Il volume contiene i discorsi e i messaggi che i Pontefici hanno rivolto al mondo dello sport dal 1903 ad oggi. Lo scopo dei curatori dell'opera Antonella Stelitano, Alejandro Mario Dieguez e Quirino Bortolato - è fornire la visione che la Chiesa ha avuto dello Sport durante l'ultimo secolo; visione fondata sulla centralità dell'uomo, il rispetto della sua dignità, la sua crescita completa, la sua educazione e il suo rapporto con gli altri al fine di evidenziare quel valore di universalità che rende il messaggio sportivo uno strumento di promozione di valori come la fratellanza, la solidarietà e la pace. Oltre alla "pastorale sportiva" di ogni Pontefice, al suo interno, sono presenti elementi interessanti come il carteggio tra Pierre de Coubertin, fondatore dei moderni Giochi olimpici, e il cardinale Merry del Val, Segretario di Stato di Pio X; le scalate alpine di Achille Ratti, poi Papa Pio XI; l'incontro di Pio XII con i ciclisti del Giro d'Italia e quello di Giovanni XXIII con i partecipanti all'Olimpiade di Roma; e ancora le tre funzioni dello sport individuate da Paolo VI; l'immagine "polisportiva" di Giovanni Paolo II; l'attenzione al mondo dello sport di Benedetto XVI al mondo dello sport e il tifo di Papa Francesco per la squadra argentina del San Lorenzo de Almagro. Il volume contiene diversi inserti fotografici che vanno da una foto del 1904 scattata a Pio X mentre assiste ad un saggio di ginnastica fino ai più recenti scatti di Papa Francesco...
Il Giro d'Italia ha un sapore mitico: sembra esistere da sempre, eppure ha una sua storia, che accompagna e in cui si riflette la storia culturale e sociale dell'Italia. Questo libro la ripercorre, dagli esordi e nei suoi sviluppi, per circa un secolo. A fianco della narrazione scorrono, diventandone parte integrante, oltre duecento immagini d'epoca, in gran parte provenienti dall'archivio Torriani. Mimmo Franzinelli, da appassionato delle due ruote, ricostruisce le vicende del ciclismo agonistico italiano e della sua gara principale partendo dalla creazione stessa della bicicletta e dalle grandi innovazioni di fine Ottocento. Rievoca le gare pioneristiche, dal Giro di Lombardia del 1905 alla Milano-Sanremo del 1907, per concentrarsi poi sul Giro d'Italia, modellato sul Tour de France, la prima classica corsa a tappe. Ne sono protagonisti campioni quali Girardengo e Binda, Bartali e Coppi, ma anche straordinarie donne come Alfonsina Strada e oscuri gregari come Carrea e Malabrocca. Nel microcosmo delle due ruote si intravedono in filigrana i mutamenti epocali del Novecento italiano. Ci sono infine, ma non da ultimo, gli organizzatori, con cui il Giro d'Italia degli anni d'oro si è identificato: Armando Cougnet, promotore nel 1909 della prima edizione, e Vincenzo Torriani, il Patron dal 1949 al 1992. La narrazione culmina nell'ultima grande stagione del ciclismo, animata da Adorni, Gimondi, Moser, Merckx... Postfazione di Marco Torriani.
"E allora?" urlo. "Allora cosa?" risponde l'arbitro. "Dico, solo punizione? A momenti mi stacca una gamba!" Comincia così, con un cartellino rosso non dato, la carriera di Nicola Rizzoli, che quel giorno del 1987 a Bologna ha sedici anni e non è l'arbitro, ma un attaccante. Ed è proprio per scoprire tutti i segreti del regolamento e poter ribattere a tono che decide di iscriversi al corso per arbitri. È l'inizio di un percorso lungo quasi trent'anni che, dai campetti di provincia e dalle trasferte in solitudine in ogni angolo d'Italia, lo condurrà al palcoscenico degli Europei 2012, a Wembley per la finale di Champions League 2013, fino al leggendario Maracaná di Rio per la finale degli ultimi Mondiali Germania-Argentina. Per la prima volta Nicola Rizzoli racconta i suoi segreti tecnici, i momenti di goliardia vissuti con i compagni di avventura, gli ineludibili riti prepartita - la playlist da ascoltare nello spogliatoio, il Vicks Vaporub da respirare a fondo per rilassarsi, lo stemma Fifa da cucire personalmente sulla divisa con ago e filo come gli aveva insegnato a fare la nonna -, tanti retroscena e aneddoti che includono campioni del calibro di Messi, Ibrahimovic, Cassano, Totti, Baggio, Maldini. Ma ricorda anche la bufera di Calciopoli, tutti i suoi sbagli, il rapporto prezioso con un maestro come Pierluigi Collina e le volte in cui è stato a un passo dal mollare tutto.
Bebe, appena diciottenne, come tutti i ragazzi della sua età ama divertirsi: andare al centro commerciale o ai concerti con le amiche, mettersi in tiro per uscire la sera... Non ci sarebbe nulla di strano se non stessimo parlando di Beatrice Vio che a undici anni, dopo essere stata colpita da una forma di meningite acuta, ha subito amputazioni a gambe e braccia. Ma per Bebe la malattia non è la fine, anzi rappresenta soltanto una piccola parentesi tra quello che era prima - una bambina con una famiglia fantastica, moltissimi amici e le "tre S" (scuola, scout, scherma) - e quello che è diventata, ovvero un'adolescente felice, con ancora più amici di prima e sempre le "tre S", ma un po' cambiate: oggi frequenta le superiori, ha ormai ricevuto il suo nome-caccia scout (Fenice Radiosa) e ha già vinto diverse medaglie in competizioni paralimpiche di scherma, anche internazionali, di altissimo livello. Eccezionale atleta e insieme ragazza scoppiettante di vita, Bebe si racconta in queste pagine che traboccano di entusiasmo: dalle gare in giro per il mondo alle vacanza all'Elba, dalle figuracce in tv alle gioie delle protesi con tacco, dai faccia a faccia con i suoi miti agli incontri motivazionali che tiene nelle piazze e nelle scuole. E dei suoi sogni. Perché dopo avere fondato con i genitori art4sport (un'associazione onlus che avvicina i ragazzi con disabilità fisiche allo sport), avere fatto la tedofora a Londra 2012 e avere gareggiato con le atlete più forti al mondo...
Il calcio come lo intendiamo oggi ha la sua origine verso la fine dell'Ottocento, quando lo scopo del gioco non è più semplicemente strappare il pallone agli avversari, ma indirizzarlo in una zona ben precisa e delimitata del campo, che assume la forma di una porta. È la nascita del gol, che di questo sport incarna l'essenza. Eppure, nonostante chiunque ne avverta quasi naturalmente il fascino e il valore incomparabile, il gol è sempre stato inteso solo come mezzo per il raggiungimento di un risultato finale, la vittoria. Mario Sconcerti, una delle firme del nostro giornalismo sportivo, è il primo ad aver studiato il gol come gesto tecnico puro, come costruzione ed evoluzione del gioco, ripercorrendone la storia dai tempi pionieristici degli scudetti del Genoa e del Milan all'inizio del secolo scorso al calcio superprofessionistico e televisivo di oggi. Da quando, cent'anni fa, i campi erano senza erba, fangosi o duri come l'asfalto, e i palloni, tutt'altro che sferici, andavano dove volevano e diventavano pesantissimi con la pioggia, difficili da colpire di testa: fattore che, unito all'altezza media degli italiani, all'epoca di un metro e sessantacinque, produceva da noi un gol veloce, un po' avventuroso, costruito con la palla a terra. A quando, quarant'anni dopo, finita la seconda guerra mondiale, siamo stati invasi da giovani giganti svedesi e danesi (Nordahl, Praest, Liedholm, Jeppson, i fratelli Hansen) che chiedono, invece, la palla alta.
Nel nostro Paese si gioca a calcio dai tempi in cui Federico Nietzsche baciò un cavallo a Torino. E, in quegli anni, una certa dose di follia e uno spirito anticonformista erano necessari anche per rincorrere in calzoncini una palla, sforzandosi di applicare le regole d'uno sport britannico chiamato association football. Quel gioco, per noi, è diventato nel tempo una faccenda maledettamente seria. Così, se si volesse eleggere un 'padre del calcio italiano' non ci si accorderà mai: il vogatore Bosio o il visionario Duca degli Abruzzi? Herbert Kilpin, il viscerale figlio del macellaio, o il compassato medico Spensley che, al peggio, imprecava in sanscrito? Per certo, furono tutti pionieri, e il gioioso contagio, originato a Torino e Genova, raggiunse ben presto ogni città del Paese, dando vita a squadre, competizioni e rivalità che ancor oggi infiammano i cuori. Ripercorrere l'infanzia del calcio comporta un viaggio emozionante ai confini del mito: qui si raccontano gli anni d'oro di Genoa, Pro Vercelli e Bologna, e i primi trionfi di Milan, Juventus e Inter. Si narra del caleidoscopio delle squadre attive a Roma, Firenze e Napoli all'alba del XX secolo, e degli esordi della Nazionale; di esotiche tournée, scissioni e disordini di piazza; di atti d'eroismo e burle indimenticabili e, ancora, di come il 'meraviglioso giuoco' sopravvisse all'inaudito massacro della Grande Guerra, per divenire fenomeno di massa nella prima, turbolenta, metà degli anni Venti...
Il ciclismo in Italia, e la sua massima espressione rappresentata dal Giro d'Italia dove si danno appuntamento ogni anno i più famosi ciclisti al mondo, è una grande passione popolare che coinvolge milioni di sportivi dilettanti che, mossi soltanto dalla passione più pura, ogni anno, macinano migliaia di chilometri sulle strade dell'intera penisola. L'autore, in questo libretto arricchito da alcune immagini fotografiche provenienti dall'archivio storico dell'Ansa, non ha mai smesso di seguire il Giro d'Italia come "inviato seduto", anche se, quando le corse passano per Roma o nei suoi dintorni, si mischia volentieri nel pubblico ai bordi delle strade per sentire il vento, le voci e il suono del gruppo. La sua attenzione, più che al dato tecnico delle gare, è prestata ad una lettura dell'evento sportivo in chiave emozionale e, soprattutto, umana. Il ciclismo, sia quello agonistico, sia quello amatoriale, per Cerocchi sono una scuola di vita e della volontà e con questo spirito, quando e come può, ama raccontarlo per i suoi lettori del blog (di politica, cultura e varia umanità) che cura ormai da alcuni anni. L'idea di scrivere questo libro nasce così con l'unica pretesa di scrivere un inno allo sport della fatica e della strada. Per Pio Cerocchi, infatti, il ciclismo è bello in sé stesso. Introduzione di Romano Prodi.
Tre successi in Champions da allenatore, e due da centrocampista del Milan: dopo aver conquistato "la Decima" con il Real Madrid nel 2014, Carlo Ancelotti è entrato nella storia. La sua è una carriera fatta di lealtà sportiva, carisma, competenza e umanità, che ha toccato squadre come il Milan, il Chelsea, il Paris Saint-Germain. In questo libro Ancelotti apre il suo taccuino per svelarci i segreti dei suoi metodi di allenamento, della gestione dei calciatori, delle soluzioni tattiche, a partire dal 4-3-2-1, quel modulo di gioco ad albero di Natale che è diventato il suo marchio di fabbrica. E rivede con noi le dieci partite che hanno segnato una carriera esemplare: il derby con l'Inter in semifinale di Champions, la finale di Manchester, la rivincita di Atene contro il Liverpool ma anche la débàcle di Istanbul e lo scudetto juventino annegato nel diluvio di Perugia. Queste sono le memorie di un grande allenatore di calciatori, ma soprattutto di uomini, che riesce a raccontarci finalmente il lato esemplare del gioco più bello del mondo. Con un nuovo capitolo sull'ultima grande vittoria in Champions.
Il miglior tempo" segue le orme di un uomo che è cresciuto giocando con le automobili, si diverte a sfidare i limiti e da sempre cammina in bilico tra motori e donne (ma non tra donne&motori). Nella sua vita i primi - macchine, motociclette, aerei - sono tradizione familiare, lavoro, hobby, addirittura mania, culto, autocoscienza. Le seconde, invece, sono le nonne, la tata, la madre, la moglie, le figlie, le amiche, tutte figure femminili sagge e pazienti, loro sì rispettose dei limiti, capaci di curare le ferite ogni volta che il gioco si fa troppo pericoloso. Ed è proprio nell'equilibrio tra ragazzate e perdono, tra fughe liberatorie e carezze di conforto, che bisogna cercare il tempo migliore e che si raccontano le storie più belle... C'è il ricordo mitico della Millemiglia del '56 a bordo di una Fiat 1100-103 Zagato, gioiosa ma estenuante anarchia automobilistica. C'è la birichinata incendiaria di un bambino che rimette in moto una Renault Dauphine del '58 abbandonata. C'è la corsa forsennata di un Piaggio Sì 50 ce nelle vie di Milano per seminare qualcuno che ha cattive intenzioni. C'è un Cessna 172 che perde l'orientamento. C'è una notte d'amore in cui viene concepita la più bella delle automobili. In questo libro, sospeso tra realtà e sogni, tra riso, paura e nostalgia, Guido Meda ha saputo dare senso a una passione assoluta. Che è anche la voglia tutta maschile di vivere con leggerezza. Di partire per una scorribanda sapendo di poter sempre tornare sotto un tetto sicuro.
Era una fede, una trasgressione senza anagrafe, non potevi non guardarlo. SuperBrat, il supermoccioso, genio (molto) e sregolatezza (non di meno). Leggendari i suoi colpi, rasoiate o carezze. Altrettanto la sua irascibilità, le sfuriate contro arbitri, avversari, giudici di linea, a volte spettatori. Broncio perenne e la miccia dell'isteria sempre sul punto di prendere fuoco, per ogni ingiustizia vera o presunta. Come quando a Wimbledon urlò reiteratamente e a squarciagola il suo "You cannot be serious!" (Non puoi dire sul serio!) in faccia all'arbitro. O quando apostrofò i giudici di linea gridando: "Voi non siete umani!". O quando, interrompendo una partita, si rivolse a uno spettatore che lo infastidiva domandandogli: "Che problemi hai, a parte essere disoccupato, un cretino e un idiota?". Nato in una base militare statunitense nell'ex Germania Ovest e cresciuto nel Queens, John McEnroe è l'icona anticonformista di un'epoca, oltre che di uno sport. Ha respirato l'aria rarefatta e gelida del vertice, quel punto in cui è difficilissimo arrivare e ancor più rimanere. La cima della montagna. Lì fa freddo e sei solo. Solo veramente, assolutamente, e con una fila di gente che vuole buttarti giù. Oggi racconta tutto, in una biografia che diventa romanzo di una vita. Il mondo del grande tennis professionistico, da Borg ad Agassi, e la New York psichedelica di una stagione leggendaria. Le ragazze, i matrimoni, lo sballo, i trionfi, i rovesci, gli schiaffi presi dalla vita...
Come è possibile coinvolgere come autori, in un unico libro, il calciatore di A Luca Rossettini, il campione di rugby Marco Platania e il nazionale di pallanuoto Alex Giorgetti, con Papa Francesco (sua l'espressione "cameratismo") e il suo predecessore Benedetto XVI? Basta chieder loro di parlare di Sport: di quella molteplice attività umana che più di ogni altra appassiona e unisce gente di ogni età e che più di ogni altra si offre come occasione importante nella formazione di ogni persona nel delicato passaggio da bambino ad adolescente fino all'età adulta. Due allenatori amici, Nicola Lovecchio e Gianfranco Ronchi, entrambi anche genitori, dopo "Bellezza, ascesi utilità, la sfida educativa nello sport", rilanciano con questo secondo volume una ulteriore occasione di incontro con diverse figure di educatori per mettere a fuoco da più angolature possibili le sorprendenti potenzialità valoriali insite in ogni forma di attività sportiva. In queste pagine emerge come lo sport porti chi lo vive da protagonista, vuoi insegnandolo agli altri vuoi praticandolo direttamente, a un confronto serrato con la verità di sé stesso.
Sara e il suo coach Pablo hanno girato i quattro angoli del pianeta, prima nell'inferno degli ITF, i tornei minori, poi nel circuito WTA, un mondo tanto dorato quanto spietato. Hanno percorso insieme una lunga strada che ha portato la giovane tennista dal numero 500 alle prime dieci del mondo nel ranking di singolare e numero uno al mondo nel doppio nel quale, insieme a Roberta Vinci, si è aggiudicata quattro prove del Grande Slam. Un risultato che pochi, specie in Italia, avevano creduto possibile. Il momento di svolta nella sua carriera avviene quando Sara scopre la sua nuova racchetta, la sua nuova "arma". Tra tutti gli sport, il tennis è forse quello che più da vicino ricorda i duelli cavallereschi. Non c'è il pareggio, nel tennis. Nei poemi epici, i guerrieri trovavano coraggio, affidandosi al loro equipaggiamento a cui davano un nome. Ecco allora che Sara Errani battezza la sua nuova arma Excalibur. Ne fa il suo talismano, il suo mantra, il segreto delia sua forza. Partita dopo partita, impegno, dedizione e sacrificio, Sara raggiunge la vetta: dopo quel match vinto in capo al mondo, nella fresca sera neozelandese, sul piccolo campo centrale di Auckland, in Australia ha imparato, ha capito che anche lei può comandare il gioco, che anche lei può tirare vincenti a ripetizione, anche lei può fare a pallate con le ipervitaminiche valchirie del tour femminile. Prefazione di Federico Ferrero.