Sommario
1. Cristianesimi asiatici: letture postcoloniali
1.1 Cristianesimi e teologie asiatici attraverso la lente del postcolonialismo (pag. 27)
Felix Wilfred
1.2 Rivendicare il cristianesimo come asiatico (pag. 42)
Jose Mario C. Francisco
1.3 Una lettura postcoloniale di Gal 3,28 (pag. 54)
Pablo Virgilio S. David
1.4 Approcci postcoloniali a Gal 3,27-28 per una varietà del cristianesimo in Asia (pag. 64)
Marie-Theres Wacker
2. Teologie della liberazione e teologie femministe: incontri asiatici
2.1 La liberazione dell’America del Sud alimentata dal cristianesimo asiatico (pag. 75)
Diego Irarrázaval
2.2 La dominazione linguistica in teologia (pag. 85)
José de Mesa
2.3 Etica interculturale femminista: colloquiare con l’Asia (pag. 95)
Linda Hogan
2.4 Immagine femminile di Dio e leadership delle donne in Ciudad Mistica de Dios (pag. 106)
Agnes M. Brazal
2.5 Percepire l’Altro e il Divino attraverso esperienze incarnate (pag. 117)
Stefanie Knauss
3. Dialoghi interreligiosi e tra fedi diverse in Asia
3.1 Il dialogo tra fedi diverse nei contesti religiosi asiatici (pag. 127)
Huang Po Ho
3.2 La mano che ascolta. Essere in dialogo con le tradizioni asiatiche (pag. 138)
Thierry-Marie Courau
3.3 Incontri postcoloniali con le religioni indigene per la pace e l’armonia ecologica (pag. 148)
Jojo M. Fung
Forum teologico
1. Profetizzare o non profetizzare: è questo il dilemma? (pag. 163)
Ramon Echica
2. Soffia un vento nuovo che modella nuove piattaforme per il dialogo interreligioso (pag. 172)
Eliseo Mercado
Chiamata a riflettere la luce di Cristo, la Chiesa esiste per la missione e diventa se stessa se esce da sé per incontrare gli uomini, per annunciare la Parola che salva e per testimoniare nell’amore la salvezza ricevuta. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, papa Francesco ci offre una guida per questo percorso impegnativo e affascinante, che deve portare la Chiesa ad attuare in ogni momento una dinamica di
uscita, di condivisione e di annuncio. Tale processo esige una veri ca meticolosa e costante delle sue strutture, in modo da togliere da esse la ruggine della ripetitività, della tiepidezza e del conformismo. Esige una conversione continua da parte della Chiesa alla Parola di Dio, essendo la Chiesa creatura della Parola e dovendo restare sempre tale per essere autenticamente se stessa.
Accogliendo l’invito che papa Francesco ha rivolto alla Chiesa italiana, queste pagine desiderano essere un aiuto a leggere più in profondità e a seguire più concretamente l’Evangelii gaudium.
Sulla base di queste solide premesse, il volume si sofferma sul rinnovamento spirituale che deve attraversare la Chiesa italiana da cima a fondo, alla luce dell’Esortazione di Francesco e sulla scia del quinto Convegno ecclesiale nazionale – svoltosi a Firenze nel novembre 2015 – che con i suoi orientamenti conclusivi ci guiderà nei prossimi anni.
Nel 1579 Akbar, il Gran Moghul, così come veniva chiamato in Occidente l’imperatore indiano dell’omonima dinastia sunnita di origine turco-mongola, invitava alla propria corte alcuni teologi gesuiti. Un evento forse unico nella storia, in quanto risulta piuttosto singolare per un sovrano di uno stato islamico ospitare alcuni missionari chiaramente mossi da un preciso intento evangelizzatore. Presso i Musulmani vige, infatti, la forte concezione dell’Islam come religione naturale dell’uomo e quindi il conseguente disinteresse per le fedi diverse dalla loro rappresenta una costante trasversale a molti paesi di influenza islamica. La Chiesa, sia pure con inevitabili difficoltà, non ha mai rinunciato a svolgere la propria attività di promozione della religione cristiana; un diritto che, tuttavia, difficilmente poteva essere riconosciuto da un sultano. Scopo di questo saggio è proprio quello di individuare le ragioni che spinsero un imperatore musulmano come Akbar a richiedere alcuni gesuiti presso la propria corte. In Occidente, sull’onda di un abbagliante e fuorviante ottimismo, si parlava di un’imminente conversione al cristianesimo del Gran Moghul. In realtà ben altre, seppur sempre sorprendenti, saranno le motivazioni.
I processi e le strutture che hanno permesso, fino a qualche decennio fa, di comunicare il Vangelo paiono oggi sempre più inadatti a svolgere questa funzione. La trasmissione della fede da una generazione all’altra, su cui per secoli si è potuto quasi naturalmente contare, si sta velocemente interrompendo ed è sempre meno chiaro o condiviso che cosa si debba fare affinché il messaggio cristiano torni a essere tale per le donne e gli uomini che vivono in Europa.
A partire dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium un gruppo di teologi riflette sulla «conversione» che il testo di papa Francesco richiede a diversi livelli e in diverse direzioni, sul terreno pratico e, prima ancora, su quello della riflessione accademica. Nel quadro di una lettura che prende in esame la Chiesa e la teologia latino-americane e il contesto culturale europeo, l’indagine si focalizza su due grandi orizzonti di conversione - il volto di Dio e la realtà della Chiesa – che richiedono di trovare concretezza in più specifici e circoscritti terreni: il diritto canonico, la liturgia, la morale e la spiritualità.
La riscoperta della centralità dell’evangelizzazione per l’identità della Chiesa che è avvenuta nel post-concilio ha dato vita a numerosi tentativi di ripensare il modo con cui comunicare la fede a chi non crede o a chi vive l’esperienza cristiana in modo frammentario. In realtà, la storia dei fondamenti teologici dell’annuncio evangelico, di cui questo volume offre una lettura sintetica, mostra che la qualità e l’efficacia della missione ecclesiale dipendono anzitutto dal fatto che il popolo di Dio, sotto la guida del magistero che ne è parte integrante, sia disponibile a reinterpretare continuamente contenuto dottrinale della fede, ponendolo in correlazione con le istanze dell’esistenza umana individuale e collettiva. L’evangelizzazione, insomma, risulta essere primariamente un’attività ermeneutica.
Le catastrofi naturali verificatesi in Cina alla fine del Cinquecento avevano messo in dubbio la capacità dell'imperatore di garantire l'armonia tra cielo e terra e, per esteso, di regnare. Conoscere la data precisa di un'eclissi, perfezionare il calendario da seguire per officiare i riti e scorgere i segni premonitori di un movimento tellurico erano dunque bisogni primari. Con l'esigenza dell'imperatore di conoscere, prevedere e controllare i fenomeni naturali e celesti, segno della comunione speciale del sovrano con l'universo e garanzia di ordine e stabilità coincide con la necessità dei padri gesuiti di legittimare la propria presenza e il proprio operato in Cina.Il Trattato sui terremoti, scritto a Pechino nel 1626, dopo un grande sisma avvenuto nei pressi della capitale, contribuisce a dare risposte più scientifiche a un fenomeno che prima di allora veniva attribuito ai movimenti sotterranei di un drago delle acque o di una tartaruga. Il testo, qui tradotto dall'edizione conservata alla Biblioteca nazionale di Francia, rappresenta un documento di straordinario interesse anche per ricostruire la formazione poliedrica dei gesuiti e l'incontro tra Europa e Cina nel quadro delle conoscenze scientifiche e della sensibilità religiosa del Seicento.
Giappone, 1708. Il paese vive il tempo del sakoku: ogni contatto con gli stranieri (soprattutto se missionari cristiani) è proibito o rigidamente regolato. In un contesto di violenta persecuzione, il 12 ottobre 1708, uno straniero vestito da samurai sbarca furtivamente nell'isola di Yakushima. Il suo nome è Giovanni Battista Sidotti ed è un missionario italiano. Viene subito fermato e imprigionato: il suo destino è l'abiura o la condanna a morte. Ma accade qualcosa di inatteso: Hakuseki Arai, studioso confuciano e consigliere dello shogun, decide di interrogarlo di persona. Ne nasce un dialogo straordinario. La vita è risparmiata a Sidotti, senza che debba rinunciare alla sua fede, mentre Hakuseki, ispirato da quelle conversazioni, scrive importanti opere che gettano le basi della riapertura del Giappone. Sidotti muore in isolamento ma il suo sacrificio non è invano. Nel luglio 2014 i suoi resti sono stati ritrovati, là dove era stata la sua prigione, e riconosciuti grazie al DNA.
Reso famoso dalla trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi, che aiutò moltissimi italiani a prendere il diploma di scuola elementare, il maestro Alberto Manzi (1924-1997) ha sfidato l'analfabetismo anche dall'altra parte dell'oceano. Partito alla metà degli anni Cinquanta per studiare le formiche della foresta amazzonica, l'autore di Orzowei e di molti altri libri per ragazzi era rimasto colpito dalle condizioni di vita dei nativos e per oltre due decenni si era recato in Sudamerica, dove, con l'aiuto dei missionari salesiani aveva insegnato agli indios e li aveva aiutati a costituire cooperative agricole e piccole attività imprenditoriali. Accusato dalle autorità di essere un «guevarista» collegato ai ribelli, era stato imprigionato, torturato e dichiarato «non gradito». Aveva tuttavia continuato a recarsi clandestinamente in America Latina sino al 1984. Tre anni dopo venne invitato a collaborare al Piano nazionale di alfabetizzazione dell'Argentina, in seguito adottato in tutto il Sudamerica e premiato dall'Unesco.
Hanno collaborato a questo numero : Caterina Ciriello, Lorella Congiunti, Francesco Cosentino, Benito De Marchi, Samir Anis Matta Emad, Mario Florio, Armando Genovese, Fidel González Fernández, Luciano Meddi, Mariangela Petricola, Angelo Romano, Donatella Scaiola, Paul B. Steffen, Luca F. Tuninetti, Andrea Vaccaro.
Il rinnovamento delle comunità parrocchiali è oggi un punto nevralgico, di fronte alla drastica diminuzione del numero dei sacerdoti e al calo del numero dei fedeli che partecipano all'eucaristia domenicale. L'autore, forte della sua esperienza di parroco, indica la direzione da prendere: la chiesa è per sua natura missionaria, così deve essere ogni parrocchia, una casa di preghiera e come tale ha bisogno di riscoprire la sua identità:, risvegliando la fede in modo autentico, stimolando l'incontro personale con Cristo, rendendo i sacramenti dei segni vitali, proponendo la santa messa della domenica un evento che entusiasma e attrae. L'autore riesce a unire insieme sia la pastorale tradizionale (importanza dei sacramenti) sia il primato dell'evangelizzazione, della Parola di Dio ascoltata, compresa e messa in pratica.
Cercare la verità, favorire l'ascolto, non stancarsi del dialogo, sperare sopra ogni cosa nella pace. In dodici anni da Custode di Terra Santa, e ora da amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, monsignor Pierbattista Pizzaballa ha avuto occasione di incontrare migliaia di persone di tutte le fedi. E di offrire anche nei contesti più prestigiosi (università e parlamenti), oltre che in centinaia di incontri e convegni, la sua testimonianza di francescano che crede nella comprensione reciproca e nella costruzione paziente della cultura della pace e dei diritti. E questo nonostante i contesti di conflitto (Israele-Palestina, Siria, Egitto) che ha dovuto a più riprese affrontare. Oggi la sua parola è quanto mai preziosa. Un punto di vista privilegiato e autorevole, forgiato "sul campo", che non può che scuotere le nostre certezze (e a volte la nostra indolenza) di occidentali, spesso meri spettatori di quanto vivono i nostri fratelli cristiani (e non solo) in Medio Oriente.
Il Vecchio Continente pare avvitato su sé stesso. L'unità politica è lontana, la finanza ha preso il sopravvento in una palese spinta antidemocratica, la deriva turbocapitalistica sta minando lo stato sociale. L'immigrazione viene vissuta come minaccia, le spese militari si impennano. L'Europa come l'avevano sognata i suoi fondatori non c'è. Ci sarà? Un missionario, che dall'Africa è tornato nel cuore dell'Europa, traccia un cammino di rinascita del sogno europeista: meno finanza e più beni comuni, maggior impegno eco-solidale e meno austerità.