
Una filosofa di fronte a Cristo. Questo libro contiene le "investigazioni filosofiche e spirituali" della grande scrittrice e mistica sul Vangelo. Una giovane donna attraversa un'epoca di guerre e totalitarismi armata della sua fragilità, della sua intelligenza luminosa, della sua febbrile passione per l'amicizia, la fraternità e la trascendenza. In ognuna di queste pagine vibra una profonda universalità, fondata sulla certezza che il comandamento dell'amore può trasformare gli individui, l'umanità e il mondo. In Simone Weil la fede cristiana fu una tentazione perenne, ma anche una lacerazione interiore, ansia protesa verso una verità superiore raggiungibile soltanto con la generosità, il distacco, la passione per tutto ciò che è povero, debole e folle.
L'incontro tra Simone Weil e alcuni testi della Grecia antica, innanzitutto l'Iliade, Platone, i pitagorici e i tragici, ha segnato uno dei picchi del secolo scorso. Nulla di quanto la luce della sua mente ha raggiunto è rimasto immutato. In particolare i Vangeli, come se la via regale per capirli non passasse da Gerusalemme, ma da Atene. Il verbo come mediatore, il sovrannaturale e l'innaturale, la bellezza del mondo, il giusto punito, la sventura: sono alcuni dei temi che Simone Weil tratta in questi scritti, non più nella forma altamente condensata dei quaderni, ma in una trattazione distesa, come chiarendo in primo luogo a se stessa le sue abbaglianti intuizioni.
Partorita nel 1943, nella sanguinosa temperie della Seconda Guerra mondiale, l'opera si presenta come una riflessione organica sulle cause che hanno condotto l'Europa al collasso, sino ad un ripensamento complessivo intorno alle fondamenta stesse della modernità occidentale. La retorica dei diritti, le storture del capitalismo, l'abominio del nazismo tedesco e del comunismo sovietico, il declino delle comunità, il dominio della tecnica, la perdita della trascendenza, l'idolatria dello Stato e della forza bruta sono solo alcuni dei fenomeni connessi alla "malattia" dello sradicamento. Magistralmente offerti al lettore quale potente affresco di una intera vicenda umana, nel Radicamento Simone Weil tenta di mettere a punto un progetto di modernità alternativa, costruita sul rispetto della dignità di tutti, sulla responsabilità personale, sul dovere verso l'essere umano, sull'empatia con il prossimo, sulla rinuncia alla forza.
Proprio del bellissimo saggio della Weil sull'Ilia-de si presenta qui una nuova versione commentata, oltre allo scritto su Israele e i gentili, al capitolo "Israele" de La pesanteur et la grâce e a tre importanti lettere, inedite in italiano, sulla questione ebraica.
A cinquantanove anni dalla scomparsa di Dewey, il suo pensiero continua a segnare il percorso del sapere non solo degli Stati Uniti, ma anche dell'Italia, dove le sue teorie hanno sempre avuto un ruolo attivo nel dibattito culturale contemporaneo. Per tale ragione diventa fondamentale occuparsi anche delle biografie che lo riguardano. Tra queste, quella di Robert B. Westbrook risulta ancora oggi la migliore, in quanto offre un ventaglio ampio e critico sia degli aspetti legati alla sua vita privata, sia del suo pensiero che, proprio per la sua complessità, merita uno studio costante ed ecdotico.
La fisica indaga sulla natura, ma pure le stesse percezioni da cui hanno origine le indagini scientifiche sono collocate nella natura. È possibile definire un sistema concettuale che comprenda sullo stesso piano ontologico sia l'attività del soggetto che il dominio dell'oggetto della conoscenza? In questo volume, che riunisce un ciclo di conferenze tenute da Whitehead presso il Trinity College di Cambridge nel 1919, i concetti fondamentali del sistema metafisico del filosofo inglese trovano per la prima volta una forma strutturata. Due anni dopo, la metafisica di Whitehead porterà alla formulazione di una teoria alternativa alla Relatività Generale di Einstein.
L'intento di questo libro non è l'interpretazione di un'opera di Aristotele, bensì dell'intera filosofia aristotelica centrata sulla Fisica, Si tratta di un intento originale e ardito, perché ribalta l'immagine tradizionale del filosofo antico, costruita sulla centralità della Metafisica. Ponendo al centro del pensiero di Aristotele la Fisica. Wieland non intende affatto, però, confrontare nel contenuto la concezione aristotelica della natura con le teorie della fisica moderna e contemporanea, poiché un abisso le divide. Egli intende piuttosto esaminare il metodo della ricerca fisica di Aristotele, e su questo piano la distanza tra l'antico e i moderni si riduce di molto.
Che cosa può, e che cosa non può, fare la filosofia? Quali sono i suoi rischi etici e quali le possibili ricompense? In che cosa differisce dalla scienza? In "La filosofia come disciplina umanistica", Bernard Williams affronta tali questioni e presenta un'illuminante visione della filosofia come fondamentalmente differente dalla scienza per scopi e metodi, anche se "in filosofia, dovrebbe esserci qualcosa che conti come azzeccarci o far bene". Scritto con la sua caratteristica combinazione di rigore, immaginazione, spessore e profonda umanità, questo libro dimostra chiaramente perché Williams sia stato uno dei massimi filosofi del ventesimo secolo. Il saggio che dà il titolo alla raccolta è poi "una specie di manifesto per la concezione che Williams aveva del lavoro della sua vita. È qui che egli si dedica nella maniera più esplicita alla questione del contributo che la filosofia può dare o meno al progetto della comprensione delle cose", come scrive il curatore A.W. Moore. "La filosofia come disciplina umanistica" è l'ultimo dei tre libri postumi di Williams, dopo "In principio era l'azione" e "Il senso del passato". Prefazione di Salvatore Vaca.
Quattro compagni di treno occasionali parlano di stregoneria e scienza, della verità, della differenza tra credere, sapere ed essere certi di qualcosa, dei valori morali e del loro ruolo nelle nostre decisioni, e di molte altre cose. Soprattutto - è questo il filo dell'intero dialogo - parlano del relativismo, di cui uno di loro, Zac, è un convinto difensore. Secondo Zac, in caso di dissenso ("io ho ragione, tu sbagli") è sempre questione di punti di vista: ciascuno dei contendenti può aver ragione dal proprio punto di vista. Se il relativismo uscirà malconcio dalla discussione, persino nei casi in cui sembrerebbe a prima vista del tutto plausibile, quella che emerge con forza è l'utilità della filosofia nella vita delle persone.
Se tra mille altruisti nascesse un egoista, alla lunga sarebbe lui a vincere: tutti si prodigherebbero anche per il suo bene mentre lui non sprecherebbe le proprie energie per gli altri. Col tempo diventerebbe il più forte del suo gruppo e nella competizione per la vita trionferebbe, facendo più figli, che a loro volta erediterebbero il suo egoismo, propagandolo ulteriormente. L'altruismo si estinguerebbe in fretta dalla faccia della terra. Invece l'altruismo c'è, nell'uomo come negli animali. Come spiegare questo dilemma? David Sloan Wilson è il biologo che ha dato una risposta a questo antico rompicapo evoluzionistico (ma anche sociale e politico). Inutile e fuorviante concentrarsi sulla definizione di "altruismo": qui si parla in maniera non equivoca di azioni altruistiche e non di pensieri o sentimenti altruisti, ben difficili da definire. Un'azione è altruistica se non avvantaggia chi la compie (o addirittura lo danneggia) mentre avvantaggia chi la riceve. Per anni si è tentato di dare una spiegazione a questo comportamento apparentemente autolesionista negandone di fatto l'esistenza: un atto a prima vista altruista veniva analizzato dal punto di vista del gene (un gene "egoista", appunto), per mostrare che in realtà non è tale; vista con gli occhi del gene, la morte di un individuo può essere vantaggiosa se altre copie identiche dello stesso gene sopravviveranno , in altri individui...
Per millenni filosofi, teologi e scienziati non sono riusciti a trovare risposte verificabili alle domande che definiscono il significato stesso dell'esistenza umana: che cosa siamo e che cosa ci ha resi quello che siamo. Nel suo esame della storia evolutiva, Wilson si spinge qui più indietro di quanto abbia mai fatto, consegnandoci un testo che mette in luce le origini profonde delle società animali e di quella umana. L'unico modo per comprendere il comportamento umano è cercare di conoscere le storie evolutive, lunghe e complesse, delle specie non umane. Tra queste almeno diciassette specie (roditori e gamberi tra gli altri) hanno sviluppato società avanzate e basate su livelli di altruismo e cooperazione simili a quelli che osserviamo tra gli esseri umani. Sulla scia di Darwin, che suggerì di studiare le origini dell'umanità tenendo conto del comportamento delle scimmie antropomorfe, Wilson sintetizza le più aggiornate ricerche svolte nel campo delle scienze dell'evoluzione, realizzando un'opera concisa ma rivoluzionaria sulla genesi della società umana. Prefazione all'edizione italiana di Telmo Pievani.