Filosofia e teologia hanno qualcosa da dirsi? Klaus Hemmerle ne è profondamente convinto, sì da condurre un dialogo appassionato e illuminante tra le due discipline. Negli scritti qui proposti se ne rintracciano le orme in una ricerca che ci conduce dal dialogo tra sacro e pensiero, a quello tra verità e testimonianza, alla questione del tempo e della Trinità, del rapporto tra verità e amore, fino alla domanda del pensare e del suo relazionarsi con l'evento della Rivelazione e con la fede. Salvaguardando la necessaria autonomia di filosofia e teologia, Hemmerle ne esalta insieme la complementarietà e attraverso un atteggiamento di pensiero che cura il dettaglio e guarda tutta la realtà circostante senza prendere nulla per già noto e conosciuto ci offre uno strumento che può ridare slancio sia alla filosofia che alla teologia, affinché si rimettano in gioco per offrire risposte alla cultura odierna. Il volume, che accanto alla selezione dei testi ne vuole offrire anche una lettura organica, è una novità nelle ricerche hemmerliane in ambito italiano. Per tale ragione esso si pone all'interno della collana "Per-corsi di Sophia" quale strumento di riflessione e approfondimento di alcune linee di ricerca dell'Istituto.
“Unde nihil”? Riallacciandosi alla “magna quaestio” che scuote e anima il filosofare, il volume raccoglie quattro studi che indagano il rapporto tra l'onnipotenza divina e la filosofia del linguaggio, nell'alveo della riflessione medievale. Il primo è dedicato alla riproposizione dell'aporetica del nulla da parte di Fredegiso di Tours e all'analisi del tentativo anselmiano di recuperare l'argomentazione di Agostino. Il secondo intende mostrare come il realismo linguistico di Fredegiso di Tours offra la più salda fondazione alla trattazione dell'onnipotenza divina esposta da Pier Damiani. Il terzo e il quarto approfondiscono gli stessi temi nella filosofia di Guglielmo da Ockham e di Nicola di Autrecourt, nelle cui speculazioni si affaccia con sempre maggior vigore una gnoseologia scettica: un'epistemologia che vede nel linguaggio non più il mezzo privilegiato di accesso alla conoscenza di Dio, bensì una trappola insidiosa per i vaniloqui di quelli che Vico definirà, causticamente, i “dotti boriosi”.
Le pagine che seguono non sono la Metafisica. Non oserebbero presentarsi in quel modo. Ciò sarebbe profanare la sua dignità. Come indicato dal titolo, esse sono semplicemente degli appunti: note orientative per uno studente che inizia, per ruscelli e piccoli canali, ad immergersi nel mare senza sponde della più elevata e nel contempo più profonda delle umane scienze.
Da Nilla Pizzi a Marco Mengoni, da Abramo a Malcolm X, da Socrate a Bauman, sono innumerevoli i link che Sottocornola suggerisce nel suo viaggio fra musica, cinema, mode, televisione, controculture e spiritualità, alle radici della popular culture italiana e del suo immaginario globale, mentre tratteggia il grande affresco del '900 sino al nuovo millennio, fra saggi, interviste, lezioni-concerto e disegni pop che ci accompagnano in un percorso interdisciplinare e transmediale imprevedibile. Questi "Saggi pop" si confrontano dunque coi prodotti della cultura di massa in Italia, analizzati come contestuali a un sistema che tende a mercificare tutti gli ambiti vitali della persona, ma anche come spazio socio-culturale di negoziazione di senso e costruzione di identità, secondo una "didattica della bellezza" che coniuga abilmente il vissuto personale, la trasfigurazione in senso universale, l'apporto mediatico di musica e immagini, l'insegnamento storico e sociale, l'ermeneutica grazie alla quale la contemporaneità è affrontata, assorbita e offerta artisticamente nella sua essenza più profonda.
Nel presentare la dottrina sul giudizio di Dio nei confronti dei dannati e dei beati, il francescano Giovanni Duns Scoto elabora una risposta concettuale che fa uso di una nuova teoria della modalità, grazie alla quale trova coerente spiegazione l’apparente contraddizione tra prescienza divina e libertà umana.
Ernesto Dezza è professore di metodologia generale e di storia della filosofia medievale presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Antonianum nonché professore di teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Il Medioevo fu realmente un’epoca buia, barbara e priva di vitalità culturale, come spesso è stato descritto e considerato? Si tratta di un pregiudizio che, fin dal Rinascimento, ha bollato con un marchio quasi indelebile il periodo che va dalla dissoluzione dell’Impero Romano alla fine del XV secolo. La realtà storica è invece ben diversa e proprio la filosofia, in particolare quella cristiana, è in grado di illuminare questi secoli e svelarne tutta la ricchezza culturale. Alla sapienza dei medievali questo agile volume affida dunque un compito importante: far camminare il lettore contemporaneo al fianco di giganti del pensiero e della fede, come san Paolo, sant’Agostino e san Tommaso. I loro ragionamenti cristallini, la loro sincera ricerca della Verità e l’appassionata contemplazione della Somma Bellezza condurranno a dissolvere le tenebre di un’epoca considerata “oscura” e restituiranno al Medioevo la dignità e il rispetto che merita.
C’è chi guardando un piatto vede solo un piatto. C’è chi guardando un piatto vede il piatto e vede, di riflesso nel piatto, anche se stesso, le altre cose e persino quelle che gli stanno in quel momento dietro le spalle. Mica male. La prima è una conoscenza “piatta”, la seconda è una conoscenza “profonda”, perché riflessiva. Eppure si sta guardano la stessa cosa: un piatto. La conoscenza profonda è quella filosofica ed è quella appunto riflessiva, perché fa riflettere sia chi la possiede che le cose che cadono nello sguardo di chi la possiede. E così, anche ciò che apparentemente è piatto, non lo è più, ma si mostra profondo.
La conoscenza di riflesso si mostra profonda perché trova tutto in tutto. Il che non è mai poco e non è da poco! Anche una meditazione semplice quale è quella del rosario nasconde di riflesso una profondità filosofica di valore assoluto: la sequenza dei misteri della vita di Gesù, nella scansione dialettica di gioia-dolore-gloria, è inaspettatamente la sequenza del percorso filosofico in ogni suo dettaglio, come metodo-logica-sapienza. Non c’è episodio della vita di Gesù che non rifletta in sé una mirabile struttura filosofica. Per questo la filosofia te la trovi anche dove non te l’aspetti. Per la sapienza il piatto è contento anche quando piange...
In questo fascicolo gli autori offrono al lettore una vivace dinamica che nasce dalle loro ricerche, intesa ad armonizzare le diverse scienze ecclesiastiche con una teologia che si incarna continuamente nella storia. Dal momento che l’incarnazione ha come destinatario il popolo di Dio, diviene sempre più impellente il richiamo a far sì che la dignità dell’essere umano sia garantita dalle scienze del diritto. La persona è il cuore del diritto, e della persona il diritto si prende cura, garantendo l’applicazione equa delle norme. In questa direzione il Diritto diviene partner insostituibile della Teologia, e tutt’e due – Teologia e Diritto – concorrono all’edificazione del Regno di Dio nella verità e nella giustizia. (Dalla Prefazione)
Il presente volume, che costituisce la terza parte dell'intero "Saggio sull'etica normativa nella Summa Theologiae di San Tommaso d'Aquino", considera le articolazioni antropologico-morali di quello che San Tommaso denomina "motus rationalis creaturae in Deum", analizzando le due tensioni correlate e basilari della natura umana: l'aspettativa della felicità e l'appetito razionale, entrambe coinvolte nella dinamica dell'azione morale verso il fine. L'autrice propone di ravvisare nel trattato tommasiano De Beatitudine una pregiudiziale teologica più che un'evidenza aristotelica - pure presente come cospicua fonte - e di rileggere la normazione etica in seno alla modalità tensiva dell'appetito razionale, tipico della crenatura intelligente, libera e per sé potestativa.
Che cosa rende ogni essere umano unico e irripetibile? Che cosa gli appartiene così intrinsecamente che niente e nessuno potrà mai strapparglielo? Che cos'è e come può essere definita la dignità di una persona? Esiste una morte "dignitosa"? Intorno a queste e ad altre domande sulla vita umana, la modernità appare lontana dalla religione, quando non in aperto dissidio con la sua morale. Eppure, scrive Spaemann, «la dignità non è una qualità biologica dell'uomo. La dignità è il fondamento dell'uomo, spiega l'esistenza di diritti e doveri, della libertà e della responsabilità. La dignità ha in sé qualcosa di trascendente, di sacro, di religioso, perché solo "rappresentando" l'Assoluto l'essere umano possiede ciò che chiamiamo "dignità"». Dal "diritto" di morire all'esistenza dell'anima, dal legame dell'amicizia alla dimensione della felicità, dall'amore alla sessualità, Spaemann sottopone la modernità a una critica paziente, stimolante, costruttiva, andando al fondo della ricerca di senso che tocca tutti noi, con un linguaggio di encomiabile limpidezza.
Sono rari i filosofi che si sono interessati alla chiesa in quanto idea. In queste pagine inedite, risultanti da un incontro teologico di più giorni, Paul Ricoeur sviluppa una riflessione del tutto originale che si può considerare, a un tempo, come militante testimonianza di un periodo di passaggio e come banco di prova, come laboratorio di temi filosofici sviluppati, altrove o in seguito, in modo indipendente. Viene alla luce un aspetto del pensiero di Ricoeur troppo spesso trascurato, in cui i lettori potranno cogliere un approccio filosofico nuovo, radicale, la cui ampiezza annuncia alcune delle sue opere ulteriori, la prova di uno sforzo intellettuale innovativo, anche per lui stesso, e dell'importante ruolo che il filosofo ricoprì nella vita intellettuale della Chiesa riformata di Francia». (Dalla prefazione di Olivier Abel)
La Chiesa ha sempre negato all'impresa filosofica di Hegel il riconoscimento dell'ortodossia, e ha tradizionalmente considerato il nucleo del suo pensiero incompatibile con l'integrità cristiana. Con questo libro Vito Mancuso si accosta invece alla filosofia hegeliana con lo scopo di mostrarne al contrario la sua profonda intenzionalità teologica, facendo giustizia di tante interpretazioni - sia filosofiche sia teologiche -che ignorano del tutto questo dato. E giunge anzi a mostrare come il cristianesimo viene assunto da Hegel come la verità del mondo, e che da esso il filosofo fa scaturire la sua visione della storia, del suo senso e della sua finalità.