Daniel Varujan nato nel 1884 in Anatolia, morì nel 1915 vittima dell'olocausto del popolo armeno. E' stato definito il Garcia Lorca d'Oriente che approda al canto della speranza, attraverso un percorso di maturazione anche religiosa; le poesie di Varujan, più che liriche sono storie in versi, il suo stile è pieno di immagini e di colori, racconta la vita, le gioie, la preghiera dei semplici, l'amore, la famiglia, l'angoscia per il padre scomparso in prigione, l'orrore dei massacri e la bellezza di un campo di papaveri.
Nella raccolta il cammino verso un'impossibile consapevolezza pare voler scendere ancora più in profondità e insieme ampliare il proprio orizzonte seguendo diverse linee guida. In primo luogo riducendo l'apparenza ironica a favore di dubbi più radicali, per accettare il confronto aperto con la dimensione esistenziale, alla ricerca di un senso che la vita confonde e trascina verso mete non volute. Ancora, componendo i versi per scoprire nuove possibilità formali nella gabbia giocosa dell'acrostico e in composizioni apparentemente "d'occasione". Nella poesia di Erba può esplodere anche una violenza reattiva, condensata a volte fino all'epigramma; ad essa fa da contrappeso un fiducioso abbandono alla natura, sotto il segno della visitazione angelica o del nulla.
L'ultimo viaggio di Simone Martini, da Avignone alla natia Siena, ma anche un viaggio alla riscoperta del mondo, un percorso di purificazione, iniziatico e sapienziale. Un itinerario della mente che riesce a cogliere insieme il minuscolo seme che genera la vita e l'insondabile maestà del cosmo, lo scorrere del tempo e la vertigine dell'eternità.
I temi di queste poesie sono l'amore e la disonestà e furono composte da Wystan Hugh Auden fra il 1932 e il 1939.