Narra un antico testo persiano che quando Giuseppe fu messo in vendita dai suoi fratelli si presentarono molti compratori, tra cui una vecchia che stringeva alcuni gomitoli di lana."Anima semplice" le disse il sensale "come puoi comprare un simile gioiello di schiavo con i tuoi gomitoli?" "Lo so che non potrò comprarlo" rispose la vecchia "mi sono messa in fila perché amici e nemici possano dire: anche lei ci ha provato". La vecchia, spiega Luisa Muraro nelle prime pagine del suo nuovo libro, è un esempio dell'anelito di chi cerca e, pur sapendo che non potrà mai raggiungere lo scopo, non rinuncia ad avvicinarsi. Cosa sarebbe, infatti, la vita senza grandi desideri? Nella cultura che cambia senza andare avanti, in un'economia che si espande ma non fa crescere né la gioia né il senso di sicurezza, nella vita che sembra tutta un mercato, con l'umanità stretta fra il troppo e troppo poco, traspare l'intuizione che il reale non è indifferente al desiderio e non assiste indifferente alla passione del desiderare, nonostante ci capiti spesso di fare l'esperienza di una loro apparente, reciproca estraneità. Come per la vecchia della lana, ci sono tanti modi di "andare al mercato", scrive Luisa Muraro, contro la parzialità della ragione e a difesa delle "illusioni" che la poesia e la religione ci aiutano a intrattenere oltrepassando il livello del conformismo, forti nella certezza di essere destinati a qualcosa di grande.
Il contributo filosofico di una grande figura del secondo Novecento
Lanza del Vasto è stato studente a Pisa dove si è laureato in Filosofia e dove ebbe la sua prima conversione; la seconda fu quando, nel 1938, restando cattolico, si pose al servizio di Gandhi. Dall'India ritornò per fondare delle Comunità sul modello gandhiano, che si sono poi diffuse in vari paesi d'Europa e del mondo. Per quasi tent'anni ha insegnato ovunque una sua maniera specifica di concepire la nonviolenza e con essa un cristianesimo rinnovato; il tutto all'interno di una particolare concezione filosofica elaborata durante la giovinezza. Questo pensiero folosofico fu oggetto della sua tesi di laurea pisana e venne da lui rielaborato per tutta la vita intrecciando sistematicamente matafisica, teologia, etica ed estetica, dandolo poi alle stampe con il titolo La Trinité Spirituelle(1971). Il 26-27 gennaio 2007 si è svolto a Pisa un convegno che per la prima volta ha valorizzato il Lanza del Vasto filosofo. E' risultata una filosofia che unisce strettamente pensiero e pratica di vita, e che, nel panorama del XX secolo, è sicuramente originale per aver superato la divisione tra Occidente ed Oriente, mediante una riflessione profonda sui temi fondamentali della filosofia dei due mondi.
Contro la proliferazione dei bisogni e dei consumi: il testamento intellettuale di un pioniere dell'ecologia
"Che noi si sia dominati dal nostro lavoro è un'evidenza da centosettanta anni. Ma non lo è il fatto che siamo dominati nei nostri bisogni e desideri, nei nostri pensieri e nell'immagine che abbiamo di noi stessi. Questo tema appare già ne Il traditore ed è sviluppato in quasi tutti i miei testi posteriori.. Partendo dalla critica del capitalismo, si arriva all'ecologia politica che, con la sua indispensabile teoria critica dei bisogni, conduce di ritorno ad approfondire e a radicalizzare ancora la critica del capitalismo. Non direi dunque che c'è una morale dell'ecologia, ma piuttosto che l'esigenza etica di emancipazione del soggetto implica la critica teorica e pratica del capitalismo, della quale l'ecologia politica è una dimensione essenziale."
Oltre la fantasmagoria dello spettacolo e delle merci, di fronte alla violenza e allo sfruttamento, la riflessione filosofica cerca nel passato l'imprevedibilità del presente
Alla fine del secolo passato - nell'euforia dilagante della New Economy e dei processi finanziari globali - l'idea della fine della storia divenne senso comune: sembrava possibile una sorta di "capitalismo pacificato", disposto a superare ogni conflitto e a rimodulare giocosamente le memorie e gli stili del passato. Le tragedie del '900 potevanno essere dimenticate: una "realtà virtuale", immateriale, prometteva di liberarci dai pesi del corpo e della materia, divulgando l'illusione che la violenza e lo sfruttamento fossero sul punto di svanire dalla storia, lasciando il posto a una pace universale. Certo, già allora per credere a tale utopia bisognava essere ciechi alla contemporanea distruzione delle altre culture in ogni parte del mondo o salutarla come un progresso benefico e inevitabile. Oggi è fin troppo facile dire che nessuna utopia ha subito più cruda smentita. Questa constatazione ci impone l'esigenza di dare un'altra lettura e un'altra teoria di quegli stessi fenomeni: perché il lavoro immateriale non ha prodotto forme di liberazione ma colonizzazione e sfruttamento delle capacità mentali dell'uomo? Perché fuori dell'Europa si concentra comunque una densità ed una violenza di sfruttamento che non ha nulla da invidiare all'accumulazione originaria della prima rivoluzione idustriale? Perché la tecnica digitale invece di potenziare la comunicazione tra gli uomini, crea uno spazio astratto in cui i singoli faticano a mantenere la propria identità? Questo libro rievoca autori e forme di pensiero del '900 che possono aiutarci a rispondere a tali domande e propone una riflessione sulla società dello spettacolo sia nella sua forma democratica che in quella totalitaria. Il possibile è ciò che sorge oltra la fantasmagoria dello spettacolo e delle merci, che, seducendo la nostra immaginazione, ci lascia al contempo schiavi di una esistenza immutabile.
Umberto Bresciani, nativo di Cremona, ha conseguito il dottorato in Lettere cinesi alla National Taiwan University di Taipei, Taiwan. Attualmente è docente presso l’Università Cattolica Fujen di Taipei. Esperto dei temi attinenti al dialogo religioso e culturale con il mondo cinese, ha pubblicato, in particolare, Reinventing Confucianism. The New Confucian Movement (Taipei 2001)
Descrizione
Il pensiero cinese contemporaneo appare fortemente contrassegnato dal cosiddetto movimento dei “Nuovi Confuciani” (New Confucian Movement). Opponendosi al radicale rifiuto del confucianesimo operato da molti intellettuali cinesi del XX secolo, questo movimento si propone di recuperarne i valori, facendo proprie al tempo stesso le istanze di modernizzazione provenienti dalla cultura occidentale. Esso ottiene oggi sempre più favore in Cina, contendendo il predominio culturale al marxismo e al liberalismo.
Il libro offre un’ampia e dettagliata introduzione alla filosofia cinese contemporanea e a questo importante ambito ancora poco noto al mondo occidentale. Vengono qui presentate la storia e le principali dottrine del movimento, approfondendo le figure degli esponenti di tre generazioni, dal 1921 ad oggi. Frutto di una ventennale e minuziosa ricerca delle fonti e e corredata da ricca documentazione, la ricerca, già pubblicata in lingua inglese, ha ricevuto ampi apprezzamenti dalla comunità accademica internazionale.
Ernst Jünger e Carl Schmitt, pur avendo fatto parte di quella grande corrente di pensiero anti-moderno che fu la Rivoluzione Conservatrice, hanno avuto come tratto comune quello di aver anticipato le trasformazioni e le pulsioni del nuovo secolo. Questi due grandi pensatori tedeschi si sono lasciati alle spalle, almeno dal punto di vista dell'elaborazione teorica, 'esperienza traumatica dei conflitti mondiali e dei totalitarismi e, sin dal primo dopoguerra, hanno intercettato le degenerazioni e le fughe in avanti della modernità. Lo hanno fatto con stili e vocazioni diversi, pur percorrendo per larghi tratti sentieri paralleli.
L'Autrice, con questo saggio che è frutto della sua ricerca dottorale, si propone di valorizzare il pensiero di Hannah Arendt non sul piano immediatamente politico, come è avvenuto nella pubblicistica recente, bensì sul versante ontologico, che precede e determina il politico, anche nelle decisioni più vicine all'uomo d'oggi. Hannah Arendt sottopone la modernità ad una critica al fine di far emergere gli aspetti che riducono gli spazi di libertà degli uomini e minacciano la stessa costituzione e stabilità dell'identità personale. Quest'ultima, sostiene l'Autrice, può essere garantita solo all'interno di una sfera pubblica di reciproco riconoscimento e libera discussione perché "non l'uomo, ma gli uomini abitano questo pianeta. La pluralità è la legge della terra".
"La guerra è il delitto perfetto. Anzi, di più. L'autore del delitto perfetto resta non scoperto e perciò impunito. L'autore della guerra è invece scopertissimo, anche perché si esibisce e si gloria del suo delitto. Resta impunito perché la guerra si fa legge sopra ogni legge, e perché non manca mai chi teorizzando identifica il fatto col valore, l'imposizione violenta con il diritto, e convince le vittime (uccisori e uccisi) alla rassegnazione". È uno dei pensieri che formano questo libro di Enrico Peyretti, studioso di Gandhi e della nonviolenza, tra i fondatori del mensile torinese "Il foglio", collaboratore di "Servitium" e di "Rocca". Si tratta appunto di una raccolta di fulminanti, profondi pensieri contro la guerra e la violenza, ma soprattutto che scavano con ostinazione dentro la possibilità, la necessità, l'urgenza di costruire una cultura della nonviolenza, che parta dalla persona e arrivi alla politica.
Un appassionato lavoro di ricerca sui fondamenti, a partire dalle domande delle nostre scienze messe a confronto con i risultati della logica e della metafisica delle grandi sintesi del pensiero greco e medievale.
La scienza morale si presenta, il più delle volte, come una riflessione orientata a definire la natura della coscienza e del suo rapporto con la legge. Il presente libro intende invece mostrare come e quanto sia più fondamentale un’impostazione etica che, senza misconoscere l’esigenza di cui sopra, presti la dovuta attenzione ai problemi deontologici posti dai diversi ambiti dell’attività umana.
L’etica si propone però, in particolare, di condurre un trattamento logico della questione, assai antica, concernente lo stesso e l’altro, insomma la relazione, tra un Io singolo e i condizionamenti che nascono dall’iscrizione del «soggetto» in un insieme interumano.
Autostanza e relazione: il saggio ha l’obiettivo di rilevare che la singolarità di ciascuno, la sua «autostanza», o il fatto che gli tocchi il compito di «stare in piedi da sé», non si inscrive a margine dei rapporti che sono quelli di ogni soggetto singolo con la totalità dell’ambiente umano.
Il solipsismo del soggetto può essere evitato solo se il soggetto stesso accetta di agire a partire dalla relazione che intrattiene con l’altro. In un atto di duplice «riconoscimento», di se stesso e dell’altro.
Autore
Filosofa, pensatrice politica, poetessa, Hannah Arendt (1906-1975) è stata una delle più grandi personalità del XX secolo. Raramente, come nel caso di questa donna straordinaria, percorso intellettuale ed esperienza biografica presentano un intreccio così profondo. Il suo pensiero, che ha avuto e continua ad avere un'eco cosi vasta m tanti campi del sapere, non è il risultato di un'attività puramente speculativa, ma porta con sé il riflesso di un'esistenza avventurosa, a tratti drammatica, e soprattutto vissuta con costante passione. Quando negli anni venti si laurea in filosofia con Karl Jaspers, le donne all'università sono ancora un'eccezione. Ad appena ventidue anni, ha già alle spalle una storia d'amore con il più grande filosofo del secolo, Martin Heidegger; un'esperienza destinata a segnarla per tutta la vita, sia dal punto di vista personale che intellettuale. Ebrea, costretta alla fuga a causa del terrore nazista, ripara in esilio dapprima a Parigi e, dopo un lungo peregrinare, in America. La vicenda di questa donna eccezionale rispecchia la storia di un secolo e di due continenti. Può essere letta come una testimonianza di coraggio e di impegno politico, entro l'orizzonte di un pensiero filosofico che invita all'amicizia e all'amore verso il mondo.
E' questo non solo l'ultimo libro di Hannah Arendt ma anche il coronamento finale della sua "vita activa". Rimasto incompiuto, si sarebbe dovuto comporre di tre parti: restano le prime due e un abbozzo della terza. La prima, dedicata al Pensare, si domanda dove si trovi l'io che pensa, quali siano il suo spazio e il suo tempo, concludendo che esso si pone tra passato e futuro, tra la memoria del non più e l'attesa del non ancora. Qui, nel presente del pensare, l'angelo della storia ferma talvolta il suo volo e ci fa essere liberi. Ed è proprio alla libertà che è dedicata la seconda parte, quella che studia una nozione sconosciuta ai greci antichi: il Volere. Solo il cristianesimo si pose infatti il problema di come conciliare la fede in un Dio onnipotente con le esigenze del libero arbitrio. E dal cristianesimo tale questione arriva sino all'epoca moderna, allorché la volontà si scontra con la legge di causalità, o quando ci si sforza di farla convivere con le leggi della storia. In appendice gli appunti della terza parte, dedicata al Giudicare.