DESCRIZIONE: Che cosa avviene quando esprimiamo un giudizio di valore, quando diciamo: «questo è bene e questo è male»? È evidente che il giudizio implica una relazione, in quanto ogni singolo, ogni ente, è di per sé moralmente indifferente; è pertanto necessario interrogarsi su questa stessa connessione, sempre particolare: con un disvalore e con un valore, con una volontà. Il tema del male, che costituisce l’argomento centrale dei due dialoghi (del 1817), funge anche da pretesto per offrire un esempio di metodologia. Da qui il confronto con la presunta cogenza argomentativa di Spinoza, con la tesi del male radicale di Kant e con il modello idealistico di Fichte nel trovare una fonte prima e ultima del male. Al vuoto formalismo kantiano di una libertà trascendentale e di un imperativo categorico astratto, Herbart oppone il proposito di individuare principi morali che, pur validi universalmente, insieme salvaguardino il particolare.
A tal fine, con tono leggero, stile limpido e sprezzante, Herbart definisce per via di separazione e distinzione cinque «idee pratiche», tutte necessarie, che starebbero a fondamento della morale per far fronte all’incognita del male: libertà interiore, perfezione, benevolenza, diritto, equità.
COMMENTO: La riflessione sul male in forma di dialoghi, scritti da uno dei maggiori filosofi e pedagogisti dell'800 tedesco.
JOHANN FRIEDRICH HERBART (1776-1841), filosofo e pedagogista tedesco allievo di Fichte a Jena, rivendicò la necessità di un ritorno a Kant per confutare l’idealismo tedesco. Tra le sue opere tradotte: La rappresentazione estetica del mondo considerata come compito fondamentale dell’educazione (Armando 1996); Pedagogia generale derivata dal fine dell’educazione (La Nuova Italia 1997); Metafisica generale con elementi di una teoria filosofica della natura. Parte sistematica (Utet 2003); Il fondamento del sistema platonico (Le Lettere 2007).
DESCRIZIONE: Kierkegaard è per antonomasia il filosofo dell’esistere contemporaneo, di ciascun uomo nei confronti di tutti gli uomini. Come egli propone in Il concetto dell’angoscia, l’umanità, a differenza di tutte le altre specie, è composta da individui ciascuno dei quali è se stesso ed «insieme» la specie tutta. Ogni individuo è Adamo, e pecca di nuovo insieme a lui, in modo altrettanto «originale», e così contribuisce a mutare la propria umanità, insieme a quella di Adamo e di ogni altro uomo.
Le vie su cui Kierkegaard particolarmente insiste per l’accesso dell’uomo all’autenticità del proprio esistere sono: la «ripetizione-ripresa», il «pentimento» e il «perdono». Vie sulle quali si soffermano i saggi qui raccolti, nella consapevolezza che nessuna di queste categorie esistenziali può essere oggetto né di constatazione né di dimostrazione. E tuttavia è grazie a queste categorie – da lui coniate – che Kierkegaard ha saputo dare nuovi nomi al mistero dell’esistenza.
COMMENTO: Una ricognizione sui temi della ripresa, del pentimento e del perdono nel pensiero del filosofo danese, scritta dai maggiori specialisti a livello internazionale.
L'autore in queste pagine traccia un bilancio e fornisce un'interpretazione sullo stato attuale del capitalismo che, dopo gli eventi del 1989, sembrava avviato ad una crescita illimitata, e che invece e' destinato a un declino irreversibile.
Qual è il momento in cui la passione di Frank e Cora diventa tragedia? Quando escogitano un piano per uccidere l'anziano marito di lei? Quando lei muore e lui viene accusato di averla assassinata? O prima, quando fanno l'amore la prima volta, torbidamente, senza respiro, come chi pensava di essere spacciato e invece trova una via di scampo? O forse, la tragedia era là da sempre, prima del primo sguardo, prima di tutto, perché le loro vite erano già tragedia incombente, disperazione e solitudine. Questo è "II Postino suona sempre due volte". Questo è il noir. E non è solo la storia di un uomo e una donna, di Frank e Cora. È il riassunto di tutti i grandi temi della filosofia moderna. Perché dietro alla cupezza, alle trame claustrofobiche, alle femmes fatales, agli amori disperati dei noir e dei thriller moderni, c'è molto di più. Dietro il Bogart del Falcone Maltese, dietro il Quinlan di Orson Welles e fino al Pulp Fiction di Tarantino, si intravedono gli esistenzialisti francesi, Sartre, il pessimismo, il nichilismo di Nietzsche. Sono storie di sconfitte, di personaggi perduti, disillusi, condannati a un tragico destino, ma che fino all'ultimo si arrabattano e combattono come Prometeo. Insomma non c'è modo migliore per capire la filosofia che immergersi in un libro o in un film noir. La filosofia moderna, da Schopenauer a Freud, ma anche quella antica perché per spiegare il nostro lato oscuro servono anche Socrate, Platone e Aristotele.
"Che cos'è il perdono se non un po' di tempo in più, un tempo in più per far evaporare la vendetta, un tempo in più perché il male sia sconfitto?" Ma in che lingua si parla questo tempo che deve passare? È davvero possibile immaginare una "scena di perdono senza un linguaggio condiviso", come si è chiesto Jacques Derrida? Bruno Moroncini torna su questo problema, passando il perdono al vaglio della pratica della tradizione, che implica il passaggio da un linguaggio a un altro, e dunque la consegna ad altri di un messaggio di cui si rischia sempre di perder l'essenziale. La traduzione torna a incrociarsi con la tradizione, con la trasmissione dall'uomo all'uomo, per misurarsi con le turbolente e drammatiche istanze del nostro presente. In appendice, "Il secolo e il perdono" di Jacques Derrida.
Il libro è il ritratto della crisi religiosa e filosofica verificatasi agli albori del mondo moderno, ai tempi di Newton, Cartesio, Rembrandt e, soprattutto, di Leibniz e Spinoza, il logico e matematico inventore del Calcolo. Al centro del racconto è Dio. Lo scenario è quello di un'Europa appena uscita dalla guerra dei Trent'anni, segnata dalle difficoltà di un'altissima conflittualità religiosa, scossa da rivolgimenti politici altrettanto profondi. Le due "idee" del divino che Leibniz e Spinoza elaborano sono tutt'altro che estranee a questo sfondo, rispetto al quale emergono come conseguenze e contromisure. L'autore contribuisce a fare di questa ricostruzione del passato un'immagine ben viva per l'attuale panorama politico, diviso tra rinascite di vario segno, dai neoilluminismi ai neotradizionalismi cristianeggianti.
Jean-Luc Nancy riesce a tratteggiare con misura e leggerezza i contorni fondamentali della questione fondamentale del volume: che cosa significa essere giusti, in che senso la giustizia non è solo applicazione della legge, qual è la tensione tra l'universalità della legge e la singolarità irripetibile delle persone sottoposte a essa, che cosa significa dare a ciascuno secondo i propri bisogni, che cosa sono i "bisogni" di cui parlava Marx. Tutto questo, senza rinunciare a un discorso rigoroso, capace di problematizzare le cose dette e le opinioni correnti, e senza rinunciare al tentativo di parlare anche ai più lettori più giovani.
I lavori di Kurt Gödel (1906-1978), considerato il più grande logico dopo Aristotele, uniscono la trasparenza della logica agli oscuri miraggi della magia, una combinazione da cui deriva il fascino tutto speciale del loro autore, un personaggio schivo e imprevedibile che, con Einstein, Schrödinger, von Neumann, Crick e pochi altri, ha a buon diritto un posto tra i protagonisti del Novecento responsabili della chiusura definitiva con il passato e della proiezione nel futuro. Ma queste grandi figure della scienza sono spesso ridotte a simboli caricaturali di una divulgazione semplificata, così che, se per Einstein si dice che tutto è relativo, nel caso di Gödel si citano i limiti della ragione, o addirittura la giustificazione della fede. Evitando ogni imprecisione e approssimazione, Gabriele Lolli sgombra il campo dalle versioni inesatte ed esagerate del pensiero gödeliano facendo luce, con uno stile chiaro e accessibile, sui temi che più colpiscono i non specialisti: la completezza logica, l'incompletezza e l'indecidibilità della matematica formale, la teoria degli insiemi, le origini dell'informatica, la filosofia della matematica.
In questo libro Bernard Williams si confronta con l'etica antica, ritrovata più in Omero e nei tragici che nei filosofi. Nell'intento di sottolineare alcune somiglianze - tradizionalmente non riconosciute - tra le concezioni antiche e quelle moderne, l'autore concentra l'attenzione sulle fonti letterarie antiche per tracciare una sorta di mappa concettuale di idee quali quelle di agente morale, azione responsabile, vergogna, rimorso e necessità. Ciò che ne risulta è una sostanziale identità di contenuti tra quei concetti e i loro corrispondenti moderni: le idee morali di oggi sono, in realtà, più vicine a quelle dei greci di quanto non si possa credere. Pur senza voler in alcun modo negare l'alterità o sopravvalutare la modernità dei greci del V secolo, l'autore sottolinea come il mondo in cui si vive sia, in ultima istanza, una creazione europea guidata dal passato greco.
"Il fenomeno generale dello 'spazio pubblico', che si produce già in interazioni semplici, mi aveva sempre interessato per via della misteriosa facoltà per cui l'intersoggettività concilia elementi diversi senza equipararli l'uno all'altro. Gli spazi pubblici fanno intravedere strutture di integrazione sociale. Nelle società moderne, è specialmente lo spazio pubblico politico della comunità democratica ad acquistare importanza per l'integrazione della società. Infatti le società complesse possono tenersi insieme soltanto grazie alla solidarietà astratta e giuridicamente mediata fra cittadini dello Stato. Tra i cittadini che non possono più conoscersi personalmente, una fragile comunanza si può creare e riprodursi soltanto tramite il processo di pubblica formazione dell'opinione e della volontà. La condizione in cui si trova una democrazia si può accertare solo sentendo il polso del suo spazio pubblico politico." Habermas torna ad analizzare il rapporto tra sfera pubblica e privata, in tre saggi sulla intersoggettività dell'essere umano, l'unico in natura che possa essere definito 'animale politico': vale a dire vivente nello spazio pubblico.
Agire a livello terapeutico attraverso una "terapia concettuale". È questo il punto di partenza di Jonathan Lear che in questo libro propone una problematizzazione dell'impianto concettuale delle discipline psicologiche. Attraverso una rilettura creativa del pensiero freudiano Lear discute alcuni concetti fondamentali della tradizione psicoanalitica: soggettività, oggettività, eros, interiorizzazione e transfert; analizza inoltre le teorie di Hans Loewald e Paul Gray mostrando in quali punti coincidono e in quali contrastano; suggerisce la possibilità di un ruolo centrale e positivo dell'ironia, spesso esclusa dal dialogo psicologico perché fraintesa o confusa con il sarcasmo. Ed è proprio attraverso l'ironia che da "L'azione terapeutica" emerge un'interpretazione del tutto nuova dei consolidati concetti di base della psicologia. Il libro vuole essere un invito rivolto a psicologi, psicoanalisti e psichiatri affinché rinnovino il loro impegno per la fondazione concettuale della loro pratica. Il lettore attraverso queste pagine, caratterizzate da un linguaggio semplice e comprensibile, potrà ripercorrere gli insegnamenti di Freud alla luce di una nuova interpretazione.
Un saggio sulla compassione.