
Un momento irrinunciabile della conformità e del discernimento è conoscere qual è la Volontà di Dio. Però già questa pretesa sembra molto azzardata. Può l’essere umano conoscere qualcosa della Volontà Divina? Essendo una realtà così fuori portata dall’uomo, non sarà totalmente impossibile conoscere anche qualche aspetto minimo di essa? Allora, in questo ultimo caso, non potendo conoscerla, siamo dunque in balia del caso, del destino, del fatum come per i greci? La stessa riflessione sulla possibilità dell’uomo di conoscere la Volontà di Dio diventa un grande problema, però siamo consapevoli che Dio si è fatto presente, Dio si è rivelato, e addirittura in una Rivelazione personale: il Cristo. Un altro discorso è sapere in cosa consiste questa Volontà, di che tipo sia, fino a che punto la possiamo conoscere, quali sono i limiti, e insieme a queste domande, rimane sempre una incognita: sapere fino quanto è vincolante, cioè, una volta conosciuta la Volontà di Dio, quanto è obbligante. Lungo la storia del Cristianesimo è stato questo lo scopo: cercare di capire cosa vuole Dio dall’uomo, dalla Chiesa e dal mondo. In questa indagine abbiamo cercato autori che hanno affrontato con schiettezza questa tematica. Tra loro, in un modo privilegiato, accompagneremo Santo Tommaso d’Aquino nella sua indagine, facendo tesoro di tutto il bagaglio della Patristica, sempre fondato nella Sacra Scrittura. L’Aquinate cerca di fare una sintesi di tutto il sapere su questo argomento fino quel momento, e lo fa in un modo sistematico e affrontando le obiezioni più complicate. Però, la tematica non si esaurisce con questo autore, nel secolo XIV appare un modo diverso di vedere la Volontà di Dio, principalmente con Guglielmo d’Ockham, che porterà la riflessione teologica in altra direzione.
Alberto Mestre, LC, dottore in teologia, laureato in filosofia nella Pontificia Università Gregoriana, laureato in Bioetica (APRA) e laureato in “Filosofia e scienze dell’Educazione” nella Università di Barcellona, è professore stabile di Teologia Morale presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum; professore di teologia morale fondamentale nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose. Ha pubblicato: La conformidad de la voluntad humana con la voluntad de Dios desde la perspectiva moral en Santo Tomás de Aquino, Roma (2012); e diversi articoli sull’argomento: El discernimiento espiritual como distinción prudencial vivida teologalmente, Roma (2021); La Legge Nuova e la conformità con la Volontà di Dio, Roma (2020); «Neanch’io ti condanno Gv.8,11»: La coscienza in rapporto con la verità, la giustizia e la misericordia, Roma (2019); Robert Spaemann: ética de la responsabilidad cristiana, Roma (2007), ecc.
Il volume parte dalla consapevolezza che, per gli autori antichi e medievali, il prologo di un'opera serve a esporre a favore del lettore i principi metodologici che guidano il lavoro dello scrittore. In particolare, quando si ha a che fare con il commento a un libro biblico, il prologo esporrà le linee guida che si intendono individuare nel testo sacro. Ora, per i commentari latini del XII secolo al Cantico dei cantici, è possibile riconoscere in queste linee guida «figure di teologia», ossia modalità distinte (secondo l'autore, il suo contesto di formazione e di vita, i lettori a cui si rivolge) di accostarsi all'«oggetto Dio». Lo studio presente, dopo aver messo in luce l'ampia presenza dei commenti al Cantico nel XII secolo e la loro connessione con il passato, indaga tre filoni differenti di analisi: le letture mariane del poemetto biblico (Onorio di Autun, Ruperto di Deutz, Ugo di S. Vittore, Alano di Lilla); la ricerca cisterciense della perfezione dell'anima (Bernardo, Gilberto di Hoyland, Guglielmo di S. Thierry, Giovanni di Ford); altre letture che risentono della Scuola (ancora Onorio di Autune Riccardo di S. Vittore). Di ognuno di questi autori e del suo commentario viene studiata la proposta di teoogia come modo di addentrarsi in Dio facendone viva esperienza, e non solo come oggetto di studio filosofico/logico.
Le ricerche cristologiche di Marcello Bordoni, nel solco della Tradizione ecclesiale, si sviluppano intorno alla centralità della storia di Gesù di Nazaret: nella relazione unica tra l'uomo Gesù e il Padre, quale esperienza nello Spirito-Amore, si scorge la sua identità di Figlio di Dio incarnato. Mediante questa interpretazione relazionale-trinitaria dell'unione ipostatica e la corretta lettura della metafisica tommasiana, Bordoni consegna all'odierna cristologia sistematica importanti prospettive. Come nella persona del Verbo incarnato è possibile rifondare metafisicamente il rapporto tra essere e amore, così il Verbo incarnato, nella sua identità di persona filiale, rivela all'uomo la sua vocazione di persona.
Giuseppe Rizzi (1986) presbitero dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, ha conseguito la Licenza in Teologia, con specializzazione in Cristologia, alla Pontificia Università Lateranense (2014). Nel 2021 ha conseguito il Dottorato in Teologia presso la medesima Università Pontificia. Attualmente svolge il suo ministero come parroco.
Il presente studio offre un contributo al dibattito sul volontarismo di Duns Scoto (1265/66-1308). Il percorso tracciato nel volume attraverso una puntuale analisi dei testi, supportata dallo studio delle fonti e dalla ricostruzione del contesto, evidenzia come sia inappropriata la tesi che ritiene il pensiero di Duns Scoto una forma di volontarismo radicale che oppone volontà e ragione. L'enfasi posta dal Dottor Sottile su volontà e libertà, consente di parlare di volontarismo moderato, quale sintesi armoniosa e coerente che nella libertà trova il centro propulsore e nell'amore il nucleo irradiante.
San Rocco nativo di Montpellier, dopo aver elargito i suoi beni ai poveri, si mise in cammino verso Roma curando e confortando i malati di peste. Questo lavoro prende in esame la figura del santo pellegrino francese attraverso quattro capitoli. Il primo analizza il contesto storico in cui visse il giovane taumaturgo, il secondo le questioni legate alle fonti e alle tematiche ad esse attinenti, il terzo ripercorre la vicenda delle reliquie con uno sguardo ai testi liturgici, mentre l'ultimo presenta le Vite principali del santo tradotte in italiano. Un'appendice contenente alcuni testi fondamentali chiude il lavoro.
Vieni e vedi. Il modo migliore per trasmettere un'esperienza è condividerla. Ecco perché Fondazioni è un libro importante. Teresa ci fa partecipi dei suoi viaggi ma soprattutto delle sue trepidazioni, dei suoi processi decisionali, del suo modo di reagire davanti alle difficoltà e agli imprevisti, dei criteri che adotta per modificare e adattare il suo ideale alle diverse circostanze, mantenendo saldo l'essenziale della sua esperienza: una qualità nuova di relazione verso Dio e verso ogni prossimo che incrocia sulla sua strada.
Nel fare questo, ci racconta tutta la generatività della sua esperienza: diciassette comunità femminili, due comunità maschili e una lunga schiera di donne (felici, oppresse, marginali, aristocratiche, giovani, meno giovani, figlie, madri, vedove) e di uomini (giovani, vecchi, potenti, nobili, poveri, ecclesiastici) che a volte restano da lei affascinati e conquistati e altre volte le si oppongono fino quasi a vessarla.
Con la consueta franchezza e vivacità, l'autrice provoca il lettore a confrontarsi con i suoi orizzonti di libertà e di senso.
Il pensiero di Marcello di Ancira (vescovo nel 314-374) può essere paragonato al fenomeno denominato in astrofisica dei "buchi neri": non sono visibili e tuttavia la loro presenza influisce sulla traiettoria degli astri visibili. Fu al centro di mille polemiche: il conflitto tra avversari e sostenitori ha contribuito ad acuire, nel IV secolo, il divario tra le Chiese di Oriente e di Occidente e nel Credo niceno-Costantinopolitano, a tutt'oggi comune a tutte le Chiese, è addirittura entrata una formula diretta contro di lui. A distanza di secoli, a una visione storica equanime appare come uno dei pensatori più creativi, in un'epoca in cui l'ortodossia trinitaria era in fase di costruzione. Il volume presenta tutte le opere a lui attribuite con sicurezza (Lettera a papa Giulio; Frammenti teologici; Sulla santa Chiesa) un patrimonio in gran parte solo frammentario, che presenta una seria proposta teologica alternativa a quella risultata vincente nella storia della Chiesa.
Gregorio il Sinaita, vissuto a cavallo fra il XIII e il XIV secolo, è una tra le più luminose figure di santi della Chiesa ortodossa, colui che iniziò, sulla Santa Montagna dell'Athos in Grecia, la pratica dell'esichia, cioè la preghiera profonda e ininterrotta che Gesù stesso chiede nel Vangelo. I suoi scritti sono ben conosciuti, mentre la Vita rimaneva inedita in italiano. È una testimonianza preziosa, perché giunge dalla viva voce del monaco Callisto, che fu discepolo del santo bizantino, e visse per lunghi anni a strettissimo contatto con lui. Le opere e gli insegnamenti di san Gregorio il Sinaita non perdono nulla della loro freschezza originaria, anzi si rivelano particolarmente attuali, nel presentare una figura di eremita che si sposta da un luogo all'altro, che non disdegna un rapporto sano e fecondo con la società e che propone la preghiera come via privilegiata per attuare in pienezza la Grazia battesimale.
"Giovanni della Croce si presenta come un teologo atipico, tra quelli che per parlare di Dio preferiscono ricorrere al linguaggio della poesia, piuttosto che a quello della definizione dogmatica, riallacciandosi così a un'antichissima tradizione che vede in Efrem il Siro uno dei migliori esempi, non a caso dichiarato dottore della Chiesa universale poco prima di Giovanni, nel 1920. Due teologi che prediligono l'immagine, il paradosso, la metafora, come peraltro il loro Maestro che, catturato dalle realtà più semplici e quotidiane, ne faceva parabole del Regno. Maria Tondo, nelle appassionate pagine che seguono, entra in dialogo con questo gigante del passato, non per volgersi indietro, ma quasi per invitarlo a dialogare con il nostro mondo, con le sue sfide e le sue opportunità. Intessendo così un dialogo di riconoscenza, in cui l'autrice dice di voler rendere conto di un incontro avvenuto tanti anni or sono, ma ancora vivo e fecondo." (Dalla Prefazione di Sabino Chialà)
La Concordia del Nuovo e dell'Antico Testamento è l'opera forse più ambiziosa e innovativa di Gioacchino da Fiore, che vi sviluppa in dettaglio la propria teologia della storia. Gioacchino vi lavorò per oltre quindici anni, rivedendola continuamente. Impresa totale perseguita ai limiti dell'ossessività, l'opera si presenta come una mappa dell'intera storia della salvezza riletta in prospettiva trinitaria, dalla Creazione sino agli eventi finali attesi come imminenti. Desumendo le proprie notizie sia dalla Bibbia sia dai racconti e dalle cronache di cui dispone, Gioacchino crea un affresco grandioso: un arsenale di schemi e figure apocalittici, di attese sabatiche, di convinzioni messianiche e istanze riformatrici della Chiesa e del monachesimo cistercense destinati a improntare le attese religiose, filosofiche e politiche dell'Occidente europeo fino ai nostri giorni.
Renato D'Antiga nel saggio ricostruisce, nei primi due capitoli, la storia della presenza greca a Venezia dalla sua formazione, dovuta alla caduta in mano ottomana di Costantinopoli (1453), al suo stabilizzarsi istituzionale e alla sua collocazione nelle istituzioni della Repubblica. Si evidenzia poi l'attività teologica della comunità ellenica attraverso alcune personalità, quella educativa con il Collegio Flangini e quella religiosa. L'autore si sofferma sulle relazioni editoriali tenute dai greci veneziani con i monasteri dell'Athos, dalle quali nacque la pubblicazione della Filocalia. Viene esaminata nei capitoli seguenti la formazione dell'opera filocalica e le finalità che Macario di Corinto e Nicodemo l'Aghiorita le attribuivano. Vengono esaminati gli scritti collazionati più o meno cronologicamente, conservando l'ordine dei curatori, che possono essere divisi in tre periodi: quello tardo-antico (Antonio il Grande, Evagrio, Giovanni Cassiano, Massimo il Confessore, Giovanni Damasceno, ecc.) quello medio-bizantino (Simeone il Nuovo Teologo e altri) e l'ultimo, quello paleologo, che riguarda in particolare la rinascenza esicasta (Gregorio il Sinaita e Gregorio Palamas) avvenuta prima della fine di Costantinopoli. L'autore evidenzia in particolare tre temi comuni a tutti i testi collazionati: la lotta contro le passioni, la pratica della preghiera di Gesù e la via per il conseguimento della deificazione.
È ancora necessario soffermarsi sulle vicende straordinarie del fratello universale Charles de Foucauld, avventuriero, monaco ed eremita, forse oggi più di ieri. E di farlo con una preziosa bussola, l'enciclica di papa Francesco Fratelli tutti, cuore pulsante di un progetto che - mettendo a fuoco il complesso reticolo dei rapporti fra cristiani e musulmani - può fungere da cartina di tornasole di una Chiesa autenticamente, e coraggiosamente, in uscita. In entrambi i casi, per de Foucauld e Bergoglio, il solo metro di paragone, il Modello Unico (come lo chiamava il primo) è - e non può essere altrimenti - Gesù di Nazaret.