Eva, Sara, Rebecca, Rachele, Lea, Rut, Noemi, Ester, Giuditta, Marta, Maria, la Maddalena, la Samaritana... Nell'Antico e nel Nuovo Testamento non compaiono solo figure maschili ma anche tante donne. Sono fondatrici di stirpi, profetesse, donne qualunque che si trovano perciò a svolgere un ruolo cruciale, memorabile nella storia della loro comunità e della loro religione. Sono donne che hanno la forza di essere protagoniste del proprio destino. Osano sfidare Dio, come Eva, la madre dei viventi, che trasgredisce l'ordine divino e si assume la responsabilità di una vita autonoma; osano opporsi all'autorità maschile, come Miriam che rivendica il proprio ruolo di profetessa con Mosè, o come Giuditta che uccide il nemico Oloferne; osano anteporre alle leggi umane principi superiori, come le levatrici che salvano Mosè contravvenendo alle leggi del faraone, o come Ester che aiuta il suo popolo sfidando le leggi dell'Impero persiano; osano piegare le leggi maschili a difesa dei diritti delle donne, come fanno Tamar e Rut. Compiono scelte ardite ma sono ugualmente difese e accolte da Dio. Oltre a loro, ci sono teologhe che hanno letto diversamente il racconto dei testi sacri e ne hanno tramandato un'altra versione. La presunta inferiorità femminile ricavata dall'interpretazione di certi passi della Bibbia è servita soprattutto a legittimare discriminazione e subalternità della donna, ma non è scontato che questo ne sia l'autentico e unico senso. Prefazione di Marinella Perroni.
Nella primavera del 2013 Nives Meroi, alpinista celebre per avere scalato ben undici delle quattordici vette nel mondo sopra gli ottomila, si accinge a una spedizione dal sapore tutto diverso. Per questo viaggio non occorre preparare bidoni di materiali alpinistici e di viveri, o percorrere le tappe forzate di avvicinamento a qualche colosso himalayano. Bastano un biglietto per l'Egitto, una sacca e un bloc notes. Nello stesso momento, a Bologna, chiuso nelle sue stanze, il teologo Vito Mancuso si prepara per lo stesso viaggio. I suoi bagagli sono i libri dell'esodo, del levitico e dei numeri, i testi di archeologia. L'alpinista Nives, sulle rocce del Gebel, vedrà sorgere il sole sulla montagna e ci racconterà il fascino di quei 2285 metri; il filosofo, invece, scoprirà come gli eventi legati al monte Sinai raccontano la storia che ogni giorno ci conduce dentro di noi, a comporre un irresistibile Sinai "interiore".
La scelta di condivisione chiesta da Gesù come la prima delle vie alla beatitudine non è più eludibile. L'economia delle relazioni di dono e della giustizia verso i diritti umani e anche verso il creato intero deve trovare nell'azione dei cristiani una forza essenziale. Un simile impegno nel servizio alla giustizia, più grande di ogni criterio di interesse, di merito e di colpa, non può che essere una benedizione per tutta l'umanità. Solo in questo caso parole come fede, libertà e amore - e persino la parola resurrezione perdono ogni risonanza retorica, per assumere invece la forza di comunicare a chiunque un senso di luce e di respiro nel cammino della vita.
Un volume composto da numerosi studi multidisciplinari, che omaggia l'impegno del prof. Giorgio Giordani nella predicazione della parola di Dio e la sua capacità educativa nel suscitare l'impegno profetico.
Fede e potere presenta la prima versione del commento al capitolo 13 della Lettera ai Romani, ed è un testo cardine e fondativo nello sviluppo del pensiero di Karl Barth, che nasce dalla sua esperienza di pastore a Safenwil. A Safenwil, Barth dà vita a una "chiesa locale", partecipando anche alle lotte politiche e sindacali del villaggio mentre, nelle sue prediche, la parola biblica s'intreccia con le tematiche sociali. In quegli anni molto vicino al socialismo e attivo nel movimento operaio, il teologo prende però progressivamente le distanze dalla tentazione di un Cristianesimo sociale, visto come interpretazione riduttiva del messaggio di Cristo, ma ribadisce la libertà della fede e, insieme, la necessità della formazione politica della coscienza, unita al dovere, per il credente, di lottare per la salvezza generale dell'umanità. Per Barth, il cristiano non appartiene allo Stato perché appartiene a uno "Stato superiore" e la sua libertà si fonda sull'indipendenza da qualsiasi ideologia o forma di governo, che può essere tollerata, ma non venerata o considerata di per sé un valore. La forza rivoluzionaria di queste parole di Karl Barth è un seme che darà numerosi frutti nel pensiero politico e religioso fino ai nostri giorni.
Il testo vuole ricostruire temi e nessi del testo biblico, che si snodano dal tema dell'Esodo alla Pasqua, dall'alleanza sinaitica alla confluenza tipica del Nuovo o II Testamento, con il rito - sacramento eucaristico, centro pulsore e cuore del Cristianesimo. Il tutto è pervaso e dominato dal gran tema dell'Amore di Dio e della Carità, nella cui linea sono solo Dio esiste e governa il mondo e la storia, ma salva, redime e gratifica con l'amore di un Padre.
Dall'Antico al Nuovo Testamento, fino all'attuale vita della Chiesa il termine 'servizio' ritorna costantemente: "Sono rimasto sorpreso dalla felice convergenza sul senso che la parola assume all'interno della Bibbia (per esempio, il senso liturgico di servizio a Dio), ma anche dal riemergere, a distanza di secoli, di immagini che esprimono la carità incondizionata di una Chiesa che si fa serva, la 'Chiesa con il grembiule' come si è espresso ai nostri giorni mons. Tonino Bello e come si era espresso san Basilio al tempo di un cristianesimo ancora giovane." (dall'Editoriale di p. Alfio Filippi)
Il volume presenta le quattro lezioni tenute dal prof. Gerd Theissen il 26 Aprile 2012 presso la Specializzazione dogmatico-sacramentaria del Pontificio Ateneo S. Anselmo. Nel caleidoscopio di questi testi emerge al meglio la fruttuosità e la poliedricità dell'approccio theisseniano per la riflessione ecumenica sui sacramenti, muovendo dal dialogo aperto con il mondo secolare e con la scienza moderna, p.e. la semiotica e la scienza cognitiva della religione.
Pietro e Gesù: il vangelo vive della loro relazione, conflittuale e profonda come solo i legami autentici possono esserlo. Proprio per questo il loro rapporto costituisce il paradigma di ogni autentica sequela del Signore. Dalla chiamata sul lago al triplice rinnegamento, la vita di Pietro si dispiega "tra alti e bassi", tra crisi profonde e scelte appassionate, rivelando così tutte le possibilità dell'animo umano: dedizione, accoglienza, rispetto, amore, ma anche paura, rifiuto, ostinazione, ribellione e perfino il tradimento dell'amicizia e di quei valori profondi che Pietro si illudeva di aver ormai fatto suoi, ma che - in realtà - non gli appartenevano ancora. Nella vicenda del discepolo, ognuno di noi può rileggere qualche tratto della propria vita e della propria identità, perché egli è personaggio universale, talmente vero da metterci in crisi. Pietro tocca il fondo quando rinnega il Maestro, ma così facendo, egli non solamente tradisce un amico, non soltanto rinnega la ragione della propria vita: piuttosto, perde se stesso. Solo a questo punto, Pietro risorge e diventa un uomo nuovo. Riconciliato con sé e con Gesù, potrà guidare il gruppo dei discepoli perché il Maestro, che non aveva mai perso la fiducia nei suoi confronti, è disposto, ancora una volta, a confermarla: "Tu sei Pietro" (Mt 16, 18), per sempre! (dalla Presentazione)
Biblisti di America Latina, Asia, Africa ed Europa si confrontano sulla comprensione che i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento esprimono nei confronti del "diverso" e dello "straniero". Spaziando dalla Torah ai Profeti, dagli Scritti ai Vangeli sinottici, da Paolo a Giovanni fino ai testi cristiani più tardivi, l'alterità viene osservata come un elemento costitutivo di Dio e dell'uomo che interagisce nella dialettica delle relazioni umane, nell'identità e nel destino di Gesù, nell'interazione tra la vita cristiana e il mondo. "Mio padre era un arameo errante", confessa Israele nella sua professione di fede ricordando altresì di essere stato forestiero in terra d'Egitto. Abramo definisce se stesso uno straniero, che risiede in una terra che non è la sua patria, e un ospite di passaggio. "Forestieri e pellegrini" è anche la definizione dei cristiani nella Prima lettera di Pietro. Alla luce di queste considerazioni, osservano i curatori del volume, "la vera sfida che ci sta davanti è il passaggio dall'estraneità all'ospitalità e, dunque, una scelta di campo dalla parte del "diverso": a fianco dello straniero schiavizzato e dell'eunuco disprezzato, della donna emarginata e di ogni essere che porta sulla propria pelle i segni della precarietà e dell'ingiustizia; dalla parte di chi non ha voce, perché lo schiamazzo del potere nel nostro mondo, e nella Chiesa, è troppo forte e le voci flebili fanno fatica a emergere".
"In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio". Pur composto di soli 18 versetti, il prologo del quarto Vangelo, che la tradizione della Chiesa attribuisce all'apostolo Giovanni, è da sempre un luogo privilegiato di interpretazione esegetica, teologica e filosofica. Il saggio prende in esame le letture proposte da tre autori, uno di tradizione riformata, uno di estrazione ortodossa e uno di area cattolica. La prima voce è di Schelling (1775-1854), esponente dell'idealismo tedesco; la seconda di Solov'ëv (1853-1900), filosofo, teologo, poeta e critico letterario russo; la terza di Edith Stein (1891-1942), religiosa e filosofa tedesca, morta nel campo di concentramento di Auschwitz e proclamata santa nel 1998.
Il popolo della Bibbia, nato nel deserto e affacciato sul Mediterraneo, non si distingue per la sua attività marittima, non si lascia tentare da conquiste e imprese e non dispone di un ricco vocabolario per descrivere imbarcazioni o manovre nautiche. Al contrario della letteratura greca e latina, le pagine dell'Antico e del Nuovo Testamento guardano e pensano il mare solo dalla terraferma e non dispongono di eroi marittimi, ad eccezione del profeta Giona, che fugge in nave pur di non recarsi a Ninive, e dell'apostolo Paolo, che si avventura nel Mediterraneo per trasmettere il messaggio evangelico. Nessun Ulisse che, nonostante la paura, si arrischi sull'acqua. Nessun Enea che subisca il mare più di quanto lo cerchi. Eppure, proprio questo sguardo insolito e laterale consente alla Bibbia di non mitizzare il mare, ma di riconoscerne la forza e il valore simbolico in relazione alla riflessione sulla creazione, la morte e il mistero di Dio.