della tenerezza di Dio e della sua passione che nulla può arrestare. Le meditazioni qui proposte da Sequeri per questi tempi forti di transizione collocano al centro delle molte questioni che oggi più o meno propriamente occupano la Chiesa il tema più semplice e radicale: Dio e il suo vero volto. Su di esso si deve concentrare la cura dei discepoli. Per alzare lo sguardo verso il futuro della promessa che non delude, alla quale vale la pena di dedicare i propri giorni, senza mai volgersi indietro. Il resto verrà da sé.
PierAngelo Sequeri, nato a Milano nel 1944, è docente di Teologia fondamentale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. È anche direttore del Laboratorio di Musicologia Applicata di Milano. Nell’ambito della sua ricerca e delle sue pubblicazioni in opere e riviste specializzate è prevalente l’interesse per le questioni di confine tra filosofia e teologia, psicologia e teologia, estetica e teologia. Fra gli scritti più recenti: L’oro e la paglia, Milano 1990; (con A. Torno) Divertimenti per Dio. Mozart e i teologi, Casale Monferrato 1992; L’indicibile emozione del sacro: R. Otto, A. Schönberg, M. Heidegger, Milano 1993; Il timore di Dio, Vita e Pensiero, Milano 1993; Il Dio affidabile. Saggio di teologia fondamentale, Brescia 1996; L’estro di Dio. Saggi di estetica, Milano 2000.
Si tratta della quarta ristampa di un felice volumetto di meditazioni, che lo stesso autore qualifica come una "piccola guida per il passaggio dalla superstizione del rito alla benedizione del sacramento". Le meditazioni sui sette sacramenti e più in generale sulla simbolica sacramentale cristiana conducono gradualmente il lettore al franco riconoscimento della modesta evidenza che normalmente assume il profilo specificatamente cristiano della celebrazione (senza stile e senza passione) e insieme accendono il cuore nella contemplazione dei "segni della grazia" che sono stati donati dal Signore ai suoi discepoli.
La convinzione che anima il libro è questa: un esercizio critico della ragione teologica offre possibilità di un confronto a tutto campo con le molteplici articolazioni della coscienza credente dell’uomo. L’Autore indica come dalla fede si possano trarre elementi utili per una cultura più vitale e profonda della ragione e della religione, che il razionalismo confessionale e l’agnosticismo della filosofia hanno largamente mortificato.