Rivolgendosi a chi lavora con gli anziani e li assiste, l'autore afferma che, come per l'analista è importante riflettere su ciò che prova nei confronti del paziente, così il senso più vero del parlare di psicologia e invecchiamento agli operatori e alla gente comune sta nell'attribuire importanza ai vissuti personali e collettivi, più o meno chiari e coscienti, attivati dai vecchi, nella convinzione che questi vissuti abbiano un forte valore dinamico e orientino i nostri pensieri, le nostre attese e i nostri comportamenti.
Il volume vuole essere una guida pratica per quanti debbano dare ad altri consigli, suggerimenti, assistenza e appoggio nella ricerca della giusta decisione su: cosa fare, come risolvere un problema, come operare per realizzare un obiettivo desiderato o per uscire da una situazione non voluta. La maggioranza dei dirigenti e quadri intermedi esplica attività di "counseling" nei confronti dei "dipendenti" quasi quotidianamente; così come i consulenti economico-finanziari nell'assistere un cliente che ha un problema. Lo stesso si può dire per gli operatori sociali, o per chi è impegnato nell'orientamento professionale e nel collocamento. Questa guida intende insegnare le tecniche che ogni buon "consulente d'aiuto" deve possedere.
Quali erano le discipline note a Dante? e in che misura? quanta influenza ebbero queste conoscenze nella stesura della Divina Commedia? L'universo del sapere medievale era veramente privo di conoscenze scientifiche come crediamo oggi? A questi interrogativi risponde il volume che si propone di fare il punto su un aspetto, il rapporto con la scienza appunto, ancora poco studiato della scrittura dantesca. Dalla geografia all'astronomia e all'astrologia, dall'alchimia alle conoscenze naturalistiche, dalla logica alla matematica, via via scienze ancora oggi viventi e altre ormai dimenticate si alternano nella ricostruzione dell'universo scientifico di Dante Alighieri.
Tutti, almeno una volta, abbiamo sperimentato il disagio sottile della solitudine. I mass media la demonizzano come una condizione da evitare o da superare a tutti i costi ma, più si cerca di relegarla in un angolo, più essa emerge con tutta la sua forza. Che fare? La risposta che Valerio Albisetti propone sta nella capacità di considerare la solitudine sotto una luce nuova, che, come scostando un velo, permette di vedere ciò che spesso non appare: la sorprendente ricchezza e le innumerevoli potenzialità del proprio io. Di ciascuno di noi. Vivere la solitudine significa allora mettersi in ascolto di sé e trarne una rinnovata energia per affrontare la vita. Soltanto recuperando il valore della propria unicità si potrà veramente dire di "stare bene" con se stessi.