Tutti noi siamo esposti al crescente potere della vergogna. Un potere che produce sofferenza, alienazione e una terribile solitudine. Non esiste una vera autorità capace di detenere questo potere: gli "altri" sono esecutori di un ruolo inconsapevolmente giudicante. Sull'amor di sé prevale l'amor proprio, l'amore della propria immagine. Heller analizza questo sentimento e ne scandaglia le diverse manifestazioni fenomeniche: la sua disanima è anche una critica impietosa nei confronti della società contemporanea, che ci condanna a essere schiavi dello sguardo altrui e ci rende estranei a noi stessi.
Un inedito tratto dall’edizione critica danese degli scritti di Kierkegaard. - Un breve trattato incompiuto su come si educa narrando le favole ai bambini. - Per la prima volta tradotto in italiano e commentato, fa da pendant al volume precedentemente pubblicato con la traduzione delle favole. Un libro per tutti.
Questo testo (del 1973) è espressione da un lato di uno dei momenti più intensi e creativi del pensiero dell’autore, dall’altro presenta un’immagine dell’impresa scientifica per molti aspetti analoga a quella di molti esponenti della cosiddetta “nuova filosofia della scienza” da Kuhn a Feyerabend.
Un’epistemologia umanistica poiché per Polanyi l’uomo riassume l’universo, portando in sé gli elementi dei livelli più bassi e quelli più alti della gerarchia degli esseri viventi.
Abbiamo adorato dèi antropomorfi e fatto per millenni degli animali l'oggetto del nostro culto. Eppure la forza cosmogonica più importante sul nostro pianeta sono le piante: sono loro le nostre ultime divinità. Sono loro ad aver prodotto il mondo così come lo conosciamo e lo abitiamo. Sono loro a mantenerlo in vita. Attraverso la fotosintesi, hanno permesso di cambiare lo statuto della materia che ricopre la crosta terrestre, trasformandola in centro di accumulazione dell'energia solare. E soprattutto hanno trasformato irreversibilmente la nostra atmosfera. Non illudiamoci: lungi dall'essere un elemento qualunque del paesaggio terrestre, le piante cesellano e scolpiscono incessantemente il volto del nostro mondo.
Il volume offre un'introduzione al contempo accessibile e rigorosa ai più recenti sviluppi di una fondamentale branca della filosofia del tempo: la filosofia del futuro. Al centro dell'attenzione sono le domande chiave del dibattito contemporaneo. Il futuro è già scritto o esistono cammini alternativi che il tempo è in grado di imboccare? Esistere significa semplicemente essere presenti o ci sono veri e propri oggetti futuri? Siamo davvero liberi di scegliere quali azioni compiere e di modificare il corso degli eventi? Il dibattito intorno alle risposte di volta in volta offerte dalla filosofia esplora un'intrigante zona d'intersezione tra metafisica, logica ed etica, e interessa discipline diverse come la fisica, la psicologia e l'economia. Gli autori offrono gli strumenti necessari per inquadrare concettualmente le domande sul futuro, introducendo tutte le nozioni tecniche in un linguaggio chiaro e intuitivo.
Un manuale di filosofia politica che introduce allo studio della disciplina attraverso un taglio storico e tematico, lasciando al lettore la possibilità di incrociare i due percorsi e di sviluppare per proprio conto gli ulteriori itinerari suggeriti. La struttura del volume consente di mettere a frutto la distinzione tra autori e concetti, avendo sempre a disposizione ampi riferimenti tematici e una vasta bibliografia. Il riferimento ai classici – antichi, moderni, contemporanei – è costante: sono il punto di partenza e di appoggio migliore per compren­dere i diversi argomenti affrontati e orientarsi nel panorama pluralistico delle tradizioni che contraddistinguono la complessa vicenda della cultura occidentale.
Roberto Gatti, già professore ordinario di Filosofia politica nell’Università di Perugia, è presidente emerito della Società italiana di Filosofia politica. Tra le sue ultime pubblicazioni: Un’utopia modesta. Saggio su Albert Camus (con M. Bartoni e L. Fatini, Ets, 2017); Praga ’68: le idee della “primavera” (Manifestolibri, 2018).
Luca Alici è professore associato di Filosofia politica presso il Dipartimento di Filosofia, Scienze sociali, umane e della formazione dell’Università degli Studi di Perugia. Per Morcelliana ha curato: Il diritto di punire. Testi di Paul Ricoeur (2012); per La Scuola: Il paradosso dell’educatore. Testi di Paul Ricoeur (2014).
La nuova traduzione del capolavoro di Max Stirner (1806-1856) ha la pretesa di essere una ''bella fedele'', contro le ''belle infedeli'' che l'hanno preceduta. Ancora oggi l'anarchico Stirner, pensatore controcorrente della sinistra hegeliana, è considerato da molti un matto e ancora oggi molti altri fanno iniziare da lui una nuova epoca dell'umanità, appunto perché era un anarchico. Stirner in realtà fu un uomo silenzioso, nobile, che nessun potere e nessuna parola sarebbero riusciti a corrompere, un uomo così unico che non trovò un posto nel mondo, e di conseguenza visse in povertà. L'obiettivo della sua opera fu quello di difendere l'unicità di ogni individuo, soprattutto dei diseredati, dei misconosciuti, dei calpestati in primo luogo ad opera dello Stato, della legge, delle religioni, dei sistemi etici e di tutte le istituzioni sorte con fini positivi, ma che fin troppo spesso, già solo per l'imperfezione umana (ma per Stirner di per se stesse, sempre), deragliano e richiedono continuamente interventi correttivi. Nella sua forma paradossale ed eccessiva, spesso urtante e urticante, espressione della sua indignazione e ribellione morale, ''L'unico'' difende un'esigenza umana fondamentale, che viene fin troppo spesso negata o elusa dai fanatismi, dai veri egoismi, che si abbeverano e si ubriacano di devastanti astrattezze.
Gennaio 1944: in Europa infuria la Seconda Guerra Mondiale quando viene pubblicato questo saggio in cui Arendt riflette sulle tappe che hanno portato all'ideologia razzista del Terzo Reich. Figli di quello stesso Illuminismo a cui dobbiamo la «Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo», i semi del pensiero razzista trovarono terreno fertile in alcuni aristocratici francesi preoccupati, all'indomani della Rivoluzione, di individuare i motivi storici della loro superiorità sulle masse del Terzo Stato. Il quadro si allarga poi alla Gran Bretagna e alla Prussia fino al «Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane» del conte di Gobineau. L'affermarsi della superiorità dell'individuo, una lettura distorta del darwinismo e la politica imperialista delle potenze europee fra Otto e Novecento sono gli altri tasselli che la Arendt compone per spiegare il pensiero razzista.
Quattro dialoghi che invitano a riflettere sul senso della vita, un alternarsi di voci che difendono la propria idea su Dio, sul mondo e sulla libertà o meno dell'uomo. Si presenta così questo testo di Mendelsshn, pubblicato nel 1755 in pieno clima illuminista, che nasce dall'intento di intervenire sulla "questione spinoziana", di difendere i diritti della filosofia e di riabilitare quella tedesca dalle accuse francesi di astrattezza e pedanteria. L'autore celebra la capacità della metafisica tedesca di mostrare la verità delle idee di Dio, di Provvidenza e di anima.
Nel mondo del Ventunesimo secolo sono esplose tensioni forse tra le più laceranti della storia: il contrasto tra la globalizzazione, e la crisi economica che ne è conseguita, e le istanze locali delle forze del passato; le migrazioni delle masse di poveri che premono alle porte del ricco Occidente; lo scontro tra le forme della cultura e la tradizione occidentale, che sino a poco tempo fa poteva considerarsi dominante, e il terrorismo di matrice islamica. A questi problemi la politica non è in grado di offrire soluzioni efficaci: non sul piano internazionale, dove ogni forma di cooperazione tra Stati viene messa in seria discussione, né all'interno dei singoli Paesi, dove ha ceduto all'economia la gestione della società, limitandosi a garantire il funzionamento del mercato. In relazione a questo quadro Emanuele Severino riprende e sviluppa qui temi a lui cari come il rapporto tra politica, tecnica e filosofia e propone una chiave di lettura per smascherare il significato profondo della volontà di disfarsi di quella adesione alla verità assoluta che il tempo presente vuole abbandonare. In questo processo il capitalismo, per trionfare sui propri nemici, dopo aver emarginato la politica, deve sfruttare a fondo le potenzialità della tecnica, la quale è divenuta sempre più forte e ora da serva si sta trasformando in padrona, svuotando il capitalismo del suo scopo e conducendolo quindi alla morte. Quello che oggi ci pare uno scontro epocale tra valori è in realtà soltanto l'espressione di una battaglia di retroguardia, tra le diverse "verità" che intendono piegare il mondo alla loro visione ma che in realtà sono tutte destinate a essere sconfitte dall'avvento della tecnica, che potrà compiersi pienamente solo quando quest'ultima potrà godere del sostegno della filosofia e raggiungere il proprio scopo: realizzare tutto quanto è possibile.
Esiste la libertà? Tanti sono i motivi che spingerebbero al pessimismo. Si può credere che in mezzo agli ostacoli della vita e alle mille costrizioni psicologiche e sociali, possa continuare a vivere la forza dell'essere liberi fino a diventare amore autentico? La sfida di questo libro è questa e desidera proporre un sì convinto e un invito a vivere in una libertà piena e senza paure.
Il ’68 nell’analisi di una testimone d’eccezione: repubblicana, democratica radicale e anticonformista per natura, dopo il trauma della fuga dalla Germania nazionalsocialista e la riflessione sul totalitarismo, negli anni Sessanta Arendt guarda con favore la contestazione giovanile che rianima i «diritti costituzionali popolari» e reclama la potestas popolare riducendo il «sistema dei partiti» a un «fastidioso impedimento». Contro il conformismo della middle class e l’anonima tirannia delle burocrazie, che frustrano il sacrosanto desiderio di agire ed esprimersi pubblicamente, il ’68 riscopre che «agire è divertente». E se la ribellione violenta è inaccettabile, non è tuttavia incomprensibile. L’unico antidoto alla disperazione generata dall’impotenza e dalla frustrazione, infatti, è la libertà di partecipare al mondo comune: questo il messaggio che Arendt lascia alla società futura, la nostra.