Pietroburgo, 1905. La città è sconvolta dalla tempesta sociale, si moltiplicano i comizi, gli scioperi, gli attentati. Il giovane Nikolaj Apollonovic, che si è incautamente legato a un gruppo rivoluzionario, entra in contatto con Dudkin, nevrotico terrorista nietzscheano, il quale gli affida una minuscola bomba. E il provocatore Lippancenko, doppiogiochista al servizio della polizia zarista e al contempo dei rivoluzionari, gli rivela qual è il suo compito: dovrà far saltare in aria il senatore Apollon Apollonovic, abietto campione dell'assurdità burocratica. Suo padre. È intorno a questo rovente nucleo narrativo che si snodano le vicende surreali e grottesche di "Pietroburgo", unanimemente considerato il capolavoro romanzesco del simbolismo russo. Dove la vera protagonista è tuttavia la "Palmira del Nord": una Pietroburgo maestosa e geometrica solo all'apparenza, edificata su un labile terreno palustre i cui miasmi sgretolano le possenti architetture, le cui brume sfaldano e decompongono ogni comparsa che striscia lungo i vicoli fiocamente illuminati, tra bettole ammuffite e palazzi scrostati. I sommovimenti di inizio secolo, preludio di future tragedie, l'ululato del vento che si incanala lungo le gole del libro, il demoniaco colore giallo dei comizi gremiti di una folla in trance: ogni cosa è in preda a una malefica possessione, che Belyj filtra attraverso la lanterna magica delle immagini.
Scritto nel XIV secolo da Arnaut Vidal de Castelnaudary, "Las aventuras de monsenher Guillem de la Barra" rientra in quelle poche composizioni narrative medievali, in lingua occitana, che riportano la firma dell'autore. Si tratta di un romanzo che narra storie di avventure e di cavalleria, nel quale predominano i temi della difesa della fede cristiana, dell'estrema lealtà al proprio signore, dell'amore e dell'onore. Dopo essere caduto in disgrazia per colpe non commesse, l'eroe è costretto ad abbandonare la sua terra e a rinunciare al suo status nascondendo la sua vera identità. Nel corso delle sue avventure Guillem è presentato dall'autore come un personaggio versatile: come un prode cavaliere impegnato in ardui scontri contro i pagani; come un padre sconsolato alla ricerca disperata dei propri figli; come uno schivo precettore; come un misero questuante ma sempre fermamente deciso a recuperare il proprio onore e il proprio feudo. Nella stesura del romanzo l'autore ha rimaneggiato il materiale culturale tradizionale fondendo le tematiche epico-agiografiche con quelle cavalleresche, la drammaticità con l'ironia e la comicità, dando vita ad una narrazione poliedrica e polifonica che riprende e rielabora vari motivi appartenenti sia al folclore che ai diversi generi letterari dell'epoca.
Oliver Ryan è un uomo sicuro di sé. Unisce, come dice Michael, suo amico sin dai tempi dell'università, "un'avvenenza poetica" a modi compiti e riservati. Una combinazione irresistibile per le numerose ragazze da lui sedotte in gioventù, quando se ne andava in giro come un divo del cinema coi suoi completi di lino e gli occhi scuri da bel tenebroso. Una combinazione irresistibile anche per tv e media dublinesi, che fanno a gara per averlo nei talk show e sulle pagine delle riviste patinate. Oliver Ryan è, infatti, uno scrittore famoso, uno dei più noti autori irlandesi di libri per bambini. Come sovente accade agli uomini di successo, ha una compagna dolce e carina: Alice, che illustra magnificamente le sue opere, ma rifugge le luci della ribalta ed è così schiva che non vuole nemmeno rivelare che l'illustratrice dei volumi di Vincent Dax - il nom de plume di Oliver - è sua moglie. Una sera di novembre del 2011, dopo una cenetta deliziosa a base di tajine di agnello, roulade con i lamponi e Sancerre, accade l'irreparabile. Nella casa della coppia, situata nell'elegante Pembroke Avenue, Oliver picchia così selvaggiamente Alice da ridurla in coma... un corpo inerte disteso per terra, la testa e il tronco curvi come un punto interrogativo. La notizia fa subito il giro di tv e giornali. Com'è possibile che il carnefice dell'illustratrice sia proprio Vincent Dax? Lo scrittore venerato da un ampio pubblico per i suoi modi cortesi e per l'irresistibile fascino della sua persona?
Alla fine degli anni quaranta, sotto le pale dei ventilatori del Cairo Automobile Club, l'Egitto dei pascià e dei monarchi amoreggia con aristocratici e diplomatici d'ogni sorta, basta che siano europei. Regolarmente Sua Maestà il re onora con la sua eminente presenza il tavolo del poker. Stravaganza, magnificenza e decadenza che non escono dalle porte dei saloni pavimentati a parquet. Negli spazi comuni, un esercito di servitori e impiegati venuti dall'Alto Egitto e dalla Nubia si affanna a soddisfare le esigenze dell'inflessibile Kao, camerlengo del re. Il servitore del monarca è anche il capo supremo dei dipendenti di tutti i palazzi reali, che spadroneggia nei minimi dettagli sulla loro misera esistenza e si diletta a professare l'arte della sottomissione. Tra i "sudditi" c'è Abdelaziz Hamam, erede di una ricca famiglia in rovina, arrivato al Cairo nella speranza di assicurare un'istruzione ai figli. Seguendo i cammini contrastanti che prendono i suoi ragazzi, scopriamo gli ultimi sussulti dell'Egitto pre-nasseriano: l'arroganza delle classi dominanti, la miseria dei reietti, il risveglio del sentimento nazionalistico. L'edificio si crepa ovunque, e nel microcosmo dell'Automobile Club, dove il volto nero come il carbone di un domestico aggiunge un tocco di eleganza all'ambiente, fremono i tempi e l'esplosione rivoluzionaria che infiammerà il paese.
La distanza tra la Nigeria e gli Stati Uniti è enorme, e non solo in termini di chilometri. Partire alla volta di un mondo nuovo abbandonando la propria vita è difficile, anche se quel mondo ha i tratti di un paradiso, ma per Ifemelu è necessario. Il suo paese è asfittico, l'università in sciopero. E poi, in fondo, sa che ad accoglierla troverà zia Uju e che Obinze, il suo ragazzo dai tempi del liceo, presto la raggiungerà. Arrivata in America, Ifemelu deve imparare un'altra volta a parlare e comportarsi. Diverso è l'accento, ma anche il significato delle parole. Ciò che era normale viene guardato con sospetto. Ciò che era un lusso viene dato per scontato. La nuova realtà, inclemente e fatta di conti da pagare, impone scelte estreme. A complicare tutto c'è la questione della pelle. Ifemelu non aveva mai saputo di essere nera: lo scopre negli Stati Uniti, dove la società sembra stratificata in base al colore. Esasperata, Ifemelu decide di dare voce al proprio scontento dalle pagine di un blog. I suoi post si conquistano velocemente un folto pubblico di lettori, che cresce fino ad aprire a Ifemelu imprevisti e fortunati sbocchi sul piano professionale e privato. Ma tra le pieghe del successo e di una relazione con tutte le carte in regola si fa strada un'insoddisfazione strisciante. Ifemelu si sente estranea alla sua stessa vita e, lì dov'è, non riesce ad affondare le radici, pur sapendo che in Nigeria il nuovo modo di guardare il mondo le guadagnerebbero l'epiteto di "Americanah".
Ernst Grip, guardia del corpo reale e agente della Polizia di sicurezza svedese, viene convocato dall'FBI a New York e portato in uno sperduto atollo dell'Oceano Indiano per interrogare un detenuto di cui non si comprende la nazionalità. L'ipotesi è che il prigioniero sia svedese e sia coinvolto in un attacco terroristico di matrice islamica avvenuto in Kansas, ma poiché si rifiuta di parlare, sembra impossibile identificarlo. L'agente si trova davanti una specie di fantasma: ciò che resta di un uomo che ha subito per mesi e mesi le più atroci torture. Lentamente, però, il prigioniero comincia a raccontare, e Grip rimane invischiato in un'indagine che parte da fatti avvenuti in Thailandia subito dopo lo tsunami del 2004, si intreccia a una serie di furti di opere d'arte, agli interessi di uno spietato trafficante d'armi americano e si insinua nelle pieghe più oscure del terrorismo internazionale. Ma scoprirà qualcosa di ancor più sconcertante: che la sua vita e quella del misterioso detenuto sono legate in maniera inaspettata ma indissolubile. Un thriller che indaga nel cuore della psiche umana e della politica internazionale gettando una luce nuova sui compromessi morali che le persone, e le nazioni, sono costrette a fare in condizioni estreme.
La carriera letteraria di Kevin Barry nasce dalla congiunzione di un sogno e di un incubo, entrambi precoci. Il sogno era, racconta Barry, "diventare il più grande scrittore ebraico della mia generazione, un autore del livello di Roth o di Malamud, anzi meglio. Solo che per un ventenne lentigginoso di Cork, Irlanda, la faccenda si presentava un po' complicata". Quanto all'incubo, coincideva col "pensum" imposto dall'industria editoriale a qualsiasi debuttante: trovare una voce (e poi vivere di quella). Bene, dal momento che la sola idea "di sentirsi frastornare per i successivi trenta o quarant'anni da quella benedetta voce, sempre uguale" gli faceva accapponare la pelle, Barry ha tempestivamente optato per una via diversa: scrivere, con la stessa gioia selvaggia che il lettore, per osmosi, prova leggendole, le storie in cui si imbatteva più o meno tutti i giorni, fra le strade e i pub della sua Irlanda. Storie nere, quasi sempre, i cui personaggi non solo sbagliano, ma perseverano, diabolicamente, nell'errore. Un ragazzo esce da un carcere minorile dopo una condanna per spaccio di anfetamine, e ha un'idea luminosa per cominciare una nuova vita: spacciare anfetamine. Un suo coetaneo, sui tetti di Cork, pensa di baciare una sua amica talmente a lungo, e così tormentosamente, da disintegrare anche solo la possibilità di farlo. Due vecchiette battono la campagna in quello che sembra un incantevole road movie della terza età, finché non scopriamo che si tratta di due predatrici...
Tokyo, 1984. Aomame è un'assassina spietata e fragile. In minigonna e tacchi a spillo, vendica tutte le donne che subiscono violenza, con una tecnica micidiale e invisibile. Tengo è un ghost writer che deve riscrivere un libro inquietante, pericoloso come una profezia. Entrambi si giocano la vita in una storia che sembra destinata a farli incontrare. Ma quando Aomame vede sorgere in cielo una seconda luna, capisce che, forse, non potranno condividere neppure la stessa realtà...
È un pigro pomeriggio d'estate sulle colline che fanno da cornice alla Costa Azzurra. Quando Nina lascia correre lo sguardo sul rigoglioso giardino della villa in cui sta passando le vacanze, qualcosa attira la sua attenzione. C'è una donna nella piscina. Sospesa nell'acqua, la carnagione bianchissima in contrasto con una fiammata di riccioli rossi. Sembra priva di sensi. Nina ha solo quattordici anni. E spaventata e aspetta l'intervento dei genitori, ma non ce n'è bisogno: pochi istanti dopo Kitty Finch esce dalla piscina e si accomoda mollemente su una sdraio. E ciò che a prima vista sembra solo un banale imprevisto ben presto diventa un incontro sconvolgente, in grado di sovvertire il destino degli ospiti della villa. Con il passare dei giorni la presenza sempre più ingombrante di Kitty si rivela tutt'altro che casuale. Chiusa in una busta di carta, la donna custodisce una poesia che vorrebbe far leggere a Joe, il padre di Nina. Joe è un famoso poeta, e Kitty una sua devota ammiratrice. Ma Joe non riesce ad aprire quella busta. È come se lì dentro si nascondesse l'ombra di un passato che per tutta una vita ha cercato di scrollarsi di dosso. Intanto la magnetica attrazione tra Kitty e Joe li trascina in un gorgo che tutto annulla: i traumi della storia, quelli dell'amore, il matrimonio, la letteratura. Dal crollo inesorabile dei vincoli familiari si salva soltanto Nina, non più fragile adolescente ma donna consapevole, capace di dire di sì alla vita giorno dopo giorno.
Il 10 giugno 2007, il re e il primo ministro della Svezia scompaiono durante un ricevimento ufficiale al castello reale. Si diffonde la voce che entrambi non si sentissero bene, ma la verità è diversa, e la storia molto più complicata. Tutto ha inizio a Soweto, dove vive Nombeko, una ragazzina particolare che non sa né leggere né scrivere, ma che è molto curiosa e non sta mai ferma. E, soprattutto, ha una confidenza sorprendente e innata abilità con i numeri e le equazioni più complesse. Un piccolo genio che, grazie all'algebra, si trova catapultata dai sobborghi di Johannesburg, nel cuore di un intrigo mondiale, nel centro del mondo, a stretto e pericolosissimo contatto con il re di Svezia e il suo primo ministro. Eccentrici personaggi accompagnano questa piccola analfabeta che sa contare: un disertore americano leggermente matto, due fratelli gemelli che però all'anagrafe sono una sola persona, tre ragazzine cinesi negligenti, una baronessa coltivatrice di patate e, come detto, il re svedese e il primo ministro.
Una delle firme dell'alta moda italiana, il fondatore di Costume National, ci racconta l'origine della sua formazione in Giappone. Un viaggio nella moda che è un viaggio nell'anima delle tradizioni, tra Puglia e Zen. È il 1983 quando Ennio Capasa, poco più che ventenne, lascia la sua Puglia per Tokyo. Lì incontra Yohji Yamamoto, uno dei geni della moda degli anni ottanta, un uomo che ha sovvertito i principi della moda europea introducendo l'idea e la sottile atmosfera di un equilibrio di stile, materiali e portamento che ha influenzato gli anni successivi in misura esponenziale. L'atelier di Yamamoto è quasi un "tempio" ed è lì che Capasa inizia a capire le profonde differenze tra il mondo da cui proviene e quello in cui è arrivato. Differenze che non riguardano solo gli aspetti materiali del Giappone (la tecnologia, il cibo, i terremoti...) ma quelli più essenzialmente culturali: il carattere gerarchico e militaristico della società, il modo di lavorare, perfino il modo di fare sesso. Pochi anni dopo, Costume National diventerà protagonista delle sfilate mondiali e l'educazione estetica di Capasa avrà già i tratti inconfondibili che hanno decretato il suo successo internazionale.
Ove ha 59 anni. Guida una Saab. La gente lo chiama "un vicino amaro come una medicina" e in effetti lui ce l'ha un po' con tutti nel quartiere: con chi parcheggia l'auto fuori dagli spazi appositi, con chi sbaglia a fare la differenziata, con la tizia che gira con i tacchi alti e un ridicolo cagnolino al guinzaglio, con il gatto spelacchiato che continua a fare la pipì davanti a casa sua. Ogni mattina alle 6.30 Ove si alza e, dopo aver controllato che i termosifoni non stiano sprecando calore, va a fare la sua ispezione poliziesca nel quartiere. Ogni giorno si assicura che le regole siano rispettate. Eppure qualcosa nella sua vita sembra sfuggire all'ordine, non trovare il posto giusto. Il senso del mondo finisce per perdersi in una caotica imprevedibilità. Così Ove decide di farla finita. Ha preparato tutto nei minimi dettagli: ha chiuso l'acqua e la luce, ha pagato le bollette, ha sistemato lo sgabello... Ma... Ma anche in Svezia accadono gli imprevisti che mandano a monte i piani. In questo caso è l'arrivo di una nuova famiglia di vicini che piomba accanto a Ove e subito fa esplodere tutta la sua vita regolata. Tra cassette della posta divelte in retromarce maldestre, bambine che suonano il campanello offrendo piatti di couscous appena fatti, ragazzini che inopportunamente decidono di affezionarsi a lui, Ove deve riconsiderare tutti i suoi progetti. E forse questa vita imperfetta, caotica, ingiusta potrebbe iniziare a sembrargli non così male...