I principi costitutivi della sociologia di Luigi Sturzo, proprio nello spinoso campo dei rapporti tra Chiesa e Stato, raggiungono un approdo felice, inquadrando gli elementi peculiari della socialità politica e religiosa quali parti vitali e interdipendenti di un unico e armonioso sistema. Per il prete siciliano, Chiesa e Stato sono una diarchia sociologica che, dall'apparizione del cristianesimo a oggi, pur con una straordinaria variazione di fasi e possibilità di adattamenti, si è dimostrata costante. Il confronto tra i due poteri, nella visione sturziana, non è altro che uno sviluppo del dualismo cristiano che sulla base del «rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio», ha reso possibile una nuova storia della civiltà umana. È merito dell'autore aver investigato per primo, nel testo che qui riproponiamo, l'esatta inquadratura della teoria sociologica di Sturzo, «con una trattazione rigorosa e ampia, tutta riscaldata da un ardore devoto per il Maestro, senza sacrificare i criteri della ricerca scientifica, ma vivificandola e potenziandola con efficacia tutta particolare e costruttiva». Un volume che, come è stato riconosciuto, è stato utilizzato per approfondire lo studio della sociologia sturziana e che, di sicuro, anche oggi, potrà essere di riferimento per valutare e riconsiderare i rapporti tra Chiesa e Stato.
Negli ultimi decenni il ruolo della memoria nella vita pubblica è cresciuto costantemente, ma in parallelo è diminuito il peso della storia nel costruire la nostra conoscenza e sensibilità del passato. Un processo accentuatosi con il sempre maggiore intervento della politica e delle istituzioni nel creare «leggi di memoria», «luoghi di memoria», monumenti, memoriali; ma anche con il contributo che i mass media, la letteratura, il cinema e la televisione danno a una lettura e ricordo del passato spesso lontani dalla coerenza di una narrazione storica rispettosa della verità. Il libro analizza questo contraddittorio e complesso rapporto tra storia e memoria, per quanto riguarda sia l'Italia e l'Europa sia un mondo sempre più globalizzato e propenso a guardare al passato in termini strumentali rispetto alle esigenze del presente.
In un mondo come quello odierno, in cui le religioni sono tornate ad essere forza motrice di rivoluzioni politiche e sociali, il "caso Savonarola" appare più che mai emblematico. Si tratta di un `comunicatore' rinascimentale e del suo tentativo di trasformare una città "corrotta" come la Firenze medicea in una Repubblica di santi, avanguardia della rigenerazione dell'intero mondo cristiano. Giovandosi di una ricchissima tradizione di ricerche, la presente biografia ripercorre in chiave aggiornata la controversa vicenda del Frate che pagò con la vita la sua sfida alla Roma di papa Alessandro VI Borgia. Lasciando aperto l'interrogativo sulla santità o l'impostura del personaggio, l'autore presenta con scrupolo di obiettività e con ampie citazioni documentarie la figura di un visionario che salì alla ribalta della grande storia. In un crescendo di rivelazioni e moniti dal pulpito, Savonarola sfruttò spregiudicatamente la sua reputazione di uomo di Dio per elevare Firenze a nuova Gerusalemme, patria di un popolo rinnovato nei costumi e nelle istituzioni. Impose austerità e utilizzò la propaganda, ma si astenne dal fondare la sua riforma sulla violenza. Si attirò per questo il biasimo di Machiavelli, che nel rogo su cui il predicatore salì nel maggio 1498, vide il destino di qualsiasi profeta disarmato. Le ragioni del suo tragico fallimento, destinato a lasciare una traccia durevole sulla coscienza cristiana di Firenze e non solo, sono qui ripercorse alla luce della storia generale dell'Italia di fine Quattrocento, di cui l'autore è tra i maggiori esperti sulla scena internazionale.
Con capacità narrativa e rigore storico, John Julius Norwich ci offre con questo libro un affresco affascinante della lunga storia di Bisanzio: dal suo inizio nel 330, quando Costantino il Grande trasferì la capitale dell'impero da Roma al vecchio porto greco di Bisanzio, in Asia Minore, ribattezzandolo Costantinopoli; alla sua affermazione come il primo e più duraturo impero cristiano; fino agli ultimi giorni eroici della sconfitta definitiva, inflitta dai turchi nel 1453. In quei mille e più anni ci sono stati interi secoli di sangue, in cui l'impero ha lottato per la sopravvivenza; secoli di controversie, in cui si è dibattuto sulla natura di Cristo e della Chiesa; secoli di erudizione, in cui gli studiosi e gli scribi hanno mantenuto viva e conservato la cultura del mondo classico; e, soprattutto, secoli di grande creatività, in cui il genio bizantino ha prodotto una pittura e un'architettura di una profondità spirituale incomparabile. La biografia di "Bisanzio", classico della divulgazione storica, è il racconto di una delle più grandi civiltà perdute e della sua straordinaria eredità culturale.
Dal 10 giugno 1940, quando Mussolini annuncia dal balcone di Palazzo Venezia l'ingresso in guerra dell'Italia, all'8 settembre 1943, quando la voce del maresciallo Badoglio comunica per radio l'armistizio con gli Alleati, trascorrono più di tre anni, nefasti e infiniti, tra sconfitte al fronte, città sotto le bombe, pane nero, alpini dispersi in Russia e paracadutisti morti a El Alamein. Ultima arrivata tra le nazioni industrializzate, l'Italia degli «otto milioni di baionette» entra in conflitto con il mondo intero, Francia, Gran Bretagna, Unione Sovietica, Stati Uniti, e la disfatta è implicita nella sproporzione tra ambizioni imperialiste e possibilità: alleato con la Germania di Hitler in un rapporto prima di competizione, poi di subalternità, il regime ne segue la parabola, sprofondando se stesso e la nazione nella deriva. È la guerra fascista 1940-43, epilogo drammatico di una stagione dove la retorica della parola ha oscurato la ragione. Oggetto di numerosissimi approfondimenti storiografici sulle singole campagne militari, il periodo 1940-43 manca però di lavori d'insieme che siano scientifici nella ricostruzione e fruibili nella lettura. Da qui nasce questa sintesi, che ripercorre il 1940-43 seguendo tre direttrici principali. In primo luogo, le scelte politiche di Mussolini, stretto tra le accelerazioni strategiche di Hitler, i limiti dell'economia nazionale e il peso di un'autorappresentazione ventennale che si decompone alla prova del conflitto; in secondo luogo, le operazioni militari in Francia, nei Balcani, in Africa settentrionale e orientale, in Russia; in terzo luogo, il fronte interno e la parabola del fascismo dal consenso delle adunate alla caduta silenziosa del 25 luglio. Accanto a questi percorsi, un approfondimento su un aspetto ancora poco esplorato: i crimini di guerra commessi dal Regio Esercito nella lotta contro le guerriglie partigiane nei Balcani. La conclusione è dedicata all'armistizio dell'8 settembre, ricostruito nei diversi teatri operativi, atto finale di una guerra in cui muore l'Italia fascista.
Riproposto, a vent'anni dalla scomparsa di Sogno, con una nuova introduzione di Aldo Cazzullo, Testamento di un anticomunista è un libro fondamentale per capire un ampio capitolo del nostro recente passato («Finalmente un mistero italiano risolto» ebbe a dire Michele Serra), ma anche la figura di un uomo che ha attraversato le vicende della nazione.
«Credo sia arrivato il momento di non tacere più nulla. Iniziando l'organizzazione militare per lo strappo al vertice sul modello gollista, io non avevo dubbi di compiere un atto dovuto.»
È il 1998 quando Edgardo Sogno chiede ad Aldo Cazzullo di collaborare alla stesura delle sue memorie. Nasce così questo libro, nel quale rivivono le tradizioni di una famiglia risorgimentale, la Torino fascista e quella antifascista, la guerra di Spagna, la Resistenza. Ma soprattutto il progetto di quel "golpe bianco" che, negli anni Settanta, avrebbe dovuto fare dell'Italia una Repubblica presidenziale. Testamento di un anticomunista, riproposto, a vent'anni dalla scomparsa di Sogno, con una nuova introduzione di Aldo Cazzullo, è un libro fondamentale per capire un ampio capitolo del nostro recente passato («Finalmente un mistero italiano risolto» ebbe a dire Michele Serra), ma anche la figura di un uomo che ha attraversato le vicende della nazione.
Chi era davvero Maria Montessori? Al suo nome si lega il metodo che ha rivoluzionato la pedagogia, mettendo il bambino al centro del processo educativo e rispettando il suo io e i tempi con cui si costruisce. Una rivoluzione che poteva compiere soltanto una donna capace di decisioni controcorrente in ogni momento della sua esistenza. La sua vita è stata molto celebrata, ma mancava ancora un ritratto che provasse a delinearne, senza preconcetti e senza sconti, la personalità fortissima. Cristina De Stefano, attraverso testimonianze dirette e carteggi inediti, ci mostra una Montessori sorprendente e poco conosciuta. Allieva in lotta contro l'istituzione scolastica, laureata in Medicina quando una donna all'università era una rarità, da giovane si divide tra la militanza femminista, il volontariato sociale e il lavoro in corsia. Poi un giorno, davanti ai bambini abbandonati in manicomio perché troppo difficili per la scuola, ha l'intuizione che il modo di guardare alla intelligenza dei piccoli vada ripensato dalle fondamenta. Il suo metodo pedagogico, applicato all'inizio in una piccola scuola nel quartiere più povero di Roma, fa in pochi anni il giro del mondo e la trasforma in una celebrità. Da allora Maria Montessori dedica tutta la sua vita alla missione di cambiare il mondo. Scienziata che illumina ogni cosa di una luce spirituale, grande sperimentatrice che crede nell'intuito, idealista eppure attenta a registrare il suo materiale con dei brevetti internazionali, idolatrata dai suoi seguaci e attaccata dai critici. Per alcuni è una profetessa di una nuova idea di umanità. Per altri un despota e un'opportunista in politica. Maria Montessori è, come tutti i geni, un personaggio difficile. Ma nessuno potrà mai negare la sua forza di carattere, l'emancipazione assoluta per i suoi tempi, la capacità di visione quasi medianica. Nell'anno che commemora i centocinquant'anni della sua nascita, Il bambino è il maestro dimostra che la grandezza spesso nasce anche da profonde contraddizioni.
Tre generazioni di una antica famiglia veneta, poi trasferitasi a Roma, hanno a diverso titolo lavorato al servizio della Santa Sede, potendo così avere rapporti di vicinanza, talora di familiarità, con otto pontefici. Il libro narra da una prospettiva inusuale tali rapporti, dando modo di arricchire la conoscenza dei diversi Papi anche in aspetti meno conosciuti della loro personalità. Ma tutta l'opera è tenuta insieme da un fil rouge che si dipana dalle aperture di Leone XIII, che introduce la Chiesa nella modernità e le cui indicazioni magisteriali costituiscono, in sostanza, ragione e spirito di un impegno di quattro generazioni di fedeli laici nell'animazione cristiana dell'ordine temporale. Prefazione Card. Pietro Parolin.
Gli otto giorni che passano tra il suicidio di Hitler e la resa della Germania sono tormentati da due chimere: la catastrofe violentissima della fine dell'impero e l'invasione simultanea di due nemici - con i russi più minacciosi degli alleati atlantici. Diari e lettere danno una voce ai numerosi protagonisti di questa raffica di eventi: Hitler e Eva Braun, i Goebbels, il nuovo Führer Dönitz, che fa durare la guerra una settimana in più, fino a Marlene Dietrich, che cerca sua sorella a Bergen-Belsen travestita da ufficiale americano. Un grande racconto romanzesco della settimana più importante della Seconda guerra mondiale. Gli ultimi giorni sono quelli decisivi: la spartizione della Germania tra Oriente e Occidente sarà la stessa che dividerà il mondo. La Guerra fredda è già cominciata. Con il nuovo libro di Volker Ullrich si rivivono gli orrori della guerra e il paradosso del suo epilogo: non è più possibile distinguere tra vittime e carnefici. È una storia che ci riguarda da vicino, perché su quella distruzione comincia la nostra epoca. Come dice Maximilien Aue, il protagonista delle Benevole: "Non mi sono più mosso prima della parola 'fine'."
1944. Il professore ebreo Isaia Maylaender, tornato in Ungheria da Fiume per stare vicino agli anziani genitori, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato: finisce con loro ad Auschwitz-Birkenau. Maylaender è un uomo brillante, abituato agli agi, e la spietata vita nel lager lo consuma. Pur di vivere con minor disagio, accetta l'offerta di un ufficiale delle SS, Hillgruber, che vorrebbe mettere a frutto i libri requisiti nel ghetto di Cracovia e creare una biblioteca per offrire ai soldati nazisti distrazioni più elevate del gioco e del bordello. Il professore prende il compito molto seriamente: spera infatti che i libri possano rendere le SS più umane. Hillgruber, intanto, gli assegna altri due incarichi: fare da precettore al figlio e redigere le sue memorie di guerra, compito che si rivelerà molto più pericoloso di quanto Maylaender avrebbe mai potuto immaginare... Ignaro dell'avanzata inesorabile dei sovietici, ormai sempre più prossimi ad Auschwitz, il professore dovrà prestare attenzione alle numerose insidie che si celano dietro ognuno dei suoi incarichi, stretto nella morsa dell'inferno del lager.
Esther Safran Foer è cresciuta in una casa in cui il passato faceva troppa paura per poterne parlare. Figlia di genitori immigrati negli Stati Uniti dopo essere sopravvissuti allo sterminio delle rispettive famiglie, per Esther l'Olocausto è sempre stato un'ombra pronta a oscurare la vita di tutti i giorni, una presenza quasi concreta, ma a cui era vietato dare un nome. Anche da adulta, pur essendo riuscita a trovare soddisfazione nel lavoro, a sposarsi e a crescere tre figli, ha sempre sentito il bisogno di colmare il vuoto delle memorie famigliari. Fino al giorno in cui sua madre si è lasciata sfuggire una rivelazione sconvolgente. Esther ha deciso allora di partire alla ricerca dei luoghi in cui aveva vissuto e si era nascosto suo padre durante la guerra, e delle tracce di una sorella di cui aveva sempre ignorato l'esistenza. A guidarla, solo una vecchia foto in bianco e nero e una mappa disegnata a mano. Quello che scoprirà durante il suo viaggio in Ucraina - lo stesso percorso che Jonathan Safran Foer ha immaginato per il protagonista del suo romanzo, "Ogni cosa è illuminata" - non solo aprirà nuove porte sul passato, ma le concederà, finalmente, la possibilità di ritrovare se stessa e le sue radici.