Tutti sappiamo che le origini della nostra cultura stanno là, in quella penisola assolata e spazzata dai venti, e nella miriade di isole che popolano il mare viola dell'Egeo. In quelle terre cominciarono a essere usate le parole più antiche di cui si abbia memoria, e alcune di queste continuano dopo più di tremila anni a essere pronunciate. La storia delle parole è anche la storia dei concetti che esprimono e che si misurano col tempo. Giulio Guidorizzi ne ha scelte trenta che fanno da guida alla genesi di alcune idee fondamentali anche per noi. Da "anima" a "sapienza", da "legge" a "giustizia", da "amore" a "amicizia", l'indagine investe la politica e l'arte, il diritto, le forze morali e i sentimenti. Ogni voce di questo lessico, vero vocabolario di antropologia della cultura, esprime un modo di concepire la realtà delle nostre origini e fa rivivere lo straordinario mondo dei Greci esplorando alcuni concetti tuttora attualissimi nella nostra civiltà.
«Lo latino è perpetuo»: così dice Dante agli inizi del Trecento. Il senso di immortalità della lingua latina, che traspare dalle parole del sommo poeta, è in contrasto con l'opinione comune secondo cui il latino è una lingua morta. Il libro analizza l'apporto del latino all'italiano attraverso l'angolo visuale delle parole, di cui ricostruisce le vicende storiche in un appassionante viaggio tra passato e presente. L'autore cerca le tracce di vocaboli ed espressioni andando a ritroso nel tempo e conduce il lettore a scoperte inaspettate. La storia di un termine religioso come cristiano s'intreccia con quella di un insulto come cretino. I verbi considerare e desiderare sono connessi con l'osservazione delle stelle. Il sostantivo furto è collegato ai nomi foruncolo e furetto. L'idioma dell'antica Roma non è morto, ma vive ancora nella nostra lingua e nella nostra cultura.
Ci sono parole che per ognuno di noi hanno un valore speciale: da cui la memoria sprigiona in forma di pura emozione, si fa sentimento attraverso i sensi; porta con sé un suo sapore, un suo odore o colore, una superficie levigata o ruvida, una strana consistenza concreta e tridimensionale. In un tempo in cui ogni nostra parola può essere amplificata, moltiplicata, enfatizzata o tradita dalla rete e dai social network, la responsabilità dell'uso del linguaggio è diventata molto più grande per ciascuno di noi. Il volume illustra l'inesauribile ricchezza del nostro lessico: la provenienza delle parole, la loro storia e struttura, il loro ambito d'uso, il modo in cui hanno segnato un'epoca o un aspetto della nostra società. I capitoli, scritti con passione e competenza da firme di rango, disegnano nel loro insieme un mosaico vivace e variegato. Uno straordinario viaggio alla scoperta del patrimonio lessicale dell'italiano, una lettura di grande piacevolezza, che riserverà utili consigli, curiosità e sorprese.
Inclusività, sostenibilità, omofobia, resilienza, negazionismo: parole magiche e rituali, spesso prese in prestito da altre lingue, che caratterizzano il nostro modo di parlare e di affrontare i problemi del mondo. Siamo letteralmente sommersi da un profluvio di nuovi termini che, anziché arricchire il nostro vocabolario, lo ingabbiano e lo costringono entro limiti e definizioni molto spesso non attinenti alla realtà o che non veicolano nessun significato reale. Tutto questo corrisponde a una metodologia attentamente studiata che mira ad alterare la sostanza dei significati, e a corrompere il pensiero, instillando l'idea che la realtà sia opinabile e quindi modificabile. Chi si oppone rischia di passare come retrogrado, tradizionalista e sovranista, colpa gravissima in una società sempre più indistinta e priva di identità.
Negli stessi secoli in cui entra in crisi l'unità linguistica e politica del mondo romano, incominciano a risuonare quelle lingue che ancora oggi l'Europa parla e la cultura europea rimedita l'episodio biblico della confusio linguarum, cercando di recuperare la lingua di Adamo o di ricostruirla come lingua perfetta. A questo sogno si sono consacrate alcune delle personalità più insigni della cultura europea e malgrado le loro utopie non si siano realizzate, ciascuna di esse ha prodotto degli effetti collaterali: se oggi conosciamo il mondo naturale attraverso classificazioni rigorose, se inventiamo linguaggi per le macchine, se siamo in grado di compiere calcoli logici, se tentiamo esperimenti di traduzione meccanica, è perché siamo in qualche misura debitori di quei molteplici tentativi di ritrovare la lingua di Adamo.
Il latino è una lingua nobile e concisa, ricca e armoniosa, piena di maestà e dignità, chiara e sempre pregna di significati. Con queste parole San Giovanni XXIII nel 1962, all'interno della Costituzione Apostolica "Veterum Sapientia", lodava le proprietà del latino e ne raccomandava la promozione all'interno della Chiesa. I professori del Pontificium Institutum Altioris Latinitatis, preconizzato in quella costituzione, ne ricordano l'attualità, attraverso i brevi saggi che compongono il libro, per mostrare come il latino sia una lingua immortale, incessantemente usata nel corso dei secoli, veicolo di cultura e di fede, strumento di unità tra gli intellettuali di ogni popolo.
Lingua di marmo antico di una cattedrale Lingua di spada e pianto di dolore Lingua che chiama da una torre al mare Lingua di mare che porta nuovi volti Lingua di monti esposta a tutti i venti Che parla di neve bianca agli aranceti Lingua serena, dolce, ospitale La nostra lingua italiana (versi di Gaio Chiocchio) Dieci lezioni di italiano per tutti coloro che aspirano a conoscere e a usare meglio la nostra lingua, insieme a studenti e insegnanti. Si parte con cinque proposte di lettura per comprendere i classici, in cui l'autore s'impegna a descrivere com'è fatta e come funziona la lingua di alcuni grandi della nostra letteratura: Dante, Machiavelli, Galileo, Leopardi e Manzoni. Seguono cinque variazioni sul tema della scrittura per migliorarne la padronanza: come usare i vocabolari, come consultare le grammatiche, come perfezionare la punteggiatura, come rendere coeso un testo e come scriverne uno argomentativo. Abituale frequentatore di accademie, aule universitarie e schermi TV, Giuseppe Patota sa come catturare l'attenzione di lettori e lettrici, guidandoli con perizia e leggerezza all'uso sicuro e consapevole dell'italiano.
La parola tende il filo ininterrotto del tempo che tiene insieme la memoria dei padri e il destino dei figli. Creatura e creatrice, la parola custodisce e rivela l'assoluto che siamo. Stupenda e tremenda, potente e fragile, gloriosa e infame, benedetta e maledetta, simbolica e diabolica, la parola è pharmakon, «medicina» e «veleno»: comunica e isola, consola e affanna, salva e uccide; edifica e distrugge le città, fa cessare e scoppiare le guerre, assolve e condanna innocenti e colpevoli. Per i classici è icona dell'anima, sede del pensiero, segno distintivo dell'uomo; per la sapienza biblica inaugura la creazione e fonda lo «scandalo» cristiano dell'incarnazione. Che ne è oggi della parola? Ridotta a chiacchiera, barattata come merce qualunque, preda dell'ignoranza e dell'ipocrisia, essa ci chiede di abbassare il volume, imboccare la strada del rigore, ricongiungersi alla cosa. Agostino direbbe che «noi blateriamo ma siamo muti». Costruttori di una quotidiana Babele e sempre più votati all'incomprensione reciproca, avvertiamo il bisogno di un'ecologia linguistica che restituisca alla parola il potere di svelare la verità. A noi il duplice compito: richiamare dall'esilio le parole dei padri e creare parole per nominare il novum del nostro tempo.
Il volume raccoglie gli atti del convegno svoltosi nell'ottobre 2020 a Omegna, città natale di Gianni Rodari, per ricordare lo scrittore nel centenario della nascita. Nelle pagine del libro viene messa in rilievo l'essenza profonda del lavoro di Rodari, che consiste nel porre al centro dell'attenzione la parola, per sperimentare tutta la gamma dei suoi usi. La parola è la chiave per accedere alla libertà e dunque alla democrazia: «Tutti gli usi della parola a tutti [...] Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo». Lavorando con le parole lo scrittore traccia anche la strada per la creazione fantastica. Il linguaggio e la fantasia sono infatti strettamente legati mediante il gioco linguistico. «Una parola può generare una storia perché mette in movimento tratti della nostra esperienza, del nostro vocabolario, del nostro inconscio. Mette in movimento le nostre idee, la nostra ideologia». Ecco allora che il gioco con le parole, con i loro suoni, sensi e significati, permette di sfruttare le numerose potenzialità della lingua, di usarla in modo libero e "trasgressivo" infrangendone l'uso solito e, "trasgredendo", consente di dar vita all'invenzione di storie o filastrocche. Testi creativi che lo hanno reso noto in tutto il mondo e che consentono agli insegnanti di mettersi alla prova con i propri allievi per sperimentare gli arnesi e le tecniche usati dallo scrittore. E, nel contempo, di impadronirsi meglio di tutti gli usi della lingua.
Questo libro si propone di chiarire che cosa è la grammatica quando la si 'prende sul serio', facendo piazza pulita delle tante idee sbagliate al proposito. In particolare, mostra che non è una massa di minute prescrizioni, ma il punto d'arrivo di Homo sapiens che cerca come esprimere quel che ha in mente. Stazione provvisoria di questa lunga marcia, la grammatica è il motore che fa silenziosamente funzionare le lingue. Intesa così, è anche il terreno su cui la linguistica si incontra con le scienze cognitive, l'informatica e perfino la teoria dell'evoluzione. "La grammatica presa sul serio" la raffigura come un arcipelago di componenti interdipendenti, parzialmente universali e sempre esposti ai rischi del mutamento. Presenta questioni aperte che gettano luce sulla natura delle lingue e anche dell'umano: perché Homo sapiens ha inventato una grammatica? Che nesso c'è tra la grammatica e la mente? Esistono lingue che ne sono prive? Come è fatta la grammatica delle 'protolingue'? La grammatica è uguale per tutte le lingue? Gli errori la fanno progredire? Quali sono i suoi meccanismi principali? Questi temi sono illustrati con un linguaggio rigoroso ma amichevole, un minimo ricorso a tecnicismi e un ricco corredo di esempi dall'italiano e da lingue europee ed extraeuropee.
Questo libro racconta la storia dell'italiano della letteratura dal Medioevo, quando nasce, al Rinascimento, quando si afferma nel ruolo di primo collante linguistico nazionale, all'età moderna (dal Seicento all'Ottocento), quando comincia a separarsi dalla lingua non letteraria, fino a un radicale divorzio dei due istituti, specie tra quello della poesia e quello della lingua comune. Segue poi le vicende del linguaggio letterario nel Novecento, il secolo che ne ha ridotto drasticamente e definitivamente la specializzazione grammaticale e lessicale, trasferendola a livelli stilistici e in luoghi linguistici prima non colpiti dalla differenziazione letteraria. Esamina, infine, all'inizio del XXI secolo, con ampia messe di dati, i piú recenti tentativi (felici o falliti) che l'uso letterario della lingua fa per non perdere del tutto o per riacquistare in parte tratti specifici o aggiuntivi rispetto a quelli dell'italiano corrente. Questa nuova edizione di un'opera di lungo e fortunato corso rivede e aggiorna completamente la precedente e la integra di una parte cospicua dedicata alla contemporaneità, realizzando, di fatto, per quantità e qualità della revisione e delle aggiunte, un libro nuovo: un percorso attraverso la letteratura italiana, dalle origini fino al secondo decennio del XXI secolo, con i materiali e la strumentazione di un linguista. Nuova edizione riveduta e ampliata.
Gli studi sul contributo che la Chiesa ha dato alla diffusione dell'italiano sono numerosi; non sono molte, tuttavia, le indagini sull'uso che dell'italiano è stato fatto dagli inizi del Novecento a oggi. Nonostante alcune ricerche importanti sulla traduzione della liturgia dopo il Concilio Vaticano II, sulla diffusione dell'italiano nel mondo attraverso la religione o sulla lingua dei pontefici, sono rimasti estranei all'attenzione degli storici della lingua sia le vie seguite dalla Chiesa nel XX secolo e nei primi anni del XXI per tenere viva la comunicazione con credenti e non credenti, sia il contributo che le recenti innovazioni hanno dato alla lingua italiana. L'idea del volume nasce, dunque, dall'intenzione di avviare nuove ricerche e riflessioni sui tanti modi in cui la Chiesa cattolica è riuscita a mantenere vivo il suo ruolo di messaggera dell'italiano.