Alle origini della democrazia, nell’Atene di Pericle, solo al presidente della boulé, il consiglio cittadino, era consentito prendere appunti sulla sua tavoletta di cera. Gli altri membri dovevano parlare a braccio, per garantire la sorgiva sincerità del confronto faccia a faccia. Oggi, al tempo di Internet, si può comunicare tutto a tutti, in tempo reale, su scala planetaria, ma non c’è più nulla da comunicare di umanamente significativo e profondo. Si sono persi il contatto diretto, il linguaggio del corpo, il fatto e l’antefatto, il peso e la complessità dell’esperire umano. Tutto è semplificato, alleggerito, velocizzato. Basta cliccare. Ma l’uomo numerico è preciso e svuotato nello stesso tempo. È rapido, veloce, perpetuamente nomade o navigatore nell’oceano-pattumiera del web, ma sedentario. Vede tutto e non tocca niente. È frenetico e immobile nello stesso tempo, informato di tutto e concentrato su niente. Perché nella nostra società irretita, sempre interconnessa e fragilissima, Internet e gli altri innumerevoli media celebrano e consacrano la confusione fra valori strumentali a valori finali.
Sommario
Prologo. I. Il miracolo dell’«ordine sociale». II. Macchina e persona. III. Filosofia della miseria e miseria della filosofia. IV. Alienazione e relazione umana. V. La protesta che non propone. VI. L’atrofia della memoria come collante sociale. VII. La socialità fredda e superficiale. VIII. La nuova preghiera del mattino. IX. L’avvento degli uomini vuoti. X. Conversare con se stessi. XI. Lacrime di coccodrillo. XII. La realtà de-realizzata. XIII. Il nomadismo sedentario. XIV. Una sfida al momento perduta. XV. I nuovi esclusi. XVI. La vita interiore in pericolo.
Note sull'autore
Franco Ferrarotti, professore emerito di Sociologia all'Università di Roma «La Sapienza», direttore della rivista La Critica sociologica, è stato deputato indipendente al Parlamento italiano dal 1958 al 1963. Tra i fondatori, a Ginevra, del Consiglio dei Comuni d'Europa, ha assunto la responsabilità della divisione Facteurs sociaux dell’Ocse. Nominato Directeur d’études alla Maison des Sciences de l'Homme di Parigi, ha ricevuto il premio per la carriera dall'Accademia nazionale dei Lincei ed è stato nominato Cavaliere di gran croce al merito della Repubblica. Con EDB ha pubblicato: La religione dissacrante. Coscienza e utopia nell'epoca della crisi (2013); Rivoluzione e trascendenza (2013); La concreta utopia di Adriano Olivetti (22016); Scienza e coscienza. Verità personali e pratiche pubbliche (2014); Elogio del piromane appassionato. Lettura e vita interiore nella società digitale (2015); Al Santuario con Pavese. Storia di un'amicizia (22016); Il conte di Vinadio. Felice Balbo e il marxismo come eresia cristiana (2016), Attualità di Lutero. La Riforma e i paradossi del mondo moderno (22017).
A volte, non solo non ci rendiamo conto di essere manovrati, ma non siamo neppure consapevoli che noi stessi adottiamo strategie per influenzare ed esercitare un controllo sugli altri per persuaderli, in modo più o meno trasparente, a pensare o fare ciò che vogliamo, magari senza cattive intenzioni o senza essere machiavellici. Perdiamo di vista che, nel gioco delle parti, carnefici, vittime e salvatori si alimentano e sostengono a vicenda.
Lo spiega bene Christophe Carré, uno dei maggiori esperti di questi temi, il quale, senza demonizzazioni e con grande perspicacia, esplora qui le dinamiche e le modalità manipolatorie che ciascuno di noi – chi più, chi meno – sperimenta nel lavoro, nei rapporti di amicizia, in amore e nella relazione con i figli. Lo fa integrando molteplici contributi delle scienze umane e della psicologia sociale, grazie ai quali suggerisce come riconoscere e scardinare il gioco della manipolazione, usarne con intelligenza gli strumenti e imparare a comunicare e agire senza barare.
• Perché ci lasciamo facilmente influenzare?
• Perché finiamo col dire di sì?
• Quali sono le strategie più ingannevoli?
• Chi sono i manipolatori più pericolosi?
• Come evitare di cadere nella loro rete?
E se anche noi, senza rendercene conto, lo fossimo?
Per interesse, perversione o per errore, ma a volte semplicemente a fin di bene, la manipolazione è ovunque. Perché tutti, in fondo, manipolano tutti!
L’Italia è un Paese anziano e che invecchia. Allo stesso tempo è un Paese scarsamente digitalizzato, con un numero di utenti Internet tra i più bassi d’Europa. Tutto ciò rende particolarmente urgente interrogarsi oggi sui fattori che influenzano l’adozione delle ICT da parte della popolazione italiana più anziana. Considerato tale contesto, la pubblicazione affronta il tema dell’invecchiamento attivo e del ruolo che le ICT hanno nella vita quotidiana degli anziani, a partire sia dalla letteratura attorno alle disuguaglianze (digitali) sia presentando due originali e recenti ricerche field e desk condotte dall’autore. Le ricerche fanno emergere il ruolo delle ICT sia nel contesto della vita quotidiana degli anziani, sia nella costruzione retorica e narrativa che ne fanno le istituzioni, in particolare rispetto al ruolo dei media digitali nei processi di invecchiamento attivo. Un’analisi dall’approccio innovativo che mette in luce i benefici ma anche i rischi che gli anziani percepiscono e corrono nell’uso delle tecnologie dell’informazione.
Un saggio sul "mondo liquido" del Web, sul tempo della tecnica e del potere strumentale ma anche dell'inevitabile rischio della negazione dell'uomo...
L'opera inaugura la nuova collana Studi, diretta da Robert Cheiab, che raccoglie ricerche e studi su temi di fede, cultura e spiritualità. La rivoluzione digitale ha trascinato l'uomo e le sue relazioni verso il "mondo liquido" del web. I giovani e gli adolescenti sono i primi imbrigliati in questa rete. L'ospite più pericoloso di questa nuova "residenza" è il nichilismo, la negazione dei valori e dell'uomo stesso. Il presente studio analizza questo fenomeno con oggettività ed empatia e propone uno spazio di comunicazione fra i nativi digitali e la Chiesa.
Continua
Che succede quando gli adolescenti comunicano mediante i social network come Facebook, Twitter e Instagram? Come gestiscono la propria identità, come difendono la propria privacy, che cosa mettono in gioco dei propri sentimenti? Queste sono solo alcune delle domande che danah boyd, autrice di successo ed esperta di social media e comunicazione, affronta nel suo libro dedicato a quella second life che rappresenta ormai la forma di vita più importante per la maggioranza degli adolescenti. L’autrice sfata i falsi miti legati alla diffusione di internet, dal presunto aumento del cosiddetto cyberbullismo agli esagerati pericoli sulla spersonalizzazione dei giovani, fino alla stessa definizione di nativi digitali, troppo semplicistica rispetto alla complessità del fenomeno. It’s complicated, frutto di dieci anni di ricerca sul campo, di interviste e di incontri con centinaia di adolescenti, è una lettura fondamentale per chiunque sia interessato a comprendere l’impatto sociale e culturale delle nuove tecnologie di comunicazione sulle generazioni future.
Singolare è stato il rapporto di Paolo VI con la stampa. Il mondo del giornalismo, in particolare, gli era famigliare, avendolo frequentato e praticato sin da ragazzo. Fondatore di diverse riviste quali "Diocesi di Milano" nel 1960 e "Il Segno" nel 1961, ancora oggi pubblicato. Tanti i discorsi sulla deontologia morale della stampa: al Consiglio Naz. della Stampa Italiana nel 1966; alla Stampa estera nel 1973. Su questa deontologia del giornalista Paolo VI si fermerà anche sul discorso ai giornalisti dell'Associazione della Stampa Estera in Italia, qui proposto, e che fu pro-nunciato il 28 febbraio del 1976, ossia verso la fine del pontificato. «La Chiesa cattolica non è soltanto la cupola di San Pietro e alcune guardie svizzere. Per capire la Chiesa è necessario studiarne la complessi-tà. Noi siamo difficili. Ma voi dovete leggerci. Dovete penetrare questo alfabeto poco noto, così come bi-sogna leggere i geroglifici per capire una piramide egizia". È singolare cogliere, ad oltre quarant'anni di distanza, la corrispondenza di modelli tratti dall'antico Egitto nel linguaggio di due Papi: Paolo VI e Francesco, il quale nel Discorso natalizio alla Curia Romana del 21 dicembre 2017, volle ripetere un'espressione «simpatica e significativa» del De Mérode sul tentativo di pulire la Sfinge d'Egitto con uno spazzolino da denti. Francesco lo diceva per sottolineare «quanta pazienza, dedizione e delicatezza occorrano» per rag-giungere l'obiettivo della riforma della Curia, «istituzione antica, complessa, venerabile, composta da uomini provenienti da diverse culture, lingue e costruzioni mentali». Nonostante la diversità dei di-scorsi e del tema rispettivamente trattato, non sarà tuttavia difficile trovare una sintonia fra questi due Papi nel modo d'intendere la riforma della Chiesa e, in essa, anche della Curia romana.
Il Rapporto CISF 2017 si propone di analizzare i modi in cui le nuove ICT (Information & Communication Technologies), sostanzialmente legate all’uso di internet, vengono utilizzate dalle famiglie e come ne influenzano la vita quotidiana. Parlare di internet e famiglia significa oggi analizzare come cambia la relazionalità familiare rispetto alla “relazionalità diffusa” dei social e delle reti sociali in genere; quanto è “intrusiva” la Rete nella vita delle famiglie; quanto impatta sulla dimensione intergenerazionale (il digital divide
tra genitori e figli); quanto è importante la dimensione pedagogica in una fase storica che vede i genitori costantemente sfidati da una tecnologia in rapida evoluzione, di cui i ragazzi sembrano sapere tutto.
Seduto alla scrivania di casa – sopra di lui lo sguardo vigile di Kurt Vonnegut, accanto a lui una finestra aperta su campi e boschi –, Michele Serra scrive le sue amache. Se non è a casa, le scrive dove capita: in treno, in macchina, al bar, in autogrill, ovunque. Praticamente senza sosta, ogni giorno, da un quarto di secolo. Ormai sono quasi ottomila corsivi, quasi ottomila opinioni: abbastanza per sentirsi “un caso umano”, per voltarsi indietro e interrogarsi sulle ragioni e la sostanza di tutto questo. Ecco allora la precoce familiarità di Serra con libri e macchine per scrivere, il debito di riconoscenza nei confronti di persone e luoghi che lo hanno formato, la scoperta delle parole più ricorrenti tra le centinaia di migliaia battute sulla tastiera. Fra tutte, le più utilizzate sono due, sinistra e politica. “Se l’ho scritta ben 1321 volte, la parola ‘sinistra’, è sicuramente perché stavo cercando di spiegare prima di tutto a me stesso che cosa volevo dire esattamente, dicendo sinistra. Lo stimolo fondamentale della scrittura, direi non solo della mia, è l’ignoto.” Una riflessione emozionata e comica sul mestiere di scrivere, pubblicata in sincrono con Il grande libro delle amache, in cui si può leggere la storia di questi venticinque anni mentre accadevano. Questo libretto ne è la postilla e il compendio.
Le immagini in movimento continuano a costellare la nostra vita quotidiana, immersa in una miriade di schermi - grandi e piccoli, fissi e mobili, personali e collettivi - e in un flusso ininterrotto di narrazioni audiovisive.Anche i discorsi e le riflessioni sul cinema e sui film non cessano di animare il dibattito culturale contemporaneo coinvolgendo un gran numero di istituzioni (accademiche e non), appassionati di cinema e semplici spettatori. Se, da un lato, i film rappresentano da sempre le tendenze e le tensioni sociali della nostra cultura, dall'altro le teorie del cinema riflettono sempre più l'incontro (e lo scontro) fra differenti visioni del mondo e della conoscenza. Questa antologia presenta per la prima volta in italiano i contributi dei più autorevoli e originali rappresentanti dei film studies degli ultimi quindici anni. L'idea di fondo è che la riflessione sul cinema e sull'audiovisivo non si svolga in un perimetro chiuso e invalicabile, ma in aperto dialogo con altre discipline: con la filosofia, intorno al concetto di esperienza; con le scienze sperimentali, a proposito del concetto di organismo; con la teoria dei media, rispetto al concetto di dispositivo. Un'articolata introduzione e una postfazione intenzionalmente provocatoria permettono al lettore di comprendere "dal vivo" come il pensiero sul cinema, nei suoi rizomatici mutamenti, sia fondamentale per interpretare la complessità dell'esperienza mediale contemporanea.
A un giornalista capita di vivere momenti importanti della vita di un Paese. Maria Latella ce li ricorda nei particolari e nel significato profondo, raccontando personaggi e fatti, eventi tragici e mutamenti sociali, la musica, la moda, la pubblicità e lo stile di vita. Il tutto con la leggerezza e la grazia di una cronista abituata a sorridere di se stessa e di chi si prende troppo sul serio. Like a Hurricane cantava Neil Young, e pare colpire nel segno, Latella scrittrice ha il passo e l’ironia di Latella giornalista: se il passato si compone di ricordi newyorkesi e passaggi complicati tra professione e vita familiare, il presente si sintonizza sul registro del cambiamento. Maria Latella registra quel che cambia nel mondo e nella politica, nella sua vita e nella vita dei personaggi che incontra. Solo lo stile non cambia: sorride e intanto “morde”, proprio come quando, nel suo programma tv L’Intervista, pone le domande che il pubblico porrebbe, se fosse al suo posto. Non tutti hanno voglia di rispondere, ma questo non è un problema dell’intervistatrice. La carriera e la vita privata, la storia e le trame di potere che hanno caratterizzato l’Italia negli ultimi decenni sono gli ingredienti di un libro che si legge come un romanzo, nato dallo sguardo ironico di una cronista che non ha paura di dire la sua.
Antonio Ricci ha scoperto di essere un comico a tre anni, grazie a una caramella andata di traverso e al drastico sistema per fargliela sputare, in una "scena primaria" di assoluta e involontaria comicità. Se fosse morto soffocato non avremmo "Striscia la notizia", "Drive in", "Paperissima", le veline e le velone, il Gabibbo e il tapiro. Ci saremmo persi più di trent'anni di risate, un imprinting di ironia e buonumore che ha accompagnato con leggerezza la vita di tutti noi. Il libro racconta gli anni della formazione (la scuola dalle suore, le bacchettate sulle dita, le prime ribellioni all'autorità costituita), poi gli anni dell'impegno (a divertirsi e a divertire), le beffe, gli scherzi atroci, la scoperta di compagni di risata come Beppe Grillo e Fabrizio de André, in un perenne cabaret che, nel caso di Ricci, alla fine diventa un mestiere. Racconta anche il mondo dorato della televisione, spifferandone ghiotti retroscena e bersagliando i suoi protagonisti con una ferocia satirica proporzionale alla loro popolarità. Come un Giamburrasca munito di cerbottana o di fionda, Ricci spara proiettili a destra e a sinistra, soprattutto alla sedicente sinistra, smascherando conformismi e ipocrisie. "Striscia la notizia", la sua creatura più sorprendente, record assoluto di longevità e di ascolti, è un programma di satira, e la satira non è corretta, non è compiacente, attacca anche gli amici e non ha paura dei nemici. Una vita non proprio di tutto riposo, ma che Ricci vive con imperturbabile serenità. Forse anche grazie al suo essere un caso clinico di bipolarismo: le sue trasmissioni sono le più viste, ma lui è l'uomo più schivo della tv, è un impavido collezionista di cause (tutte vinte) ma anche di piante rare, che cura con passione maniacale. Forse è questo che da più di trent'anni gli permette di sopravvivere nella sua personale trincea. La satira è il mestiere che si è scelto, ma leggendo questo libro si capisce anche che era il suo destino. Ma "Me Tapiro" non è tanto (o non solo) un'autobiografia. Nella seconda parte, ispirata dalle domande del giornalista Luigi Galella, diventa un piccolo trattato sulla tv, su chi la fa e su chi la guarda, una lezione magistrale sulla nostra società dell'apparire.
Viviamo in una realtà piena di contraddizioni. Oltre alla «fine della storia» ci è toccata anche la «fine della geografia»: il pianeta è diventato piatto e stereotipato. Eppure nel simulacro dell'esotico inseguiamo ancora la lontananza e i viaggi continuano a prometterci l'avventura. La globalizzazione ha appiattito differenze etniche e culturali, ma ogni giorno assistiamo al riemergere di nuove spinte nazionalistiche e tribali. Siamo succubi dei miti dell'istantaneità e dell'iperconnessione, i social e i blog hanno inaugurato una nuova stagione di egualitarismo a oltranza. Ma, senza che ce ne rendiamo conto, la facilità della tecnologia e l'accessibilità delle informazioni stanno modificando la vecchia idea di conoscenza, fondata sull'autorevolezza, sulla lentezza e sulla fatica dello scavo personale. Creiamo comunità virtuali per sentirci più vicini, eppure, quando dalle periferie del pianeta giungono fra noi persone cariche delle loro sofferenze, ci ritraiamo spaventati ed erigiamo muri, reali o simbolici che siano. La lontananza e la vicinanza costituiscono la sistole e la diastole di questa indagine appassionante di Franco Brevini alla scoperta del «sentimento dell'altro». Indagine in cui l'autore sviluppa una sorta di telemetria sociale e culturale ad ampio spettro, attingendo a una cassetta degli attrezzi interdisciplinare, che spazia dalla letteratura all'antropologia, dalla sociologia alla psicologia, fino alle nuove scienze maturate intorno al mondo digitale. In fondo a questo itinerario c'è la riscoperta del corpo, che può diventare antidoto ai processi di smaterializzazione, di crescente astrattezza, di anestesia dei sensi, che hanno investito la nostra vita quotidiana, ipotecando i rapporti con le persone, alterando la nostra percezione del tempo e inibendo l'esperienza dei grandi spazi del pianeta.