Questo sussidio suggerisce due occasioni di sicuro richiamo popolare in cui la processione mariana culmina nella celebrazione eucaristica (31 maggio, festa della Visitazione) o vive il suo punto di partenza dalla celebrazione del Risorto (15 agosto, solennità dell'Assunta).
Il mondo è attanagliato da una crisi economica, ma ancor più morale e spirituale, che rende il presente un tempo difficile, carico di inquietanti interrogativi sul futuro. In questo tempo di smarrimento e apprensione, mentre profeti di sventura e amanti del catastrofismo si oppongono a ingenui e superficiali ottimisti, occorre una chiave di lettura del presente che sia autentica, affidabile e capace di delineare lo scenario che va maturando dinanzi ai nostri occhi. Solo così è possibile rispondere alle domande che con sempre maggior apprensione si pongono credenti e non credenti: dove andremo a finire? Che ne sarà del pianeta? Quale orizzonte ci attende? E soprattutto: siamo forse giunti alla fine del mondo? Se sì, chi ci potrà salvare? Per rispondere a queste e tante altre domande, padre Livio, direttore di Radio Maria, conduce un attento esame del contesto contemporaneo, per interpretarne lo sviluppo futuro alla luce della Parola di Dio, del Magistero della Chiesa e dei messaggi che la Regina della Pace offre da oltre trent'anni a Medjugorje. Si profila un tempo di pace all'orizzonte, sempre più vicino, ma difficile da raggiungere; un tempo che ogni anima potrà raggiungere solo in spirito di autentica conversione a Cristo e al suo Vangelo.
Nata in Slovacchia nel 1901 e vissuta poi in Belgio e Ungheria, sin da bambina suor Maria Natalia ebbe il dono di esperienze mistiche da parte di Gesù e della Vergine Maria. Tra il 1936 e il 1943 ricevette le prime grandi rivelazioni: messaggi da diffondere nel mondo e messaggi particolari sul destino dell'Ungheria. Nel 1950 in Ungheria furono soppresse tutte le comunità religiose, ridotte allo stato laicale. Suor Maria Natalia fu costretta a togliersi l'abito religioso (come le aveva predetto la Vergine Maria), si ritirò in un paese di campagna dove, solitaria e sconosciuta, continuò a vivere nella penitenza una vita ricca di eventi mistici-spirituali. Morì nell'aprile 1992, lasciando in eredità una raccolta di messaggi importanti e attuali per i nostri tempi.
Dal 14 febbraio al 15 dicembre del 1876, a Pellevoisin, un piccolo villaggio ad una ventina di chilometri da Châteauroux (Francia), la Madonna apparve ripetutamente ad una povera domestica, Estelle Faguette, di 33 anni, gravemente malata.
Il libro racconta la vicenda di Venanzio Poloni, ristoratore di professione che, sempre desideroso di imparare, fin da giovane intraprende il... giro del mondo, accumulando conoscenze ed esperienze.Uomo semplice, di spontanea e segreta gratuità, Venanzio si interroga e arriva gradualmente ad avvicinarsi alla fede, maturando nella riflessione e in consapevolezza. Attraverso vari pellegrinaggi nei santuari mariani e in particolare a Medjugorje, scopre la devozione alla Vergine Maria e, scopre soprattutto che la vera forza della sua vita è la preghiera: essa diviene per lui una necessità vitale; sente di averne un assoluto e continuo bisogno, come dell'aria e dell'acqua.
L’apparizione della Santissima Vergine sulla montagna di La Salette il19 settembre 1846 secondo il testo originale e autentico pubblicato dalla pastorella Melania Calvat con approvazione ecclesiastica nel 1879.
Lo scopo degli autori non è tanto trovare le ragioni della fede in Maria, ma quello di mettere in evidenza quanto quest’umile donna di Nazareth abbia inciso nella storia della cultura universale.
Si tratta, quindi, di un viaggio nel tempo, attraverso i testi della letteratura, non solo italiana, dedicata a Maria, e le opere iconografiche, siano quadri, affreschi, opere marmoree e in bronzo, che hanno come protagonista la Vergine di Nazareth. Gli autori muovono rigorosamente dai vangeli, dal momento pregnante dell’annuncio di Gabriele al devastante e tormentoso culmine ai piedi della croce, creando delle monografie monotematiche d’interesse notevole.
La prima è dedicata alla Commedia e del resto non si poteva non cominciare l’excursus se non a partire da Dante, colui che fu tra i primi, se non il primo, a modellare la figura di Maria, che è presente, come in filigrana, nella sua celebre opera. Pretto, esperto di poetica dantesca, apre quindi il volume con una scansione dei brani che riguardano la Vergine nella Divina Commedia: dal primo e unico velato accenno a Maria nell’Inferno, guidandoci attraverso i brani preveggenti del Purgatorio, mietendo, a piene mani, dalla poesia del Paradiso. Accompagnato dalle tele di Giotto, Giusto dei Menabuoi e del Guarento, l’autore decifra il lungo cammino di Dante dalle tenebre, l’ascesa faticosa della redenzione e del pentimento, e la salita al Paradiso, come “uno svolgimento del dono di grazia, ottenuto al vate dalla Madonna”.
Ciò sta a significare la presenza della figura della Vergine già nel pensiero strutturale di Dante: gli accenni, soprattutto nelle prime due cantiche, sono a volte appena abbozzati, ma è chiaro fin dal secondo canto dell’inferno chi sia “la donna gentile in cielo” e a chi siano rivolte le invocazioni alla salvezza delle anime del Purgatorio. Ma è nel Paradiso che si dispiega la presenza salvifica di Maria, che come leitmotiv permea tutta la terza cantica di perle mirabili e che esplode alla fine nei versi inarrivabili: “Vergine madre, figlia del tuo figlio”. Con un balzo avanti di secoli, il secondo capitolo ad opera di Pretto, è dedicato alla poesia più vicina a noi, quella del Novecento. Impreziosito da opere dell’Ottocento e del Novecento, il capitolo presenta una scelta di poeti cristiani e non: molti degli autori non si mostrano molto sensibili alla religiosità, anzi ostentano un rifiuto dello spirituale, tanto che il Pretto parla di “miscredenza che capisce”. Ma emerge nelle poesie una nostalgia della purezza primigenia, mescolata a un desiderio di essere soccorsi, di non essere abbandonati a se stessi, soli artefici del proprio destino. Maria è presentata come icona della maternità, sacello misterioso, in cui si è annidata la vita che ha spaccato in due tronconi il tempo e le sorti dell’umanità: punto di partenza è l’incarnazione, come “fatto che cambia la storia e condiziona il modo si pensare anche della realtà quotidiana”. Ma le figure delle madri che emergono da Ungaretti, Quasimodo ed il greco Elitis sembrano imparentate molto alla lontana con la figura di Maria: sono madri di fronte allo strazio della violenza, della guerra, dell’abominio della tortura, che non cessano di proteggere il figlio ormai adulto o che rifiutano fino all’ultimo di accettare la morte del figlio. Benché sembrino ignorarla, queste voci del Novecento vanno alla ricerca, più o meno consapevolmente, di una speranza che s’incarna alla fine nella figura materna, in attesa di un figlio che non tornerà più. Se l’Autore ci ricorda i luoghi di contemplazione mariani, le cattedrali gotiche, Chartres cantata nella solare poesia di Peguy e di Gheon, il piccolo santuario di Spoleto, cantato da Blok, è il Natale che affascina anche i non credenti, come per Brecht o Böll, per poeti tormentati come Eliot, o nella toccante pagina di Sartre. L’autore racconta una sua esperienza vissuta durante la guerra: una rappresentazione del Natale per i prigionieri scatena nel pensatore un sentimento insospettabile di tenerezza per questa fanciulla, che ha avuto in dono, per lei sola, un figlio che è anche il suo dio.
La vita di Maria trova nel poeta praghese, Rainer Maria Rilke, il suo cantore ufficiale: egli ha dedicato alla Vergine un intero ciclo di poesie, oltre ad altre occasionali. Protagonisti sono Maria e l’Angelo, che se nell’Annunciazione ha dimenticato l’annuncio che è venuto a portarle, abbacinato dal lungo viaggio e dalla grandezza del messaggio di Dio, ritorna dalla Vergine per assisterla nella morte ed accompagnarla al trono dell’Eterno, al posto che le compete come corredentrice. Sullo sfondo il Redentore, cui, nello momento della morte, Maria indirizza parole terribili: “I Redentori, Figlio, dovrebbero cavarsi dalle vene di granito delle montagne”, non come corpo vibrante dal grembo di una donna, che nella strazio della pietà, ella non può più partorire. Stefanelli Mantovani riflette invece sull’iconografia mariana nel corso dei secoli, preferendo suddividere le tematiche tra quelle che l’autrice chiama le “quattro parole di Maria”, sbalzate nei Vangeli di Luca e di Giovanni: il primo Fiat, l’incontro con Elisabetta, che sfocia nel canto esaltante e gioioso del Magnificat, la ricerca ansiosa di Gesù adolescente, smarrito e ritrovato nel Tempio, la presenza risoluta ai piedi della croce, icona di ogni dolore materno di fronte alla morte di un figlio. L’Annunciazione, “il momento in cui l’eternità entra nel tempo”, si dipana dai primi pittori cristiani, valga per tutti il nome di Giotto, agli autori del XVII secolo. L’Autrice esamina nei dipinti la posizione dei due protagonisti, l’Angelo e la Vergine, ora congiunti, ora separati da elementi diversi, come il giglio o la scritta prorompente dell’Ave, o da altri elementi architettonici. La stanza segreta di Maria, dove si compie il mistero, è colma di significati simbolici, che i vari artisti hanno visualizzato negli sfondi: la verginità come porta chiusa, la nostalgia del Paradiso chiuso dal peccato come hortus conclusus, l’invisibile, celato e racchiuso nella chiocciola, uscita dal suo guscio, ai piedi di Maria, il fiore, ora rosa ora giglio, il libro aperto, simbolo della capacità di Maria di “leggere la scrittura” e portarla nel cuore.
Il turbamento della fanciulla di Nazareth delle prime annunciazioni medievali esplode, nei pittori più tardi, nella piena regalità della “domina” che accetta consapevolmente il suo destino, con l’Angelo quasi annullato di fronte alla portata del proprio annuncio e dal fiat che sconvolge il mondo. La Visitazione apre un altro capitolo della storia di Maria. Attraverso le opere del Ghirlandaio, del Carpaccio, del Tintoretto, l’incontro tra l’anziana Elisabetta e la fanciulla, è immortalato nell’abbraccio delle due gestanti, ora lieto, ora presago del destino di coloro che portano in grembo. Maria è figura corale nello sposalizio con Giuseppe, ma, come madre, appare da protagonista nella presentazione di Gesù al tempio nello splendido quadro del Bellini. Nel ritrovamento di Gesù nel tempio, la figura di Maria torna quasi nell’anonimato, apparendo trepidante e sollecita in un angolo del dipinto.
L’autrice tace stranamente sull’episodio della nascita. Le nozze di Cana, narrate da Giovanni, vero inizio della vita pubblica del Figlio, sono anch’esse trattate in modo corale dagli artisti: la grande tavola, gli ospiti, i servi, le giare colme d’acqua, Gesù accanto a Maria, che sembra partecipare, nelle opere di Giotto e di Duccio da Buoninsegna, con la mano protesa al miracolo del vino nuovo. Più attualizzate nel tempo, con un tocco di secolarità e di profano, sono le tele del Veronese e del Tintoretto, dove in un festoso e sontuoso banchetto, la figura di Maria si perde nella coralità dell’insieme. È Giovanni che lega Maria alla morte del Figlio, presenza dolorosa e silenziosa ai piedi della croce, ma è Masaccio che per l’Autrice rappresenta la perfetta sintesi dello Stabat: interamente avvolta in un mantello, a mani giunte e con tutto l’essere proteso verso il Figlio, Maria è ritta a fianco della croce, in un’accettazione consapevole della necessità dell’avvenimento. Non ci sono pie donne a sorreggerla, non c’è più la debolezza, tanto comune ad altre opere pittoriche e non, come nella deposizione. Il tema della pietà, vale appena ricordare quella di Michelangelo, ha colpito molti autori nel corso dei secoli, ma, a differenza dal compianto su Cristo morto, la cui coralità è elemento imprescindibile, offre notevoli esempi, diversissimi tra loro, dell’abbraccio tra la vita e la morte, a volte tenero, a volte intenso. A volte tormentoso.
Una testimonianza personale di come la Vergine Maria opera nella nostra vita e intercede in nostro favore. La devozione alla Vergine Maria è una delle vie privilegiate per la fede cristiana, come dimostrano i pellegrinaggi di Lourdes, Fatima, Medjugorje e Guadalupe. Luoghi pieni di vita perchè attestano la presenza tuttora operante della Madonna che si esprime in guarigione fisiche ma soprattutto spirituali. L'Autrice racconta la propria esperienza personale e offre spunti di riflessione sui temi mariani.
Terminate le apparizioni ai tre pastorelli, il 10 dicembre 1925 la Madonna apparve a Lucia con al suo fianco il Bambino, che le disse: "Da parte mia annuncia che Io prometto di assistere, nell'ora della morte, con tutte le grazie necessarie alla salvezza, tutti quelli che nel primo sabato di cinque mesi consecutivi si confesseranno, riceveranno poi la Santa Comunione, diranno una corona del Rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti, meditandone i misteri, con l'intenzione di offrirmi riparazione".
La novena per pregare l’Immacolata Madre e Regina Celeste seguendo gli scritti della Serva di Dio Luisa Piccarreta.