Già alla fine dell'Ottocento la teologia cristiana stava elaborando l'idea di un Dio vivente, che si trasforma e muta nella storia. Questa idea avrà grande sviluppo dopo Auschwitz, evento scioccantee ingiustificabile. Solov'ev è uno dei pionieri di questa teologia universale. In questo libro egli salda l'idea di un trionfo morale e storico di Cristo a quella di una nuova spiritualità che ha radici nella Russia mistica della sofiologia. Obiettivo principale di questo libro denso e profetico è quello di mostrare la profonda unità non solo di tutto il cristianesimo, orientale e occidentale, ma anche anche tra la Chiesa di Gesù, l'Ebraismo e l'Islam. L'armonia a cui invita Solov'ev non è frutto di buonismo superficiale: è speculazione visionaria che attraversa tutto il potenziale universale dell'immagine e della storia simbolica di Gesù, Dio che si è fatto uomo.
Vladimir Sergeevicv Solov’ëv (1853-1900),visionario profeta del dialogo e tenero amante della Sapienza Divina, scrisse “Il dramma della vita di Platone”nel 1898, lo stesso anno del secondo viaggio in Egitto allorquando cominciarono i primi segni di cedimento fisico dovuti al troppo lavoro. In XXX paragrafi Solov’ëv analizza –facendo precedere il tutto da una lunga introduzione su come intendere il concetto di “dramma” nel pensiero greco a partire dai pre-socratici– il legame tra la teoria dell’amore di Platone (o meglio: la sua “crisi erotica”, proprio per come la definisce Solov’ëv) e il consequenziale mutamento della sua visione del mondo. L’autore si chiede quale sia la svolta (e ‘quando’, oltre al ‘come’, precisamente, si sia consumata) che induce Platone –fino a quel momento pensatore del “non essente”, fondatore del ‘pensare’ metafisico e delle questioni gnoseologiche astrattamente interpretate– a dedicare le sue migliori opere all’amore. Un argomento fino ad allora non specificatamente rientrato nell’ordinarietà della sua sfera filosofica che lo porta alla proposizione di una teoria che non trova punti di appoggio nelle sue ‘visioni’ precedenti e che ha lasciato, in tutto il successivo corso del suo pensiero, un’impronta profonda, determinante. Ancor prima della contrapposizione tra il “vero essere” e l’umbratile “divenire”, l’apparente o il fenomeno, Platone, sotto l’influsso della dottrina e della morte di Socrate, presentì la contrapposizione etica tra ciò che deve essere e ciò che effettivamente è, tra l’autentico ordine morale e l’ordinamento della società data. Questo fu il ‘dramma’ vissuto da Platone e dalla risposta di Solov’ëv alla domanda precedente concludiamo che la revisione del pensiero filosofico platonico fu determinata proprio da tale ‘crisi’ (da cui scaturisce, appunto, la sua teoria dell’amore) che è concepibile solo come progresso del suo idealismo letteralmente imposto dalle esigenze di una nuova esperienza esistenziale.
Il processo cosmico, come processo di realizzazione del vero e del buono nella forma concreta del bello, è un processo estetico. Iniziato dalla natura, tale processo prosegue attraverso l'opera dell'uomo. La bellezza prodotta dall'arte, al pari di ogni altra bellezza, non è né mera materialità né mera soggettività, ma "luce materializzata" e "materia illuminata". L'arte ha dunque la funzione di contribuire attraverso la bellezza alla piena realizzazione del processo cosmico; tuttavia, tale realizzazione è più prefigurata e profeticamente anticipata che non compiuta: luogo di intersezione tra il cielo e la terra, il bello che ci è dato dall'arte apre la via verso la bellezza futura, simile in questo all'altro facitore di ponti, l'amore.
E' forse il male soltanto un difetto di natura, un'imperfezione che scompare da sé con lo sviluppo del bene oppure una forza effettiva che domina il mondo per mezzo delle sue lusinghe sicché per una lotta vittoriosa contro di esso occorre avere un punto di appoggio in un altro ordine di esistenza?
I Tre dialoghi e il racconto dell'Anticristo sono l'opera 'ultima' di Solov'ëv, l'apice e forse la ritrattazione di tutta la sua precedente riflessione. In queste pagine, scritte poco prima della morte, la fiducia nella storia viene sostituita da una più drammatica interpretazione del divenire terreno. Se nei Tre dialoghi il bersaglio polemico di Solov'ëv è costituito soprattutto dal cristianesimo mutilo di Tolstoj, il Racconto dell'Anticristo è un testo che continua a inquietare per la chiaroveggenza con cui ci rivela il volto - o, meglio, uno dei volti - dell'Anticristo nell'epoca moderna. Il suo Anticristo irrompe in una storia umana desacralizzata, svuotata di orizzonti trascendenti, agendo nel vuoto, in una frammentazione orizzontale di religioni, culture, popoli, accogliendo ogni aspetto del reale ma spogliandolo al tempo stesso del suo significato essenziale. In questo senso l'Anticristo di Solov'ëv, portatore di un'ideologia conciliatrice, 'inclusiva', capace di una quasi infinita capacità di allontanamento dalla Verità, appare particolarmente attuale e minaccioso oggi, nell'odierno deserto del senso e dei valori.