
Quando Sofia arriva alla Baia è piena di rabbia: non vuole essere lasciata lì insieme alla nonna che non vede da anni, e non vuole che sua madre ritorni in città dal suo odioso fidanzato. Ma appena sente il rumore del mare ne riconosce subito la voce... perché lei è una sirena! Sofia, infatti, è convinta che tutti assomiglino a un pesce e che la terraferma sia costellata di sardine, pesci volanti e minacciosi barracuda. Sofia sa di essere un esemplare in via di estinzione, ma alla Baia incontra Luisa, un'altra sirena, e le due diventano amiche inseparabili, capaci di affrontare piccole e grandi avventure. Ma cosa succede quando la voce docile dell'oceano si trasforma in un grido spaventoso? Le sirene saranno ancora in grado di capirlo? Una storia profonda come il mare, che parla di paura e perdita, ma soprattutto di amicizia e scoperta di sé. Età di lettura: da 10 anni.
Baku. Sera di dicembre: un ferito giunge in ospedale. È un noto attore azero che ha difeso un vecchio armeno da un linciaggio ed è stato per questo massacrato da fanatici azeri. Nel racconto si intersecano due tragedie: lo scontro etnico/religioso fra armeni e azeri e il mondo violento e pericoloso che si è creato dopo la fine dell'impero sovietico. I pogrom contro gli armeni, le aggressioni in strada, la corruzione dei nuovi padroni e il servilismo e l'opportunismo dei sudditi si intrecciano, senza sovrapporsi al dramma del protagonista, che vive questo mondo come estraneo ai suoi principi morali. Il suo spirito anela alla città sognata di Ajlis. Qui, pur dopo i massacri del 1919, fu possibile ricostruire l'armonia di musulmani e cristiani, azeri e armeni. Ma anche lì il tempo della tolleranza sta giungendo alla fine. "'Sogni di pietra'... tenta di capire e di spiegare le ragioni dell''altro'. Di più: cerca di riconoscere, con onestà, i torti della propria parte [...] Va da sé che, quando deflagrò lo scandalo per 'Sogni di pietra', il capo dello Stato azero non ci pensò due volte. E ai primi di febbraio del 2013 firmò un decreto per togliere allo scrittore, di colpo rinnegato, il titolo di 'Autore del Popolo'" (dalla Prefazione di Gian Antonio Stella).
Un romanzo sul cinema, sulla Hollywood degli anni Trenta e Quaranta. Il romanzo estremo dello sdradicamento sotto le luci della Mecca del cinema. "In Fante - sosteneva Pier Vittorio Tondelli - c'è una visione dell'America, non tanto come terra promessa, come poteva apparire al padre abruzzese, ma da conquistare, come era nelle capacità di un individuo nato nel Nuovo Mondo, immigrato di seconda generazione. Fante ha seguito questo percorso di sogno lasciando Denver per approdare nella mitica terra della California. Di fronte a questo estremo, sarcastico, irriverente, indecente blasfemo, ironico romanzo si ha la certezza di essere di fronte a un grande narratore in cui una vita spesa a scrivere racconti produce l'ultimo, accecante, compatto frutto".
Da bambina la veneziana Kuki Gallman sognava l'Africa. A 25 anni, dopo il divorzio e un terribile incidente, decide di stabilirsi in Kenya con il secondo marito, Paolo. E' un periodo di continue scoperte e meraviglie, ma la felicità è offuscata dalla morte di Paolo e in seguito del figlio adolescente Emanuele. Kuki rimane sola con la figlia Sveva e 90000 acri di terra africana a cui badare. In ricordo del marito e del figlio, fonda la Gallman Memorial Foundation, una organizzazione che studia nuovi metodi per la conservazione della meravigliosa natura africana.
Un uomo si reca a Ostenda, remota e suggestiva città sul Mare del Nord, per guarire da una delusione d'amore. Lì affitta una camera da Emma Van A., solitaria ed eccentrica ottuagenaria che gli racconta l'incredibile storia della sua vita, un intreccio romanzesco in cui amore passionale ed erotismo barocco si sovrappongono in uno scenario da favola. Inganno o suggestiva verità? A Gabrielle, piacente e benestante cinquantottenne, è caduto il velo dagli occhi: dopo aver pensato per trent'anni di aver sposato l'uomo migliore del mondo, ora ha capito chi è. Ma non sempre la verità vera è quella che ci raccontiamo. Ogni giorno da quindici anni, con in mano un mazzo di fiori arancioni, la signora Steinmetz aspetta qualcuno al binario tre della stazione di Zurigo. Pura follia o c'è una storia dietro? Amore o tragedia? Forse poesia. Racconti in cui si intersecano amore, ironia, avventura, suspense e tenerezza. Storie in cui Eric-Emmanuel Schmitt fa vedere come le cose che ci accadono nella vita siano spesso e volentieri determinate dall'immaginazione, quasi che la trama dell'esistenza sia fatta in realtà di sogno.
Un ciclista ama allenarsi in gruppo: sentirsi parte di un'unica entità aumenta il livello di sfida, la percezione del dolore è suddivisa tra tutti. Ma è quando si corre da soli che si percepisce ogni parte del corpo, il respiro affannoso, le gambe che spingono sui pedali. Impari a entrare in sintonia con gli elementi: il vento, amico quando è a favore e ti fa sentire un campione, nemico quando è contrario e ti rende vittima. La pioggia, che gocciola dal casco e ti batte il ritmo sulle cosce, la scia delle ruote che taglia le pozzanghere. La bici ti insegna a gestire le emozioni, ad affrontare la lotta con se stessi. Sulla strada sei tu e la tua bici, puoi far conto solo sulla tua tenacia per sopportare il dolore e le salite. E per gustarti il piacere della fatica, sembra un controsenso ma è così, perché come nella vita, dalla fatica di un traguardo irraggiungibile, di una tappa interminabile nasce la soddisfazione. Quando sono partita per fare il giro del mondo in bicicletta, tra i tanti che mi chiedevano: "Ma come farai a fare tutti quei chilometri?", c'ero anch'io. 144 giorni, dalle 12 alle 14 ore quotidiane, al freddo e al caldo, per un totale di quasi 30.000 chilometri. Non sapevo nemmeno io come avrei fatto. Sapevo che volevo inseguire il mio sogno e che il corpo segue la mente. Una cosa che ho imparato dalla bici è che i limiti sono solo mentali. Non sono Wonder Woman e ho avuto anche fortuna, ma ormai ho coniato il mio motto: quando non sai cosa fare, pedala.
May insegna letteratura inglese in un’università di Baghdad, un corso per sole ragazze. E anche se niente parrebbe più lontano da ciò che la circonda, lei esce di casa tutti i giorni per parlare di Jane Austen alle sue alunne. Scaramucce d’altri tempi contro la guerra vera. Per il resto, May vive una vita quasi normale, va al bazar a fare shopping e dal parrucchiere. Solo che lo fa sfidando le bombe, la corrente elettrica a intermittenza, il mercato nero e la repressione del governo, che colpisce soprattutto gli intellettuali come lei e suo marito.
Bee fa la giornalista a Londra, e la sua sfida maggiore è gestire tre figli, un marito giramondo e le riunioni di redazione.
May e Bee non potrebbero essere più diverse. Cultura, religione, chilometri, tutto le separa. Eppure, quando una mail le mette in contatto, diventano amiche. Si raccontano le loro giornate, e i resoconti di May diventano una sorta di diario travagliato dell’Iraq di oggi. Un paese schizofrenico dove le ragazze si truccano e si sciolgono i capelli appena arrivano a scuola, per poi ricomporsi prima di uscire, e una figlia può venire ripudiata per aver sposato un uomo più giovane e di condizione inferiore. Un paese in cui Jane Austen non è così incomprensibile, tutto sommato.
Sul filo dei giorni, però, le parole di May perdono il tono leggero per far spazio alla paura. Le milizie fanno strage dei sunniti, come suo marito, e l’unica salvezza per loro è abbandonare il paese. Ha inizio così una lotta contro il tempo, che farà scoprire a May e Bee di essere ancora più amiche di quanto credessero.
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Il libro accompagna i lettori lungo le strade del mondo: dal Malawi, per la Val di Non, sulle coste del Sinai, per poi narrare il fascino di un luogo, l'emozione di un incontro, la magia di un momento, le abitudini, la storia, le leggende di un popolo. A volte gli itinerari conducono vicino, quasi dietro l'angolo, altre volte le mete sono più esotiche, ma c'è sempre una piccola scoperta da fare o un ricordo da risvegliare. Il video propone due itinerari insoliti in Italia: "Viaggio nel Parco del Delta del Po", a bordo di una barca in compagnia di gabbiani, volpoche e altri volatili alla scoperta dei nidi delle spatole, fra i canali delle Valli di Comacchio, e "Val di Non, sulla via dei santuari", un itinerario immerso nella spiritualità.
Nel 1966, in procinto di lasciare la Svizzera per Manchester, Sebald mette in valigia i libri di tre scrittori destinati a segnare per sempre la rotta dei suoi incessanti viaggi letterari. Per questo, più di trent'anni dopo, sente di dover rendere a Gottfried Keller, Johann Peter Hebel e Robert Walser un personale tributo, assecondando ancora una volta "quello strano disturbo del comportamento che costringe a trasformare tutti i sentimenti in parole scritte e che, pur mirando alla vita, riesce sempre con sorprendente precisione a mancare il centro". In realtà, nel seguire in queste "note marginali d'una certa ampiezza" le tracce dei suoi autori prediletti - cui negli anni si sono aggiunti Rousseau e Mörike -, Sebald indaga le derive compulsive della scrittura, che finiscono per rendere chi ne è colpito il più inguaribile tra i "malati di pensiero". Ne riconosciamo gli effetti sul filosofo francese il quale, pur ravvisando "nell'uomo pensante un animale degenerato", arriva a prendere appunti persino sulle carte da gioco; su Walser, che conduce una silenziosa battaglia contro la folle grandiosità del suo tempo e compone in una grafia sempre più minuta, ai limiti del visibile, i leggendari "microgrammi"; e così su Keller, Hebel, Mòrike, la cui arte assomiglia al tentativo di esorcizzare, quasi fosse una maledizione, "il nero garbuglio che minaccia di prendere il sopravvento".
Il manoscritto di "Soggiorni" fu il regalo che Martin Heidegger fece alla moglie per il suo settantesimo compleanno. Heidegger era partito nella primavera del 1962. A lungo frequentata attraverso le parole dei pensatori, il canto dei poeti antichi e i versi di Hölderlin, la Grecia diventava finalmente la meta di un viaggio reale. Lo stile di queste pagine è insolito per un pensatore di cui conosciamo la scrittura densa e pregnante, scevra di riferimenti alla biografia e alle vicende personali. Ma il suo è anche un viaggio "di pensiero", di ricerca, intrapreso sull'impulso di un interrogativo preciso, che ritorna costantemente formulato nelle parole dei tragediografi e dei poeti. E quella Grecia delle origini che inizialmente sembra negarsi, affondata, lontana, sfigurata dal progresso e dalla tecnica, alla fine si rivela, e giunge il momento in cui il viaggio si trasforma in un "soggiorno".
Le lettere di Boris Pasternak alla sua prima moglie Eugenija Lur'e aprono una porta segreta su "scene da un matrimonio" dove l'amore viene lentamente sovvertito dal bisogno impellente dei due protagonisti di affermare il proprio istinto creativo. Il nucleo centrale dello scambio epistolare coincide con i dieci anni del matrimonio con la giovane pittrice, conosciuta nell'estate del 1921, poco prima che i genitori del poeta lasciassero la Russia.
Due amici bloccati in un aeroporto a causa di una forte nevicata... Una giovane donna in una notte lunga una vita... Storie diverse che si intrecciano sino al compimento del destino che unisce tutti. Buon Dio, spero che questa notte non finisca mai. Ho aiutato tanto gli altri, voglio continuare a farlo. Ma questa notte aiuta me stessa, aiutami a capire qualcosa di me. Te ne prego." Così, una giovane donna in una notte lunga una vita. La decisione, la più importante da prendere in solitudine in una casa che è ancora il suo rifugio. Un grande dolore che la blocca e rischia di farle fare un grande sbaglio... E nella stessa notte uno psichiatra ed un professore grandi amici, a cui il desitno fa uno strano scherzo. Li costringe a passare una notte all'aeroporto di Torino bloccati per una grande nevicata. Passeggeri involontari che raccontano le proprie esistenze. Perché avviene tutto questo? Ce lo racconta un vto imprevedibile e consapevole che aleggia e trasporta sentimenti e domande. "