Il "destino dell'essere" nella ricerca di Emanuele Severino si dispiega nell'analisi puntuale delle concrete determinazioni in cui l'essere storicamente si dà. Per questo motivo il suo discorso filosofico, tenendo ferma la destinazione centrale - l'essere che è e non può non essere -, riesce a scandagliare in maniera decisiva l'ampio spettro dell'umano sapere, dall'economia alla società, con le sue acute analisi sul capitalismo, le ideologie e le forme del potere, così come sull'arte e sul bello quali forme della praxis, ma soprattutto sul dominio inarrestabile della tecnica. Una costellazione di figure in cui si scompone la cosiddetta Follia dell'Occidente, ovvero l'abbandono del senso fondamentale dell'essere. Un'insistenza logica e una lezione di rigore filosofico che incalza chi prenda sul serio la filosofia, spingendo a uscire dal quieto vivere di compromessi che fondano il pensare e l'agire. La filosofia così intesa diviene un pungolo che rende possibile e alimenta il dialogo, quando non dimentichi lo sfondo decisivo e si interroghi sull'orizzonte che dà significato alle cose rinnovandone l'interesse essenziale e che, in principio o in ultimo, risponde alla domanda: che cosa è l'essere? In questa prospettiva tre generazioni di allievi, diretti e indiretti, e studiosi discutono nei saggi qui raccolti Severino, mettendosi appunto in dialogo.
L'incontro tra Simone Weil e alcuni testi della Grecia antica, innanzitutto l'Iliade, Platone, i pitagorici e i tragici, ha segnato uno dei picchi del secolo scorso. Nulla di quanto la luce della sua mente ha raggiunto è rimasto immutato. In particolare i Vangeli, come se la via regale per capirli non passasse da Gerusalemme, ma da Atene. Il verbo come mediatore, il sovrannaturale e l'innaturale, la bellezza del mondo, il giusto punito, la sventura: sono alcuni dei temi che Simone Weil tratta in questi scritti, non più nella forma altamente condensata dei quaderni, ma in una trattazione distesa, come chiarendo in primo luogo a se stessa le sue abbaglianti intuizioni.
Paul Ricoeur (1913-2005) è una delle figure più rappresentative della filosofia francese contemporanea. Le sue opere abbracciano l'intero arco della seconda metà del '900, da "Filosofia della volontà" (1950) a "Percorsi del riconoscimento" (2004). La rassegna delle tematiche affrontate è ampia ed articolata: il volontario e l'involontario, la finitudine e il male, le implicazioni filosofiche della psicoanalisi, l'innovazione della metafora, il tempo ed il racconto, l'ermeneutica del sé, il giusto, la memoria e l'oblio, i modi del riconoscimento. Egli adotta una prospettiva fenomenologico-ermeneutica che, pur nella varietà e nelle progressive variazioni del suo percorso, si attiene ad un filo conduttore imperniato sulla analisi delle fragilità e della complessità del soggetto "agente e sofferente", che mantiene una sua coesione su uno sfondo etico. I capitoli del presente lavoro offrono una presentazione puntuale dei principali testi di Ricoeur in sequenza cronologica ed una loro rilettura critica.
Una fra le più autorevoli filosofe italiane si interroga sul significato morale e politico della postura verticale del soggetto e propone di ripensare la soggettività in termini di inclinazione. Si tratta di due geometrie, di due costruzioni ontologiche. Mentre nella classica figura dell'uomo retto e nei vari dispositivi rettificanti della tradizione filosofica si annida un io egoistico, chiuso in sé, autosufficiente e autoreferenziale, nella figura dell'inclinazione prende invece forma un sé altruistico, aperto e spinto a uscire dal suo asse per sporgersi sull'altro. Il riferimento non è solo a testi filosofici (Platone, Agostino, Hobbes, Kant, Arendt, Jonas, Canetti), ma anche a prodotti artistici (le tele di Barnett Newman, di Leonardo da Vinci e di Artemisia Gentileschi, le fotografie di Aleksandr Rodcenko) e a pagine letterarie (Marcel Proust, Virginia Woolf). Il capitolo conclusivo è dedicato a Lévinas e alla decostruzione geometrica del suo incontro etico "faccia a faccia".
Partendo dal problema della dignità umana e della sua libertà come fondamento del pensiero popperiano, questo saggio approfondisce, attraverso un confronto aperto con alcune significative linee di pensiero, il valore rilevante che la lezione antropoetica di Karl Popper, finalizzata a porre in luce il "carattere speciale" della mente umana, assume nella realtà contemporanea.
Se analizziamo la posizione dell'uomo nel Cosmo osserviamo che il modo di abitare la Terra e di essere in relazione con le altre realtà manifesta una trascendenza non solo nei confronti del proprio pianeta, ma anche dell'intero Universo. C'è bisogno, di un'analisi dell'uomo sia nella sua struttura materiale, organica e vivente, sia nelle sue relazioni con le altre realtà. Attraverso l'analisi dell'uomo, questo saggio tenta dunque non soltanto di confrontare le proprietà dei diversi esseri nel mondo, in modo particolare i viventi, ma soprattutto di stabilire qual è l'essenza dell'esistenza umana.
Questo volume della collana "A cesare e a Dio - gli incontri di Norcia" è dedicato alla crisi economica e alle possibili vie di uscita. Una strada impervia piena di ostacoli e di incognite ci aspetta per abbandonare questa difficile situazione economica, politica, sociale e legislativa. Superare la crisi è un'urgenza generale ma non basta. Occorre per superare questo momento difficile fare tesoro dell'esperienza passata e riavviare un meccanismo di crescita e sviluppo che non prescinda da un etica dei comportamenti condivisa e da una nuova stagione delle riforme necessarie per riavviare il volano del lavoro e dell'economia. Il profitto e il mercato, fuori da un codice di comportamento di ordine morale, si ritorcono inevitabilmente contro l'uomo e quindi contro il bene comune. L'imperativo è quindi quello di trovare strade che ci conducano fuori dalla crisi terribile che attanaglia il nostro paese in armonia con un codice etico e con una rinascita culturale e politica.
È la crescita economica l'unico obiettivo a cui deve mirare una politica pubblica? O il fine dello sviluppo non è piuttosto quello di mettere in grado le persone di vivere un'esistenza piena? Dunque creare "capacità" che consentano a ognuno di realizzarsi e di vivere la propria vita all'insegna della pari dignità umana. È questo l'"approccio delle capacità", qui illustrato come nuovo paradigma che misura la ricchezza di uno stato sulla base dei bisogni soddisfatti e delle opportunità realmente offerte ai cittadini.
Dalla sfera politica, frustrata e contaminata dal suo decadimento, alla filosofia morale, "Elogio della mitezza" segna come nessun altro libro gli ultimi anni di Norberto Bobbio, e il celebre saggio che dà il titolo all'opera ne rappresenta il testamento civico. La mitezza, che pure Bobbio dichiara di non saper praticare, si presta a riassumere alcuni tratti fra i più ammirati del suo carattere e della sua riflessione teorica: i tratti di un pensatore intimamente democratico, un uomo semplice e ancorato alla solidità dei propri valori e argomenti, sempre conscio del dualismo insuperabile tra mondo dei fatti e mondo delle idee. Una mitezza da non confondere con la remissività o con l'umiltà che apre il regno dei cieli. È una virtù debole, propria di chi non ha potere, e al tempo stesso potente, poiché anticipa un mondo migliore su questa terra. È "la più impolitica delle virtù", ma anche l'antidoto alle degenerazioni della politica. Il filo conduttore degli scritti qui raccolti è la tormentata riflessione sulla questione del Male nella realtà e nella storia umana. Il filosofo torinese indaga il complesso rapporto tra etica e politica, la natura del pregiudizio, del razzismo e dell'intolleranza, i problemi della laicità nella vita democratica, con nitore argomentativo e trasparente problematicità. Per il decennale della scomparsa di Bobbio, "Elogio della mitezza" si arricchisce dei contributi di amici e studiosi, che aiutano a metterne in prospettiva i risvolti e i significati più fecondi.
"Per quanto cambi il contesto esterno, per quanto profondamente possano variare i costumi, per quanto la tecnologia possa alterare la nostra percezione dello spazio e portare nelle nostre case fiumi inesauribili di informazioni, per quanto la società si trasformi (in meglio o in peggio non importa) fino a diventare irriconoscibile, il fatto di essere umani ci obbliga a domandarci come dovremmo rapportarci al prossimo. Perché siamo umani grazie al fatto che altri umani ci donano umanità. E che noi gliela restituiamo." A vent'anni dal suo successo editoriale, "Etica per un figlio", Savater torna a parlare con i giovani delle sfide etiche che la società, la politica di oggi e i cambiamenti tecnologici pongono loro: "Dobbiamo essere preparati, per poter essere protagonisti delle nostre vite e non semplici comparse".
Piero Martinetti - "grande rimosso" della filosofia italiana e "pensatore di statura europea", nelle definizioni di Massimo Cacciari - si confronta con l'opera capitale di Spinoza, uno dei fondamenti della filosofia moderna. Spinoza appare agli occhi di Martinetti, un "mistico della ragione", il cui pensiero è accostabile, per tragitto di ricerca, a quello di altri grandi spiriti dell'umanità che, come Lev Tolstoj, seppero far rinascere la religione nel grembo della ragione. Il commento di Martinetti si sviluppa dunque sotto la luce di un'affinità profondamente vissuta, sempre messa alla prova dall'analisi del testo in una costante tensione morale. Al centro, rimane la necessità di trasformare la realtà attraverso la conoscenza e di raggiungere una vera libertà. Libertà che consiste nell'avere conoscenza dei propri affetti e nel saperli, di conseguenza, dominare.
I diritti umani nell'ambito del progetto e della missione storica dell'Europa. Di fronte al pluralismo delle culture nell'età della globalizzazione, il tema della dignità dell'uomo è un argomento chiave del dibattito politico e un principio irrinunciabile per il dialogo e la comunicazione interculturale. La stessa integrazione del Continente europeo fin dall'inizio, nel tentativo di darsi un quadro di valori condivisi, ha assunto il tema della dignità umana come suo principio e compito, attingendo ad una lunga riflessione e maturazione che affonda le sue radici nella propria storia e cultura. Il volume a due voci prende in esame la relazione tra l'Europa e l'idea di dignità dal punto di vista filosofico, giuridico e politico. La filosofia, fonte dei paradigmi dell'idea di Europa, ha il ruolo di sottolineare la fecondità, teoretica e storica, dei diritti umani che forniscono il senso dell'esistenza di un progetto e di una missione storica dell'Europa.