
Questo volume contiene i saggi: Con beneficio d'inventario; Mishima o la visione del vuoto; Il tempo, grande scultore; Pellegrina e straniera; Il giro della prigione. Le memorie: Care memorie; Archivi del nord; Quoi? L'Eternité. Testi trascurati: Pindaro; I sogni e le sorti; Dossier dei "Sogni e le sorti"; Articoli non raccolti in volume.
Alla morte di Cioran, fra i suoi manoscritti furono trovati trentaquattro quaderni dalle copertine identiche. Erano, come si scoprì, i testi a cui per quindici anni, dal giugno del 1957 al novembre 1972, egli consegnò la parte più intima e segreta di sé, senza mediazioni di alcun genere. Brevi riflessioni, sentenze fulminanti, osservazioni su letture, impressioni musicali, ritratti di amici e di nemici, rapide fughe da Parigi, aneddoti, considerazioni sulla storia, ossessioni, capricci.
Tra i rottami dell'automobile sulla quale Camus ha trovato la morte fu rinvenuto un manoscritto con correzioni, varianti e cancellature: la stesura originaria de "Il primo uomo", sulla quale la figlia Catherine, dopo un meticoloso lavoro filologico, ha ricostruito il testo qui pubblicato. Ne risulta una narrazione forte, commovente e autobiografica, una sorta di romanzo di formazione a ritroso che molto ci dice del suo autore e della genesi del suo pensiero. Attraverso le impressioni e le emozioni del protagonista che, nel desiderio di ritrovare il ricordo del padre scomparso durante la prima guerra mondiale, torna in Algeria per incontrare chi l'aveva conosciuto, Camus ripercorre parte della propria vita: l'infanzia algerina, le innumerevoli esperienze del periodo della povertà, la quotidianità, le amicizie, le tradizioni, i sentimenti, i sogni vissuti in "un anonimato dove non esiste né passato né avvenire", dai quali emerge la figura di un uomo ideale, il "primo uomo", appunto.
Se ne sarebbe ricordato in seguito di quell'attimo, e non sempre con piacere. Per anni, in certe ridenti mattine di primavera, i colleghi dei Quai des Orfèvres avrebbero conservato l'abitudine di rivolgersi a lui con un misto di serietà e di ironia: "Senti Maigret" "Che c'è?" "C'è Félicie!". E allora lui la rivedeva, sottile, con i suoi vestiti chiassosi, i grandi occhi color nontiscordardimé, il naso impertinente, e il cappello poi, quel terrificante cappellino rosso piazzato in cima alla testa con una lunga penna verde cangiante infilzata come una freccia. "C'è Félicie!". Il commissario sbuffava. Lo sapevano tutti che Maigret si metteva a sbuffare come un orso quando qualcuno gli ricordava Félicie.
La falsa disinvoltura con cui ci si sistema sulla poltrona del dentista, il caldo oblio in cui si sprofonda una volta sdraiati al sole, il disappunto per l'interruzione della siesta causata dall'arrivo di un ospite inatteso. Delerm dipinge frammenti di vita e barlumi di sensazioni in cui è arduo non riconoscersi. E non abbandona il pennello neanche quando i colori sfumano verso il grigio lasciando irrompere una certa malinconia: c'è infatti una punta di amarezza nella contemplazione di quelle vecchiette arcigne che incassano la vincita del jackpot senza che nulla smuova la linea pietrificata del loro profilo o nello scoprire che la persona che credevamo di aver sorpreso in atteggiamento infantile stia in realtà parlando al cellulare.
"Il sottoscritto, Lucien Gobillot, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali..." No, non è così che bisognava cominciare: così si cominciano i testamenti. Già. Ma allora, perché scrivere quella specie di memoriale? Per chi? "In caso di disgrazia. Nell'eventualità che le cose finissero male". E come altro sarebbe potuta finire quella storia? Era cominciata un anno prima, quando Yvette, quella puttanella insieme cinica e fragile, furba e innocente, era andata a chiedergli di assumere la sua difesa, la sua e quella dell'amica con la quale aveva tentato di rapinare un orefice riuscendo solo a mandarne la moglie all'ospedale...
In questo romanzo Jacq parte dalla storia della scoperta archeologica più entusiasmante e pericolosa di tutti i tempi: il ritrovamento della tomba di Tutankhamon, sfuggita a predatori e saccheggiatori per oltre tremila anni.
Il romanzo è ambientato nell'Isola di Philae, VI secolo dopo Cristo. Isis, sacerdotessa di Iside, deve combattere una lotta impari contro un potente religioso, il vescovo Teodoro, che vuole vedere i templi di Philae rasi al suolo. Isis e il suo amato sposo Rabin lottano fra Riti sascri, pestilenze e maneggi subdoli del vescovo, fino alla loro tragica morte.
Di Julia Martin sappiamo solo quanto racconta agli uomini che la mantengono: che forse è stata sposata, che forse ha avuto un bambino, che forse è cresciuta in qualche paese straniero. Del resto a chi passa una notte con lei non importa sapere chi sia veramente quella silhouette con il suo buffo costume di scena: turbante, veletta, un cappottino di seconda mano, un mazzo di violette stretto nel pugno. Del resto neanche a Julia importa sapere quello che pensano gli altri, lei ha sempre qualche credito da riscuotere, e non tradirebbe quello che ritiene l'unico modo sensato di vivere: "Se un taxi suona il clacson prima che abbia contato fino a tre vado a Londra, se no niente".