Uscito nel 1920, "L'età dell'innocenza" vale alla sua autrice, Edith Wharton, il premio Pulitzer: sarà la prima donna a vederselo assegnare. Il libro è una critica spietata alla convenzionalità dell'alta società newyorchese: una vera aristocrazia immobiliare in cui le famiglie sono le stesse da generazioni, le donne un ornamento e gli uomini non fanno nulla neppure quando fingono di andare in ufficio. I ricchi personaggi dell'"Età dell'innocenza" vivono tutti nello stesso quadrilatero di strade, e d'estate si spostano tutti quanti a Newport. Sono sempre insieme, sono privilegiati e severi al contempo, e non concepiscono l'esistenza di un mondo fuori dal loro. Il mondo, ovviamente, progredisce, cambia e rischia di lasciarli indietro. Ai cancelli della vecchia New York premono l'aristocrazia imprenditoriale e bancaria - i Morgan, i Lehman, i Guggenheim -, gli operai migrati dall'Europa e soprattutto stili di vita dinamici e aggressivi. Il protagonista del romanzo, Newland Archer, è un giovane raffinato che nella prima parte vediamo emanciparsi lentamente dai valori della vecchia New York ma che poi si trova costretto a sposare una donna che non ama assolutamente.
Sposi per un anno. Questo è il patto che Nick e Susy Lansing hanno stipulato: rimanere uniti nella buona sorte fino a quando il denaro dei regali di nozze e l'ospitalità degli amici consentirà loro di continuare la luna di miele. Poi, se una migliore occasione si presenterà a uno di loro, l'altro acconsentirà a lasciarlo libero. Lo scenario dei primi mesi di questa anomala unione è idilliaco: una romantica villa sulle sponde del lago di Como, un palazzo patrizio a Venezia, passeggiate nelle calli ombrose, chiari di luna, amici spensierati sempre pronti ad assecondare i due novelli sposi. Eppure, fin dall'inizio, la macchina perfetta del matrimonio concordato si inceppa, incalzata da un elemento imprevisto: l'amore. Capriccioso, incoerente, poco incline a compromessi e a sfumature, l'amore si insinua nella mente ordinata e onesta di Nick, che ha idealizzato la moglie al punto di non poterle perdonare nessuno sbaglio, nessuna leggerezza, e in quella di Susy, incapace di rinunciare ai suoi sogni di grandezza se non per il marito, ma così spaventata da questa scoperta da non riuscire a dirglielo, anche quando sarebbe l'unico modo per trattenerlo. E allora, di nuovo soli, "liberi", come amavano dire prima di sposarsi, Nick e Susy cercano ognuno la propria occasione lontano dall'altro, lui sul panfilo di ricchi amici, lei nientemeno che con un lord. Ma l'amore che paradossalmente li ha separati, si è talmente insinuato nel loro cuore da ricongiungerli.
Introduzione di Attilio Brilli, traduzione di Simonetta Neri
Scenari italiani di Edith Wharton è il più affascinante «viaggio in Italia» scritto dopo Goethe e dopo Stendhal. E lo è per quel suo consapevole frapporsi fra il viaggio sette-ottocentesco, con le sue categorie estetiche e le sue lentezze, e il turismo moderno con i suoi sguardi frettolosi gettati su luoghi inesorabilmente omogeneizzati. Quello della scrittrice americana è un viaggio moderno che ingloba una lunga tradizione per trarne il succo e poi trascenderla in nome della propria autonomia culturale ed estetica, un’autonomia che va oltre la lettura gotica di Ruskin, oltre l’aureo rinascimento di Pater o le sensazioni di Bourget in favore di una visione più eclettica della civiltà italiana. Protagonista del libro è infatti il paesaggio, anzi potremmo dire che questi ‘scenari’ compongono il più bel libro che sia stato scritto sul paesaggio italiano e sul modo in cui lo si debba osservare e conservare. Pur essendo ben lontana dal presagire le geremiadi del viaggio italiano di Ceronetti, straordinariamente attuali si rivelano alcuni moniti che Edith Wharton enuncia nel corso dei suoi itinerari, a cominciare dagli italiani ai quali rimprovera l’eccessiva tendenza a impoverire il territorio trasferendone le opere d’arte nell’atmosfera asettica dei musei, ai collezionisti d’oltreoceano che quel territorio contribuiscono a depredare. Senza contare che gli itinerari della nostra viaggiatrice si rivelano ancor oggi inconsueti, se non inediti, e in grado di restituire al turista l’illusione momentanea di farsi viaggiatore.
Due donne americane di fronte alla Grande Guerra europea: Edith Wharton, scrittrice già affermata che in quegli anni sta scrivendo l’Età dell’innocenza – sarà la prima donna a vincere il premio Pulitzer – e Nellie Bly, giornalista famosa, che nel 1890 aveva stupito il mondo circumnavigando la terra in 72 giorni sulla falsariga del Giro del mondo in 80 giorni di Verne.
Tra il febbraio e il novembre 1915 Edith Wharton viaggia a più riprese lungo il fronte occidentale, visitando le postazioni francesi nelle Argonne, in Lorena, nei Vosgi, sulla costa atlantica settentrionale e in Alsazia. Viaggi al fronte. Da Dunkerque a Belfort è il diario di queste visite, un reportage giornalistico che appartiene a una dimensione poco nota della scrittrice, conosciuta essenzialmente per i romanzi e i colti resoconti di viaggio.
Tra l’ottobre e il novembre 1914 Nellie Bly è invece in Austria e visita le zone di guerra su un fronte opposto, lungo il confine orientale. I suoi reportage, pubblicati sul «New York Evening Journal», sono qui raccolti sotto il titolo In prima linea sul fronte russo e serbo.
Tra le poche voci femminili a raccontare in diretta la prima guerra mondiale, Edith Wharton e Nellie Bly, con le loro cronache limpide e coinvolgenti, non sembrano parlare neppure dello stesso conflitto, tanto è diverso il loro approccio alla scrittura. Eppure la guerra, osservata da due donne schierate su fronti opposti, così lontane nelle scelte di vita e nello stile narrativo, si rivela essere in definitiva la stessa «maledetta follia».
Luisa Cetti si è dedicata in particolare alla storia delle donne americane e dei movimenti utopistici di metà Ottocento. Ha pubblicato Un falansterio a New York (Sellerio 1993) e ha curato l’edizione delle Lettere dall’America di Pietro Maroncelli («Il Risorgimento» 1995), del diario di viaggio di Francesco Arese Da New York al selvaggio West nel 1837 (Sellerio 2001) e di Il giro del mondo in 72 giorni di Nellie Bly (Mursia 2007).
Fin dalla sua apparizione, nel 1911, questo romanzo si propone come una sorta di ordigno narrativo affascinante e perturbante. Racconta la vicenda che lega tra loro Ethan Frome, Zeena, sua moglie, e Mattie, cugina di lei, della quale Ethan si innamora. Sembra che questo nuovo legame possa essere l'inizio di una fase di cambiamento, la fuga per Ethan dalla prigione domestica. Le cose però vanno diversamente. Con maestria inventiva la Wharthon riserva ai tre personaggi un destino al contempo tragico e grottesco. Un libro nel quale la narrazione è lo strumento che permette di sciogliere il nodo, all'apparenza inestricabile, dei legami tra gli esseri umani.
Un romanzo sulla libertà che non ha mai esaurito il suo potere sovversivo, perchè la libertà di cui parla l'autrice non è affatto legata alla società, ormai tramontata, che lei racconta.
Scritto nel 1903 questo libro della narratrice americana Edith Wharton rappresenta un'opera unica nel suo genere. "Il giardino deve essere studiato in rapporto alla casa, e giardino e casa in rapporto al paesaggio", e in questa affermazione è tutto l'interesse del libro: non un trattato di floricoltura, o una delle tante raccolte fotografiche sull'argomento, ma uno studio sottile e attento dei grandi giardini italiani, del loro rapporto con le rispettive ville, dei diversi stili di vita caratteristici della "vita in villa" nelle diverse regioni d'Italia. Lungi dall'essere una mera descrizione di luoghi, questo libro è dunque un documento di quell'interesse per la vita italiana che non ha mai smesso di affascinare gli anglosassoni.
I bucanieri sono gli americani che con le loro ricchezze nuove vanno all'assalto dei tesori d'arte e cultura del vecchio mondo. Cinque ragazze, vedendosi respinte dalla buona società newyorchese di fine Ottocento perché i patrimoni delle loro famiglie sono troppo recenti, decidono di partire alla conquista dell'Inghilterra forti della loro bellezza e del denaro dei loro genitori. Ricchezza e bellezza sono qualità ricercate in un paese dove i nobili sono gravati dai debiti e si lasciano volentieri conquistare dalle giovani avventuriere. Intrighi e matrimoni si succedono a raffica, ma alla fine l'amore trionfa sui pregiudizi del vecchio e del nuovo mondo.
Nel quadro dei ricevimenti organizzati dal loro esclusivissimo "club", alcune signore della migliore società americana hanno invitato il romanziere Osric Dane, quello, cioè, che bisogna assolutamente aver letto. Preziose e ridicole, queste signore circondano il romanziere con le loro attenzioni e con i loro commenti insipidi, tanto che lo scrittore non si perita di punzecchiarle. Ma, in maniera del tutto inaspettata, ecco che una di esse rovescia la situazione e mette a mal partito il celebre romanziere domandandogli cosa pensa di Xingu. Chi è dunque questo Xingu che tutti sembrano conoscere?