
Se a trucidare i cristiani è Nerone, o Galerio, o Diocleziano, figure da sempre "maledette", ci sta tutto, come si dice. Ma quando il persecutore si chiama Marco Aurelio, uno spirito fra i più alti dell'antichità (i "Pensieri" sono ancora un best-seller), allora è diverso. Siamo nel giallo,;nel mistero. Eppure gli storici ce lo dicono chiaro, e le fonti idem. Sqtto il penultimo degli Antonini si registra una serie di repressioni sanguinose dei cristiani che se per violenza non hanno niente da "invidiare" alle altre persecuzioni romane, in più va loro ascritto il primato della durata complessiva: ben 15 anni, dal 165 al 180. Come ha potuto l'imperatore filosofo, l'autore di un "diario spirituale" per certi versi così affine al cristianesimo, rendersi responsabile di quelle stragi e di quel sangue? È un paradosso, un enigma. Questo libro cerca di spiegarlo, mettendo a confronto il "carnefice" e le vittime, Marco Aurelio e i suoi martiri. In una serie di medaglioni che attorniano un più dettagliato ritratto: in cerchio le morti eroiche dei caduti per la fede, al centro il percorso umano, filosofico e politico di Marco Aurelio. Per capire cosa è veramente successo, e perché.
In un confronto con la filosofia scolastica medievale, ma anche con certe tendenze in campo riformato e con l'umanesimo rinascimentale, le quaranta brevi proposizioni De homine di Lutero, scritte nel gennaio 1536 per la discussione all'Università di Wittenberg, rappresentano un testo chiave dell'antropologia teologica del Riformatore e ne riassumono il pensiero: come per Paolo nella Lettera ai Romani, l'uomo è colui che è «giustificato per fede al di fuori delle opere» (tesi 32). Se la ragione umana consegue successi brillanti in tutti i suoi campi e il peccato non ne ha sminuite le possibilità nelle arti, rispetto al fondamento della persona umana essa non può trascendere sé stessa, rimandando alla teologia come materia competente, che in ultima analisi identifica il fondamento nella luce positiva del rapporto con Dio.
Cercare il fondamento dell’essere e del pensiero è il problema filosofico e antropologico per eccellenza. Si riscontra già nelle culture arcaiche e, attraversando la filosofia greca e la cultura legalistica ebraica, è possibile definire il potenziamento mitico–razionale giudaico–ellenistico come rimedio all’angoscia dell’uomo mortale evocata dal Nulla. La vicenda di Gesù di Nazareth rappresentò, d’altro canto, uno “spartiacque” in grado di smascherare la contraddittorietà di tale rimedio. I Padri della Chiesa, dovendo esprimere la fede apostolica in concetti, affrontarono tale problema con i limiti categoriali della cultura del loro tempo, scivolando nell’ambiguità del linguaggio teologico e lasciando ancora aperto il dibattito circa la possibilità di far uscire tale linguaggio dall’occultamento operato dal potenziamento mitico–razionale giudaico–ellenistico. Tutto ciò non può prescindere dal confronto con la filosofia dell’originario, come indicato dal linguaggio filosofico di Emanuele Severino.
«Poiché il nostro Salvatore Gesù Cristo, per testimonianza dell’Angelo, “salvando il suo popolo dai suoi peccati”, ci ha mostrato in se stesso la verità, attraverso la quale, con la sua risurrezione, possiamo pervenire alla beatitudine della vita immortale, è necessario che, per portare a termine quest’opera di teologia, dopo aver indagato intorno al fine ultimo della vita umana e intorno ai vizi e alle virtù, la nostra indagine rivolga ora la sua attenzione sul Salvatore di tutti e sui suoi benefici arrecati al genere umano». Così Tommaso introduce la Terza parte della sua Somma e gli argomenti in essa trattati: Il Salvatore medesimo (Parte III, QQ. 1-59) e I Sacramenti salvifici del nostro Salvatore (Parte III, QQ. 60-90)
Questa nuova edizione della "Storia della letteratura cristiana antica", riveduta e ampliata, intende mettere in rilievo precipuamente gli aspetti letterari che caratterizzano gli scritti dei primi secoli cristiani e che spesso vengono trascurati dalle analoghe opere esistenti. La produzione letteraria cristiana è stata considerata quasi sempre o come strumento per la storia della Chiesa antica o come aspetto particolare della storia del pensiero patristico. Quest'opera, invece, vuole considerare l'insostituibile apporto che il cristianesimo ha arrecato alla formazione della cultura occidentale. Il termine "cultura" deve essere inteso in senso lato, e non esclusivamente come se si identificasse con i raggiungimenti artistici; essa comprende il pensiero, le problematiche, le soluzioni che l'antico cristianesimo produsse e visse al proprio interno. In tal modo si recupera, pur osservandola in un suo ambito specifico, la peculiarità del messaggio evangelico, che costituisce il nucleo insostituibile di ogni forma letteraria cristiana. Antichi e nuovi contemporaneamente furono i contenuti e i generi di questa letteratura, che costituì il passaggio dalla civiltà antica a quella medievale.
Il «De Christiana religione» è un testo importante per molti motivi: è la prima opera personale resa pubblica a stampa da Ficino, sia nel testo volgare che in quello latino; intende rivolgersi a un pubblico più vasto dei 'litterati' o dei sodali dell'Accademia; esprime con notevole chiarezza le idee religiose dell'autore e la sua concezione della 'pia philosophia', destinata ad avere larga influenza sulla cultura europea del Quattrocento e del Cinquecento. Nonostante il grande lavoro di insigni studiosi, come Cesare Vasoli che ne illustrò con sapienza le fonti, mancava però una edizione critica che consentisse anche di entrare nell'officina di Ficino. È il compito che si è assunto Guido Bartolucci, dando un contributo importante agli studi sulla cultura filosofica del Rinascimento.
L'opera omiletica di Lorenzo di Novara (425-440), a lungo oggetto di controversa attribuzione, viene ripercorsa con una duplice analisi: storico-critica e letterario-teologica. La prima riprende tutti i filoni d'indagine, desunti dalla critica paleografica, filologica, agiografica, monumentale e storica, che ruotano attorno alla figura dell'autore delle omelie, dando voce agli studi finora compiuti e guadagnando nuovi risultati sull'autore, sull'opera e sul suo contesto nord italiano. La seconda mostra l'originalità teologica dell'omelia del vescovo Lorenzo, audace nella sua proposta di un itinerario penitenziale/sacramentale del battezzato peccatore. Il vescovo Lorenzo, nella sua omelia, non compie tanto non un'azione moralizzatrice, ma propugna una radicale evangelizzazione delle coscienze. È un esempio pastorale intrigante ancora oggi nell'analisi dell'aspetto antropologico del cammino penitenziale, senza soccombere ai marosi della scristianizzazione. La figura di questo vescovo novarese, non ancora conosciuto pienamente, si rivela così ancora attuale e audace.
Il volume raccoglie i principali saggi dedicati da Pierre Hadot alla patristica latina, per la prima volta qui tradotti in italiano, e offre un'ampia panoramica sull'importante lavoro storico e filologico svolto da Hadot, sin dagli anni Cinquanta, sui testi di Mario Vittorino, Agostino e Ambrogio. L'insieme dei saggi restituisce i principali tratti della metodologia storico-filosofica di Hadot che, sulla scorta delle ricerche di Paul Henry e Pierre Courcelle, riesce nell'intento di delineare le influenze filosofiche di cui sono intessute le opere della patristica latina; esso mostra inoltre il modo in cui Hadot studia e chiarisce alcuni concetti teologico-filosofici di grande importanza per la patristica latina, come ad esempio quello di persona. Il libro contiene anche i resoconti dei corsi tenuti da Hadot all'École Pratique de Haute Étude dal 1964 al 1980, documento di notevole importanza per la ricostruzione del percorso attraverso il quale Hadot ha gradualmente spostato il punto focale del suo interesse dalla patristica latina alla filosofia antica, dai Padri della Chiesa a Plotino e Marco Aurelio, e ha iniziato a intravedere il rilievo sia del tema degli esercizi spirituali, che sarà poi centrale per la sua ricerca successiva, sia di altri importanti motivi che egli svilupperà in seguito, come quello dell'idea di natura nel mondo antico e della struttura tripartita della filosofia antica. Prefazione di Arnold I. Davidson e di Laura Cremonesi.
Pochi anni separano Edith Stein, allieva e poi “collega” di Edmund Husserl, da Suor Teresa Benedetta della Croce. In apparenza un salto da un estremo all’altro. Da una parte la filosofa atea legata alla Fenomenologia, dall’altra la religiosa che Giovanni Paolo II volle rendere santa e “copatrona” d’Europa. Ma nell’evoluzione di Edith Stein i cambi di casacca, dalla grisaglia universitaria nella Gottinga dei primi del Novecento alla tonaca del convento delle Carmelitane, non sono simboli di tradimento intellettuale. La sua vita è invece un affascinante viaggio in una delle menti più brillanti della storia della filosofia, la cui esistenza fu interrotta tragicamente quando – per le origini ebraiche mai abbracciate dal punto di vista di fede ma mai neanche rinnegate – fu arrestata dai nazisti, che lei avversava. Per Edith si spalancarono i cancelli di Auschwitz. In questa opera si cammina lungo il vero filo rosso che ha unito tutti i momenti salienti della vita di Edith Stein: l’empatia, che per lei è stata all’inizio un moto spontaneo di pietas umana nei confronti del prossimo – ha servito anche da infermiera volontaria – e poi uno strumento di indagine sulla realtà. Del concetto stesso di empatia è stata la prima e più importante teorizzatrice. Cos’è la conoscenza per Edith, e cosa l’educazione? Attraverso i suoi occhi – al contempo fervidamente compassionevoli e freddamente razionali – conosceremo la risposta. Per accorgersi che, da filosofa a suora, da atea a santa, Edith ha voluto percorrere sempre e solo un sentiero: quello della Verità.
Antonio Quaglietta è un counselor, coach e formatore italiano. È nato a Potenza il 27 gennaio del 1973, dove tuttora vive con la moglie Francesca e i due figli Martina e Stefano. Laureato in Scienze politiche indirizzo sociologico, Scienze e tecniche psicologiche e Psicologia. Dal 2000 si occupa di Formazione nell’ambito dell’evoluzione personale e dell’empowerment con taglio umanistico esperienziale. Ha lavorato con singoli, gruppi, organizzazioni, aziende e istituzioni, sintetizzando una propria metodologia, il Counseling Strategico Relazionale, nata dalla proficua ibridazione dei diversi modelli da lui applicati e insegnati negli anni. Nel 2013 ha fondato l’Accademia Italiana di Counseling Strategico Relazionale di cui tuttora è il direttore.
Il Sermone su Ninive e Giona appartiene alla raccolta di componimenti metrici scritti da Efrem di Nisibi. Composto per una festività liturgica in cui al centro stava la penitenza, il poemetto racconta del profeta Giona che a Ninive annuncia la distruzione imminente della città per volontà di Dio, e dei quaranta giorni durante i quali i Niniviti mostrarono con duri atti di mortificazione d’essersi profondamente pentiti. L’esemplarità di Ninive è messa in risalto dalla sferzante carica polemica con cui Efrem si scaglia contro varie categorie umane che languiscono nella corruzione dell’empietà e della falsità. Al testo del sermone – introdotto, annotato e commentato da Emanuele Zimbardi – si accompagnano in appendice nove inni che Efrem dedicò a Ninive e Giona
La Scala del divino amore è un breve trattato spirituale anonimo scritto in occitano nel XIV secolo nel Sud della Francia. È articolato intorno alla dottrina dei cinque sensi spirituali, che viene ripensata a partire dall’incontro con la tradizione della poesia trobadorica.