Millecinquecento anni dopo la sua morte, a Siviglia, Cristo torna sulla terra. Cammina per le strade della città spagnola dove, alla presenza di tutti i cittadini, il cardinale Grande Inquisitore sta consegnando al rogo un centinaio di eretici. Il suo arrivo è silenzioso, eppure il popolo lo riconosce, circonda, è pronto a seguirlo. Ma in quel momento il Grande Inquisitore attraversa la piazza, si ferma a guardare la folla, incupito. Poi ordina alle sue guardie di catturare Cristo e rinchiuderlo in prigione. Nell'oscurità del carcere, il vecchio e potente ministro della Chiesa pronuncia contro il Messia un fortissimo atto d'accusa, condannandolo a morte. In questo episodio dalla dignità autonoma dei Fratelli Karamazov Fëdor Dostoevskij afferma il proprio pensiero filosofico-religioso: la libertà dell'essere umano si basa su una fede senza dogmi e miracoli, senza gerarchie e autorità, contrapposta alla dottrina che in nome di un mandato superiore e indiscutibile sottrae agli uomini la consapevolezza di sé e il libero arbitrio. Sulla straordinaria attualità di questa riflessione si incentra il saggio di Gherardo Colombo: la massima sofferenza dell'uomo sta infatti in questa contraddizione, vivere diviso tra il desiderio di una tutela che lo sollevi dal tormento del decidere e l'aspirazione alla libertà individuale.
Diciottenne appena uscito dal liceo, Karl Ove Knausgård va a vivere in un piccolo villaggio di pescatori nell'estremo Nord della Norvegia, sul circolo polare artico. Lo attende il suo primo lavoro da insegnante, anche se Karl Ove non mostra grande interesse per la professione. Il suo obiettivo è mettere da parte i soldi per viaggiare e trovare spazio e tempo per dare avvio alla sua carriera di scrittore. All'inizio tutto sembra andare bene: nascono i primi racconti, la bizzarra gente del posto è interessante e riceve lusinghiere attenzioni da diverse ragazze. Ma quando le lunghe notti polari cominciano a oscurare il meraviglioso paesaggio, la vita di Karl Ove prende un'altra piega. Le storie che scrive tendono a ripetersi, beve sempre di più e i suoi tentativi di perdere la verginità finiscono in umiliazione e vergogna, fino all'attrazione proibita per una giovanissima allieva. E lungo la strada riemergono gli anni del liceo e le radici dei suoi problemi. Tutto, sempre, all'ombra del padre.
"La bella scrittura" è un condensato delle ferite lasciate dietro di sé dalla Guerra civile spagnola: i tradimenti, i cambi di casacca, l'illegittimità della ricchezza accumulata in quegli anni, ma anche le sofferenze, la lotta per la dignità degli sconfitti. E soprattutto l'illegalità. La terribile illegalità su cui è stata costruita la società franchista e postfranchista. Attraverso la storia di una famiglia come tante e un meccanismo narrativo preciso, implacabile, Rafael Chirbes smaschera l'indicibile baratto che fu proposto agli spagnoli: il benessere in cambio dell'ideologia, o meglio, il denaro in cambio della verità.
"Il romanzo di Max Frisch, 'Il mio nome sia Gantenbein', inizia con la morte, accidentale, di Felix Enderlin, che risulterà poi l'alter ego del protagonista principale, Theo Gantenbein. Lo si immagina cieco, ma potrebbe essere una sua astuzia per sorvegliare la moglie Lilla, con la quale ha un rapporto difficile. Intorno a Lilla si muove anche Svoboda, il primo marito; mentre Gantenbein frequenta volentieri Camilla, una manicure servizievole, alla quale racconta storie sempre diverse, fino all'ultima, macabra, di un cadavere ripescato nella Limmat." (Roberto Fertonani)
Nell'arco di pochi giorni Karl Ove Knausgård decide di dare un taglio netto alla propria vita in Norvegia e lascia il paese e la moglie Tonje per trasferirsi a Stoccolma. Lì stringe profonda amicizia con un altro esiliato norvegese, un intellettuale appassionato di boxe di nome Geir, e va dietro a Linda, una bella poetessa che l'aveva incantato anni prima a un workshop per scrittori. "Un uomo innamorato", il secondo volume di sei del ciclo "La mia battaglia", vede Knausgård raccontare di relazioni tempestose, delle sfide della paternità e dell'urgenza di scrivere. Come ne "La morte del padre", noi leggiamo mentre la sua vita si svolge.
Nel pronto soccorso del Victoria infirmary di Glasgow, i medici hanno fretta. Ci sono malati di ogni genere, chi ha tempo di occuparsi dell'agonia di un barbone alcolizzato? Ma Eck Adamson continua a ripetere il nome dell'ispettore Jack Laidlaw, finché qualcuno si decide a dargli retta. Le ultime parole di Eck, così come il biglietto che mette in mano all'ispettore giunto al suo capezzale, sembrano il delirio di un moribondo, ma sono più che sufficienti per solleticare il fiuto investigativo e il senso di giustizia di Laidlaw, esacerbati dall'indifferenza generale. Mentre lui indaga su questa pista e sulla misteriosa scomparsa di uno studente universitario di nome Tony Veitch, un altro decesso provoca ben più clamore in città: un noto sicario della malavita è stato accoltellato, cosa che lascia presagire una lunga scia di vendette tra bande rivali e che spinge la polizia a concentrare tutti i propri sforzi su questo caso. Ma Laidlaw non ci sta. In una Glasgow di stretta osservanza calvinista, lui crede ancora nella sua religione laica, quella per cui l'unica strada verso la redenzione passa attraverso la giustizia e la cura per il prossimo, chiunque esso sia. Compresi gli ubriaconi senzatetto. Contro lo scetticismo di tutti, prosegue cocciutamente le sue indagini, finché la verità non verrà finalmente a galla.
Africa orientale, seconda metà del diciassettesimo secolo. Hal Courteney incarna la quintessenza di una vita vissuta pericolosamente: ha per moglie una nobile guerriera etiope che combatte al suo fianco, ha da parte un cospicuo tesoro e ha un ancor più cospicuo numero di nemici. Hal è convinto di aver seppellito per sempre il peggiore di questi, l'Avvoltoio, il responsabile dell'ingiusta condanna di suo padre. Ma l'uomo è invece sopravvissuto e, benché sfigurato e mutilato, è più combattivo che mai: l'unico scopo della sua vita ormai è uccidere Hal e la moglie.
Nella settimana che precede la Pasqua, torna in Israele Kaminka, padre di tre figli ormai sposati, e marito di una donna chiusa da anni in manicomio. Abita negli Stati Uniti, ha una nuova compagna e aspetta un figlio. Sono dunque le pratiche del divorzio che Kaminka deve avviare, ma il rientro in patria e in famiglia non avviene senza traumi. Davanti a un avvenimento così grave, vengono a galla i nodi irrisolti, le vecchie ferite, scatenando una crisi progressiva che esplode proprio il giorno di Pasqua. Il dramma della famiglia sconvolta dalla divisione "tardiva" dei genitori si arricchisce di una miriade di particolari che ne fanno un forte affresco di vita contemporanea, non soltanto israeliana.
Platon Il'ic Garin, medico di provincia, cerca disperatamente di raggiungere il villaggio di Dolgoe, dove una misteriosa epidemia sta decimando la popolazione. Ha con sé il vaccino, ma il suo percorso è ostacolato da una tempesta di neve impenetrabile. Riesce a trovare un passaggio di fortuna, ma il viaggio, che dovrebbe durare solo poche ore, diventa un'esperienza quasi onirica, una spedizione fitta di incontri straordinari, fughe disperate, visioni confuse e avventure amorose in un paesaggio che deve molto alle campagne russe descritte da Cechov. "La tormenta" è un'opera che mescola sensibilità avanguardista e gusto per il grottesco, e nel solco di Lev Tolstoj ci offre un ritratto potente della Russia di oggi.
Nell'ultimo decennio della sua vita Tolstoj si dedicò a raccogliere testi tratti da ogni cultura e da ogni letteratura, dalla religione indù, ebraica, araba e cristiana, da pensatori antichi e moderni, dai grandi saggi d'Oriente e d'Occidente. In questo vero e proprio calendario di saggezza - a lungo bandito dal regime sovietico e poi completamente dimenticato sotto il comunismo - Tolstoj assegna a ogni giorno dell'anno un pensiero, una citazione o un aforisma, che ha come fine non la mera erudizione ma quello di divenire una guida spirituale, capace di illuminare una vita davvero degna di essere vissuta, giorno dopo giorno.
Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri. Stanchi dei soprusi, gli animali di una fattoria decidono di ribellarsi agli umani e, cacciato il proprietario, danno vita a un nuovo ordine fondato sull'uguaglianza. Ben presto, però, emerge tra loro una nuova classe di burocrati, i maiali, che con astuzia, cupidigia e prepotenza si impongono sugli altri animali. L'acuta satira orwelliana contro il totalitarismo è unita in questo apologo a una felicità inventiva e a un'energia stilistica che pongono "La fattoria degli animali" tra le opere più celebri della narrativa del Novecento.
La psicologa Ella riceve un misterioso paziente bisognoso di un consulto urgente, il signor D. Dopo pochi minuti di seduta scoprirà che si tratta niente meno che di Dio, un Dio molto umano, e alla ricerca di una cura per una depressione che dura, giorno più giorno meno, da duemila anni. Non è facile trattare un paziente di una tale levatura, per di più senza una madre da incolpare, ma Ella, con coraggio e ironia, saprà trovare la via per sciogliere i nodi che hanno fatto ammalare Dio, un Dio che si è ritratto dalla Storia, abbandonando la sua sublime creazione al libero arbitrio degli uomini. Un testo originale, pervaso nella migliore tradizione yiddish da un umorismo sagace, che diventa, battuta dopo battuta, una vera e propria argomentazione teologica.