Eduard Limonov non è mai stato un bravo ragazzo: scrittore di culto, guerrafondaio ribelle, dissidente sdegnato, fondatore del Partito nazionalbolscevico, più volte arrestato. Visceralmente avverso a ogni pregiudizio, radica le sue azioni e i suoi pensieri in una personalissima visione del mondo e del destino dell'umanità. In questo libro, l'autore racconta i mesi trascorsi all'interno della colonia penale n° 13 nelle steppe della regione di Saratov. Al lager Limonov era arrivato all'inizio del maggio 2003 dopo due anni di prigione. Il libro pullula dei personaggi più disparati: i duri passati per le carceri e i campi di rieducazione per giudizi spesso iniqui e affrettati, i criminali incalliti, ma anche gli innocenti ingiustamente condannati. Tutti riforgiati in qualche modo dall'esperienza dolorosa della prigionia, non necessariamente abbrutiti, ma quasi sempre colti dallo sguardo pungente e imperturbabile dello scrittore nella loro insopprimibile ma castrata umanità. Limonov si inserisce nella grande tradizione letteraria russa: quella che, scontrandosi tragicamente con la realtà del carcere e del gulag, ha trasformato la prigionia in una metafora della società e della condizione umana. Introduzione di Maria Candida Ghidini.
Martina e Monica Kammerle, madre e figlia, condividono uno squallido appartamento e un enigmatico amante, loro unico legame con il mondo esterno. Martina, affetta da sindrome bipolare, ha creato il deserto intorno a sé con i suoi imprevedibili sbalzi d'umore; Monica, inseguita ovunque dalle dicerie sui comportamenti bizzarri della madre, fatica a stabilire legami con gli altri adolescenti. E così, quando le due scompaiono, i poliziotti della squadra omicidi si ritrovano a brancolare nel buio, senza il minimo appiglio. Nessun indizio, nessuna pista concreta. Nessuno, nemmeno tra i vicini e i famigliari, che sembri davvero sapere qualcosa delle due donne. Anche il loro amante non è altro che un'immagine sfocata impossibile da identificare. E così, ancora una volta, l'ex commissario Van Veeteren sarà costretto a lasciare la libreria antiquaria in cui lavora per venire in soccorso all'affascinante Ewa Moreno, alla neoarrivata Irene Sammelmerk e agli altri suoi colleghi, ingaggiando una sfida a distanza con l'assassino. A spingerlo è il rimorso per essersi lasciato sfuggire l'unico potenziale testimone del caso, ma anche la certezza che ogni criminale, perfino il più attento a non lasciare tracce, ha i propri punti deboli: un vezzo traditore, un'esitazione fatale, un minuscolo dettaglio riemerso dal passato.
Hector Cross non è un eroe: è soltanto un uomo. Ma quando un uomo come Hector Cross perde tutto quello che ha, il suo dolore e la sua furia possono essere devastanti. Una mano assassina ha spezzato la vita di Hazel Bannock, la donna che amava e che stava per dargli una figlia. Ora Hector è rimasto solo... E come unica compagna ha un'indomabile sete di vendetta e di giustizia. È il momento di riunire la squadra di un tempo, i membri della Cross Bow Security. È il momento di tornare nella terra del nemico, che sia il deserto dell'Africa nordorientale o la City di Londra. È il momento di combattere qualcuno che Hector credeva di aver sconfitto e che, invece, pare aver rialzato la coda velenosa come uno scorpione. Ma bastano pochi passi nella follia e nella violenza perché Cross capisca che il nemico ha molte facce. Volti nascosti in torbidi segreti di famiglia, che Hazel non ha mai avuto il coraggio di confessargli. Segreti che forse sono legati al Trust della famiglia Bannock, un fondo quasi inesauribile di denaro, un accordo nato a fin di bene ma che rischia di innescare un'incontrollabile spirale di crimine e di ingiustizia. Hector Cross ha una sola certezza: qualcuno è tornato dal passato per colpire lui e tutto ciò che gli è caro. Qualcuno affamato di potere e di denaro, ebbro di violenza e di perversioni, assetato di sangue.
In breve
L’attaccamento fatale per il luogo, il tempo e soprattutto la famiglia in cui siamo nati. Perché maggiori sono le spinte centrifughe, più forte diventa la forza d’attrazione gravitazionale: l’amore.
Il libro
Per Hemda Horowitz è tempo di bilanci. Cos’è stato tutto? Qual era la cosa giusta da fare? Come sarà il resto della vita? Da un letto di ospedale, circondata dai due figli a cui ha dato un amore diseguale, la donna ripercorre i ricordi della propria esistenza, ma è il rapporto dell’anziana madre con Dina e Avner il vero cuore del romanzo: se con la figlia ha un legame faticoso e conflittuale, per il figlio prova una sorta di adorazione. Avner è un avvocato che combatte per i diritti delle minoranze, un uomo angosciato, frustrato sul lavoro, tormentato dalla propria inettitudine sentimentale. Dina cerca di essere una madre opposta a quella che ha avuto. Sposata con un fotografo schivo e di poche parole, ha messo da parte la carriera per stare accanto alla figlia adolescente Nitzan. Ma quando quest’ultima si allontana, in Dina si spalanca un vuoto che riempie con il desiderio di accogliere un bambino abbandonato, desiderio che incontra la netta contrarietà della famiglia e la costringe in un vicolo cieco che minaccia di distruggere tutto ciò che in realtà vuole salvare.
Zeruya Shalev non ha paura dei grandi temi – la solitudine, l’amore, la paura, la morte – e con Quel che resta della vita ha scritto il suo romanzo più maturo, una toccante esplorazione della vecchiaia, dei difficili rapporti tra genitori e figli, tra fratelli, tra partner, e ci lascia un messaggio potente di speranza, sul potere catartico dell’amore e sulla possibilità di lasciarsi dietro i fantasmi del passato e vivere fino in fondo quel che resta della nostra vita.
“Un’avventura della psiche che appassiona fino alle ultime pagine del libro quando l’autrice mette insieme i fili dell’intreccio in un trionfo d’amore che toglie il fiato.” Frankfurter Allgemeine Zeitung
“Leggere un romanzo di Zeruya Shalev significa non muoversi dalla sedia fino a quando non avete finito il libro.” Haaretz
“Come forse nessun’altra autrice, Zeruya Shalev riesce ancora e ancora a illuminare le fragili dinamiche delle relazioni interpersonali. Nessuno scrive in maniera così onesta dell’amore e dei suoi indecifrabili lati oscuri.” Sächsische Zeitung
“Un romanzo potente sul potere della riconciliazione.” Elle
Dopo tre anni trascorsi a Washington, Annika Bengtzon è da poco rientrata alla redazione di Stoccolma della Stampa della sera, pronta ad affrontare una nuova inchiesta: in un sobborgo della capitale, sotto un mucchio di neve nei pressi di una scuola materna, è stato ritrovato il corpo di una donna, l'ennesima giovane madre accoltellata alle spalle. La quarta vittima in poco tempo. Mentre Annika è assorbita dalle indagini su quello che ormai gli organi d'informazione hanno deciso essere un serial killer, Thomas, il marito ritrovato ora funzionario al ministero della Giustizia, è a Nairobi per partecipare a un convegno sulla sicurezza internazionale. Un viaggio intrapreso quasi per noia che si trasformerà nel peggiore degli incubi. L'intera delegazione di cui Thomas fa parte viene sequestrata al confine tra Kenya e Somalia, i rapitori esigono un riscatto irragionevole e impossibile da esaudire. Per Annika, comincia un periodo di trattative estenuanti e, sembrerebbe, senza speranza: nessun governo europeo ha intenzione di cedere alle folli richieste avanzate da un gruppo di ribelli dell'Africa Orientale, così gli ostaggi cominciano a cadere, giustiziati, uno dopo l'altro. Reporter professionista come l'eroina della sua serie, Liza Marklund conosce molto bene il mondo dei media, troppo spesso a caccia d'intrattenimento più che d'informazione, e i meccanismi usati per distorcere la realtà a proprio uso e consumo, e lo restituisce con competenza e realismo.
Il ritratto di un mondo al tracollo e dell'intimo fallimento di un'intera generazione. Il mondo descritto ne "La preda" è la Francia degli anni '30, stretta nella morsa della Grande Depressione, e il compito di rappresentare una generazione di giovani spogliati di ogni ideale, di ogni sogno, di ogni aspirazione è affidato a Jean-Luc Daguerne che decide di sfuggire alla minaccia di un destino segnato. La sua famiglia è in rovina, la disoccupazione è alle stelle, la società scricchiola e fosche nubi si addensano all'orizzonte storico. L'unica salvezza è il potere, che resiste a ogni crisi. E Jean-Luc farà di tutto pur di ottener-lo. Sacrificherà gli affetti, soffocherà gli scrupoli, accetterà compromessi e tradimenti, manovrerà la vita propria e altrui come uno stratega seduto dietro una scacchiera. E perderà tutto nel breve spazio di un incontro. Tra le braccia di Marie le sue ombre si dissipano, rischiarate da una luce ardente, sconosciuta sino ad allora: la sorda ambizione cede il passo a un profondo senso di abbandono e sotto la scorza del cinismo riemergono passione e tenerezza. E a questo punto che, con un rovescio di prospettiva, vincitori e vinti, vittime e carnefici, prede e predatori invertono i loro ruoli, il male cambia volto e gli opposti destini si predispongono a un medesimo epilogo. Il talento lucido, affilato, vigoroso di Irene Némirovsky sa restituire le dolenti contraddizioni che abitano l'animo umano.
In questo piccolo gioiello c'è in nuce tutto Bernhard: qui si ride, ci si commuove e si pensa. Il racconto che dà l'irriverente titolo al volume vede il Titano, ormai allo scorcio della vita, in fase di bilanci. Ha capito che la letteratura conta poco o nulla, e non gli resta che un unico desiderio: incontrare Wittgenstein. Convoca dunque a Weimar il filosofo, innescando una serie di esilaranti peripezie. Figura centrale nell'opera di Bernhard, Montaigne svetta nella seconda prosa, dove vediamo un giovane angariato dai genitori rifugiarsi nella torre avita e trovare lì l'unica alternativa all'orrore familiare: i libri, e nella fattispecie i libri di Montaigne. Se la famiglia è il luogo del castigo, della reclusione, dell'odio, della distruzione psicofisica, la torre, la biblioteca, i filosofi sono l'unica salvezza. Ilare e straziante è il terzo racconto, in cui due amici si incrociano in una stazione ferroviaria. E uno dei due si lascia andare a un continuo, trascinante "ti ricordi...?": ecco allora risorgere l'infanzia e genitori sadici, amanti della montagna, che costringono la prole ad arrampicarsi a ora antelucana, bardata con calzettoni e berretti rossi (per non sfuggire al soccorso alpino...). E se la madre, dispensatrice di ceffoni fisici e morali, pizzica sulla vetta la sua ridicola cetra, il padre affida a un album da disegno oscene vedute alpestri. A suggellare il congedo dai genitori sarà un grande falò di calzettoni rossi.
Che fine ha fatto la Menorah, il simbolo per eccellenza del popolo ebraico che illuminava l'arca del Tempio di Gerusalemme? Dopo la distruzione del tempio e il saccheggio della città, nel 70 d.C., fu portata a Roma, in trionfo da Tito insieme agli altri tesori trafugati agli ebrei, un bottino talmente prezioso da essere raffigurato sull'Arco dell'imperatore. Per anni il candelabro fu conservato insieme con le altre spoglie della prima guerra giudaica, finché a Roma arrivarono i Vandali di Genserico che ne fecero ancora bottino di guerra portandola a Cartagine, di nuovo in trionfo. Ma solo finché Giustiniano non riuscì a recuperarla per trasferirla a Bisanzio, poi chissà... Stefan Zweig racconta il suo vagare come metafora stessa del popolo errante, pochi anni prima di porre fine alla propria esistenza di esiliato, in fuga dall'oppressione nazista. Nella postfazione Fabio Isman si mette a sua volta alla ricerca della Menorah per scoprire che potrebbe trovarsi ancora a Roma...
Manuel, uno studente di filosofia dell'università di Bogotà, viene arrestato a Bangkok con l'accusa di traffico internazionale di droga: il reato è molto grave e rischia la pena di morte. Il console colombiano a Nuova Delhi è incaricato di assisterlo; mentre lo interroga si accorge che, nonostante tutto, la più grande preoccupazione del giovane è rivedere la sorella Juana, scomparsa inspiegabilmente anni prima e a cui è legato da un amore esclusivo. Manuel è un sognatore, appassionato di letteratura e autore di graffiti, Juana una donna forte, decisa a fare qualsiasi cosa per proteggerlo e portarlo via da Bogotà, infestata di paramilitari e narcotrafficanti. Mentre Manuel diventa uno studente modello, Juana conduce una vita misteriosa che non condivide con il fratello, ma che non le impedisce di aiutarlo. Il console raccoglie la storia del ragazzo e si impegna a salvarlo ma intende anche ritrovare Juana servendosi dei piccoli indizi che emergono dal racconto di Manuel. Dall'India alla Colombia, da Tokyo a Teheran passando per Bangkok, il console farà di tutto per scoprire la sorte di Juana prima che sia troppo tardi per Manuel. Santiago Gamboa impone un ritmo incalzante a questo romanzo a tre voci, mentre disegna un affresco inquietante di un mondo che, dall'infinita guerra civile in Colombia al turismo sessuale in Thailandia, è afflitto dalla stessa endemica violenza.
Leningrado, 22 maggio 1941. Il diario di Lena comincia qui, pochi giorni prima dell'invasione dell'Unione Sovietica da parte dell'esercito nazista. Lena Muchina è una ragazza di sedici anni, alle prese con gli esami di fine anno, le uscite con le amiche, i primi innamoramenti. Poi, improvvisa, l'eco della guerra acquista intensità e comincia a fare da sfondo sempre più cupo alle sue riflessioni spensierate e ancora infantili. L'arrivo delle truppe naziste in terra sovietica obbliga Lena a prendere parte ai programmi di difesa del governo comunista: lavora dapprima alla costruzione di trincee, e poi, quando a settembre ha inizio l'assedio di Leningrado, come infermiera per i feriti di guerra, mentre gli scontri sempre più violenti privano i civili di beni primari come cibo, acqua ed elettricità. Lena lotta per mangiare e ripararsi dai bombardamenti, ma non rinuncia a raccontare la guerra con la voce di chi, a sedici anni, guarda con fiducia al futuro, nonostante la morte della nonna e poi della madre la privino di un sostegno proprio nel momento più difficile. Questo diario è un documento storico depositato negli archivi di Stato dell'Unione Sovietica, dove è rimasto per oltre settant'anni, fino alla recente scoperta di uno storico dell'università di San Pietroburgo che, colpito dall'intensità della scrittura, ha deciso di renderlo pubblico.
I Taeger vivono a Pittsburgh, Pennsylvania, e sono una famiglia molto in vista: una volta al mese la loro ampia magione accoglie la migliore società. Ciascuno nel suo ambito, i quattro figli sembrano avviati verso brillanti carriere. Nel novembre del 1922, tuttavia, zia Mansfield, sorella della signora Taeger, durante un ricevimento, all'improvviso e per cause inspiegabili muore. E con la sua morte ha inizio anche la disgregazione della famiglia: Elaine, la figlia, si suicida per un amore infelice, nonno Rudolph commette un omicidio, la signora Taeger scappa con un altro uomo e Davison, il marito, si trasferisce a Saint Louis. Solo di Milton, Edward e Arthur, i tre figli maschi, a Pittsburgh si sentirà ancora parlare, perché tutti loro, in un modo o nell'altro, godranno ben presto di grande notorietà. La fulminea disgregazione della famiglia Taeger, dà il via a un vero e proprio fuoco d'artificio di avventure che dagli anni Venti e Trenta ci conducono alla seconda metà del XX secolo e poi di nuovo indietro verso la Guerra di Secessione. Opera prima di un autore diciassettenne, "Il territori del lupo", è un romanzo che attraversa una grande varietà di generi letterari e che non fa nulla per nascondere i propri debiti verso culture che all'epoca, in piena era franchista, erano ancora considerate minori, in primo luogo quella cinematografica e della musica di intrattenimento.
Madrid. Il sole estivo illumina la casa piena di fiori. È pomeriggio e la piccola Veronica approfitta di un breve momento di solitudine per sfogare la curiosità di bambina spiando tra le cose dei genitori. Apre una cartella piena di documenti, intorno a lei il silenzio, e spunta una foto. Veronica la estrae con la punta delle dita, come se bruciasse. Non l'ha mai vista prima. Ritrae una bambina poco più grande di lei, con un caschetto biondo, una salopette di jeans e un pallone tra le mani. Veronica è confusa, ma il suo intuito le suggerisce che è meglio non fare domande, non adesso che la mamma è sempre triste. Anno dopo anno, Veronica si convince sempre più che le discussioni e i malumori in casa sua nascondano qualcosa di cui nessuno vuole parlare. E che l'enigma di quella foto, di quella bambina sconosciuta, c'entri in qualche modo. Ma quando Veronica diventa una donna, decisa e tenace, non può più fare finta di niente. La malattia della madre la costringe a fare i conti con un passato di cui non sa nulla, un passato rubato che la avvicina sempre di più alla bambina misteriosa della fotografia. Ritrovarla è l'unica strada per raggiungere la verità. Una verità che, forse, ha un prezzo troppo alto. E quando Veronica trova la bambina, ormai una donna anche lei, capisce che la strada è tutt'altro che percorsa, che il mistero è tutt'altro che svelato. Ma soprattutto capisce che c'è qualcuno disposto a tutto pur di ostacolarla nella sua ricerca. Non le rimane che sé stessa, il suo intuito e il suo coraggio...