Etica e bioetica sono le polarità di un interrogativo che attraversa i comportamenti umani ad ogni latitudine del mondo. La riflessione su di esse si sviluppa all’uscita di un secolo segnato da enormi catastrofi sociali ed ambientali e in un’epoca in cui si tenta di restaurare antiche religiosità e identità. In forma manualistica e critica il testo espone percorsi e dottrine che pongono l’umanità di fronte al suo limite e quindi di fronte alla silenziosa forza della natura. Ciò fa riscoprire il significato di quella virtù che gli antichi definivano come saggezza.
Dariusch Atigetchi propone un tentativo di riflessione unitaria su tre piani (riflessione giuridica, leggi degli Stati e condotta dei fedeli) su una parte rappresentativa degli aspetti coinvolti nel dibattito sulla "bioetica" nel mondo musulmano, vista la continua e quotidiana evoluzione di certi temi. Il testo, scritto in modo semplice e chiaro, fornisce indicazioni indispensabili per tutti coloro che hanno rapporti con il vasto mondo dell'immigrazione islamica: operatori sanitari e sociali, insegnanti e autorità politiche ed amministrative.
Il testo prende le mosse dalla necessità di un rinnovamento della pastorale dei malati. In questa prospettiva sono esaminati due aspetti: l’uno più eminentemente caritativo, l’altro di tipo culturale. Il primo aspetto auspica una maggiore integrazione della pastorale della salute nella pastorale ordinaria: la cura dei malati non può non essere espressione della carità cristiana,con il riconoscimento della persona malata quale risorsa della comunità. La relazione d’aiuto verso i malati, i diritti dei malati e le cure palliative sono alcuni degli argomenti trattati a questo riguardo. Il secondo aspetto interpella tutta la comunità sul senso della salute e della malattia, indagando come si possa recuperare la piena identità del malato, senza che sia ridotto al solo livello biologico e senza che si dimentichi la sua essenziale qualità di soggetto morale,cioè di persona. In questa linea si affrontano temi quali: la malattia secondo il Vangelo, il rapporto tra fede e malattia, eutanasia e accanimento terapeutico.
AUTORE
Michele Aramini, laureato in scienze politi che e in teologia morale,è docente di teologia III e IV presso l’Università Cattolica di Milano e di bioetica presso l’Università telematica UniECampus. Ha pubblicato numerosi volumi, alcuni tradotti in spagnolo,croato,polacco.Tra questi ricordiamo:Eutanasia. Commento giuri dico-etico alla nuova legge olandese (Milano 2003); Introduzione alla bioetica(Milano 20032). Per Paoline Editoriale Libri nella stessa collana ha pubblicato: Etica dei trapianti di organi. Per una cultura della donazione(1998); La procreazione assistita. Scoprire il senso di un nuovo modo di nascere(1999); Pacs, matrimonio e coppie omo sessuali. Quale futuro per la famiglia (20072); Bioetica e religioni (2007); Manuale di bioetica per tutti (2006,nuova ed.2008).
Questo volume, scritto in lingua inglese, propone uno studio interdisciplinare sul mistero della morte, concetto che per la sua complessità viene qui analizzato dal punto di vista medico, biologico, psicologico, ma anche filosofico e teologico. Il volume è l'ultimo della serie STOQ (Science, Theology and Ontological Quest), progetto di ricerca, coordinato dal Pontificio Consiglio della Cultura, a cui collaborano grandi esperti provenienti da diverse università con lo scopo di favorire il dialogo tra scienza, filosofia e religione.
Lo sposo ideale, un matrimonio da sogno. In questo libretto, Paul David Tripp mostra che mantenere i propri sogni nella giusta prospettiva secondo le priorità di Dio può infondere vigore sia a noi che al nostro matrimonio.
In un contesto di prassi medica altamente tecnologica è molto viva la discussione sull'opportunità e il senso delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, impropriamente dette Testamento biologico. Tali Dichiarazioni mettono in rilievo l'importanza dell'autonomia del paziente, anche in condizione di presunta irreversibile incapacità decisionale. Sotto quale profilo questa autonomia può essere un diritto insindacabile? Il dibattito rimanda ad alcune delle grandi questioni della bioetica - "che cosa significa parlare di proporzione delle cure?", "quale è il significato della alimentazione e idratazione artificiale?" , le quali sollecitano un chiarimento di carattere epistemologico "quale è il senso della tecnica nella pratica della medicina?", "quali sono i rapporti e le differenze tra etica e diritto?". L'impegno a rispondere a tali interrogativi sollecita il confronto con la riflessione antropologica fondamentale, la quale è chiamata ad affrontare la questione radicale del rapporto fra salute e salvezza.
Ancora un libro sul corpo: perché? Perché al corpo oggi è assegnato un ruolo di primo piano nella scena della cultura, della politica, dei vissuti individuali. Ma questo protagonismo non lo ha reso più trasparente, ossia più comprensibile nel suo significato, anzi. Come accade con le realtà che si osservano da una distanza troppo ravvicinata, il corpo sembra perdere le giuste proporzioni sotto la lente della medicina, che rischia di considerarlo come semplice organismo - corpo fisico - e dell'estetica, che lo guarda come immagine, pura apparenza. Nell'uno e nell'altro caso, il corpo diventa un qualcosa da sottoporre a controllo e da modificare, nel tentativo di sottrarsi ai limiti del corpo paziente, in modo da dilatare infinitamente il desiderio individuale, di salute, di giovinezza, di bellezza, di vita o di morte. Ma la radicale concentrazione sul corpo porta inevitabilmente alla riduzione del mondo, che finisce per circoscriversi alle esigenze e ai vissuti soggettivi del solo corpo: da qui l'impoverimento delle relazioni personali. Occorre pertanto un'etica del corpo per saper accettare quella sua passività non evitabile o, meglio detto, per saper trasformare la passività in pazienza. Solo attraverso la pazienza, si riesce a decifrare il senso della vulnerabilità e addirittura a imparare da essa. Un'etica del corpo diventa pertanto anche una pedagogia del corpo, guida a quella realizzazione di sé inseparabile dalla crescita nella libertà responsabile.
La dolorosa vicenda di Eluana Englaro pone interrogativi inquietanti non solo ai giudici e ai parlamentari, ma anche a tutti noi. Il libro intende offrire risposte facilmente comprensibili e rigorosamente motivate in modo da aiutare la riflessione di tutti, sia a livello politico e giudiziario dove si decide, sia a livello popolare dove si discute e si medita anche personalmente sul senso della vita e della morte. Nel ricostruire la vicenda di Eluana, nell'esaminare i vari progetti di legge sul "testamento biologico", nel proporre le sfide della libertà, della salute, dell'uguaglianza, della coscienza, il saggio si lascia guidare dalla bussola della dignità umana e dal conseguente principio della indisponibilità della vita.
Immobilizzato da anni nel suo letto, incapace di respirare se non grazie a una macchina, nell'autunno 2006 Piergiorgio Welby - malato di distrofia muscolare progressiva - rende pubblica con un appello diretto al presidente della Repubblica la sua richiesta di essere lasciato morire. Il dottor Mario Riccio, anestesista di Cremona, si assume la responsabilità di fare come Welby chiede: dopo averlo sedato, lo distacca dal respiratore artificiale che lo tiene in vita. Questo è il diario che Riccio ha tenuto durante i giorni della morte di Welby, nel dicembre 2006, e poi nei mesi successivi; è il suo punto di vista non solo sulla vicenda strettamente "medica", ma anche sull'aspro confronto che si è sviluppato in Italia fin dall'appello di Welby; ed è il resoconto dell'iter processuale cui Riccio è stato sottoposto, fino alla sentenza di proscioglimento. La giornalista Gianna Milano, dialogando con l'esperienza umana e professionale narrata da Riccio, ha realizzato un ricchissimo commentario al testo, un contrappunto che restituisce lo sfondo degli eventi in un percorso parallelo: la cronaca, il dibattito politico, bioetico e culturale, i documenti giudiziari che hanno contribuito a una maggior chiarezza su accanimento terapeutico, consenso o rifiuto delle terapie, diritto al morire, cure palliative, testamento biologico ed eutanasia.
L'embrione è persona o no? Come stabilirlo? C'è il dovere di rispettare il naturale processo riproduttivo? E quanto vale questo dovere? A queste domande risponde il libro di Maurizio Mori che in primo luogo ripercorre la storia della moralità dell'aborto in Occidente. Mette poi in chiaro le posizioni in campo a proposito dell'aborto oggi e si interroga sulla giustificazione razionale del divieto di aborto. Il libro si conclude sostenendo che quello dell'aborto è un diritto. Una voce che, utilizzando il ragionamento filosofico, può opporsi, senza urlare, alle posizioni anti-abortiste così enfatiche in questo periodo. Il volume è corredato da un glossario e una bibliografia ragionata.
Le questioni bioetiche affondano le loro radici nella sofferenza, rendendo tormentata la risposta dell'etica. Una sofferenza che deriva dalle forme diverse che nell'età della tecnica assume la vulnerabilità, intesa come la continua esposizione al dolore, alla malattia e alla morte che segna la condizione umana e ci affida alla "cura". Fare della vulnerabilità un principio bioetico fondamentale, come nella Dichiarazione di Barcellona del 1998, significa indicare una "via" per dar voce al dolore dell'esperienza del limite che rimane dietro il "caso bioetico". Ripensando l'autonomia alla luce della vulnerabilità, integrando l'approccio dell'etica dei principi con quello dell'etica della cura, il testo propone una rilettura di alcuni temi della bioetica: la responsabilità verso il futuro, il rispetto per la persona, i modelli di relazione paziente-medico, le scelte dell'etica del morire, la rinuncia alle cure. Ne emerge la proposta di una "bioetica della cura" che, pur tra difficoltà teoriche, mostra le potenzialità di una "bioetica della solidarietà".