I rapporti di Heidegger con il nazionalsocialismo non sono riconducibili al temporaneo disorientamento di un uomo la cui opera filosofica continuerebbe a meritare ammirazione e rispetto -come molti ancora sostengono. Emmanuel Faye, senza mai separare riflessione filosofica e indagine storica, propone una lettura degli scritti di Heidegger che rivela quanto egli si sia impegnato per introdurre i fondamenti del nazismo nella filosofia e nell'insegnamento. Nel suo seminario hitleriano dell'inverno 1933-34, Heidegger identifica il popolo con la comunità di razza e sostiene che sia necessaria per il III Reich una nuova nobiltà, esaltando l'"eros" del popolo per il Führer. Successivamente, dopo il 1935, il suo nazismo invece di affievolirsi si radicalizza: nel giugno 1940 presenta la motorizzazione della Wehrmacht come "atto metafisico"; nel 1941 definisce la selezione razziale come "metafisicamente necessaria"; infine, dopo la disfatta del nazismo, le sue prese di posizione sul nazionalsocialismo e i campi di sterminio andranno a nutrire i discorsi dei movimenti revisionisti e negazionisti. Con questa opera, già pubblicata in molti paesi e finalmente anche in Italia, Faye rende evidente il fatto che Heidegger, partecipando all'elaborazione della dottrina hitleriana e ponendosi egli stesso come "guida spirituale" del nazismo, invece che arricchire la filosofia ha distrutto, attraverso essa, ogni forma di pensiero e di umanità.
La storia della critica platonica rappresenta un capitolo di assoluta centralità all'interno delle vicende della filosofia occidentale, che, proprio nel confronto con l'opera immortale del grande filosofo greco, è venuta con i secoli a definirsi nelle sue prospettive di sviluppo fondamentali. Il testo qui presentato in prima traduzione italiana fa parte a pieno titolo di questa storia, dal momento che, per quel che riguarda uno dei contesti più significativi in cui essa si è sviluppata, cioè quello di lingua tedesca, ne costituisce una delle premesse più significative. Il volume rappresenta il documento fondamentale di riferimento di quella tradizione di ricerca sulla filosofia platonica riconducibile al cosiddetto George-Kreis e, in quanto tale, costituisce la fonte di ispirazione per autori quali Kurt Singer, Wilhelm Andreae, Kurt Hildebrandt, Edgar Salin e Joseph Liegles, esponenti di primo piano del dibattito platonico novecentesco. L'opera di Friedemann ripercorre la produzione platonica a partire da alcune categorie ermeneutiche che ne mettono in luce il legame originario con tematiche quali quella della vita, del rapporto fra pensiero e potenza, del corpo, del legame fra eros e dimensione artistita. La possibilità di una comprensione unitaria della "forma" Platone anthe attraverso la mediazione della riflessione di autori quali Wintkelmann, Hölderlin e Nietzsche, permette a Friedemann di individuare la continuità fra tradizione spirituale greca e Kultur tedesca.
"Bello" è un termine che possiede un'ampia gamma di usi. Può esprimere ciò che riconosciamo piacevole ai sensi ("una bella canzone") o ciò che suscita ammirazione e soddisfazione ("una bella serata"). Come sostantivo, "il bello" designa invece il concetto astratto, la specificità stessa della bellezza. Se però andiamo oltre il senso comune occidentale, scopriamo che lo stesso non vale dappertutto. La cultura cinese, per esempio, non distingue fra l'attributo concreto e il valore astratto e, anzi, ha finito per importare la nostra idea di bello solo alla fine dell'Ottocento, proprio quando in Occidente se ne decretava la morte. Da questo decisivo scarto linguistico Jullien prende le mosse per condurre una raffinata riflessione sui limiti e sul valore relativo delle categorie di pensiero più radicate.
A Parma, nei primi mesi del 2011, si è svolto un corso di formazione filosofica aperto a tutti i cittadini. Un corso nato dalla scommessa che fosse possibile far emergere in tutti, indipendentemente dal loro livello culturale o dalla specialità dei loro studi, il gusto per la riflessione filosofica. I problemi fondamentali della filosofia, diversamente da quelli delle scienze, sono infatti affare di tutti, anche se nel corso del tempo hanno ricevuto soluzioni raffinate da parte di pochi esperti. Il progetto si è proposto di riandare alle sorgenti del pensiero, alle ragioni e alle domande cruciali che hanno spinto generazioni di filosofi a elaborare complessi sistemi teorici, ma che nello stesso tempo miliardi di persone comuni si sono sempre poste per orientare meglio le loro vite: nelle relazioni con gli altri o con realtà infinite da cui si sentono avvolte, nel costruire la loro identità, nel lavoro, nella politica, nella sfera della creazione e della fruizione estetica. L'ipotesi da cui è nata l'iniziativa è che potesse stabilirsi un rapporto proficuo tra la sapienza o saggezza spontanea di chi si interroga su questioni attinenti la propria esistenza e il sapere di chi coltiva gli studi filosofici in modo professionale e specialistico. Questo volume raccoglie le nove lezioni che hanno animato il corso.
L'etica inizia dal male o dal bene? Dal rifiuto istintivo di fare del male a un altro o da un sotterraneo "non dimenticare il meglio" che abita ognuno di noi? Riflettendo sulle tormentate lezioni morali del Novecento, l'autrice rilancia una visione dell'etica per la quale il bene, la libertà, la giustizia devono accadere in atti, gesti, giudizi, esperienze singolari e concrete: l'amicizia, l'amore, la fedeltà, la sincerità, il piacere, il dolore, la pazienza, il perdono. In questi momenti centrali della vita morale avviene uno scarto rispetto ai comportamenti che si adeguano all'ordine sociale e balzano in primo piano la spontaneità e la responsabilità individuali. L'immaginazione è il fondamentale organo morale che consente di portare alla luce il tesoro di esperienze morali di cui è intessuta la trama nascosta della vita e che permettono di superare i limiti e le incertezze dell'etica contemporanea. Molto più spesso di quanto pensiamo, l'etica presuppone uno sforzo di immaginazione, un investimento di energie creative che rimescolano i confini di emozione e ragione, corpo e mente, senza confonderli. Per immaginare ci vuole coraggio, l'immaginazione è audace.
Richard David Precht, che insegna filosofia in Germania e negli USA, accompagna il lettore in un entusiasmante viaggio filosofico: 35 località per 35 domande. Si parte con "Che cos'è la verità?", l'interrogativo che riecheggia a Sils Maria, al quale si risponde sulle note di Lucy in the Sky with Diamonds (ma anche con l'aiuto di Nietzsche...). L'itinerario geografico-filosofico si conclude (provvisoriamente) con un'altra domanda, "La vita ha un senso?". Il quesito risuona all'interno della macchina di Matrix e mobilita il sapere dei fratelli Wachowski e Stanislaw Lem, di Platone e Tolstoj, di Cartesio e Luhmann, Douglas Adams e Lewis Carroll... Richard David Precht conosce i maestri del pensiero, ascolta i Beatles e il rap, è fanatico di cinema, ama le fiabe e la fantascienza, è aggiornato sulle più recenti scoperte scientifiche. Soprattutto, è in grado di fare capire, in termini chiari e spesso divertenti, senza alcuna pedanteria, le grandi questioni che da sempre si pongono gli esseri umani, le stesse domande alle quali, da sempre, i filosofi hanno cercato di dare una risposta.
"Non si riesce a comprendere nulla della natura del denaro e delle mirabolanti capovolte che l'uomo compie attorno ad esso se non si passa dal modo d'essere di un soggetto che desidera ciò di cui non ha bisogno e che manca di ciò rispetto a cui non ha mai un sapere chiaro e distinto". Attraverso la lettura di Kafka, Kojève, Simmel, Heidegger, Lacan, Lévinas, una folgorante analisi delle ragioni che portano il soggetto a trasformare un mero strumento in quel fantasma vorace di fronte al quale ogni identità evapora e ogni volto si sfigura. Uno strumento utile per comprendere e smascherare l'inganno per eccellenza del nostro tempo.
Nella storia del pensiero non è infrequente il caso di opere capitali circolate mutile. Di una simile vicenda "Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento" offre un esempio paradigmatico. Alla sua pubblicazione nel 1927, al culmine della elaborazione teoretica di Ernst Cassirer maturata nella cerchia amburghese di Aby Warburg, fu subito chiaro come il Rinascimento assumesse una fisionomia nuova, plurivoca e tutt'altro che pacificata. Attraverso le nozioni di individuo e cosmo venivano alla luce i nuclei etici e conoscitivi della modernità, quali i rapporti tra libertà e necessità e tra soggetto e oggetto. Dalla ricchissima trama di idee, riflessioni e congetture che Cassirer riusciva a intessere attingendo non solo a filosofi, ma anche a scienziati, poeti e retori, si distaccavano per rilievo peculiare i contributi di pensiero di due figure, il tedesco Niccolò Cusano e il francese Charles de Bovelles. A sottolineare la loro centralità, Cassirer poneva in appendice il dialogo "Della mente" del primo e "Il sapiente" del secondo. Entrambi gli scritti risultavano però espunti nella traduzione italiana apparsa nel 1935. Oggi, recuperare l'interpretazione cosmopolita di un'epoca fondante della storia culturale europea ha una valenza che esorbita dal puro ambito storiografico. La prima traduzione integrale, e completamente rifatta, del testo di Cassirer risponde a un'esigenza del nostro tempo: rompere con le prospettive unilaterali.
È ancora molto diffusa l'abitudine di liquidare lo scetticismo con qualche battuta, normalmente sottolineando quali indesiderate conseguenze pratiche seguirebbero dall'abbracciare questa posizione. Eppure questo antico punto di vista è tornato prepotentemente alla ribalta nell'ambito della riflessione filosofica contemporanea. Il principale elemento di novità è che oggi non viene più proposto come una posizione filosofica abbracciata da qualcuno e sbrigativamente accantonabile a causa della sua invivibilità, ma come un inquietante paradosso, che mostra in che modo non abbiamo nessuna delle conoscenze che normalmente riteniamo di avere riguardo agli oggetti fisici intorno a noi. Porre il problema dello scetticismo sotto forma di paradosso ha il merito di mettere in evidenza le reali ragioni per cui lo scetticismo è interessante da un punto di vista filosofico, pur ammettendo che risulti poco concreto sia sul piano pratico generale sia su quello delle nostre prassi teoriche ordinarie. In questo volume si ripercorrono le due correnti filosofiche principali che fanno riferimento allo scetticismo: quella sostenuta da Cartesio e quella teorizzata da Hume. In entrambi i casi, il paradosso scettico solleva questioni cruciali che attengono alla comprensione di aspetti fondamentali della nostra vita cognitiva.
I timori prodotti dalla situazione economica rendono i problemi dell'Europa più fortemente presenti nella coscienza delle popolazioni e conferiscono loro una importanza esistenziale più grande che mai. Ma i politici sono diventati da tempo una élite di funzionari: non sono preparati a una situazione senza paletti di confine, che richiede una diversa modalità di fare politica, una modalità capace di modellare le mentalità.
"Molte persone, quando sentono parlare di filosofia, hanno un sussulto. Alcune di loro si mettono addirittura a tremare: filosofia? Che roba è? Sicuro non mi riguarda. E sbagliano, perché le domande fondamentali della filosofia prima o poi ce le siamo poste tutti: riguardano la morte, la verità, la giustizia, la natura, il tempo. Fare filosofia non è altro che riflettere sulla nostra umanità. Se non vi spaventa il fatto di essere umani, non vi può spaventare la filosofia. Ma chi sono i grandi filosofi? Persone come noi, che nel corso dei secoli hanno manifestato inquietudini per le stesse cose che ci rendono inquieti oggi. La loro storia è la storia delle avventure della ragione, la storia del loro genio e del loro ingegno, una storia in cui non mancano persecuzioni, prigioni e martiri, ma neppure scoperte sorprendenti. Questo libro vuole raccontarla con semplicità, senza pedanterie accademiche, perché chi la legge goda, senza complessi e compromessi, della sua emozione intellettuale". Età di lettura: da 11 anni.
Quando l'affermazione del nazi-fascimo generava, per le coscienze progressiste di tutta Europa, il crollo di ogni speranza, nella sua Tesi di filosofia della storia Walter Benjamin ha provato a indicare una dimensione temporale di libertà davvero rivoluzionaria, in rottura con l'ottimismo lineare e progressivo tipico della modernità, cioè con la storia scritta dai vincitori. Ma se la contemporaneità ha abbandonato ogni grande narrazione, ancora più valido resta il monito di Benjamin a una tensione messianica in cui ogni "secondo è la piccola porta da cui può entrare il Messia".