"Vita migliore" racconta di Deki, un ragazzo serbo che all'inizio della storia ha dodici anni e mezzo e poco alla volta diventa adolescente, ma parla anche dell'Ingegnere suo padre, di Sve sua madre, della sua nonna-vampiro, e di Ivana, di Milica, di Uros il Piccolo, di Scabbia, di Mihailo. Racconta del quartiere 62° nord della Nuova Belgrado, dei ragazzi che vivono nei palazzoni grigi costruiti dal regime titoista e passano i pomeriggi sui cubi di cemento nei cortili tra un edificio e l'altro. Racconta dell'amicizia, del senso di appartenenza. Racconta della scoperta del sesso, di palpeggiamenti e innamoramenti, di inseguimenti, di estati arroventate, di bagni nel fiume Sava, della ricerca di un'identità difficile da trovare e ancora più da conservare. Racconta di una generazione che cresce tra le rovine di un sistema totalitario, molto più coinvolta nelle rivalità tra i diversi quartieri che nei conflitti interetnici e di religione. Racconta del Maresciallo Tito, in pagine esilaranti che si inseriscono tra le vicende del protagonista. Racconta della violenza latente, di ragazzoni che girano per i quartieri periferici con le pistole sotto il golf in cerca di pretesti per usarle. Racconta delle conseguenze della guerra. Con una nota di Andrea De Carlo.
"Il destino assegnò a Fernando Pessoa questo nome fatale, 'Pessoa, Persona': proprio a lui, che era una e mille persone, innumerevoli flatus vocis imprendibili e senza neppure un nome [...]. Nella nostra civiltà la Persona si installa come funzione prima di tutto linguistica, in delicato bilanciamento fra l'individuazione pronominale e la processualità di un soggetto inafferrabile se non come flusso, ritmo danzante, 'forma del movimento'. Il drammatico 'Je suis l'autre' che Nerval scrisse sotto un suo ritratto e l'estremistico 'Je est un autre' di Rimbaud, che in Pessoa risuonano alla lettera nel 'Viver é ser outro' (255) e in molti altri luoghi del 'Libro dell'inquietudine', fanno esplodere l'equilibrio instabile: il più profondo, autentico desassossego di Pessoa, l'inquietudine più devastante del Novecento, è questo porsi del Soggetto come altro da sé, questa non solo esistenziale, ma metafisica perdita della presenza. Pessoa è Persona e Personne, Tutti e Nessuno nel contempo, 'Todos os Nomes' e Anonimo assoluto: 'Everyman', Chiunque, Ognuno di noi." (dalla prefazione di Corrado Bologna). Con un testo critico di Jerònimo Pizarro.
Se vuoi intraprendere questo viaggio apri bene gli occhi, respira profondamente e dimenticati della velocità del mondo. Stai per imboccare la strada che ti condurrà a Sant'Ireneo di Arnois, un universo dove le persone sono più buone e la vita è più bella, dove il frastuono e la frenesia non arrivano e dove finalmente avrai il tempo per godere a pieno delle piccole gioie quotidiane. Proprio a Sant'Ireneo approda la signorina Prim, una trentenne coltissima che sotto l'apparenza razionale e lo spirito indipendente nasconde le debolezze e le contraddizioni di un animo sensibile e passionale. Spinta dal desiderio di scappare dai ritmi dell'ufficio, dalle interminabili giornate tutte uguali, avvelenate da sorrisi sarcastici e occhiate malevole, dopo aver letto sul giornale l'annuncio di un posto di lavoro come bibliotecaria a casa di un "gentiluomo", si è infatti convinta che l'occasione per cambiare passo sia finalmente arrivata. Quando però si presenta a casa del suo nuovo principale, una sorta di orgoglioso e affascinante Mr Darcy che con metodi assolutamente non convenzionali insegna ai bambini del paese, si rende conto di non essere preparata a fronteggiare una realtà così distante dalla sua tradizionalissima formazione. Le regole e le abitudini di questo paese, così come i suoi anticonformisti e arguti abitanti, aiuteranno la signorina Prim a ristabilire un contatto con la bellezza delle piccole cose e la accompagneranno lungo un cammino di crescita personale...
Nel 1940, Theresienstadt (Terezìn in ceco), la città-fortezza costruita verso la fine del diciottesimo secolo a una sessantina di chilometri da Praga, fu adibita a carcere dai nazionalsocialisti e successivamente trasformata in un lager-ghetto destinato in parte agli ebrei cechi, in parte agli ebrei anziani o famosi provenienti dalla Germania e da altri paesi occupati. Nel febbraio del 1944, vi venne internato anche Kurt Gerron, negli anni fra le due guerre uno degli attori e registi tedeschi più famosi: in occasione della prima dell'"Opera da tre soldi" brechtiana era stato il cantastorie della celeberrima "Quanti denti ha il pescecane", aveva recitato accanto a Marlene Dietrich ed Emil Jannings nell'"Angelo azzurro", partecipato, come attore e regista, a una serie innumerevole di film e spettacoli teatrali. Un'autentica star. Poi erano arrivati al potere i nazisti e un'intera generazione di artisti, scrittori, musicisti, uomini di spettacolo aveva scelto la via dell'esilio. Fra questi lo stesso Gerron, che, essendo ebreo, era subito stato estromesso da qualsiasi lavoro. Dopo varie tappe, si era fermato in Olanda. Ma le truppe tedesche erano arrivate anche qui, con la Gestapo al seguito. Il romanzo di Lewinsky prende lo spunto dal momento in cui Karl Rahm, il responsabile del lager-ghetto, incarica Gerron di girare un documentario di propaganda, inteso a magnificare la situazione in quella che il nazionalsocialismo voleva presentare al mondo come un'istituzione modello...
Chi è l'uomo, assente e impenetrabile, che alla domanda "Chi sei?" dei settanta rabbini appositamente convenuti a Nyesheve dalle grandi città della Polonia russa e della Galizia risponde solo, con voce remota: "Non lo so"? Il sensibile, delicato Nahum, genero dell'onnipotente Rabbi Melech ed esperto di Qabbalah, tornato pressoché irriconoscibile a Nyesheve dopo quindici anni di un misterioso errare? O, come invece sostengono i nemici di Rabbi Melech, il più miserabile e deriso dei mendicanti di Bialogura, Yoshe il tonto, che per placare una spaventosa epidemia è stato unito in matrimonio a Zivyah, la figlia idiota dello scaccino? È un asceta, un santo, degno di succedere all'ormai anziano rabbino di Nyesheve e di guidare i hassidim, o un peccatore, uno spergiuro? Mai la comunità ebraica è stata tanto lacerata e divisa - al punto da istituire un tribunale che risolva il caso -, mai ha conosciuto una così sanguinosa faida, quasi che le sue sorti fossero appese all'esile filo di una vacillante identità e di un incomprensibile vagabondare. E mai come in quest'uomo l'impossibilità di decidere del proprio destino, l'esilio - da se stessi, anzitutto -, l'angosciosa ricerca di una patria inesistente hanno trovato una più arcana, struggente, memorabile incarnazione.
Quattro pensionati - un giudice, un avvocato, un pubblico ministero e un boia - ammazzano il tempo inscenando i grandi processi della storia: a Socrate, Gesù, Dreyfus. Ma certo è più divertente quando alla sbarra finisce un imputato in carne e ossa: come Alfredo Traps, rappresentante di commercio, che il fato conduce un giorno alla villetta degli ex uomini di legge. La sua automobile ha avuto una panne lì vicino, ma lui non se ne rammarica, anzi: pregusta già il lato piccante della situazione. Si ritrova invece fra i quattro vegliardi, che gli illustrano il loro passatempo. L'ospite è spiacente: non ha commesso, ahimè, nessun delitto. Come aiutarli? Niente paura, lo rassicurano: "un crimine si finisce sempre per trovarlo". E se la colpa non viene alla luce, la si confeziona su misura: "bisogna confessare, che lo si voglia o no, c'è sempre qualcosa da confessare". Tra grandi abbuffate e abbondanti libagioni, il gioco si fa sempre più pericoloso, finché il piazzista si avvede d'essere non già un tipo banale, mosso solo da meschine aspirazioni di carriera e sesso, bensì un delinquente machiavellico, capace di usare la sua amante come un'arma infallibile contro il superiore cardiopatico.
"Di tutti gli azzardi letterari," disse una notte Gabriel García Márquez al suo amico Mutis "l'unico davvero irrealizzabile mi sembra quello di scrivere una storia gotica ambientata ai Caraibi". Per tutta risposta Mutis scommise il contrario. Oggi i lettori della "Casa di Araucaíma" possono giudicare l'esito di una simile sfida - e per molti non ci sono dubbi: si tratta di uno dei vertici nell'opera dello scrittore.
Una ragazza norvegese di poco più di vent'anni è stata uccisa a Sydney. L'ispettore Harry Hole della squadra Anticrimine di Oslo viene mandato in Australia per collaborare con la polizia locale e in particolare con Andrew Kensington, un investigatore di origini aborigene tanto acuto quanto misterioso. L'inchiesta si rivela subito complessa: l'omicidio della ragazza non è un caso isolato ma, probabilmente, l'ultimo anello di una lunga catena, e lo scenario in cui l'assassino agisce si allarga fino a comprendere fosche storie di droga e sesso. Un quadro a tinte così forti che Harry quasi vede proiettarsi sulle indagini l'ombra minacciosa di alcune figure della mitologia aborigena. In particolare quella di Narahdarn, il pipistrello che reca la morte nel mondo.
Se è vero che le famiglie felici si somigliano tutte, quella dei Dharma non sembra fare eccezione. Almeno fino al mattino d'inverno in cui, nel cortile di casa, viene ritrovato un corpo senza vita. Il cadavere di Anu Krishnan, la scrittrice che affittava la dependance sul retro. Anu era rimasta incantata da quell'angolo di Canada sperduto tra le foreste, e da quella famiglia che conservava le tradizioni della nativa India, dalla cucina speziata di Suman, sposata con l'autoritario Vikram, alle storie di nonna Akka, che i bambini ascoltavano rapiti. Eppure, forse proprio la presenza di Anu in quel quadretto apparentemente idilliaco aveva increspato la superficie delle cose, facendo venire a galla mezzi segreti e mezze verità. E una sorta di ineffabile tensione che perfino i bambini sembravano avvertire. Ma ora è troppo tardi perché Anu possa indagare. Anzi: ora che il suo cadavere giace nella neve, è proprio il momento in cui la tensione raggiunge il suo culmine, e segreti e verità premono per uscire allo scoperto. Ognuno dei membri della famiglia Dharma racconterà la sua versione della storia. Per coprirsi a vicenda? 0 per raccontare come stanno realmente le cose? Davvero la morte di Anu è stata solo un incidente, come sostiene Vikram? L'unica cosa sicura è che in certe famiglie ci sono segreti che è meglio tacere. O forse, come si dice nelle favole, segreti che è meglio raccontare agli alberi.
È sera inoltrata, quando Astra si reca al British Museum di Londra per visitare una grande mostra dedicata a Gilgamesh e al mondo mesopotamico. Ha ricevuto un invito, ma non sa esattamente chi glielo abbia inviato ne perché. Al rinfresco, un uomo misterioso la invita a seguirlo. Sarà l'inizio di un lungo viaggio, nel tempo e nello spazio... Mescolando contemporaneità e passato remoto, storia e mito, fatti e fiction, il padre dell'archeologia misterica intreccia il racconto epico di Gilgamesh e del suo compagno Enkidu con le teorie e le prove presentate nel suo monumentale ciclo "Le Cronache Terrestri".
Beirut, gennaio 1990, notte fonda. È il giorno del suo quarantesimo compleanno e Karim Shammas sta aspettando il taxi che lo porterà all'aeroporto a prendere il volo per tornare a Montpellier, dove vivono sua moglie e i suoi figli. Per la seconda volta, a distanza di più di un decennio, si lascerà alle spalle il Libano, Beirut, una società che in quindici anni di guerra civile ha perso tutti i suoi valori di riferimento. Karim Shammas celebra il suo compleanno da solo, in una città al buio, percorsa dalle raffiche di kalashnikov e dai colpi di mortaio a cui, di lì a pochi mesi, si imporrà di partorire la pace. Verrà a raggiungerlo, nella notte, almeno una delle donne che lo hanno accompagnato nei mesi beirutini? Verrà la giovane Ghazaleh, dalla sessualità dirompente? Verrà Muna, la borghese che non vuol sentire parole d'amore banali? Verrà Hind, la fidanzata di gioventù ora moglie di suo fratello? Quel che è certo è che verranno i ricordi. Verranno gli anni dorati dell'infanzia, verrà la sicurezza di un rapporto osmotico con il fratello quasi gemello, verrà l'afflato sessantottino della giovinezza, verrà il cameratismo della militanza. E verranno la paura, la fuga, il ritorno in un paese che non è più il suo paese, verrà la disillusione di chi, non solo in Libano, ha creduto nella giustizia sociale. Tornerà davvero a Montpellier, Karim Shammas?
Amiche da sempre, Kate e Babà, le "ragazze di campagna" protagoniste dell'omonimo romanzo di Edna O'Brien, sono diventate donne, ormai. Lasciata Dublino, cercano a Londra quella vita emozionante che sembra loro impossibile nella sonnolenta, bigotta e repressiva Irlanda. Ma una volta arrivate, a parte qualche invito a cena e qualche incontro con personaggi mediocri, la monotonia prende il sopravvento e nel giro di poco tempo finiscono entrambe sposate con uomini non all'altezza delle loro aspettative. Intrappolata nella sua grigia casa di periferia con un marito ancor più tetro e sempre più freddo, Kate continua a inseguire il suo ideale dell'amore vero. Babà, intanto, ha i suoi problemi con un matrimonio di facciata, che si esprime attraverso la volgarità di una ricchezza esibita e priva di qualsiasi spessore. Per entrambe è arrivato il momento di fare le proprie scelte andando incontro al destino. Alternando capitoli in terza persona che seguono la parabola di Kate a capitoli in cui è Babà a raccontare la propria versione con tagliente ironia e incrollabile pragmatismo, "Ragazze nella felicità coniugale" (terzo capitolo della trilogia dopo "Ragazze di campagna" e "La ragazza dagli occhi verdi") è il racconto lucido e commovente di cosa significhi davvero diventare adulti e scontrarsi con l'amarezza della vita.