Tra le opere minori giunte sotto il nome di Aristotele, il "De mirabilibus auscultationibus" è una rassegna di resoconti fantastici, di leggende, di strane storie sempre presentate come verosimili anche se incredibili. Aristotele non intende quindi fare mitologia, ma una sorta di scienza descrittiva del fantastico e del meraviglioso. Tra le cose mirabili che lo scritto presenta nella sua puntigliosa catalogazione troviamo anche notizie curiose sui luoghi geografici dell'Italia greca e della Sicilia e sugli effetti strabilianti di sostanze chimiche allora sconosciute. La presente edizione è curata da Gabriella Vanotti, docente di Storia greca presso l'Università del Piemonte Orientale, che nell'introduzione dà conto delle numerose fonti a cui l'autore può avere attinto; il testo greco a fronte riproduce con alcune varianti la classica edizione del Bekker; infine l'ampio commento e la bibliografia completano l'opera con un aggiornato status quaestionis.
Fra i molti elementi controcorrente che resero celebre Schopenhauer presso una ristretta cerchia di contemporanei e contribuirono nel Novecento a trasformarlo in oggetto di culto per una ben più folta schiera di appassionati vi è senz'altro la lungimirante apertura nei confronti del mondo, della cultura e della religiosità dell'Oriente, in particolare dell'India. Alcuni, da Nietzsche a Hesse, videro in ciò il segno di una inarrivabile libertà intellettuale: per Schopenhauer non la Grecia, non Roma, non il Cristianesimo rappresentano la culla e l'età dell'oro dell'umanità - e, quindi, dell'Europa - bensì l'India, il Brahmanesimo e il Buddhismo. Certo egli non fu il solo a pensarlo, giacché una sorta di indomania caratterizzò l'intera cultura romantica. Schopenhauer fu però il primo e unico filosofo a inserire organicamente l'India in un poderoso sistema di pensiero, facendone il cardine della sua metafisica e della sua etica: "Buddha, Eckhart e io insegniamo nella sostanza la stessa cosa" annotò due anni prima della morte, consapevole di imprimere così il proprio sigillo di verità a un'opera destinata a permanere.
Un classico della filosofia riproposto in una nuova traduzione filologicamente rigorosa, accompagnata da un commento autorevole, chiaro e approfondito. Le confutazioni sofistiche sono il sesto e ultimo trattato delle opere aristoteliche concernenti la logica e la dottrina della scienza che la tradizione ha radunato sotto il titolo di Organon.
Il volume presenta tutte le opere del grande filosofo, a eccezione della "Grammatica ebraica", ritenuta dai più intraducibile. Scritti talvolta in olandese ma soprattutto in latino, i suoi trattati rappresentano uno dei caposaldi della filosofia occidentale: oltre all"'Etica" i lettori potranno così leggere, ciascuno con un'esaustiva introduzione e ricche note, il "Breve trattato", il "Trattato sull'emendazione dell'intelletto", i "Principi della filosofia di Cartesio" con l'appendice delle "Riflessioni metafisiche", il "Trattato teolofico-politico" e il "Trattato politico". Di tutti i testi si danno nuove traduzioni, condotte con assoluta coerenza terminologica. Completano il volume le "Lettere" che, suddivise per corrispondenti, contribuiscono a mettere in rilievo discussioni connesse alla genesi di specifiche opere.
Tra le opere minori giunte sotto il nome di Aristotele (e oggi di discussa autenticità), la "Fisiognomica" tratta della corrispondenza tra i caratteri degli uomini e gli attributi somatici esterni del viso e del corpo; per esempio, gli occhi grandi e sporgenti indicano un carattere intemperante, lo sguardo denota sempre una disposizione d'animo, o più in generale i temperamenti interni corrispondono al rossore, al pallore, alla scurezza o all'ittero del viso. Nella prima parte, lo scritto si concentra sulla fisiognomica umana, mentre nella seconda l'analisi è estesa anche agli animali. A partire da questo scritto e nel corso della sua lunga storia, la fisiognomica come disciplina è stata sempre connotata da un'ambivalenza teorica essenziale: quella di essere una "quasi scienza", a metà tra divinazione e razionalità, tra mantica e medicina, una disciplina che da un lato affonda le sue radici nel sapere di tutti e nella superstizione, e dall'altro si propone un rigore scientifico-metodologico e si fonda su postulati precisi, quali il rapporto di interdipendenza tra caratteristiche fisiche e psichiche e la corrispondenza biunivoca tra segno sensibile e relativa affezione interna. La traduzione, con introduzione, note e apparati è a cura di Maria Fernanda Ferrini, docente di Letteratura greca all'Università di Macerata. Il testo greco a fronte è quello di 1. Bekker (Berolini 1831), di cui viene conservata la numerazione delle pagine e delle linee.
Eunapio di Sardi, nato nel 347 d.C., fu un retore e uno scrittore che visse nel periodo più turbolento dell'Impero romano (da Giuliano l'Apostata ad Arcadio, figlio di Teodosio) e che raccolse le biografie dei filosofi e dei sofisti dell'età imperiale romana dal 270 al 405 d.C.; in esse narrò le vicende dei Neoplatonici dalla morte di Plotino sino alla diffusione del neoplatonismo, grazie agli allievi e continuatori quali Porfirio e Giamblico, nelle scuole di Alessandria, di Atene e di Costantinopoli; si hanno così ventitré biografie modellate sulla falsariga di Diogene Laerzio e di Filostrato, che offrono le storie dei pensatori pagani e dei letterati greci in un tempo di conflitto religioso e di crisi, tra paganesimo morente e cristianesimo nascente.
Dopo quasi ottant'anni, questo saggio conserva intatta la sua carica "eversiva" contro il pregiudizio e i luoghi comuni. Nel 1929 fu considerato scandaloso dagli ambienti più tradizionalisti. Oggi, molte idee in esso sostenute sono entrate nel dibattito politico e alcune sono state recepite dalla legislazione del diritto familiare. L'impietosa critica del filosofo è contro la religione cristiana, colpevole di aver imposto una morale sessuofobica. In realtà, Russell non svilisce il ruolo sociale del matrimonio, anzi lo considera "la migliore e più importante istituzione che possa esistere tra esseri umani". Anche la vita sessuale, per essere del tutto soddisfacente, non può essere disgiunta da una profonda intesa affettiva. Ma l'analisi va oltre, coinvolgendo figli, contraccezione, divorzio, omosessualità, salute e istruzione pubblica, in una riflessione ricca di stimoli su temi di perenne attualità. (Prefazione di Piergiorgio Odifreddi)
Tutti i frammenti di Democrito, grande sistematore dell'atomismo antico, in una raccolta compilata dal filologo russo Salomon Luria durante il periodo dello stalinismo. Luria raddoppia per estensione la classica raccolta tedesca di Diels-Kranz (appena uscita in questa stessa collana), offrendo un testo che è anche utile per comprendere l'evoluzione del marxismo sovietico: questo infatti andava alla ricerca di conferme del materialismo filosofico nell'antichità, collegandosi alla tesi di laurea di Karl Marx incentrata sulla differenza fra l'atomismo di Democrito e quello di Epicuro.
Nel 1982, Michel Foucault dedica il suo corso al Collège de France alla "cura di sé". In senso stretto per Foucault si tratta di passare in rassegna le grandi scuole filosofiche dell'antichità, mettendo in luce l'importanza che il pensiero greco prima, e latino poi, assegnavano al principio di "avere cura di se stessi", di occuparsi attivamente della propria crescita spirituale e di "allenarsi" ad affrontare gli eventi futuri senza lasciarsi intimorire e senza lasciarsi trascinare dalle emozioni che tali eventi avrebbero potuto suscitare. Ma l'intento di Foucault non è circoscritto alla ricostruzione storico filosofica: ciò che gli preme mettere in luce è la precarietà dei modi attraverso cui avviene, all'opposto, la formazione dell'uomo moderno.
I due testi qui tradotti sono felicemente complementari. Il primo raccoglie una lunga serie di note che, verso la metà degli anni Trenta, Ludwig Wittgenstein stese in preparazione di un corso di lezioni a Cambridge: il secondo contiene gli appunti che Rush Rhees, suo allievo, amico e futuro esecutore letterario, prese durante una parte di quelle lezioni. Entrambi sono una vivida testimonianza del lavoro filosofico di Wittgenstein e ci fanno con grande chiarezza capire che la scrittura e l'insegnamento erano per Wittgenstein non il deposito, bensì il luogo e l'elemento vitale del suo pensiero: Wittgenstein pensava scrivendo e insegnando. Al centro di queste note e appunti vi è il tentativo di smascherare le immagini (interno/esterno; diretto/indiretto; profondità/superficie) che hanno condotto la filosofia quella che qui Wittgenstein chiama anche "metafisica" o "metapsicologia" - a relegare la nostra soggettività in un interno "superprivato", nascosto e invisibile a tutti eccetto che a noi stessi, formato di "oggetti" mentali privati che l'occhio della mente vede, indica e battezza, E questo rinchiudersi della soggettività in un interno impenetrabile che ha prodotto, di volta in volta, il problema degli altri, reso plausibile l'ipotesi di una mendacità universale, reso attraente, per alcuni, la via del solipsismo, per altri, quella del comportamentismo.
Il pensiero di Marx gode di un'attualità inesauribile in ambiti impensati: in questo scritto del 1843 il filosofo cerca di rispondere a uno dei quesiti politici più sentiti al suo tempo: come comportarsi nei confronti degli ebrei in Europa? La sua risposta è che gli ebrei si possono emancipare solo se rinunciano all'ebraismo, giacché bisogna emancipare l'uomo in quanto uomo: nella società capitalistica nessuno (e non solo l'ebreo) è veramente libero. Il testo, che fu impropriamente utilizzato anche in chiave antisemita dai nazisti, ha pertanto la duplice valenza di ferire la nostra coscienza affinché non dimentichi e non ripeta le tragedie del Novecento e di esaminare una delle vie alternative della cultura occidentale.