"Le lettere di Berlicche" hanno reso il nome di Lewis noto a milioni di lettori in tutto il mondo. Per un'ispirazione improvvisa, all'uscita di una chiesa, una domenica mattina d'estate, si configurò nella mente dell'autore qualcosa che, per dirla con le sue stesse parole, "potrebbe essere sia utile sia divertente... e consisterebbe in una serie di lettere che un vecchio diavolo in pensione invia ad un giovane diavolo che ha appena cominciato a lavorare sul suo primo 'paziente'. L'idea sarebbe quella di mostrare tutta la psicologia della tentazione dall'altro punto di vista". Il testo venne scritto velocemente, comparve a puntate su un periodico nel 1941 e l'anno seguente in forma di libro. Da quella lontana primavera le riedizioni non si contarono e Lewis stesso non riusciva a spiegarsi un tale favore del pubblico, se non per il fatto che le tentazioni descritte avevano un riscontro nella sua personale esperienza. In questo volume, le "Lettere" sono unite a ciò che Lewis ha voluto considerare una sorta di seguito: "Il brindisi di Berlicche".
Chi è Demetrio Rota? Un sonnambulo? Un poeta? Uno spostato? Sappiamo che per vivere fa il netturbino di notte, in una Buenos Aires onirica, avvolgente, quasi viva. Che ha una relazione illecita, furtiva e sensuale e senza futuro. E che di giorno, quando non lavora, compone puzzle - forse un tentativo di dare un senso a un travolgente amore di gioventù, soltanto sfiorato sotto i cieli di una Patagonia mitica e di una bellezza lancinante. Con un linguaggio lirico e allo stesso tempo concretissimo, la narrazione oscilla tra le promesse degli inizi e il disincanto del presente, tra l'idealizzazione della campagna e l'asfissia della città, tra le origini e lo sradicamento, dandoci un'immagine unica della vita, di quello che è e di quello che potrebbe essere. Prefazione di Roberto Bolaño.
Principi e regine, serpenti e draghi, spiriti magici e diavoli, personaggi indimenticabili come la strega Baba Jaga, la bella Vassilissa, Finist falco lucente o la piccola Masha e l'orso, protagonisti di un antico racconto recentemente riscoperto da un'amatissima serie televisiva. L'universo delle fiabe russe, disseminato di cupole d'oro e capanne sperdute nel folto di boschi secolari, costituisce da sempre un'inesauribile fonte di fascino e stupore per grandi e bambini. In questo volume, che affianca le più belle storie tratte dalla celebre raccolta di Aleksandr Afanasev a quelle rese immortali dal genio di Aleksandr Puskin, il mondo fantastico delle fiabe prende forma nelle incantevoli tavole di Ivan Bilibin. tra i più grandi artisti russi di inizio Novecento: contraddistinte da una perfetta osmosi fra tradizione e stile moderno, le sue illustrazioni ritraggono zar inflessibili e streghe spaventose, animali magici e giovani coraggiosi, immergendoli in paesaggi fantastici e in interni riccamente decorati. Età di lettura: da 6 anni.
"Ti riassumo la storia prima di raccontartela: un uomo che sa scrivere uccide un arabo che quel giorno non ha neppure un nome - quasi l'avesse lasciato appeso a un chiodo prima di entrare in scena -, e poi comincia a spiegare che è tutta colpa di un Dio che non esiste e di ciò che ha capito sotto il sole e per il fatto che la salsedine lo costringe a chiudere gli occhi. Perciò l'omicidio rimane un atto assolutamente impunito e non è un delitto poiché non esiste legge fra mezzogiorno e le due, fra lui e Zoudj, fra Meursault e Moussa. E in seguito, per settant'anni, tutti si sono adoperati a fare sparire in gran fretta il corpo della vittima, a trasformare i luoghi dell'omicidio in un museo immateriale e a discorrere sul significato del nome dell'assassino. Che cosa significa Meursault? "Morto solo"? "Morto sciocco"? "Non muore mai"? Per mio fratello, invece, in tutta questa storia non è stata spesa neppure una parola. E tu, come tutti quelli prima di te, hai preso una cantonata. L'assurdo lo portiamo sulle spalle o nel ventre delle nostre terre io e mio fratello, non quello là."
Ha scritto Addison che quando sogniamo l'anima "conversa con innumerevoli individui di sua creazione e si trasferisce in diecimila scene di sua immaginazione": l'anima è, insomma, "il teatro, l'attore e lo spettatore". Ma anche, soggiunge Borges, l'autore della storia cui assiste, sicché i sogni rappresentano un vero e proprio genere letterario - il più antico. E muovendo da questa tesi "pericolosamente suggestiva" ci offre i materiali per una storia generale dei sogni (e degli incubi, "vago agguato del male") che attinge alle sue opere (basti pensare al Sogno di Coleridge o all'Episodio del nemico o alla Storia dei due che sognarono) e insieme a letture sterminate e variegate: dall'Epopea di Gilgamesh a Aloysius Bertrand, dal cinese Sogno della camera rossa a Papini. Senza dimenticare una folta schiera di autori fittizi: o, meglio, sognati.
Esiste un tempo mitico che comprende il passato antichissimo e il futuro quasi prossimo, che investe tutti gli spazi, mette in comunicazione il cielo e la terra, il regno dei vivi e quello dei morti, gli umani e le divinità. È il tempo della tradizione millenaria dei raccontatori di storie. Due anni, otto mesi e ventotto notti. Il tempo in cui le regole del mondo si rovesciano e strani, inspiegabili fenomeni iniziano ad accadere sulla terra: un giardiniere dal passato tormentato si alza una mattina levitando, senza riuscire a toccare terra, un disegnatore di fumetti si trova obbligato allo scontro con il suo personaggio più riuscito, in una sala del municipio viene trovata una neonata dai poteri soprannaturali, un compositore lancia inquietanti profezie, e una giovane e seducente cacciatrice d'oro viene assoldata per una guerra al di là di ogni immaginazione. Cosa li accomuna? A loro insaputa sono tutti figli di quelle creature eccessive e capricciose che chiamiamo jinn, e come loro posseggono poteri straordinari di cui non sono del tutto consapevoli. Poteri che devono a ogni costo imparare a padroneggiare, ora che i jinn sono scesi sulla terra, ora che le forze oscure hanno dichiarato guerra agli spiriti benevoli e l'umanità rischia di farne le spese. Ispirandosi alla tradizione delle fiabe antiche dell'Est, Salman Rushdie intreccia i fili di un racconto mitico e satirico, dove gli scaltri si confondono con i folli, le rivalità sfociano in vendette sanguinarie...
Il povero e malconcio Dionisio Pinzón prende con sé un gallo moribondo dopo un combattimento. Il gallo, guarito per le sue cure e vincitore di molti combattimenti, gli cambia la vita e lo conduce fra le braccia della Caponera, affascinante cantante, donna allergica a mura domestiche. Il gallo d'oro e la Caponera sono due oggetti d'amore e anche due straordinari portafortuna che si passano il testimone nella vita di Dionisio, diventato via via molto ricco. Ma la vita degli uomini non sembra dissimile da quella dei galli da combattimento: si può vincere diversi incontri consecutivi ma prima o poi si perde. Tutto. Con questo racconto lungo, Rulfo ha concluso la sua opera letteraria, limitata in quantità ma fondamentale per qualità e per l'influenza che ha avuto su scrittori come Garcia Màrquez e Vargas Llosa. Prefazione di Ernesto Franco.
Il leggendario re Artù è morto ormai da qualche tempo ma la pace che egli ha imposto sulla futura Inghilterra, dilaniata per decenni dalla guerra intestina fra sassoni e britanni, seppure incerta, perdura. Nella dimora buia e angusta di Axl e Beatrice, tuttavia, non vi è pace possibile. La coppia di anziani coniugi britanni è afflitta da un arcano tormento: una sorta di inspiegabile amnesia che priva i due di una storia condivisa. A causarla pare essere una strana nebbia dilagante che, villaggio dopo villaggio, avvolge indistintamente tutte le popolazioni, ammorbandole con i suoi miasmi. Axl e Beatrice ricordano di aver avuto un figlio, ma non sanno più dove si trovi, né che cosa li abbia separati da lui. Non possono indugiare oltre: a dispetto della vecchiaia e dei pericoli devono mettersi in viaggio e scoprire l'origine della nebbia incantata, prima che la memoria di ciò a cui più tengono sia perduta per sempre. Lungo il cammino si uniscono ad altri viandanti - il giovane Edwin, che porta il marchio di un demone, e il valoroso guerriero sassone Wistan, in missione per conto del suo re - e con essi affrontano ogni genere di prodigio: la violenza cieca degli orchi e le insidie di un antico monastero, lo scrutinio di un oscuro barcaiolo e l'aggressione di maligni folletti, il vetusto cavaliere di Artù Galvano e il potente drago Querig...
L'ammiraglio in pensione Pedro Zarate e don Hermógenes Molina, traduttore di Virgilio e Tacito, sono membri della prestigiosa Real Academia Española, ma soprattutto sono "Due uomini buoni", colti e di ampie vedute in una Spagna che invece, alla fine del Settecento, sembra ancora sorda al richiamo dei Lumi, ai sommovimenti che di lì a poco sconvolgeranno la Francia e il mondo intero. Quando i due ricevono dai loro colleghi della Academia l'incarico di andare a Parigi per acquisire, quasi clandestinamente, i ventotto volumi della prima edizione dell'"Enciclopédie" di Diderot e d'Alembert, all'Indice nei due paesi, nessuno sospetta che il viaggio si trasformerà in un'avventura piena di pericoli e soprassalti, di difficoltà e di agguati. Lungo strade fangose e infestate dai banditi, i due raggiungono la capitale dei caffè e dei salotti, della vita libertina e delle agitazioni politiche alla vigilia della Rivoluzione, ma anche quella delle banlieues più povere e miserabili, alla ricerca del libro che, più di tutti, incarna l'ansia di libertà e fa vacillare troni e governi. In "Due uomini buoni", romanzo d'avventura e di idee, basato su avvenimenti reali mescolati alla più spericolata finzione, Pérez-Reverte mostra come i suoi grandi successi siano il risultato di una riflessione profonda sull'arte della narrazione e ci regala un libro che è un inno all'amicizia e alla cultura in tempi di crisi come i nostri.
Un romanzo vero, ma allo stesso tempo un'opera di finzione. La finzione, però, in questo caso non è frutto della fantasia dell'autore, ma è opera dello stesso protagonista, Enric Marco. Chi è Enric Marco? Un novantenne di Barcellona, militante antifranchista, che negli anni Settanta è stato segretario del sindacato anarchico - la CNT - e in seguito ha presieduto l'associazione spagnola dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, ricevendo numerosi riconoscimenti per il coraggio dimostrato negli anni e la testimonianza degli orrori del lager. In realtà, è un impostore. Nel 2005 la sua menzogna è stata pubblicamente smascherata. Enric Marco, come ha rivelato uno storico, non è mai stato internato a Flossenbiirg. E l'intera sua vita è un racconto intessuto di finzioni, dalla sua partecipazione alla guerra civile alla militanza antifranchista. Dieci anni dopo, Javier Cercas traduce in un romanzo audace, che sfida le convenzioni narrative, l'enigma del personaggio, le sue verità e le sue bugie. In queste pagine intense si dipana un intero secolo di Storia, raccontato con la passione di un sovversivo della letteratura e un'ammirevole onestà dissacratoria.
"Il ragazzo che si risvegliò uomo" è la storia di Martin, un ragazzino di dodici anni che un giorno tornò da scuola sentendosi poco bene. Rapidamente peggiorò, perse la voce, smise di mangiare, i suoi movimenti si fecero sempre più lenti e faticosi finché, nell'arco di un anno e mezzo, si ritrovò completamente immobilizzato, in stato vegetativo. Una sconosciuta malattia neurologica degenerativa aveva intaccato tutte le sue funzioni vitali. E sebbene la diagnosi fosse incerta, la prognosi non lasciava speranza. Ma contro ogni ragionevole aspettativa, dopo alcuni anni Martin riemerse dallo stato di incoscienza e cominciò a percepire il mondo intorno a sé senza però che gli altri se ne rendessero conto... Fino a quando, dopo otto lunghissimi anni, un'assistente molto attenta comprese che Martin era cosciente, e convinse i genitori e i medici particolarmente scettici a insistere con le terapie: da quel momento, lentamente, Martin si liberò della corazza in cui si era trovato imprigionato. Oggi, Martin ha ripreso l'uso della parte superiore del corpo e, benché non abbia recuperato la voce, grazie all'uso del computer ha potuto raccontare la sua storia, la storia di un'anima impossibilitata a comunicare con il mondo esterno e tuttavia presente a se stessa, ma anche la storia di un risveglio alla vita profondamente emozionante e commovente.
"I fratelli Karamazov sono il romanzo più grandioso che mai sia stato scritto, l'episodio del Grande Inquisitore è uno dei vertici della letteratura universale, un capitolo di bellezza inestimabile... Non è certo un caso che tre capolavori di tutti i tempi trattino lo stesso tema, il parricidio: alludiamo all'Edipo re di Sofocle, all'Amleto di Shakespeare e ai Fratelli Karamazov di Dostoevskij. In tutte e tre le opere è messo a nudo anche il motivo del misfatto: la rivalità sessuale per il possesso della donna." (Sigmund Freud)