
Per la prima volta insieme, tutti gli scritti che Umberto Eco ha dedicato alla televisione: al suo linguaggio, alle forme di comunicazione che mette in gioco, alle tecnologie che le sostengono, all’immaginario che produce, ai suoi esiti culturali, estetici, etici, educativi e, soprattutto, politici. Una raccolta che, pubblicando anche scritti difficilmente reperibili, copre un arco di tempo che va dal 1956, anno in cui in Italia vengono messe in onda le prime trasmissioni, al 2015, periodo in cui il mezzo televisivo non può più essere considerato come dominante nella produzione e nella trasformazione della cultura social. Dalla ripresa diretta dei primi anni, alla tv-verità e ai reality show degli ultimi anni, da Corrado al Grande fratello, da Mike Bongiorno a Derrick, le riflessioni di Eco denunciano con costante attenzione le strategie televisive nel quadro di una critica inesausta contro i vari populismi mediatici, che è sempre stata la cifra dello sguardo di Eco sui media.
Benché mammiferi e uccelli siano unanimemente considerati le creature più intelligenti, si va imponendo una diversa, sorprendente, evidenza: da un ramo dell'albero della vita assai distante dal nostro è nata una forma di intelligenza superiore, i cefalopodi - ossia calamari, seppie e soprattutto polpi. In cattività, i polpi sono in grado di distinguere l'uno dall'altro i loro guardiani, di compiere scorrerie notturne nelle vasche vicine per procurarsi del cibo, di spegnere le luci lanciando getti d'acqua sulle lampadine, di mettere in atto ardite evasioni. Com'è possibile che una creatura tanto dotata abbia seguito una linea evolutiva così radicalmente lontana dalla nostra? Il fatto è - ci rivela Peter Godfrey-Smith, indiscussa autorità in materia e appassionato osservatore sul campo - che i cefalopodi sono un'isola di complessità mentale nel mare degli invertebrati, un esperimento indipendente nell'evoluzione di grandi cervelli e comportamenti complessi. E probabile, insomma, che il contatto con i polpi sia quanto di più vicino all'incontro con un alieno intelligente ci possa mai capitare. Ma Godfrey-Smith tocca in questo libro un altro punto capitale: nel momento in cui siamo costretti ad attribuire un'attività mentale e una qualche forma di coscienza ad animali ben distanti da noi nell'albero della vita, dobbiamo anche ammettere di non avere certezze su che cosa sia la nostra coscienza di umani. E forse questa via è una delle migliori per arrivare a capirlo.
Torna di attualità in questi mesi un testo scritto da Hannah Arendt negli anni Settanta. Si tratta di un'originale riflessione sulla natura della politica e sul suo rapporto con la verità. Il libro - qui proposto con il testo originale a fronte - prende spunto dalla vicenda dei Pentagon Papers, documenti riservati del Dipartimento della difesa USA: nel 1971 alcuni stralci di quelle relazioni coperte da segreto di Stato furono trafugati e pubblicati sulle pagine del New York Times, rivelando all'opinione pubblica l'ammissione da parte del Pentagono dell'assoluta inutilità strategica dell'impegno americano in Vietnam.
Questa raccolta di saggi, che ha visto la prima edizione italiana nel 1973 e una seconda edizione aggiornata nel 1996, testimonia quanto nel pensiero di Gadamer sia stata centrale l'interpretazione di Hegel e la scoperta del suo rapporto con il pensiero di Platone. In questo confronto tra Gadamer e Hegel si inserisce inoltre il pensiero di Heidegger, che occupa un posto di rilievo nella lettura del rapporto tra Hegel e la filosofia greca. In appendice al volume, tre lettere di Heidegger a Gadamer.
Nella trilogia "Sfere", Peter Sloterdijk evidenzia l'interesse della teologia speculativa per quella che viene ritenuta la smisurata grandezza di Dio, al quale è assegnato il ruolo di protezione assicurativa per l'anima. Questa funzione, celata in ogni religione monoteistica, costituisce l'orizzonte di significato in cui prendono posto gli esseri umani e il mondo. Alla fine del XIX secolo, la "morte di Dio" priva la fede di forza, di oggetto e di salvezza. Nel suo nuovo libro, Sloterdijk si chiede quali siano state le ripercussioni di questa svolta sulla contemporaneità: una filosofia senza effetti reali? un cambio di mentalità? una diversa capacità di diagnosticare gli accadimenti? Che cosa ne è dell'essere umano, se l'Uno che dà senso alla sua vita non è più Dio ma il mondo stesso? La ricerca si inquadra in una logica di continuità con il lavoro di Sloterdijk sull'età contemporanea come periodo segnato da una complessità e da una complicazione crescenti. Per questa sua natura, essa coinvolge la teologia e la filosofia, la politica imperialistica dell'Occidente, gli influssi degli sviluppi culturali, l'impatto dei progressi scientifici e tecnologici.
“Il solo scopo per il quale si può legittimamente esercitare un potere su qualche membro della comunità civilizzata contro la sua volontà è quello di impedirgli di nuocere ad altri…Su se stesso, sul suo corpo e la sua mente l’individuo è sovrano”.
È questo il nucleo di verità che il lettore troverà illustrato in maniera esemplare in questo saggio, scritto da John Stuart Mill nel 1859, e subito considerato uno dei classici del pensiero liberale, e cioè che la libertà è la sorgente della creatività umana in ogni campo, dalla scienza all’arte, dalla politica all’economia. Per questo ogni altro principio, quello dell’ordine, del governo popolare, della giustizia deve coniugarsi con quello della libertà. Diversamente, la società è condannata a scivolare lungo la china del dispotismo politico e del conformismo sociale, in fondo alla quale c’è solo la pietrificazione delle due forme di vita.
La "Nuova storia della filosofia occidentale" di Anthony Kenny giunge con questo volume alla presentazione degli imponenti sistemi che hanno forgiato il pensiero moderno. Kenny ci introduce al contesto in cui i filosofi dell'epoca hanno elaborato le proprie idee, e ci guida in una disamina delle loro opere. A partire dal XVI secolo, questa vicenda attraversa il pensiero della Riforma e della Controriforma, il dibattito post-cartesiano, la grande tradizione dell'empirismo britannico, l'illuminismo e la filosofia critica kantiana, per concludersi con la sintesi costituita dal pensiero hegeliano. Come nei volumi precedenti, a una prima parte in cui l'autore racconta in tre capitoli la vita dei maggiori pensatori e l'ambiente intellettuale in cui essi erano immersi, fa seguito una seconda sezione, composta di sette capitoli, nei quali la filosofia moderna viene analizzata nelle sue principali articolazioni disciplinari: conoscenza, natura dell'universo fisico, metafisica, mente e anima, natura e contenuto della morale, filosofia politica e infine teologia filosofica.
Inseguire i foliage, frugarne tra gli alberi le manifestazioni, attenua i timori dell'inverno che incombe. Girovagare in autunno nei boschi, in pianura, in montagna, sulle colline, offre momenti di grande bellezza e consolazione. Il termine foliage invita a vagabondare alla ricerca del trascolorare delle foglie in sfumature pregne di solarità, ad ammirarle concedendosi tempo. Il mutamento della natura diventa stile di vita, arte della contemplazione e dell'attesa; il tema della fugacità è inteso non come fonte di tristezza ma come rinnovato desiderio di vita. Un viaggio alla scoperta della luce che anche i bagliori autunnali emanano, illustrato dai dipinti dedicati all'autunno dai grandi pittori, da Monet a Gauguin, da Van Gogh a Schiele.
Da sempre i giardini hanno plasmato in maniera privilegiata il rapporto dell'uomo con la natura e hanno saputo tradurre in un linguaggio plastico e sensoriale la metafisica vigente in ogni momento storico. L'esperienza del giardino però non possiede soltanto una dimensione etica ed estetica, ma anche politica, la loro condizione di luoghi di delizie e fantasie li avvicina all'utopia e li fa diventare uno strumento critico per analizzare i sogni di perfezione sociale. Questo saggio vuole assicurare al giardino un ruolo chiave nell'ambito del pensiero partendo dal presupposto che il giardino sia, oltre a un'opera d'arte viva dotata di una complessa simbologia, un manufatto culturale e una sofisticata creazione intellettuale, e di conseguenza materia di riflessione filosofica. Ma è anche una storia della felicità, della buona vita, dell'uso del tempo e dello spazio, e soprattutto un libro che parla del piacere.
Il saggio espone il metodo di lettura della "Metafisica" aristotelica che Aubenque, a partire dal libro "Le problème de l'être chez Aristote", ha offerto alla riflessione contemporanea. La metafisica è una scienza ricercata, e sempre da ricercare, in forza del proprio andamento problematizzante: la domanda "che cos'è l'essere?" mette capo a un attraversamento di aporie. Nel testo aristotelico v'è una dialettica della scissione, tra bisogno di totalità (di senso) e consapevolezza della sua terrestre incompiutezza. Una metafisica che nello scacco per l'impossibilità di essere una teologia trova la ragion d'essere della sua possibilità.
I Cigni neri si sono moltiplicati e hanno oscurato il cielo. L'uccello simbolo dell'«evento imprevedibile di grande impatto» teorizzato da Nassim Nicholas Taleb negli anni è stato usato per legittimare i buchi di bilancio lasciati da banchieri premiati con buonuscite milionarie, giustificare i mercati di schiavi nati dalle ceneri degli interventi militari occidentali o autoassolversi di fronte a votazioni dagli esiti clamorosi come il referendum sulla Brexit. Ma davvero tutto questo era - è - inevitabile? E se invece si trattasse solo di una diffusa mancata assunzione di responsabilità? Se l'antidoto al Cigno nero fosse correre sul serio dei rischi? «Non conta ciò che si possiede ma ciò che si rischia di perdere.» Che si tratti di decidere se cambiare lavoro, lasciare il vecchio fidanzato o concorrere per diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti, spiega Taleb, avvicinarsi alla fiamma (e rischiare di scottarsi) è sempre più fruttuoso che rimanere immobili (e congelare). E anche più etico. Ogni rischio è infatti una scelta di fronte a un burrone: l'unico modo per andare avanti è saltare, ma se si fallisce non ci sarà nessun altro a pagarne le conseguenze. Con Rischiare grosso Taleb torna a interrogarsi sulle dinamiche della società contemporanea e offre nuove soluzioni radicali ai problemi della vita di tutti i giorni così come alle storture di politica, economia e informazione. Con il suo consueto stile provocatorio, che unisce l'ironia ad argomentazioni sempre pragmatiche e dirette, e attraversando la storia con riletture iconoclaste e innovative - dal codice di Hammurabi a Immanuel Kant, da Annibale a Donald Trump, da Gesù Cristo fino agli estremisti religiosi di oggi -, Taleb riflette sull'asimmetria nascosta tra la decisione di correre un rischio e la reale capacità di affrontarne le conseguenze, risponde agli interrogativi emersi dopo la crisi economica e anticipa gli scenari di domani. "Rischiare grosso" è un'opera spaventosa e illuminante che, come una nuova rivoluzione copernicana, ribalta ogni paradigma nella nostra gestione della quotidianità e degli affari. Che l'obiettivo sia migliorare la nostra vita o evitare la prossima crisi globale, rischiare grosso non è solo un'opzione percorribile: è l'unica strada.
Nella seconda metà del ‘900 l’idea di progresso subisce una drastica battuta d’arresto e la fede nel cambiamento si esprime in forme diverse. In campo economico e filosofico-politico il concetto viene sostituito da quello di «sviluppo», mentre oggi è «innovazione» la parola d’ordine dei sistemi di potere. Con un’ambiguità di grande rilievo, perché proprio l’innovazione rischia, nella sua forma ideologica, di allontanarsi dall’idea stessa di progresso. Il volume del filosofo Carlo Altini prende in esame le trasformazioni di un concetto fondamentale per la comprensione del mondo moderno.
Sommario
Introduzione. I. L’idea di progresso nel mondo classico. II. Storia sacra e storia profana. III. La concezione del tempo nel Rinascimento. IV. Modernità e progresso. V. Il Settecento. VI. Il secolo del progresso, l’Ottocento. VII. Un’idea in crisi. VIII. Sviluppi odierni.
Note sull'autore
Carlo Altini è professore associato di Storia della filosofia all’Università di Modena e Reggio Emilia e direttore scientifico della Fondazione Collegio San Carlo di Modena. Tra le sue pubblicazioni: Introduzione a Leo Strauss (Laterza 2009), Potenza come potere. La fondazione della cultura moderna nella filosofia di Hobbes (ETS 2012), Potenza/atto (il Mulino 2014), Progresso (Edizioni della Normale 2015). Per Marietti ha curato Leo Strauss, La città e l’uomo. Saggi su Aristotele, Platone, Tucidide (2010).