
Un libro che si propone di mettere in luce gli aspetti "generativi" del mondo digitale, visto come "mondo della possibilità" e non solo come "mondo della negazione". Quello che si sta cercando è un "cambio di narrazione". Dal "distruttivo" al "generativo" senza ingenue illusioni. Il tema della "generatività" è declinato a partire da alcuni elementi che interessano certamente il periodo dello sviluppo ma in realtà sono comprensivi di tutto l'arco di vita del soggetto, in quella che ormai potremmo definire "condizione di vita post-digitale". In modo particolare si analizzano quei temi che rendono "generativo" il digitale e che rappresentano una possibilità di speranza per il futuro: Comunicazione; Creatività; Condivisione; Partecipazione; Relazione; Trascendenza. Prefazione di Domenico Pompili. Postfazione di Alberto Ravagnani.
Un ragazzo di provincia ignaro delle dinamiche politiche e sociali viene deportato nei lager nazisti. Si salva grazie all'amicizia e alla forza di resistenza. Luciano Battiston è un ventunenne della campagna pordenonese quando viene arrestato nel 1945 durante un rastrellamento notturno. Torturato dai fascisti della "Banda Vettorini" e condannato a morte dal tribunale tedesco, viene graziato e deportato a Mauthausen il 7 febbraio con il numero di matricola 126625. Affronta i 186 scalini della "Scala della Morte" e tutte le mansioni più massacranti. Sopravvive all'inferno del lager grazie a un compaesano, Luigi "Vigi" Belluz, ritrovato nel campo. Luciano e Vigi fanno un patto: "O via tutti e due o a casa tutti e due"; i due amici dividono tutto, persino l'aria che respirano. Giunto allo stremo delle forze e a un passo dal forno crematorio, Luciano viene liberato dalle truppe americane il 6 maggio 1945. I due compaesani sopravvissuti tornano a casa a piedi, affrontando molte avversità lungo il percorso. La confessione toccante di Luciano è stata raccolta dal nipote Alessandro, un passaggio di testimone per tramandare ciò che è stato e scongiurare i rigurgiti di nazifascismo.
Educare è processo dinamico che non può essere segmentato o ridotto a singoli fotogrammi; può essere pensato e programmato, ma con la disponibilità alla sorpresa, all'ascolto, alla scoperta, al cambiamento. Ecco perché "in parole semplici": la provocazione a adottare questa prospettiva, senza pretesa di sistematicità, senza la preoccupazione di stabilire un ordine di priorità fra le parole e le questioni proposte. Relazione, silenzio, premi e punizioni, fiducia, ascolto, regole e apprendimento, valorizzare, fragilità, gratuità, pace: sono solo alcune delle tante parole che l'autore ha scelto, nuove e antiche, tra radicamento nella tradizione e capacità della profezia, tra profondità dell'analisi critica e forza creativa dell'annuncio, lasciandosi interrogare dall'esperienza, cercando in profondità quello che le scienze indicano ma non riescono a dire pienamente. Torniamo alle parole, nel suono e nella forma, ripercorrendone i significati e aprendo a nuove stimolanti riflessioni per coltivare umanità e fare cultura.
Romano Guardini e altri autori coevi e a lui collegati, primo fra tutti Erich Przywara, rifletterono a lungo su un tema che può sorprendere il lettore moderno: la donna in quanto "provincia dell'umano". Proprio da questa prospettiva nasce il presente libro di Giuliana Fabris, originato anche, più immediatamente, da un evento della "cronaca nera" dei giorni nostri: il delitto perpetrato nei confronti di Giulia Cecchettin. Questa è stata la causa ultima che ha spinto l'autrice, anzi - come lei dice - l'ha costretta, a radunare i pensieri e a concepire una pubblicazione che contribuisca alla riflessione sul drammatico rapporto, oggi, uomo-donna. Ne è nato questo saggio, in cui confluisce anche la lunga esperienza di Fabris quale psicoterapeuta con i/le giovani. Il contributo di Romano Guardini emerge, quindi, come necessario oggi proprio in qualità di "teoria cognitiva, modo di pensare e di vedere il mondo e la propria esistenza: cogliere il maschile e il femminile da una prospettiva laterale e originale. Inattesa e, proprio per questo, feconda.
"Sapresti vivere senza Internet?". Attenzione a slanciarsi in una risposta sbrigativamente affermativa: senza la rete, gran parte dei servizi collettivi che ogni giorno usiamo non esisterebbe. Internet costituisce lo spazio in cui tutti noi viviamo e rappresenta la parabola di un cambiamento di civiltà, la metafora della fine di un mondo e della nascita di una società che si rimodella di continuo su tecnologie sempre nuove. Questo libro si prefigge di illustrare, come in un racconto a tappe, alcuni dei tanti aspetti della rete e dei rilevanti effetti che essa produce nella vita di persone e società. Lo stato attuale della tecnologia concorre a produrre un sentimento di accelerazione del tempo che sembra far sprofondare la memoria del passato sotto la pressione di un permanente presente, un real time che ci insegue ovunque, dandoci la sensazione di un mondo che esiste e si identifica solo col qui e ora, senza provenienza né memoria. In un'epoca in cui l'ultimo avamposto della tecnologia, cioè l'intelligenza artificiale, va ridisegnando in modo irreversibile opportunità e rischi mai conosciuti prima d’ora, è vitale promuovere consapevolezza, per vivere presente e futuro di Internet nell'unico segno che ci appartenga: la libertà responsabile. Per la tecnologia e con la tecnologia.
"Ci siamo lasciati distrarre da troppe cose e abbiamo attaccato il nostro cuore a cose che non ne erano degne. Forse bisogna prima scoprire di avere un cuore".
La trama culturale intessuta dal Grand Tour ha collegato per oltre due secoli i paesi del continente dando vita a un'idea germinale di Europa, a una condivisione di valori che è sopravvissuta ai nazionalismi più esasperati e a due conflitti mondiali. Il viaggio di cultura, ma anche di piacere e di svago attraverso il continente, è stata una pratica assai diffusa presso le classi aristocratiche e alto borghesi europee, un vero e proprio rito iniziatico di formazione e accrescimento culturale. Mettersi sulle tracce dei protagonisti del Grand tour, calcando le loro strade in Europa, significa anche ricostruire le vie attraverso le quali si è irradiata la cultura fra Seicento e primo Ottocento. Le molteplici esperienze nei paesi transalpini o mediterranei, oscurate dal rilievo solitamente riservato all'Italia come meta esclusiva, vengono ricostruite qui ripercorrendone le tratte, sostando nelle città, frequentandone i salotti e visitando università, collegi e accademie. Dalle vie di terra alle rotte marittime, passando per i valichi alpini, un ritratto inedito di un fenomeno tanto celebrato, ma poco conosciuto nella sua completa dimensione continentale.
Ci sono parole che crediamo di conoscere perfettamente perché indicano realtà che fanno parte della nostra esperienza quotidiana. Una di queste è speranza. Come hanno detto in tanti, da Aristotele a oggi, la speranza è un bisogno universale e una struttura della stessa vita umana, perché senza speranza non possiamo vivere. Come esperienza soggettiva essa si esprime in forma di emozione, sentimento, tratto della personalità, abito di azione, virtù. Non è però solo qualcosa che accade 'nelle' persone, ma anche 'tra' le persone. Speriamo non solo per noi stessi, ma anche per gli altri, con gli altri e a volte contro gli altri. Persone e gruppi diversi ripongono la loro speranza in realtà diverse: nella vita oltre la morte, nella felicità in questo mondo, nella sicurezza materiale, nell'amore, nella salute del corpo o nel benessere spirituale... E ci sono poi anche le 'grandi' speranze delle classi sociali, delle generazioni, delle nazioni o dell'intera umanità. Facendo riferimento alle scienze umane e sociali, alla letteratura e alla storia dell'arte, i due sociologi Guido Gili ed Emiliana Mangone percorrono a tutto tondo il tema della speranza interrogandosi, ad esempio, sui suoi caratteri propri; sul rapporto con il desiderio o l'attesa; sulle forme della sua relazione con la trascendenza. E ancora: perché in certe epoche e luoghi la speranza nasce o risorge prepotente, mentre in altri si isterilisce e sembra sparire dall'orizzonte della vita personale e associata? E soprattutto, perché oggi c'è bisogno di speranza, la «passione del possibile», come la definiscono Jürgen Moltmann e Paul Ricoeur?
Questo volume, primo di due, raccoglie la corrispondenza tra Benedetto Croce e Franco Laterza a partire dal settembre del 1943 sino alla fine del 1948. Lo scambio di lettere inizia all'indomani della scomparsa di Giovanni Laterza, fondatore della casa editrice e protagonista, insieme allo stesso Croce, di un monumentale carteggio svoltosi ininterrottamente dal 1901 al 1943 (già edito da Laterza in 4 volumi). Questa seconda parte, nella quale subentra il figlio di Giovanni, costituisce dunque il naturale completamento e la necessaria integrazione di quella precedente. La corrispondenza si sviluppa nel contesto dei difficili anni del secondo dopoguerra. Dopo l'8 settembre del 1943, con l'insediamento degli angloamericani a Bari, la città diventa un centro nevralgico nelle vicende politiche e militari dell'Italia liberata. Su questo sfondo si afferma con tenacia la volontà di Franco Laterza di continuare con ogni mezzo l'opera paterna. Il ruolo di guida e consigliere da parte di Croce non verrà mai meno e sia pure con toni differenti, più sfumati e meno confidenziali di quelli che avevano caratterizzato il rapporto con l'amico Giovanni, il dialogo prosegue ininterrotto.
Si è soliti ripetere la celebre affermazione di Raymond Queneau che «i popoli felici non hanno storia». Questo sentire comune non solo è storicamente falso ma è il vero risultato del genio elvetico, capace di convincere il mondo di essere un popolo senza storia, giustificando così la propria esistenza come eccezionale, al di sopra delle parti e al di fuori del tempo. In realtà, la Svizzera ha, forse più di molti Stati, un'appassionante storia europea fatta di violenti conflitti che si manifestano nell'attuale eterogeneità del paese. Proprio queste lacerazioni hanno portato nei secoli all'invenzione di una tradizione e di un'identità comuni, di cui la neutralità permanente è progressivamente divenuta il collante. Così un popolo aggressivo e brutale, 'armatissimo' (come scrive Machiavelli) e bravo come nessun altro in Europa a fare la guerra, muta pelle e si immagina come una placida isola di pace. Posta di fronte a decisioni capitali per la sua stessa esistenza, la Svizzera conosce un conflitto per il controllo del passato che diventa il campo di battaglia privilegiato e la posta in gioco essenziale per ipotecare le scelte future. La Svizzera attuale non pare infatti più in grado di uscire dall'immaginario eterno che lei stessa ha creato.
Un quadro chiaro ed esauriente delle principali correnti della linguistica moderna e dei problemi fondamentali che ne hanno segnato lo sviluppo in un libro diventato un classico. Senza seguire un'esposizione rigidamente cronologica, ma ordinando la materia in modo da far meglio risaltare le tendenze di fondo, l'autore mette in luce i momenti di svolta della storia linguistica, insistendo soprattutto sulle intuizioni teoriche e sui principi metodologici che hanno promosso o guidato l'indagine sul linguaggio tra l'Ottocento e la prima metà del Novecento. Accuratamente dosato nell'esposizione tecnica e nell'analisi concettuale, il libro fornisce un indispensabile mezzo di orientamento non solo ai linguisti ma a chiunque si interessi di problemi del linguaggio.
Una popolarità che non accenna a calare a tanti anni dalla sua morte e una lunga serie di luoghi comuni fanno di Giovannino Guareschi un illustre conosciuto. Imprigionato dentro schemi che lo dipingono come reazionario, ma anche come profeta del compromesso storico, in realtà è stato ben altro: un grande scrittore e, prima ancora, un grande uomo. Grazie alla lunga frequentazione della sua opera e di documenti di archivio spesso inediti, uno dei suoi maggiori studiosi rimette al centro dell'attenzione il letterato dalle invenzioni geniali, di cui il mondo di don Camillo e Peppone è solo un esempio, e il personaggio che ha segnato la storia e la cultura italiane nei decenni a cavallo della Seconda guerra mondiale.