
La storia della conquista del Cervino è una vicenda romanzesca che da 150 anni continua a suscitare passioni e controversie. I protagonisti sono la guida valdostana Jean Antoine Carrel il Bersagliere, l'illustratore vittoriano Edward Whymper, lo statista alpinista Quintino Sella e il suo braccio destro Felice Giordano, l'anticonformista abbé Gorret. Cruciali gli interrogativi mai chiariti: perché Carrel, bloccato a 250 metri dalla vetta, per tre anni non avanza di un passo sulla "sua" cresta del Breuil? E perché Whymper - miracolato da una corda spezzata costata la vita a quattro compagni - da superstite diventa il trionfatore del Cervino, mentre l'impresa degli italiani - che subito dopo espugnano la ciclopica piramide senza farsi un graffio resta nell'ombra? Pietro Crivellaro conduce una vera e propria inchiesta per chiarire una delle vicende più appassionanti dell'alpinismo. A guidarlo sono documenti autentici, pressoché sconosciuti, che svelano nuovi intrecci e retroscena. Il duello Whymper-Carrel si rivela così una vera e propria battaglia post-risorgimentale, con la regia di Quintino Sella, per contrastare l'invadenza degli inglesi sulle "nostre Alpi" e contribuire a "fare gli italiani".
Pavia, qualche anno dopo il 774. Alla tavola di Carlo Magno, che festeggia la vittoria sui Longobardi, si insinua di nascosto Adelchi, il principe sconfitto. Ma perché si ingegna a spezzare diligentemente tutte le ossa di cervo, di orso e di bue che restano nei piatti? Fonte Avellana, XI secolo. Pier Damiani è malato da tempo. Il suo corpo è debilitato perché nell'eremo il cibo scarseggia, in particolare manca il pesce. I confratelli insistono perché mangi carne, ma lui li rassicura: abbiate fede, il pesce prima o poi arriverà. Sarà Dio stesso a pensarci. Alessandria d'Egitto, XIII secolo. Il cuoco Fabrat vede comparire un povero con un pane in mano. Non ha soldi per comprare altro cibo, tiene il pane sopra la pentola e intercetta il fumo che sale. Fabrat non è di buon umore; si rivolge al povero con modi sgarbati e gli dice: adesso pagami "di ciò che tu hai preso del mio". Il povero si schermisce: ma scusa, io non ho preso dalla tua cucina altro che fumo. Fabrat non molla: pagami quello che mi hai preso. Come andrà a finire? E che avventure sono quelle di Dante Alighieri ospite del re di Napoli, del contadino Bertoldo in fin di vita per non avere rape da mangiare, dei castelli di zucchero presentati al banchetto di nozze del signore di Bologna, del cuoco Martino che lavora a tu per tu con l'umanista Platina? Si leggono d'un fiato le storie di questo libro, senza perderne una.
Gennaio 1933: Adolf Hitler viene nominato cancelliere e adotta una serie di provvedimenti volti a instaurare un regime totalitario e spiccatamente antisemita. Lion Feuchtwanger e Arnold Zweig, celebri scrittori ebreo-tedeschi, si trovano all'estero e decidono di non tornare in Germania. Continueranno però a riflettere su temi come la storia, la cultura e l'identità ebraiche. I due saggi contenuti ne "Il compito degli ebrei" che, pubblicati a Parigi in quello stesso fatidico 1933, vengono proposti ora al lettore italiano si inseriscono perfettamente nella medesima tradizione di pensiero rivelandosi nel contempo assai stimolanti e stilisticamente pregevoli. Ciò vale per il contributo di Feuchtwanger, secondo il quale il nazionalismo ebraico, in quanto fenomeno cosmopolita ed esclusivamente culturale, sarà in grado di arricchire in misura determinante un mondo ormai senza frontiere, come per il breve saggio di Zweig, il quale prende in esame l'insopprimibile volontà di esprimersi che aveva contraddistinto l'attività di tanti artisti provenienti dalle comunità ebraiche dell'Europa orientale e i risultati prodotti nei diversi ambiti artistici.
Dopo aver riconosciuto la libertà religiosa nel 1990, dal 1997 la Russia ha ricostituito un sistema confessionista che rispecchia quello zarista, rinnegando il separatismo proclamato nella Costituzione. Alla Chiesa di Stato viene assegnato un ruolo privilegiato e si ricostituisce la triade Ortodossia, Autocrazia e Spirito nazionale. Mosca si ripropone come Terza Roma, il cui territorio canonico esorbita dai confini dello Stato. Sorgono di conseguenza dei conflitti tra le Chiese ortodosse in Ucraina, Estonia e Moldavia. Il rapporto sinfonico che si è consolidato tra Kirill e Putin porta alla sacralizzazione dell'identità nazionale russa e alla conseguente discriminazione delle minoranze religiose. Nel saggio che conclude questo volume, Stefano Caprio mostra come la Russia di Putin sia un'incarnazione della Russia di sempre: un grande Paese dalla vocazione universale e incompiuta, un popolo messianico non per elezione divina, ma per conseguenze della storia, una terra senza confini in cerca di una nuova definizione. Dopo un secolo segnato dall'ateismo più sistematico e totalitario, l'Ortodossia russa è rinata come l'Uccello di Fuoco della mitologia slava. La guida suprema di questa rinascita, Vladimir Putin, ha sottomesso ogni possibile avversario e ha mostrato al mondo la volontà della Russia di tornare a essere la superpotenza di un tempo; la Chiesa del patriarca Kirill cerca di guardare al terzo millennio come alla nuova era del cristianesimo universale.
Certi libri traggono forza dagli eventi che li hanno seguiti. Allora una semplice descrizione realistica può essere additata come causa di quanto succederà, mentre i veri colpevoli sono coloro i quali non sono riusciti ad avvedersi di quanto stava già accadendo. Scritto tra il 1996 e il 1999 e proposto in Italia nell'ultima edizione curata dal Generale Fabio Mini, "Guerra senza limiti. L'arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione" muove dall'analisi della Guerra del Golfo del 1991, primo esempio di nuova integrazione tecnologica in campo militare. Lo sguardo poi si amplia a scrutare "il volto del dio della guerra di oggi". In un crescendo tramato di bagliori visionari, suggestioni letterarie e filosofiche, riflessioni geostrategiche e ricorso alla retorica combinatoria, il libro approda alla dimensione della interpretazione complessiva dell'epoca che stiamo vivendo e vivremo domani sotto il profilo delle conflittualità.
"Chi ha visto Majorana?" A rispondere ci hanno provato in tanti, Mussolini pretese subito la verità senza ottenere soddisfazione, Sciascia vi dedicò uno dei suoi libri più importanti (La scomparsa di Majorana), Gianni Amelio lo raccontò nel film I ragazzi di via Panisperna, Paolo Borsellino aprì un'inchiesta sul caso. Film e indagini giornalistiche si sono susseguiti nel tempo ma la verità su Ettore Majorana (Catania 1906-?), geniale fisico italiano, non è mai venuta fuori: tante ipotesi, le più svariate, dal suicidio alla fuga in altri paesi, al ritiro in un convento. Questo libro ci offre una nuova verità. Gli autori si sono mossi sulle tracce del ricercatore, hanno viaggiato in Sud America, incontrato i figli e i nipoti degli ultimi testimoni che hanno visto Majorana ancora in vita dopo la fuga, e hanno finalmente ricostruito i misteri di una scomparsa legata a molti e inquietanti motivi. Un vero scoop internazionale dopo che nel 2015 la magistratura, sulla base di una nuova testimonianza, aveva accertato la permanenza del grande scienziato italiano in Venezuela. Non restava che andare laggiù e indagare, ed è quello che gli autori hanno fatto. Un racconto agile, ricco di colpi di scena, un reportage, tra attualità, storia e verità giudiziarie, con un inserto fotografico e documentario in parte inedito. A centodieci anni dalla nascita. Prefazione di Salvatore Maiorana.
Da sempre il Mediterraneo - il "mare fra le terre" - è stato un crocevia di popoli, culture, lingue, religioni, che ne hanno fatto il cuore pulsante del Vecchio Mondo. A segnare la storia del "grande mare", il nome con cui era noto nella tradizione ebraica, non sono stati, secondo lo storico britannico David Abulafia, il clima, i venti o le correnti, ma gli uomini (navigatori, mercanti, missionari, condottieri, crociati, pellegrini, pirati), che, mettendo in contatto le regioni più remote di questo vasto bacino, lo hanno reso "forse il più dinamico luogo di interazione tra società diverse sulla faccia del pianeta". Anziché richiamarsi a un'astratta e statica "identità mediterranea", l'autore pone l'accento sul cambiamento di una regione che nel corso dei millenni ha visto sorgere e tramontare imperi e civiltà, è stata teatro di feroci battaglie per il monopolio politico e commerciale, e che infine, prima con la scoperta della rotta atlantica e poi con l'apertura del canale di Suez, ha perso sempre più importanza nelle relazioni e nei commerci internazionali, per trovare la sua nuova e insospettata vocazione nel turismo di massa e diventare, più recentemente, il complesso scenario di incessanti flussi migratori. Al centro di questa affascinante ricostruzione non ci sono soltanto gli eventi e i personaggi più importanti della storia economica, politica e militare, ma anche figure solo apparentemente di fondo...
Diviso tra Turchia, Siria, Iraq e Iran, il Kurdistan rappresenta probabilmente uno degli scenari geopolitici più caldi del Medio Oriente. È il territorio di un popolo, i curdi, che vanta più di trenta milioni di persone la più grande "nazione" senza Stato - e che si sta rivelando un attore cruciale della regione. Nelle recenti crisi mediorientali, infatti, il "fattore curdo" si è rivelato una costante fondamentale: dalle guerre in Iraq sotto Saddam Hussein alla lotta contro il cosiddetto Stato Islamico, dal ruolo nei delicati equilibri politici turchi al conflitto siriano. Senza dimenticare che il Kurdistan è una delle regioni più ricche di petrolio. Conoscere i curdi, distinguere le loro istanze autonomiste o indipendentiste, le priorità che ne guidano l'operato nei diversi contesti statali in cui si trovano a vivere, è quindi fondamentale per comprendere cosa stia avvenendo oggi. In questo volume si offre un primo approccio globale alla "questione curda" grazie all'apporto di studiosi internazionali e alla curatela dell'lSPl, uno dei più importanti istituti di ricerca europei.
Dichiarata all'Austria da Vittorio Emanuele II il 20 giugno 1866 e conclusa il 3 ottobre con la pace di Vienna, la terza guerra d'indipendenza è stata a lungo sostanzialmente identificata con due sconfitte: quella di terra a Custoza il 24 giugno, e quella sul mare a Lissa il 20 luglio, appena temperate dall'effimero successo di Garibaldi a Bezzecca. Ciò ha relegato in secondo piano il fatto che con l'acquisizione del Veneto essa costituì una tappa fondamentale del processo di unificazione. Una guerra insomma al tempo stesso "perduta e vinta", che il libro affronta sotto una luce nuova, riportando al centro lo svolgimento concreto della campagna militare e l'esperienza dei soldati che la combatterono.
A partire dalla seconda metà del Novecento, la storia quotidiana del Medioevo è diventata punto di riferimento per indagini sul modo di vivere, di vestire, di viaggiare, di lavorare, di divertirsi, di abitare, di lavorare, di morire. In questo volume, l'autore fornisce un racconto complessivo di tutto ciò, componendo un affresco in cui sono rappresentati i caratteri del paesaggio agricolo e urbano, il mondo dei giovani, degli uomini, delle donne, degli anziani, visti quando si divertono, quando sono al potere o quando si abbandonano alla disperazione, quando cucinano, mangiano o amano. Il panorama che ne risulta è vario e intrigante e costellato di particolari inconsueti che si rivelano utili per chi voglia esplorare l'età medievale muovendosi da una prospettiva inusitata.
La scoperta dei nuovi mondi fu anche la scoperta di uomini mai prima d'allora apparsi nelle grandi storie universali. Il racconto di questo libro, ricco di volti e di storie, si snoda dal Messico alla Cina, passando per le isole Molucche e il Perù, ma anche per le botteghe dei tipografi veneziani e le grandi corti rivali di Spagna e d'Inghilterra. Ci svela così un Rinascimento dagli orizzonti globali, in cui il recupero dell'antichità classica si accompagnò a una disorientante scoperta: le culture con cui gli europei erano entrati in contatto fra Quattro e Cinquecento avevano anch'esse un passato da decifrare. Qual era la storia di popolazioni, come gli indios delle Americhe, di cui gli europei non avevano mai sentito parlare? In che modo spiegare le tracce di tempi lontani di cui non davano conto né la Bibbia, né gli autori greci e latini? Come riconciliare un'improvvisa molteplicità di storie con il crescente senso di unità del globo? Le risposte che furono date a queste domande si misurarono con la difficile sfida della varietà del mondo che segna ancora il nostro presente.
Della tragedia che ha decimato gli armeni nell'Impero Ottomano durante la Grande Guerra molto è stato scritto; ma diversi aspetti restano ancora in ombra, come il ruolo svolto dalla Santa Sede. Le carte dell'Archivio Segreto Vaticano e di quello storico della Segreteria di Stato, qui selezionate, non offrono solo l'ennesima testimonianza della strage, ma rivelano, con i tre appelli di Benedetto XV al Sultano, le lettere del Segretario di Stato Gasparri, i rapporti del delegato apostolico a Costantinopoli Dolci e quelli inviati dai Nunzi, tra cui Eugenio Pacelli, futuro Pio XII, l'incessante opera della Chiesa a favore degli armeni e dei cristiani, presi allora nel vortice di una tremenda persecuzione a cui il mondo dapprima ha voltato le spalle, per poi dimenticarla per lungo tempo. Prefazione di Antonia Arslan