Beppe Sala presenta qui un testo terso di cultura e proposta politica. Interpretando i temi che caratterizzano un'autentica visione globale, propone la struttura di una nuova forma per il socialismo del XXI secolo e affronta i nodi storici che determinano la vicenda internazionale e italiana. Bisogna ragionare su una diversa idea della politica, del governo, del mondo, degli affetti e delle azioni necessarie per pensare a una società più equa. Sala, da sindaco di una città nevralgica come Milano e da politico che crede nella missione civile e politica della sinistra, insiste sulla necessità di una connessione tra le grandi città mondiali, nella prospettiva di una utopia concreta: una comune società per azioni, basata sulle risorse infinite delle persone che vi partecipano. Non la Città-Stato, ma la Città-Mondo è il perno di un mutamento di prospettiva. Essa rappresenta in sé il mondo: chiunque vi è incluso, chiunque ha diritto di cittadinanza, purché intenda e dunque abbia la possibilità di inserirsi nella logica attiva del benessere comune.
L’economia e i carismi; il mondo disincantato della società di mercato fatto di profitto, ricerca del tornaconto e di denaro, e la dimensione ricca di spiritualità, di gratuità e ideali dei carismi. Sembrano a prima vista due realtà distanti. Ma non è così. È quanto dimostrano gli Autori del volume. La storia, quella economica compresa, è anche il risultato dell’azione dei carismi. In particolare di Benedetto da Norcia e di Francesco d’Assisi. Il monachesimo, ad esempio, ha creato il lessico economico della rivoluzione commerciale dell’Europa attorno all’anno Mille e le premesse teologiche e culturali per la nascita dell’economia mercantile; il francescanesimo ha dato vita alla prima vera scuola di pensiero economico (Ockam, Scoto, Olivi…), che ha fornito le categorie per interpretare la civiltà comunale. Un approccio originale e sorprendente.
È urgente imboccare la strada di un futuro più giusto, prendendo di petto il problema dei problemi: le gravi disuguaglianze e il senso di ingiustizia e impotenza che mortificano il paese. La crisi Covid-19 ha reso ancora più evidente questo stato di cose e ha aperto molteplici scenari. Come evitare che gli squilibri di potere e di ricchezza crescano ancora? O che prevalga una dinamica autoritaria? Quali sono le cause delle disuguaglianze e le responsabilità della politica e delle politiche? È possibile indirizzare l'accelerazione della trasformazione digitale alla diffusione di conoscenza e alla creazione di buoni lavori? E come? Come far funzionare la «macchina pubblica» e assicurare il confronto democratico sulle decisioni? Come assicurare dignità e partecipazione strategica al lavoro? Come affrontare la crisi generazionale? Sviluppando le «15 proposte per la giustizia sociale» elaborate dal Forum Disuguaglianze Diversità, alleanza originale di cittadinanza attiva e ricerca, il volume offre una risposta a queste domande, fornendo uno schema concettuale per affrontare l'incertezza e soluzioni operative per cambiare rotta.
La storiografia e l'analisi economica dell'Italia contemporanea si sono ampiamente rinnovate. Questo libro propone una interpretazione di sintesi criticamente fondata sui risultati di ricerca più aggiornati. Fra le alterne vicende dell'Ottocento e del Novecento il benessere materiale degli italiani si è innalzato. Eppure, dopo il ristagno seguito alla recessione del 1992, la società italiana è sospesa, preoccupata per il futuro. Vive una crisi profonda, di orientamenti e di identità, oltre che economica. Può risolverla in positivo, oppure regredire come altre volte nel passato le è accaduto. La retrospettiva storica offre elementi indispensabili alla comprensione delle radici della crisi, alla ricerca della via d'uscita.
Non è l’economia che traina il sociale, ma il contrario; per fare sviluppo occorrono processi di autocoscienza e di autopropulsione collettiva, non interventi dall’alto: ho sempre tenuto a mente questi principi studiando il Mezzogiorno italiano.
«I primi due esperti di sviluppo che ho frequentato all’inizio del mio meridionalismo sono stati Giorgio Sebregondi e Padre Louis-Joseph Lebret. Il primo era convinto che nella ‘lunga durata’ non è l’economia che traina il sociale ma il contrario; e che quindi lo sviluppo va perseguito con adeguati interventi sul sociale e sollecitando la partecipazione delle popolazioni locali; Lebret, dal canto suo, era convinto che per fare sviluppo occorrono non interventi dall’alto, ma profondi processi di autocoscienza e di autopropulsione collettiva. Io sono nato su quel duplice imprinting, e su di esso ho sempre fedelmente lavorato».
Una raccolta di testi che attraversano sessant’anni di storia italiana e ripercorrono l’impegno di Giuseppe De Rita per il Mezzogiorno.
Donna fa pensare a: relazione, amica, ambiente, casa, pianeta. Immaginiamo un'economia rispettosa e amica della Terra e di tutti gli esseri umani. Questa la sfida dell'autrice, che da anni si muove fra studi economici e impegno nella fede, per riportare l'economia, cioè oikos-nomos, nel suo ambito più proprio, al servizio dell'uomo nella gestione della casa comune. La casa viene vista molto diversamente se a guardarla è un uomo o una donna. Fino a ora, lo sguardo sulla casa e sulla nostra casa comune è stato molto maschile. L'uomo guarda soprattutto al lavoro, agli aspetti materiali e istituzionali: tutto ciò è molto importante, ma se diventa uno sguardo assoluto può deformare la realtà. La donna guarda maggiormente ai rapporti, a ciò che ha a che fare con la cura. Anche questo è uno sguardo che da solo non basta, ma ne sentiamo la mancanza dentro le grandi aziende, a livello politico, nelle istituzioni in generale. Iniziamo, o continuiamo, a guardare questa casa con uno sguardo di donne. Soprattutto, iniziamo a guardarla insieme, uomini e donne. Ad immaginarne insieme il futuro.
Il progetto sociale e politico dell'Unione europea è in crisi: il rallentamento della crescita, la recessione e la stagnazione dei salari negli ultimi anni hanno colpito duramente i paesi membri. Le difficoltà economiche hanno inasprito le tensioni sociali portando alla ribalta sentimenti e tendenze apertamente nazionaliste e antieuropeiste, delle quali il voto per la Brexit e la crisi dei migranti sono le espressioni più dirompenti. Per Joseph E. Stiglitz l'eccessiva ¬fiducia in un neoliberismo aggressivo e in mercati non regolamentati ha privilegiato un'industria finanziaria spericolata e ha portato a un aumento della disuguaglianza tra i cittadini. Se si vuole recuperare l'identità originale del progetto europeo e preservare i valori fondanti dell'Unione è necessario ripensare radicalmente le politiche economiche e la loro applicazione. In Riscrivere l'economia europea Stiglitz avanza le sue proposte di riforme possibili e ormai necessarie: spostare la politica monetaria della Banca centrale europea dal contenimento dell'inflazione alla priorità all'occupazione; dare spazio ad attività finanziarie che arricchiscano gli stati anziché inseguire guadagni immediati; regolamentare in modo efficiente la concorrenza tra le imprese e la proprietà intellettuale; intervenire sul mercato del lavoro e sulle norme previdenziali per istituire un sistema di protezione sociale a livello europeo che garantisca istruzione, alloggi e stipendi adeguati per tutti. Con "Riscrivere l'economia europea" Stiglitz traccia il solco da seguire per strappare l'Unione dallo stallo economico e sociale in cui versa e fare in modo che i valori fondanti del progetto europeo possano rifiorire, garantendo un futuro migliore ai cittadini e trasformando questo complesso organismo in una forza finalmente protagonista del mondo globalizzato.
Una riflessione su una visione differente dell'attuale modello di sviluppo e ordine sociale. Bisogna chiedere al mercato non solamente di essere efficiente nella produzione di ricchezza e nell'assicurare una crescita sostenibile, ma anche di porsi al servizio dello sviluppo umano integrale, di uno sviluppo, cioè, che mantenga in armonia tutte le dimensioni dell'umano. Il volume, grazie anche alle interviste a importanti studiosi (Leonardo Becchetti, Francesca Corrao, Francesco D'Agostino, Jean Pierre Darnis, Paola Marion, Eugenio Mazzarella, Stefano Zamagni) fornisce chiavi di lettura su temi di stringente attualità. Prefazione di Gianfranco Ravasi e introduzione di Giuliano Amato.
«Così come il comandamento "non uccidere" pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire "no a un'economia dell'esclusione e della inequità". Questa economia uccide». Il saggio - a cura di Ugo Mattei e introdotto dalle parole di Luigi Ciotti - raccoglie alcuni tra i più attuali e importanti discorsi di Papa Francesco sul nostro tempo. Globalizzazione, lavoro, economia, capitalismo, vite ai margini della società, ecologia e cura del pianeta Terra. Un grido d'allarme, contro l'economia che ci sovrasta, per affermare la difesa della dell'umanità e del suo futuro. Prefazione di Ugo Mattei.
Questo libro segue lo svolgersi dell'amicizia tra David Hume e Adam Smith, dal loro primo incontro nel 1749 fino alla morte del primo nel 1776. Descrive come i due si leggessero l'un l'altro, si aiutassero reciprocamente nella carriera e nelle ambizioni editoriali, spesso consultandosi su questioni personali, in particolare dopo la drammatica lite di Hume con Jean-Jacques Rousseau. Membri della vivacissima scena intellettuale dell'Illuminismo scozzese, Hume e Smith ebbero amici (e nemici) in comune, frequentarono gli stessi club e s'interessarono agli stessi argomenti, e non solo di filosofia ed economia: dalla psicologia alla storia, dalla politica al conflitto britannico nelle colonie americane.
Può sembrare assurdo, al culmine della recessione più grave del secolo, parlare di "grandi giacimenti occupazionali inutilizzati". Invece proprio di questo si tratta: per uscire dalla grande crisi è urgente dotare il nostro Paese di servizi di orientamento professionale e di formazione che rendano i lavoratori capaci di rispondere alla fame di personale qualificato e specializzato di cui soffrono le imprese. Ancora più singolare può apparire oggi l'idea che non siano soltanto gli imprenditori a selezionare i propri collaboratori, ma anche i lavoratori a scegliere e "ingaggiare" l'imprenditore più capace di valorizzare il loro lavoro. Eppure è davvero questo che accade in un mercato maturo, anche nella congiuntura peggiore. Proprio per uscirne è importante che i lavoratori si considerino parte di un "mercato dell'intrapresa", nel quale hanno interesse ad allargare il più possibile la concorrenza tra gli imprenditori indigeni e stranieri sul versante della domanda di manodopera. Perché tutto ciò accada occorre una nuova "intelligenza": una capacità che i lavoratori devono saper esercitare sul piano individuale e su quello collettivo, per conoscere e capire il mercato del lavoro in tutti i suoi meccanismi, in modo da poterlo utilizzare efficacemente a proprio vantaggio. Per questo c'è bisogno di un sindacato capace di assumere come proprio il mestiere di intelligenza collettiva dei lavoratori e al tempo stesso di essere partner dell'imprenditore nella progettazione di nuove forme di organizzazione aziendale e di spartizione dei frutti dell'impresa. Da sempre convinto della necessità di far cooperare diritto, economia e sociologia, il giuslavorista Pietro Ichino ci propone in queste pagine un rovesciamento della visione tradizionale del mercato del lavoro e del ruolo del sindacato, che può contribuire a trovare la via d'uscita dalla crisi di sistema che stiamo attraversando.
Il consolidamento del potere del mercato specie nella finanza e nell'industria tecnologica ha portato a un'esplosione della disuguaglianza. La situazione è drammatica: poche corporations dominano interi settori dell'economia, facendo impennare la disuguaglianza e rallentando la crescita. La finanza ha scritto da sola le proprie regole; le compagnie high-tech hanno accumulato dati personali senza controllo e il governo americano ha negoziato accordi commerciali che non rappresentano gli interessi dei lavoratori. Troppe persone si sono arricchite sfruttando gli altri invece che creando ricchezza. Le vere fonti della ricchezza e della crescita, per Stiglitz, sono gli standard di vita, basati su apprendimento, progresso della scienza e tecnologia e le regole del diritto. Gli attacchi al sistema giudiziario, universitario e delle comunicazioni danneggiano le medesime istituzioni che da sempre fondano il potere economico e la democrazia. Tuttavia, per quanto ci si possa sentire indifesi oggi, non siamo, tutti noi, senza potere. In effetti, le soluzioni economiche sono spesso chiare. Dobbiamo sfruttare i benefici del mercato ma nello stesso tempo domare i suoi eccessi, assicurandoci che lavorino per noi cittadini - e non contro di noi. Se un numero sufficiente di persone sosterrà l'agenda per il cambiamento delineata in questo libro, può non essere troppo tardi per creare un capitalismo progressista che realizzi una prosperità condivisa.