A novant'anni dalla stipula dei Patti lateranensi, si deve riconoscere che il bilancio è positivo. Pur non negandosi l'emergere talora di aree di problematicità nell'applicazione delle disposizioni pattizie, la Santa Sede ha potuto svolgere in piena libertà la sua alta missione nel mondo, che era l'obbiettivo del Trattato; d'altra parte anche grazie a quei Patti, inseriti in Costituzione nell'art. 7, l'Italia ha potuto crescere secondo una laicità positiva, non conflittuale ma collaborativa. Ciò non toglie che problemi nuovi possano porsi, con riferimento a contesti nuovi, come il processo di sviluppo dell'Unione Europea, di cui lo Stato della Città del Vaticano è divenuto una enclave, o il progredire della globalizzazione, che tocca anche la piccola realtà vaticana. È a questo nuovo che avanza che guardano i contributi raccolti nel volume.
La Repubblica italiana, sorta dalle macerie della guerra e inserita da subito nel tessuto politico della tradizione democratica europea, vive momenti di grande confusione. Guerre di visualizzazioni e like su Facebook, baruffe senza costrutto nei talk show, scenette tragicomiche nelle austere aule di Senato e Camera. A questo ircocervo tra reality show e vaudeville siamo talmente assuefatti che ci sembra l'unico orizzonte possibile. La ragione sta nell'ignoranza diffusa e persino compiaciuta che pare essersi impossessata del discorso corrente. Tra l'ansia da sondaggio e il termometro ossessivo dei social network, viviamo un assetto da campagna elettorale permanente dove i politici possono dire tutto e il contrario di tutto, fiduciosi nella labile memoria storica del loro elettorato e nell'inerzia intellettuale dell'opinione pubblica che dovrebbe sorvegliare e in caso criticare. Però, chi ancora crede nella democrazia sa che è imperativo reagire all'attuale temperie di approssimazione, fumisteria e populismo. Che è necessario impegnarsi per pulire il linguaggio, per fare uso corretto dei concetti fondamentali, per comunicare insegnando e imparando, giorno dopo giorno. Con il cuore e la testa ai "Minima moralia" di Theodor Adorno, Gianfranco Pasquino impartisce sei nitide, ironiche, affilate lezioni sui nodi cruciali della politica contemporanea: i meccanismi elettorali, gli speculari spettri di governabilità e rappresentanza, il ruolo e i compiti delle istituzioni nella complessa architettura della democrazia, lo spauracchio degli eurocrati e il mito del sovranismo. Ripercorrendo la nostra complicata storia nazionale, ma attingendo dove serve anche agli esempi europei e internazionali, "Minima politica" racchiude e sprigiona il minimo di conoscenze che i cittadini devono acquisire per capire gli accadimenti politici e partecipare ogni giorno alla vita di questo confuso e malgovernato Paese.
Chi è davvero Giuseppe Conte? Come è stato possibile che un anonimo professore universitario sia diventato il premier «buono per tutte le stagioni», osannato dalle cancellerie europee? Maurizio Belpietro svela con Antonio Rossitto tutti i segreti della carriera del professor Conte. La vicinanza agli ambienti vaticani, fondamentali per la sua ascesa politica. Gli incroci accademici e lavorativi con il suo mentore, Guido Alpa. Le trame internazionali. E poi i rapporti con i servizi segreti e gli 007 americani, mentre esplode il Russiagate.
Un filosofo brasiliano, che vive in mezzo al verde della Virginia (USA) e uno studioso russo che con i suoi libri e la sua attività ha ispirato la politica di una delle più grandi potenze mondiali, nel 2011 ebbero un dibattito sul ruolo degli USA nel cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale e su chi fossero gli agenti storici effettivi sulla scena mondiale del tempo. Il dibattito, di cui il presente volume è la traduzione italiana, a dieci anni di distanza riveste un interesse ancora maggiore. Molte analisi che furono fatte al tempo, dopo gli avvenimenti nel frattempo intercorsi, acquistano oggi una intelligibilità del tutto particolare. Ma è anche un istruttivo esempio concreto della distinzione platonico-aristotelica che ha fatto nascere la scienza politica: quella tra l'agente politico interessato al risultato concreto di cambiamento delle cose e quella dell'analista, che cerca di capire cosa stia accadendo e di descriverlo nella sua realtà. È un libro importante, per tutti coloro che desiderano comprendere ciò che sta avvenendo attorno a noi, al di là dell'ipnotico gioco delle ombre cinesi, mostrato per distrarre lo spettatore da ciò che non dovrebbe vedere.
Massimo Pampaloni è professore ordinario di teologia patristica orientale presso la Facoltà di Scienze Ecclesiastiche Orientali del Pontificio Istituto Orientale di Roma. Segue e traduce Olavo de Carvalho dal 1997 ed è stato tra i primi a far conoscere il suo pensiero in Italia.
Come hanno potuto milioni di americani identificarsi ne1la narrazione deliberatamente aggressiva di Donald Trump? Com'è possibile che tanti europei girino lo
sguardo di fronte a migliaia di persone che affogano nel Mediterraneo? Come è potuto tornare il richiamo del nazionalsocialismo ne11e province orientali europee? Che cosa, infine, fa chiedere agli occidentali minore giustizia sociale, proprio quando aumentano le disuguaglianze?
Viaggio al termine dell'occidente percorre le strade lungo le quali ci stiamo perdendo: da Berlino a Washington, da Roma a San Francisco, cerca i segnali di uno smarrimento che sta modificando anche il carattere delle persone.
Le radici de1 problema sono ne1 funzionamento della società e dell'economia che
non produce più convergenza e comuni obiettivi. Da quando tecnologia, finanza
e capitale umano si concentrano in singole professioni, settori o aree geografiche, la dinamica che segna g1i individui è quella de11a divergenza. Non si tratta
solo di diseguaglianze, ma di interi destini che divergono, per alcuni verso quello
che sembra un declino inarrestabile, per altri verso un'indifferenza esistenziale
e un senso di distacco e superiorità.
Se il linguaggio della convergenza era ia sconfitta della povertà e il benessere di
tutti, quello de11a divergenza è la discriminazione e 1a recriminazione: costruiamo muri e riteniamo che le sofferenze altrui siano giustificate. Quando l'incrudimento dei destini personali coincide con la divergenza di interi Paesi, la
retorica nazionalista finisce per prendere i1 sopravvento.
Il viaggio tocca anche l'Italia, il Paese in cui da anni le scelte pubbliche assomigliano alla Lotteria di Babilonia e che è ora più esposto di altri alle tentazioni autoritarie.
Il volume raccoglie alcuni tra i più significativi lavori di Eugenio Guccione sulla figura e l'opera di Luigi Sturzo e anche sul rapporto con pensatori ed eventi a lui contemporanei. Si tratta di contributi scritti nell'arco di oltre quarant'anni e sparsi, qua e là, in atti di convegni e in riviste scientifiche e divulgative. Essi si inseriscono organicamente, per originalità e innovazione, nella cospicua produzione dell'autore, noto tra i più impegnati e apprezzati studiosi del pensiero politico italiano e francese e del liberalismo e popolarismo di matrice cristiana. Dall'insieme dei contributi, che tornano alla luce in questa edizione, emergono aspetti e caratteristiche dei progetti di società civile e di Stato del fondatore del Partito Popolare Italiano, che, anche nel terzo millennio, continua a sorprendere per capacità creativa, realismo e lungimiranza.
Il volume indaga il profondo legame tra cooperazione e Dottrina sociale della Chiesa. Lo studio analizza il Magistero della Chiesa in campo sociale e tutte le relative encicliche – dalla Rerum Novarum del 1891 alla Laudato si’ del 2015 – per vedere come il tema dell’impresa cooperativa è presente e sviluppato. Sono poi messi a confronto i principi della Dottrina sociale e i principi cooperativi. Da questa analisi emerge con chiarezza la “coincidenza dottrinale”, che trova le sue ragioni nel particolare modello economico cooperativo. La parte conclusiva è dedicata a fi gure emblematiche (cristiani, religiosi e laici) che, spinte dalla loro fede, hanno aff rontato problemi di giustizia sociale privilegiando lo strumento cooperativo per promuovere la dignità e l’autonomia economica.
“Il nucleo emergente di questo saggio è rappresentato da quella che è definita la ‘coincidenza dottrinale’ tra la Dottrina sociale della Chiesa e i principi della cooperazione. Si tratta di uno ‘spirito comune’, ma anche di una prospettiva: quella che porta la Chiesa a riconoscere i ‘segni dei tempi’”.
Dalla Prefazione di Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo
Il mondo la ricorda come la dispotica, implacabile Lady di ferro. Sempre in armi. Per difendere le isole Falkland dalle rivendicazioni dell'Argentina e l'Occidente dalla voracità dell'Orso sovietico durante la guerra fredda. Per domare i minatori in sciopero e le spinte indipendentiste dell'Irlanda del Nord. Per sconfiggere (tre volte di seguito) i laburisti alle elezioni, per imporre la sua «rivoluzione conservatrice», per smantellare l'assistenzialismo statale, per favorire un «capitalismo popolare», per risanare l'economia britannica a qualunque costo, umano e sociale. E, infine, per mantenere la sterlina fuori dall'Eurozona. Da est a ovest è rimbalzato quel soprannome, Iron Lady, a mano a mano che infrangeva tutti i soffitti di cristallo: prima donna leader dei Tory, dell'opposizione e, nel 1979, di un governo occidentale. Per undici anni e mezzo è stata la donna più potente al mondo e il primo ministro più longevo del XX secolo in Gran Bretagna. Dietro la maschera severa e intransigente che Margaret Thatcher indossava ogni mattina, dopo aver preparato il breakfast al marito, c'era però molto altro. In questa biografia Elisabetta Rosaspina cerca di esplorarne alcuni aspetti meno noti. La «figlia del droghiere», timida, secchiona e caparbia, che a Oxford si riscatta da una scialba vita di provincia. La giovane donna che si dedica anima e corpo alla politica, ma non trascura gli abiti, i cappellini, le borsette, i divertimenti e i corteggiatori. La moglie in carriera che organizza la sua vita fra casa e Westminster. La madre assente, senza rimorsi. La femminista, ma solo per sé. La candidata insicura, che si affida a un team di creativi per cambiare la sua voce e la sua immagine. La comandante in capo della war room, che non dorme di notte trepidando per i «suoi ragazzi» al fronte nell'Atlantico del Sud. L'ambientalista, che è tra i primi leader mondiali a preoccuparsi del cambiamento climatico. Imbattuta, si è creduta imbattibile. Le sarà fatale il Consiglio europeo di Roma, nell'ottobre 1990, quando Giulio Andreotti, al vertice dei capi di Stato e di governo, le farà capire che è rimasta sola contro tutti. L'ultimo atto, il voltafaccia dei suoi stessi ministri. Sopravvivrà a se stessa, in un lento e triste declino. Ma avrà la regina, amica e nemica, ai suoi funerali. Un onore che Elisabetta II aveva concesso soltanto a un altro primo ministro, Winston Churchill.
Docente di Storia dell'economia all'Università Cattolica di Milano, Amintore Fanfani ha dedicato il primo periodo della sua vita agli studi, impegnandosi - come dimostrano gli scritti qui pubblicati - nella elaborazione di un modello di società aperta, incentrato sui valori di libertà e di giustizia, ai quali ha ispirato nel dopoguerra la propria attività politica. Intellettuale raffinato e insieme uomo di azione, ha saputo dare concretezza al progetto ideale attraverso scelte operative coerenti e adeguate nei vari settori della vita pubblica. Al di là dei meriti acquisiti come uomo di governo e di partito, Fanfani merita di essere ricordato per il grande rigore morale, esempio di quella "buona politica" di cui si avverte oggi in modo particolare l'esigenza.
Se chiediamo a Washington, diranno che il Muro è caduto per merito di Reagan. Se a Mosca, per Gorbacev. Se in Vaticano, per merito di Karol Wojtyla. Se a Berlino, per merito di Kohl. Se a Varsavia, diranno che è stato merito nostro. Per me ha cominciato a cadere a Danzica, quando la protesta degli operai di Solidarnosc sancì la fine del comunismo: erano dei proletari che protestavano contro la dittatura del proletariato.
(Adam Michnik)
“Chiunque voglia privarmi della dignità è destinato a perdere”
“Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare. Adesso mi sono fermato un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non oso trattenermi ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine.”
Dall’infanzia nelle campagne del Transkei alle township di Johannesburg, dalla prima militanza nell’Anc, attraverso ventisette anni di carcere, al premio Nobel per la pace e alla presidenza del suo paese. Il lungo cammino verso la libertà di Nelson Mandela è il lungo cammino del popolo nero verso la libertà politica e la conquista di un valore irrinunciabile: la dignità dell’essere umano.
L'Annale «Thinking Democracy Now: Between Innovation and Regression» mette a tema le trasformazioni che interessano le democrazie contemporanee, sviluppandosi intorno a un significativo paradosso: la democrazia oggi gode di un'indiscussa egemonia al punto che anche chi la mette a repentaglio lo fa in suo nome, promettendo di accrescerla o di estenderla, non di umiliarla o superarla. Rinata nel Secondo dopoguerra in contrapposizione alle dittature di massa, la democrazia costituzionale è un ordine politico che non ha un fine predeterminato se non la propria sopravvivenza ed è sempre esposta al rischio. A partire da questa premessa, il volume accompagna il lettore attraverso una riflessione che spazia dalle questioni teoriche e istituzionali alle esperienze e sfide politiche più rappresentative in ciascuno dei cinque continenti. Il volume curato da Nadia Urbinati, grazie al concorso di studiosi e interpreti internazionali, prende in esame la trasformazione dei processi democratici, analizzandone tentazioni regressive e opportunità di innovazione in un orizzonte geopolitico globale.