
Alla periferia di Calcutta si estende il sobborgo chiamato "Città della gioia", il quartiere dei diseredati, degli accattoni e dei lebbrosi. In questo mondo ai confini dell'umanità agiscono pochi generosi volontari, tra i quali un giovane chirurgo americano in crisi di identità. Un romanzo che ha imposto per la prima volta all'attenzione del mondo una situazione agghiacciante.
Ambientato in un ospedale francese all'epoca della Prima guerra mondiale, il romanzo, affronta attraverso la figura del protagonista, medico chirurgo, uno dei temi fondamentali della poetica dello scrittore: la domanda sul significato dell'esistenza terrena e sul valore dell'agire dell'uomo. Attraverso il contrasto fra il continuo scontrarsi con la labilità della vicenda umana e l'inestinguibile desiderio di eterno, sperimentato nella storia d'amore vissuta dal protagonista, Bourget pone con la radicalità che gli è propria la questione di fondo, il rapporto dell'uomo con il proprio destino.
Immediato dopoguerra, una generazione di ragazzi allo sbando, lasciati soli davanti all’impatto con le difficoltà della vita, e chiamati a costruire da sé il proprio futuro attraverso gli errori e le incertezze della giovane età. Accanto a loro si muove Lamy, il giudice dei minorenni, chiamato ogni giorno al difficile compito di far emergere, in un contesto apparentemente senza speranza, fra lo scetticismo e la derisione di chi lo considera un ingenuo utopista, i semi di generosità, d’affetto, di purezza che solo un occhio carico di misericordia riesce a vedere. Il cuore del romanzo è proprio la limpida coscienza religiosa di Lamy, che lo rende capace di uno sguardo benevolo sulle persone e sulle vicende del mondo, capace di portarvi un Amore che non è suo, ma gli è donato. Una carica provocatoria che non cessa di interrogare il lettore di oggi, ponendogli incessantemente di fronte la possibilità reale, sperimentabile, di un modo diverso di guardare se stessi e il mondo.
In una casa scura all'ombra di una montagna, una vedova severa, pia, intransigente e la sua inerme e dolcissima figlia, si frontaggiano sempre, ma senza una vera intimità. A causa di un fosco predicatore cappuccino che parla solo del diavolo e del peccato, questo desolato ménage precipita nell'inferno. Accade ciò che non doveva accadere. Si scatenano i mostri. Compare l'inesplicabile, la follia, la morte.
Sul finire dell'anno 1863 i lettori del "Figaro" furono testimoni, forse non del tutto consapevoli, di una rivelazione: in un saggio che assumeva come pretesto l'opera del disegnatore Constantin Guys, Charles Baudelaire spiegava i suoi principi sull'arte moderna. L'elogio del trucco che può riparare all'animalità femminile, l'esaltazione del dandy come la forma più perfetta in cui si è incarnato l'ideale morale, la celebrazione della città e delle sue folle: è il culto della parte contingente del bello.
"Doppio inganno" è la storia di Julie e Darcy, due persone che credono di amarsi, ma sempre incerte sulla natura dei loro sentimenti, nel penoso dubbio che scava l'autenticità della passione, sono infine costrette a subire il loro errore.
Il volume raccoglie le due ultime parti del libro: Albertine scomparsa e Il Tempo ritrovato. Albertine scomparsa completa il cosiddetto "romanzo" di Albertine, formando un dittico con la precedente sezione La prigioniera. Il Tempo ritrovato costituisce il maestoso epilogo dell'intera opera, momento culminante per le vicende dei personaggi e per il destino del protagonista, che solo all'ultimo, nella vocazione letteraria, rintraccia, come una folgorazione, il senso della sua vita.
Frank, il memorabile protagonista di questo romanzo, ha diciannove anni ed è figlio dell’attraente tenutaria di una casa di appuntamenti in una città del Nord durante l’occupazione nazista. Freddo, scostante, insolente, solitario, Frank vuole in segreto una cosa sola: iniziarsi alla vita. E crede che il modo migliore per farlo sia questo: uccidere qualcuno senza ragione. Lo fa. Poi compie altri crimini, sempre in qualche modo gratuiti. Con sbalorditiva sicurezza, Simenon entra nella testa di questo personaggio al limite fra l’abiezione e una paradossale innocenza, abitante di quella psichica terra di nessuno di cui Dostoevskij è l’invisibile guardiano. E intorno a lui fa vivere, fino a dargli una presenza allucinatoria, il mondo della neve sporca, la sordida scena di una città dove tutto è tradimento, rancore, doppio gioco. Non solo: ma su questo sfondo cupo e sinistro riesce a tracciare, quasi prendendoci di sorpresa, una storia d’amore che è una sorta di triplo salto mortale, perfettamente riuscito e convincente.
La neve era sporca è apparso per la prima volta nel 1951.