Il romanzo narra il correre parallelo di due esistenze (un uomo e una donna) nell’Ancona dei primi decenni del Novecento, popolata dei mezzi più avanzati di quella tecnologia sempre più dominante (auto, aerei, radio). Lui, nato cieco, e lei, intraprendente aviopittrice, finiscono col ritrovarsi, senza volerlo, insieme sotto il bombardamento della città, fatto storicamente avvenuto il 2 novembre 1943. La partecipazione all’evento provoca il misterioso, contemporaneo accadere di fenomeni opposti: lui, Elia, acquista inspiegabilmente la vista, proprio quando a lei invece verrà sottratta. Attraverso l’avvenimento che scombina la vita dei due personaggi, il romanzo si trasforma in un’ardita riflessione sulla facoltà del “vedere”, sollecitata dall’intromissione di un “terzo uomo”, un monaco ortodosso ispirato alla figura del matematico-filosofo Pavel Florenskij.
DESCRIZIONE: 1911-1964. Gli undici tomi di questo ciclo narrativo (romanzi e raccolte di racconti) sono ambientati in Cirenaica, la provincia orientale della Libia, dal 1911 – quando quella terra era una trascurata provincia dell’impero ottomano – al 1964 – allorché le scoperte di ricchi giacimenti petroliferi alterarono radicalmente la vita del paese. Le vicende politiche furono per lungo tempo drammatiche, la resistenza libica non fu liquidata che vent’anni dopo lo sbarco del corpo di spedizione italiano, si ebbe poi una pausa negli anni Trenta, ma già nel 1940 le armi ripresero la scena, non più un moderno corpo di spedizione coloniale contro la legittima resistenza dei nativi, ma il noto scontro di Grandi Potenze europee. Venne poi grazie alle Nazioni Unite la proclamazione di indipendenza del paese, era il 1951.
In questa cornice, che varia da un decennio all’altro, e quindi da un tomo all’altro del ciclo narrativo, si colloca un gran numero di vicende individuali, con personaggi dell’una e dell’altra parte, che hanno un tratto comune: di non esaurirsi nel moto collettivo – qualunque colore abbia in quel momento –, con una propria, segreta scena mentale, dove la storia giunge talvolta solo come lontano brontolio, ma che periodicamente si risolve in una tempesta, e dove la morte, con maniacale perseveranza, fa a gara con la perversità umana, che inventa guerre, stragi, deportazioni, colpi di mano. Si assiste così a una gamma di odissee individuali, ogni personaggio compie un viaggio nel regno dell’Altro, il nativo incontra l’Europa e il mondo moderno, l’europeo il mondo tradizionale. Sempre pesante il condizionamento della drammatica vita collettiva, che toglie al personaggio buona parte della libertà di artefice della propria storia, operando, la vicenda collettiva, come destino: per questa via, il Fato rimane signore della scena, qualunque sia la strada presa dal singolo.
COMMENTO: Edizione economica dell'evento letterario insignito del Premio Bagutta 2007. Il ciclo di romanzi dedicati all'avventura coloniale italiana in Africa: il deserto, la guerra, la decolonizzazione. Romanzi e racconti storici che sono anche delle narrazioni, per scrittura e atmosfere, uniche nel panorama letterario italiano ed europeo. Con un'introduzione di Pietro Gibellini.
L'Autore a detta dei critici (Citati, Magris, Barghellini Amidei, Galimberti) è una rivelazione nella letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato con successo per Garzanti, Mondadori, Scheiwiller. Presso la Morcelliana: Conversazioni in Piazza Sant'Anselmo e altri scritti. Per un ritratto di Cristina Campo (2002).
1600 a. C. Da giorni la nave era in balia della tempesta. Giorni che erano come notti, in quei mari del Nord, tra l'acqua nera e gonfia d'ira e il cielo buio che incombeva come un pesante sudano. Intorno, solo pezzi di ghiaccio galleggianti, sempre più fitti e minacciosi, con i loro scricchiolii sinistri. Era stata una follia salpare con la brutta stagione, ma quello era il volere di re Hargar, disposto a sacrifica-re la sua Guardia Scelta pur di impossessarsi del bottino dei pirati dell'isola di Toraigh. Vincolati a quell'impresa da un giuramento di fedeltà, i membri dell'equipaggio non poteva no nemmeno abbandonare la nave, pena la vergogna e la dannazione eterna. E così, quel mare sarebbe stata la loro bara. C'è chi giura di aver visto il relitto: intrappolato da una bianca montagna galleggiante, la prua innalzata verso l'alto. Ma poi lo scafo è scomparso, come per dispetto degli dèi. Ora, tra i Lochlann, le genti scandinave, sono in molti a bramare il tesoro disperso. Lo vuole re Hargar, per pagare i mercenari che difendono il suo trono col potere delle armi. E lo vogliono i sudditi stanchi dei soprusi del sovrano, per mettere fine al suo regno. Ma è necessario vincere la grande magia degli dèi del mare per svelare il segreto della nave fantasma, ed è per questo che uno dei dan ribelli chiede aiuto al druido Conan.
In gioventù, lo chiamavano Doctor Ironicus per la sua intelligenza sottile; ormai sessantenne, il protagonista di "Casa d'altri" non è che un "prete da sagre", confinato in un paesino della provincia emiliana dove non succede mai niente e dove "appaiono strane anche le cose più ovvie". Zelinda, però, una vecchia che passa le sue giornate a lavare i panni al fiume, senza avere alcun contatto con la gente, così ovvia non è; e non è ovvio neppure il tentativo di comunicazione che cerca d'instaurare con il prete, interrogandolo vagamente sulla legittimità di derogare a una "regola" della Chiesa cattolica. Quale sia questa regola, lo si scoprirà soltanto alla fine: quando il Doctor Ironicus, "così goffamente da provare vergogna di tutte le parole del mondo", non saprà dare alla vecchia che una risposta convenzionale e inadeguata. Intanto il lettore si trova coinvolto in una vicenda dal ritmo sempre più serrato, in un intreccio di tensioni e conflitti, in una lingua densa insieme di concretezza e di lirismo. Lo stesso clima di attesa incalzante si ritrova negli altri racconti: da "Elegia alla signora Nodier", dove la protagonista, morto il marito, si chiude in una quieta infelicità, ai "Due vecchi" la cui serenità coniugale è turbata dal ricatto di uno studente.
Un romanzo avvincente, scritto con stile scorrevole, asciutto, essenziale, ma capace di esprimere e comunicare profondità di contenuto.
Si legge in un soffio e fa emozionare.
Siamo ad Ostuni, la «città bianca» della Puglia.
Giuseppe, figlio del più famoso barbiere del paese, affina il proprio sguardo adolescenziale sul mondo, proprio osservando i clienti del papà.
Il libro parla di sud, di letteratura americana, di cinema, di teatro… anche di Roberto Benigni…
Il romanzo infatti si conclude con un’apertura alla vita: una lettera che Giuseppe, divenuto uomo, scrive al proprio idolo. Un momento decisivo che consente al protagonista, per la prima volta, di «vivere dentro la vita» con coraggio e passione, liberandosi definitivamente da apatia, sterili furbizie e condizionamenti ambientali.
Per quanto corposo, il volume dei Meridiani non basta a includere tutte le opere significative di uno scrittore fecondo come Carlo Cassola. È stato perciò necessario circoscrivere agli anni dal 1937 al 1970 l'arco cronologico della produzione che a partire dal 1952 è quasi interamente di marchio einaudiano. Risultano pertanto esclusi, da un lato, gli esercizi poetici adolescenziali anteriori al 1937; dall'altro, il cospicuo numero di romanzi pubblicati dopo il 1970 da Rizzoli. Nel volume troviamo "Paura e tristezza" (1937); "La visita" (1942); "Le amiche" (1949); " Il taglio del bosco" (1950); "Fausto e Anna" (1952); "I vecchi compagni" (1953); "Rosa Gagliardi" (1956); "La ragazza di Bube" (1960); "Un cuore arido" (1961); "Il cacciatore" (1964); "Paura e tristezza" (1970).
Inizi del 1200. Firenze è dilaniata dalla guerra civile: guelfi contro ghibellini, papato contro impero. Le torri pullulano di argani e catapulte, pronte a scagliare massi sui tetti. Pur di sopraffarsi, le fazioni lanciano pece infuocata sulle dimore degli oppositori. La città brucia e il sangue scorre nelle strade. Tra i combattenti si distingue un valoroso condottiero, un brillante capo politico, un uomo con forte senso dell'onore: è il giovane Farinata degli Uberti, erede di una delle più antiche e potenti casate cittadine. E proprio Farinata a guidare le truppe fiorentine contro Siena, l'acerrimo nemico di sempre, e a condurle al trionfo da una situazione che pareva disperata. È ancora lui a far garrire i gonfaloni del Giglio sul colle a ridosso delle mura senesi e, dopo la vittoria, a risparmiare la città prostrata. Ma forse a influenzare l'impavido guerriero, lo stratega imbattibile, è stato l'incontro, nel momento più feroce della battaglia, con l'unica donna in grado di tenergli testa, la bella Adeleta, fierissima senese, che invece di fuggire dal nemico e rinchiudersi come le altre tra le mura della città, ha reciso la sua folta chioma, ha impugnato le armi e ha combattuto strenuamente fino alla fine. Due anime intrepide e pugnaci che non potevano che innamorarsi e legarsi per sempre. Ma il più grande amore di Farinata resta Firenze e la fedeltà ai propri ideali.
Un'estate torrida in una vecchia casa in Toscana. Qui Tristano vive la sua lunga agonia: una cancrena gli divora la gamba, i dolori sono lancinanti e la malattia si estende a tutto il corpo. Lo assiste la vecchia Frau, la stessa che da bambino gli raccontava fiabe e poesie in tedesco, affinché imparasse la lingua. In uno stato allucinatorio, Tristano vecchio e incattivito, racconta di sé ad uno scrittore perché sia testimone della sua agonia e dei ricordi di una vita. Fantasmi di donne amate si sovrappongono nel delirio e poi la guerra, combattuta in Grecia, la scelta della libertà e della Resistenza. Alla fine della vita tutto appare uguale a se stesso, un incubo che tutto sovrasta e tutto circonda.
Sulle orme di Mozart nel ventre di Napoli. Gli echi del Don Giovanni fra i teschi delle Fontanelle, Papageno e la ciaramella di 'zi Rocco, il principe di Sansevero e l'enigma di un magico anello. E ancora, la voce di Sylvie Vartan e i tamburi ipnotici dei fujenti; lettere segrete e misteri del Conservatorio; tra cadenze e scadenze, lo show e i business del Commendator Salieri. Storie, emozioni e ricordi si intrecciano in queste sette novelle del maestro indiscusso della cultura musicale napoletana: un De Simone intenso e graffiante che sembra volersi calare sotto la pelle della sua città, dove il tempo si confonde in impressioni e sovrimpressioni, dove il quotidiano, il sublime e il grottesco si mescolano e si scontrano sprigionando scintille sulfuree.
"Via Gemito" è la storia di un uomo che se non avesse avuto una famiglia sarebbe diventato un grande pittore, questa almeno sarà la convinzione di tutta la sua vita. Federì è un artista, ma deve fare il ferroviere, e al mondo non potrà mai perdonare il destino scelto per lui. E se la prende con la moglie, una donna soffocata nel ruolo di sarta e madre, e con i figli. Ed è uno di loro, il primogenito, a raccontare questa figura di padre verboso e rancoroso, violento con le mani e con le parole.
"Ma voi, insomma, si può sapere chi siete?" Mi stringo nelle spalle, socchiudo gli occhi e rispondo: "Eh, caro mio... Io sono il fu Mattia Pascal."